Ore
19.15
Le
storie che narravano di Calibri erano di quanto più assurdo Bianca avesse mai
ascoltato. Gli occhi di Sergio si illuminavano quando parlava di questo essere
leggendario, principe di un paese lontano, che faceva del bene a tutti e
riusciva a guarire con il solo pensiero, con il solo sorriso. Calibri non era
come tutti gli altri, e Sergio pareva saperlo bene. Mentre Sergio parlava, ebbe
l’impressione che il Calibri di cui stesse parlando non era lo stesso che le
spediva quelle strane lettere. Dai racconti di Sergio Calibri era audace,
coraggioso, deciso. Quelle lettere invece mostravano solamente un ragazzo
debole, malato d’amore. Cosa stava succedendo? Qual’era la
verità?
-
Chi ti ha raccontato tutte queste storie?-chiese d’un tratto Bianca, con un
cipiglio quasi nervoso. Sergio alzò le spalle sorridendo, lasciandosi andare con
la schiena sull’erba del parco.
-
Una persona. Una persona che amavo- disse, con l’aria sognante. Eppure non era
la stessa espressione che aveva avuto quando avevano parlato della persona di
cui era innamorato attualmente, ora aveva detto “persona che amavo” e quasi
pareva pensarci con una relativa serenità.
Bianca
non parlò, quasi aspettasse che lui aggiungesse qualcosa, ma per un minuto
scarso Sergio rimase muto. Poi, guardando le nuvole diradarsi nel cielo
cristallino, aggiunse quasi in un sussurro proibito:
-
Era una persona molto strana, ed io l’amavo con la tenerezza di un ragazzino.
Come il primo amore, quello che ti distrugge tutte le membra. Non respiravo
quando lei era con me, il cuore mi batteva talmente forte che un giorno o
l’altro sarebbe scoppiato!, - rise, sembrava che i ricordi affiorassero, Bianca
abbassò d’istinto gli occhi, - non sapevo molto di lei, né da dove venisse né
cosa facesse. Sapevo solo che mi aveva rapito il cuore. Passavo con lei ogni
momento disponibile, per me era come una droga. Lei si sedeva accanto a me e
iniziava a raccontare queste storie assurde su Calibri. A volte era come se io non
avessi aspettato altro che lei dalla vita, e alcune volte penso che se non se ne
fosse andata...-
Si
fermò, era come se stesse confessando troppo.
-
Dove se n’è andata?- chiese Bianca.
-
Non l’ho mai saputo. Un bel giorno mi ha detto che sarebbe partita e che non
dovevo più cercarla-
Bianca
abbassò lo sguardo tristemente.
-
Mi dispiace- farfugliò. Sergio si voltò verso di lei con un sorriso
dolce.
-
No, non dispiacerti. È stato molto tempo fa, e anche se avrei voluto soltanto
sapere che fine aveva fatto... non fa niente, è tutto finito
ormai-
Sergio
tornò a guardare il cielo, Bianca fu scossa da un fremito. Di chi erano quelle
lettere? Sergio avrebbe potuto aiutarla? Era contesa, non sapeva se rivelargli
tutto sarebbe stata la cosa giusta, ma forse ne valeva la pena tentare. Cosa
aveva da perdere, dopotutto?
-
Sergio...- balbettò, imbarazzata.
-
Si?-
-
Ascolta, devo dirti una cosa, cioè, voglio chiederti aiuto per una
questione-
-
Cosa è successo?-
Sergio
era preoccupato dal tono di Bianca, si mise a sedere di fronte a lei,
piantandole gli occhi verdi sul viso.
Bianca
ingoiò saliva a vuoto mentre per il nervosismo non riusciva a stare
ferma.
-
Da un po’ di tempo mi arrivano a casa delle lettere. Cioè, non è che vengono
spedite, c’è qualcuno che le mette nella mia cassetta della posta e va via. Non
c’è una frequenza precisa, a volte anche una dopo l’altra. Sono tutte firmate
col nome di Calibri-
Sergio
impallidì, l’espressione del suo volto mutò.
-
E’ impossibile... – mormorò, mentre non riusciva a
muoversi.
-
Lo so, sembra una cosa assurda ma è vero, non so cosa fare, non so a chi
appartengono e soprattutto, non so chi è la persona che le porta da
me!-
Sergio
si alzò di scatto come invasato.
-
Dove sono queste lettere?-
Sembrava
allarmato, Bianca si alzò subito con un’aria spaventata. Lo fissava con tanto
d’occhi aperti.
-
A casa mia- mormorò,- le ho conservate-
Sergio
non parlava, sembrava stesse riflettendo su qualcosa di fondamentale importanza,
era al contempo sconvolto e stranamente lucido, come se gli si fosse aperto uno
squarcio nella mente.
Bianca
iniziava ad avere paura di quella reazione, forse non avrebbe dovuto dirglielo!
