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Autore: lar185    24/11/2011    0 recensioni
Ricapitoliamo: lui si chiama Manuel Green, é al quarto anno, é così bravo a scuola che lo chiamano genio, solitario e introverso, con un sorriso enigmatico...intelligente, anche, le aveva dato quest’impressione. Ma c’era qualcosa, qualcosa che sembrava mancare, era come se tutte quelle informazioni potessero essere assimilate solo grazie ad una colla...qual’era il collante tra quelle informazioni? Perché diavolo non riusciva a togliersi dalla testa la convinzione che Manuel Green fosse qualcosa che non riusciva a capire?
**
- Tocca a te- disse, con tutta l’aria di una provocazione.
Viola esitò un attimo, mille domande le affollarono la testa.
- Quando sei nato?- chiese infine.
- Non puoi farmi la stessa domanda-
- Joel non l’ha mica detto-
Manuel si oscurò per un attimo.
- Ventinove febbraio-
Viola lo squadrò curiosa.
- Mi prendi in giro?-
- Perché?-
- Non esiste il ventinove febbraio-
- Certo. Ogni quattro anni-
Genere: Introspettivo, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Racconti dell'inverno'
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fiori1

 

 

 

 

 

Nascosta sotto le scale, Viola stava conducendo la giornata più strana della sua vita.

Il corridoio di fronte a lei, che scorgeva quasi con la coda dell’occhio, era vuoto, non uno studente, non un professore. Nessuno. D’altronde, neanche Viola avrebbe dovuto essere lì, ma in classe, a seguire la lezione di letteratura. Ebbene, perché si trovava li? Per evadere dalla distrazione, o forse, per esaudirla.

S’era quasi convinta a scendere al piano di sotto, quando sentì dei leggerissimi passi provenire proprio dal corridoio, lanciò uno sguardo furtivo stando bene attenta a non farsi scorgere, e bastò poco più di un secondo a notare il ragazzo di quella mattina che era spuntato chissà da dove, e adesso passeggiava a poca distanza da lei, come se scivolasse sul pavimento.

Viola lo osservò incantata quasi stesse guardando qualcosa di completamente fuori dall’ordinario e dall’umano, lui ad un certo punto si fermò davanti alla panchina del corridoio, la vecchia panca di legno di fronte agli armadietti. Restò fermò per qualche secondo, era come se i piedi gli si fossero incollati al suolo. Tirò fuori dalla tasca dei pantaloni un pacchetto di fazzolettini di carta, lo posò sulla panchina e fece retro front. Sparì, se te tornò da dove era venuto. Viola lo vide scendere le scale che si trovavano dall’altro lato del corridoio.

Un pacchetto di fazzoletti?

Mai vista una cosa del genere.

Viola sbucò fuori dal suo nascondiglio e osservò il corridoio ora nuovamente vuoto. Sulla panchina marrone adesso c’era un pacchetto di fazzoletti.

Assurdo.

Viola scosse la testa, si girò e prese a scendere le scale  fino a giungere al bagno delle ragazze del piano di sotto.

Si guardò allo specchio fissandosi negli occhi.

- Cosa stai guardando?-

Una simpatica voce le arrivò alle spalle, Viola si girò e incontrò gli occhi di Mia.

-  Oh, Mia...sei tu-

Amelia Riles, meglio nota come Mia, comparve alle sue spalle con un sorriso d’eccezione.

-         Certo, chi vuoi che sia?-

-         Scusami. Ero sovrappensiero, non ti ho vista-

Viola distolse lo sguardo dall’amica per fissare il vuoto sotto i suoi piedi.

-         Si, me n’ero accorta. Cos’è questa faccia?-

-         Niente –

-         Ne sei sicura? Viola Lens, non me la conti giusta!-

Viola alzò le spalle con aria misteriosa.

-         Non è niente di che. Credo avere le allucinazioni-

Mia assottigliò gli occhi scuri, le sue labbra sottili si curvarono in un mezzo sorriso.

-         Certo che tu sei strana, Viola Lens. Ma i tuoi misteri mi incuriosiscono troppo-

-         Non ci sono misteri. O forse si, io non lo so, - Viola parve riflettere, poi lanciò a Mia uno sguardo curiosa, - ascolta, Mia, hai mai notato uno strano tipo, alto, dai capelli biondi… un po’ silenzioso, sai, insomma, quei tipi che…-

Tentava di spiegarsi, ma non ci riusciva. Il pensiero correva all’insensato evento di poco prima.

