Note
della pseudo autrice del tutto malata di mente e bisognosa di uno psichiatra:
questa
cosa qui, è il mio tema di italiano, ho preso uno sfavillante 9 scritto con un
bel inchiostro rosso. Mi piaceva particolarmente e devo dire che uno dei pochi
racconti del quale sono soddisfatta.
Non
so se sia degno di venire presentato su efp, ma volevo tentare la sorte! Non
credo nemmeno che sia degno di venire presentato nella categoria
Soprannaturale/angeli e demoni, ma dato che parla di angeli credo che sia
l’unica scelta possibile ;)!
Non
credo nemmeno di aver presentato bene l’Arcangelo Michele e spero vivamente che
non lo venga mai a sapere che ho fatto una cosa simile perché, altrimenti,
scommetto che al posto di Lucifero fa a fette ME, con la sua spada.
Prego
vivamente affinché l’Arcangelo Michele (quel santo) abbia pietà di me che sono
solo una povera scrittrice affascinata da lui e dal suo mondo (tra parentesi,
io non credo in Dio, altro motivo per cui Michele vorrebbe farmi fuori. Ma, lo
giuro, se mi viene a trovare, prima gli faccio fare tutti i compiti di
matematica, grammatica, storia, geografia, antologia e tutte le robe che mi
vengono in mente, poi dopo, gli strappo tutte le piume (in caso lui voglia ribellarsi
e tentare di portarmi al Creatore, a cui, lo ridico, non credo) e infine mi ci
faccio un bel cuscino o un cappotto di piume, caldo ed elegante, oltre che
ecologico, hihihihihi!
Ma
credo che lui si fermerà ai compiti di scuola! Non si è mai sentito di un
angelo che deve fare i compiti d scuola!
Scusate
per la mia interminabile rottura di scatole,
baci,
la vostra
Arcadia_Azrael
L’angelo custode
Ero una ragazza, tutto
sommato, normale. Ero depressa ed avevo tendenze suicide, ma ero normale. Mi
definivano “ emo ”.
Mia madre era russa, ma io
non lo sembravo affatto, mia madre mi aveva insegnato la sua madrelingua, la
usavo soprattutto per imprecare. I miei amici mi chiamavano “ Volka ”, la lupa.
Avevo un fisico minuto ma
formoso, lunghi capelli ondulati neri come il carbone e io avevo tinto alcune
ciocche di bianco ed altre di rosso scarlatto.
Non ero sempre stata così,
un tempo ero una ragazzina che correva e giocava con gli altri. Poi a
quattordici anni è morto mio padre, e dal liceo sono sempre stata una
cosiddetta “ emo ”. Dopo la morte di mio padre diventai depressa e mia madre mi
mandò dallo psichiatra, che a sua volta mi prescrisse degli antidepressivi che,
ora che ho sedici anni, non prendo più, nonostante debba ancora prenderli. Sono
appena tornata da scuola, che è sempre uguale, i miei voti si mantengono sempre
altissimi. Entro nell’appartamento, mia madre non c’è, perfetto, lavora sempre,
vado in camera a cambiarmi, mi guardo allo specchio, che mi restituisce
l’immagine di una ragazza bella ma trascurata, con la vita sottile e pesanti
occhiaie sotto gli occhi, mi metto un paio di jeans e una felpa, vado in bagno.
Osservo i barattolini pieni di pasticche, leggo il nome del prodotto e il nome
della persona a cui è stato prescritto: Volka. Allora ho chiesto al medico di
chiamarmi così, come mi chiamava anche mio padre. Guardai quelle pillole come
se volessi dar loro fuoco, sarebbe stato così facile prenderle, ma mi rifiutavo
di farlo.
Andai in cucina e notai
l’ennesimo biglietto di mia madre:
“ Cristina, io per tre
giorni sono fuori città, te la puoi cavare da sola?
Tanti baci, mamma ”
Incredibile! Se n’è andata
fuori città di nuovo! Io lascio perdere, mi sono stancata di tutto: della
scuola, dei compagni, sei presunti amici, di mia madre che non c’è mai, degli
incubi terribili pieni di battaglie tra angeli e demoni, degli insulti… di
tutto! Presi il coltello più affilato che avevamo e me lo appoggiai sul polso,
feci una leggera pressione, vidi una linea
sottile color cremisi, crearsi vicino alla lama. Stavo per far scivolare
la lama fredda sulla pelle quando udii una voce sussurrarmi parole
all’orecchio, la voce era indubbiamente maschile ma era melodiosa e
assolutamente perfetta
<< non lo fare
>> non era la prima volta che sentivo quella voce e non era nemmeno la
prima volta che tentavo il suicidio, ma quella voce così calda mi dissuadeva
dal tentativo di togliermi la vita, era sempre così preoccupata, sentivo che
spesso mi parlava, lui (sapevo per certo che era un lui), mi parlava dei suoi
problemi, e io, inconsciamente, gli parlavo dei miei; insieme li risolvevamo.
Sembrava quasi che a lui importasse di me, anche se ero sicura di non
interessare a nessuno.
Le mie sicurezze iniziarono
a vacillare, iniziai a piangere. Ero tra due fuochi, volevo e allo stesso tempo
non volevo dare ascolto a quella voce così persuasiva e dolce. Quella voce
morbida e calda continuava a spronarmi ad allontanare quella lama dalla pelle,
era così reale ma allo stesso tempo non volevo credere che esistesse.
<< Sono impazzita
>> la mia voce era un sussurro, sentii qualcosa sulla parte bassa della
schiena, chiusi gli occhi con forza, mi sembrava che mi stessero toccando,
sentii di nuovo quella voce, ma anche la sensazione fisica di un respiro sulla
pelle, la voce era ancora più calda e presente, aveva un timbro basso e roco,
ma risultava comunque semplicemente magnifica.
<< non sei impazzita,
io sono reale quanto te, ora apri gli occhi e guardami >> feci come mi
aveva detto, alzai lo sguardo, timorosa, e i miei occhi si specchiarono in
delle iridi chiare, di un azzurro impossibile e assurdo tanto era bello.
Sentii un fruscìo e delle
cose calde avvolgermi, sembravano quasi… ali, ali piumate. Mi giari lentamente
e le vidi, imponenti e maestose, di un bianco accecante.
Lui mi accarezzò una
guancia, era incredibile: lui era lì, alto, biondo, così bello e maestoso che
mi incuteva timore.
<< Michele… >>
quel nome mi uscì dalle labbra da solo, non ero cosciente di sapere il suo
nome.
Lui mi baciò, un lieve bacio
sulle labbra, poi disse:
<< Cristina,
finalmente posso stare con te… per sempre >>