Dopotutto, che ne sapeva lei di quello che Sergio aveva passato? Iniziò a
pentirsi, il suo volto divenne l’espressione della paura.
Strattonò
Sergio per un braccio.
-
Sergio! Stai bene? Che succede, Sergio?-
Lui
finalmente parve riaversi, si accorse che Bianca era impaurita e si impose di
calmarsi. Sospirò, addolcì la sua espressione ed accarezzò un braccio di
Bianca.
-
Potrei vederle?-
...
ore
19.47
-
Eva?
Eva, è pronta la cena! Non scendi?-
Amanda
bussava con insistenza, ma Eva non rispondeva.
-
Tesoro,
stai bene? Sicura che è tutto apposto?-
Continuava
a battere le nocche della mano sul legno bianco della porta, tendendo
l’orecchio. Eva fissò la porta, aveva un grosso groppo in gola ma si sforzò di
rispondere.
-
Cenate
pure senza di me. Non mi sento tanto bene- riuscì a dire.
La
sua voce sembrava convincente, infatti Amanda le lasciò qualche sdolcineria e
poi scese di sotto, Eva riusciva a sentire i suoi passi per le scale. I passi di
Amanda, la voce di Amanda, persino il sentirla nominare la mandava in paranoia.
Era assalita da qualcosa come i sensi di colpa senza esserne perfettamente
consapevole, si teneva la testa tra le mani cercando di dimenticare il suo
incontro con Sergio, cercando di perdonarsi.
Non
doveva succedere, non sarebbe dovuto succedere niente del
genere.
Come
diavolo glie era venuto in mente di recarsi lì? Cosa sperava di
ottenere?
Sospirò
rumorosamente sentendosi ipocrita e vigliacca. Anche se Sergio non l’aveva
dimenticata, le cose non erano semplici. Si alzò, camminò per la stanza come per
calmarsi, poi fu assalita nuovamente dai sensi di colpa. Alzò il materasso, tirò
fuori dall’incavo la busta che aveva nascosto. La tenne tra le mani respirandoci
sopra, gli occhi le si riempirono di lacrime. L’aprì con foga e velocità, poi
una paura strisciante l’avvolse.
Era
vuota.
Le
lettere erano sparite.
Guardò
meglio nell’incavo per vedere se fossero cadute, ma non c’era niente. In panico,
buttò per l’aria il materasso, le lacrime iniziavano a scorrerle sul volto
veloci, erano grandi lacrime che le appannavano la vista rendendo tutto ancora
più difficile. Non c’era niente, nessuna traccia delle
lettere.
Si
alzò con uno scatto deciso, aprì tutti i cassetti della scrivania e gettò per
terra quanto c’era dentro, incurante. I suoi occhi erano fissi sulle sue mani
che scavavano, senza risultato. Passò alle mensole dei libri dell’università, li
gettò a terra uno dopo l’altro, producendo un tonfo sordo. Si portò disperata le
mani ai capelli quando realizzò che non erano neanche lì. Piangeva come una
fontana, cercava di liberarsi il viso ma non ci riusciva. Si accasciò a terra,
tra fogli e libri, e diede sfogo a quanto aveva
nell’anima.
La
disperazione saliva attraverso quelle lacrime.
Le
lettere non c’erano più.
…
Ore
20.05
Bianca
infilò la chiave nella toppa, sapendo che a quell’ora casa sua era vuota. Con un
gesto fulmineo fece entrare Sergio, che era rimasto in silenzio durante tutto il
tragitto. Bianca sentiva che stava per cacciarsi in un mare di guai, ma evitò di
parlare per peggiorare la situazione. Guidò Sergio in camera sua, aprì il
cassetto della scrivania dove aveva conservato le lettere e le porse a Sergio,
che le guardò con aria sconvolta. Una dopo l’altra Sergio le sfogliava, sembrava
leggere di sfuggita qualche rigo e poi passare a quella successiva, continuava a
fissarle mentre le mani gli tremavano. Bianca non capiva. Cosa avevano a che
fare quelle lettere con Sergio?
Poi
gli occhi del giovane di riempirono di lacrime, lacrime che lui abilmente
represse. Si accasciò senza forze sul letto di Bianca tenendo ancora in grembo
le lettere, le sue mani le stringevano come un tesoro.
-
Sergio?
Sergio, devi dirmi cosa sta succedendo e devi dirmelo
adesso-
La
risolutezza in quel momento le pareva la cosa migliore. Sergio alzò gli occhi
verso di lei, la vedeva, impaurita e decisa dinanzi a lui.
-
Chi
ti ha dato queste lettere?- sibilò, con tono serio e
freddo.
Bianca
sentì un fremito nel petto.
-
Nessuno.
Mi sono state recapitate, te l’ho già detto-
-
Bianca,
per favore, devi dirmi la verità!-
-
Questa
è la verità-
Sergio
si alzò, sembrava in preda ad uno spasmo.