-         Ehi, ehi, frena, okay? Non saprei dirti. Ma perché?-

Già, perché?

Viola zittì improvvisamente.

-         Beh...-

Mia storse la bocca, poggiò una mano sulla spalla dell’amica, poi si fece una risatina.

-         Facciamo così, non voglio saperlo subito okay, Viola Lens? Ma se casomai dovessi conoscerlo, te lo presenterò -

-         No, ma io...-

-         Bla bla bla! Non importa! Forza, usciamo da qui...devi salire al piano di sopra?-

-         Si -

-         Ti accompagno. Non voglio ritornare in classe-

Viola sentiva la testa girarle, ma senza aggiungere nient’altro si fece trascinare fuori dal bagno da Mia; dopo di che salirono insieme le scale. Forse Mia parlò, iniziò a dire qualcosa, non lo sapeva. Si trovarono così entrambe sul corridoio del terzo piano, vuoto come Viola l’aveva lasciato. Sulla panchina, ancora quel pacco di fazzoletti. Perché diamine l’aveva messo lì? Era fuori di testa, forse?

Mia aveva ripreso a parlare quando le sue parole furono bloccate da un singhiozzo di pianto.

Viola di girò di scatto e dall’altro estremo del corridoio vide arrivare nella loro direzione Tracy McBean. Era di un anno più grande e abitava a due passi da casa sua. Ricordava che sua madre, il giorno nel quale erano arrivate a Brighton, aveva preparato una torta di mele e l’aveva mangiata quasi tutta Janine.

Mia e Viola si scambiarono un’occhiata e poi le corsero incontro.

-         Oh mio Dio, Tracy, cosa ti é successo?- le chiese Mia abbracciandola. Tracy aveva le guance rosse e grosse lacrime le cadevano dagli occhi, ridotti a due fessure.

-         Mi...mi...ha...-

Non ci fu bisogno che finisse la frase, sia Viola che Mia avevano già capito: Ben, il suo ragazzo, l’aveva mollata.

Come faceva ogni mese.

Viola era sicura che non sarebbero passate neanche due settimane che sarebbero ritornati insieme. Loro erano sempre uguali, la loro storia andava avanti a tira-e-molla da più di cinque mesi e non si erano mai lasciati sul serio.

-         Oh, siediti, Tracy - Mia fece sedere l’amica sulla panchina del corridoio e sia lei che Viola che si sedettero accanto, - come é successo?- chiese di nuovo Mia, fingendo disperazione.

Tracy attaccò a parlare bloccata ogni tanto dai singhiozzi, le lacrime le cadevano sulle guance, suo collo e sulle mani, bagnando anche la camicia di Mia. Distrattamente afferrò il pacchetto di fazzolettini che era ancora poggiato proprio lì accanto a lei e ne tirò fuori uno per asciugarsi il viso.

Viola osservò le mani della ragazza mentre afferravano l’oggettino e lo riposava poi proprio dove l’aveva trovato.

Rimase sbigottita.

Nel suo cervello si susseguirono velocemente immagini e pensieri contornati da una confusione enorme.

Oh, ma che strana e insignificante coincidenza. Era quasi come se quei fazzolettini si fossero trovati lì apposta. Come se qualcuno, - e con qualcuno si intende uno a caso,  sapesse che Tracy, o chiunque altro, sarebbe scoppiato in lacrime.

-         Devo tornare in classe - disse d’improvviso Viola alzandosi.

-         Oh, d’accordo. Ci vediamo all’uscita?- le chiese Mia lasciando per un secondo Tracy ad asciugarsi le lacrime.

-         Certo, a dopo. E, Tracy, non preoccuparti per la storia di Ben. Vedrai che si risolverà -

Viola si allontanò nel corridoio, si trattenne dal correre.

 

 

 

 

Il giorno dopo

 

 

L’ora di matematica era saltata, un Daniel tutt’altro che apatico aveva comunicato a Viola questa notizia saltellando per il corridoio, mentre una composta e posata Luce sorrideva con un cipiglio annoiato, sapendo che avrebbero dovuto passare l’ora in palestra, seduti sugli spalti ad osservare il professor Steven, l’insegnante di educazione fisica, stressare altre povere vittime. Ma mentre Viola e Luce erano contrariate a quell’idea, Daniel sprizzava allegria da tutti i poveri.

Ma ad ogni modo, annoiata o contenta, la classe fu accompagnata dal vicepreside Collins in palestra, dove il professor Steven pareva starli ad aspettare.

- Sedetevi sugli spalti e fate i buoni, ragazzi- disse, passando tra di loro e scompigliando i capelli a quelli che si trovavano sotto tiro, come era abituato a fare. La particolarità di Steven era proprio quella, li trattava come se fossero bambini. Viola non aveva mai capito perché, ma era una cosa curiosa. Ad ogni modo, il professor Steven era un tipo allegro e sveglio, faceva di tutto per farli divertire e non perdeva occasione per prendere in giro quelli che, come Viola, odiavano la materia. “Pensa, é meglio che stare chiusa tra quattro mura china su un libro, piccola” le diceva sempre.

E poi le scompigliava i capelli.

Luce trascinò Viola dietro di se e si sedettero vicine sulla sinistra, seguite a loro volta da Daniel, che parlava animatamente con gli altri compagni di classe.

Il suono del fischietto di Steven ruppe quell’atmosfera di rilassamento e nonostante Viola avesse alzato la testa, si rese conto che il fischietto non era rivolto a loro: una ventina di ragazzi uscirono dagli spogliatoi e si sparsero velocemente per la palestra. Viola guardò velocemente i ragazzi che vedeva dislocarsi e i suoi occhi furono attratti da lui come calamita.

Era un pelo più indietro di un gruppetto di cinque o sei ragazzi che si dirigevano verso Steven, e accanto a lui c’era una ragazza dai capelli ramati, legati in una coda, e un ragazzo di poco più basso di lui, con corti capelli neri.

Aveva passo leggero, sembrava molto più rilassato del giorno precedente e sorrideva amabilmente mentre parlava con i due ragazzi al suo fianco.

Viola restò con gli occhi fissi su di lui e rimase probabilmente in quella posizione per più di qualche secondo poiché sentì la mano di Luce che la scuoteva.

-         Viola, ci sei? Perché non mi rispondi?-

-         Eh? Cosa?-

-         Ma che ti succede? Cosa stavi guardando?-

-         Niente -

-         Sicura?-

-         Si, si, ero solo distratta -

-         Si, un bel po’ distratta!-

Viola abbozzò un sorriso, Luce sembrò non dar peso alla cosa e tornò a parlare con Daniel, che l’aveva appunto coinvolta in una discussione con gli amici con i quali stava precedentemente parlando.

Viola lanciò un’altra occhiata verso il campo, adesso i ragazzi erano radunati intorno a Steven, che sorridendo e scherzando, stava spiegando loro probabilmente quello che avrebbero fatto durante quella lezione. Viola poggiò il mento sul palmo della mano e per qualche altro momento osservò la sua figura, - adesso con le braccia incrociate che fissava il vuoto, - crogiolandosi nell’idea che lui non avesse la benché minima idea che una sconosciuta lo stesse osservando.

Abbassò per un secondo gli occhi e quasi come se il destino volesse invitarla a riprendere contatto con la realtà, Luce le rivolse la parola.

-         Credo che giocheranno a basket! É lo sport che a Steven piace di più!- disse.

-         Già, ed é l’unico a cui piace!- sentenziò Ashlee, seduta di fianco a Daniel.

-         Non é vero, a me piace molto- esclamò Sally, con un sorrisetto sulle labbra.

Luce rise.

-         Dici sul serio?-

-         Certo che dico sul serio, - affermò Sally, portandosi una ciocca di capelli rossi dietro l’orecchio, - non sono come tutte voi ragazze che odiate lo sport!-

Luce alzò le spalle. Sally, capace di urlare se solo le si spezzava un unghia, stava testé dichiarando di essere un’amante dello sport. Luce era certa che lo stesse dicendo soltanto per vantarsi, non c’era dubbio, eppure, se fosse stata solo un briciolo più intelligente, non l’avrebbe provocata.

- Non mi risulta che a te sia mai piaciuto lo sport- iniziò Luce, sporgendosi verso di lei.

Sally se ne uscì con una risatina isterica.

-         Invece si, sono una vera appassionata e il professor Steven mi adora per questo-

Gli angoli della bocca di Luce si curvarono per formare un soddisfatto sorriso.

- Allora facciamo una scommessa- iniziò, mentre una luce nuova le appariva negli occhi.

-         Oh, l’atmosfera si scalda!- scherzò subito Daniel, poggiando le mani sulle spalle di Ashlee.

-         Spara- rispose Sally, irremovibile.

Luce abbozzò un nuovo sorriso, guardò Viola di sottecchi per poi dire:

-         Se giocheranno a basket, chiedi a Steven di poter partecipare, di giocare per tutta la durata della partita e di inserirti nella squadra meno numerosa-

Ci fu un attimo di silenzio, poi Sally scoppiò a ridere.

-         Tutto qui?- sghignazzò.

-         Già. Tutto qui-

Luce sembrava tranquilla e sicura, Daniel le lanciò un’occhiata significativa.

-         Allora, ci stai?- riprese Luce.

-         Certo-

Le ragazze si strinsero la mano, Ashlee le guardò facendo una smorfia.

Avevano appena sciolto la stretta di mano quando, alzando la testa verso il campo, videro Steven dare un pallone di basket ad uno dei ragazzi.

-         Bene!- esclamò Luce, con un sorriso rilassato e curioso allo stesso tempo.

Sally si limitò ad alzarsi e, dopo aver lanciato uno sguardo a tutti loro, abbandonò gli spalti diretta verso il professore.

-         Adesso guardiamola giocare, la campionessa! - sentenziò Luce incrociando le braccia.

-         Credo che non si divertirà- commentò Viola sottovoce, seguendo i movimenti di Sally che adesso parlava animatamente con il professore.

-         Oh, ma ci divertiremo noi – concluse Luce, guardando a turno gli amici che la circondavano.

In men che non si dica il professor Steven formò le squadre e Sally fu inserita in quella meno numerosa, le squadre si divisero e la partita cominciò.

Lui si trovava nella squadra più numerosa.

Tutto accadde molto velocemente.

Le azioni di gioco furono forse due o tre, poi la palla colpì per sbaglio Sally alla testa e la ragazza cadde, perdendo completamente l’equilibrio.

I ragazzi seduti sugli spalti si alzarono risvegliati dalle sue urla, quelli che si trovavano in campo la circondarono.

Per un paio di secondi i primi non riuscirono a vedere nulla se non un capannello di persone.

- Oh mio Dio!-

Viola e i ragazzi si guardarono preoccupati, scesero velocemente dagli spalti e si fecero spazio tra la folla arrivando in contemporanea al professore.

-         Ma cosa é successo?- chiese Steven.

Lui era inginocchiato accanto a Sally, sostenendola.

-         Si é fatta male, é caduta per terra!- esclamavano i ragazzi tutt’intorno.

Sally teneva il busto piegato su se stesso, le braccia erano sostenute dalle mani di lui e dalla testa le usciva un filo di sangue. Viola era a meno di un metro da lei.

Lui restava in silenzio, la sua espressione era illeggibile. Era lì, era parte attiva di quel quadretto e non parlava. L’aiutava solo a tenersi, per evitare di essere stesa completamente per terra.

-         Si é ferita alla testa!- esclamò Steven, - presto, chiamate qualcuno!-

Due ragazzi si allontanarono dal gruppo e corsero via dalla palestra, Steven si inginocchiò accanto a lei.

-         Sally, come stai? Cosa ti fa male?-

-         La mia... la mia...- balbettava lei, in lacrime.

-         Ti fa male la testa, non é vero?-

-         Le si é rotta una gamba-

La voce era così flebile che nessuno lo sentì, nessuno tranne Viola, che rimase a fissarlo inerme.

Gli occhi di lui erano ridotti a due fessure, immobile, statuario.

-         Come dici?- chiese Steven.

-         Niente-

La sua voce era spezzata da un qualcosa che non aveva nome.

-         Professor Steven, sta arrivando l’ambulanza!-

I ragazzi che poco prima si erano allontanati erano adesso tornati.

- Oh, meno male... ragazzi, sgombrate la palestra, presto! Aiutami a prenderla in braccio!- gli ordinò Steven.

Il professore tentò di stendere le braccia verso Sally ma lui la sollevò come se fosse un fuscello e mentre lei ancora si lamentava si allontanarono.

Luce si portò una mano alla bocca, mortificata e dispiaciuta, la palestra si stava svuotando.

-         Andiamo, su, andiamo...-

La ragazza dai capelli ramati tirò per un braccio l’amico dai capelli neri e si allontanarono in un istante.

Viola rimase ferma ancora per qualche momento mentre davanti ai suoi occhi il grigio si ritrasformava di nuovo in colori e il brusio ridiventava voci.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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