-
Te
le ha date Eva?- gridò, fuori di se.
Bianca
lo guardava allibita, istintivamente fece un passo indietro come per
allontanarsi. Non rispondeva, non riusciva più a muoversi né a parlare. Non
aveva mai visto questa versione di
Sergio. Il ragazzo sventolò le lettere in aria mentre il suo petto si gonfiava
per i respiri pesanti.
-
No,
non me le ha date nessuno! E tu come sai che conosco Eva?-
Sergio
rimase interdetto. Ecco, questo non doveva dirlo. I suoi occhi parevano cercare
una risposta, ma invano.
Fece
per uscire dalla stanza di Bianca, ma lei lo fermò chiudendo la porta con un
movimento fulmineo e parandosi davanti a lui.
-
Tu
non esci di qui fino a quando non mi dici tutto quello che sai di questa
storia!- sputò fuori, con tono velenoso.
Sergio
aveva gli occhi lucidi, la mano con la quale teneva le lettere
tremava.
-
Devo
andare da Eva – disse, in un sussurro poco chiaro.
-
Cosa?-
-
Devo
andare da lei. Bianca, tu non capisci-
-
Già,
non capisco, ma adesso tu mi spiegherai ogni cosa-
-
Non
posso. Non c’è tempo-
-
Tempo?
Per cosa? Basta adesso, Sergio. Tu sai qualcosa che io non so, è
evidente-
Sergio
sospirò spazientito.
-
Devo
andare-
Con
un gesto veloce riuscì ad aprire la porta e a sgattaiolare fuori prima che
Bianca potesse fare altro.
-
Ehi!
Sergio, Sergio!-
Ma
lui non l’ascoltava, aveva aperto la porta e stava correndo per le scale, Bianca
poteva sentire dei singhiozzi, forse erano lacrime.
Sconvolta
ed impaurita, ma ad un passo dalla verità, afferrò le chiavi della macchina di
Stefano e si gettò all’inseguimento di Sergio.
…
Ore
20. 32
Christian
sorrideva ad una contrariata Lara, che lo seguiva poco distante mentre
camminavano lungo il Corso Vittorio Emanuele.
-
M’hanno
detto che è un po’ psicopatica- azzardò, con voce abbastanza alta da far voltare
Christian e ridere Ariel.
-
Oh,
avanti. Vedrai che non sarà così male. E poi non facciamo mica
paura-
Christian
sorrise, Ariel alzò le spalle imitandolo, mentre Lara continuava tenere in
broncio.
-
Potevate
anche andarci voi due da soli, visto che vi divertite così tanto- continuò, con
tono pungente. Ariel le poggiò una mano sulla spalla.
-
Lara,
non sentirti discriminata- disse, con
quel suo strano tono che sorprendeva Bianca, - lo sai come sono fatti questi
signorini ricchi. Sono un po’ schizzinosi-
Lara
si scrollò la mano di Ariel di dosso, arrossendo dall’ira.
-
Non
provare ad usare i tuoi giochetti con
me. E lo sai che non sopporto di essere trattata in quel
modo-
Christian
rise di Lara sotto i baffi, la tirò per un braccio facendola avvicinare a
se.
-
Avanti,
non la vedrai neppure. Dobbiamo solo riprenderci il mio amuleto e andare
via!-
-
Non
potevi stare un po’ più attento? E tra l’altro sai che la smorfiosa ci aveva
impedito di avvicinarci a casa sua fino alla fine
dell’estate!-
Christian
rise di nuovo, sembrava estremamente tranquillo.
-
Avevo
solo voglia di divertirmi un po’!-
-
Certo,
certo. Poi hai incontrato Bianca e…-
Ariel
lasciò la frase a metà, provocando in Christian una reazione inaspettata. Si
rabbuiò, abbassò lo sguardo. Anche Lara cambiò espressione, adesso divenne seria
e quasi fredda. Alzò le spalle con fare nervoso.
-
Non
fare quella faccia, adesso. Te l’avevo detto di non metterti nei guai con
Bianca. È una brava ragazza- lo ammonì, quasi sottovoce.
-
Lo
so- rispose Christian con tono
duro, - non credere che non sappia a cosa sto andando
incontro-
-
Sei
un’irresponsabile, ecco cosa sei-
-
Lara,
ti prego, - intervenne Ariel, con un’occhiata eloquente, - non mi sembra il caso
di inveire contro di lui-
-
Ah
no? Ci sono state date indicazioni precise quando siamo venuti qui. E tu non sei
certo diverso dagli altri, nonostante ti piaccia
crederlo!-
Christian
non rispose alla provocazione di Lara, sapeva che lei teneva molto a Bianca. Non
riusciva a sentirsi in colpa sebbene sapeva che non avrebbe dovuto iniziare
quella relazione con lei. Avrebbe portato soltanto sofferenza, per
entrambi.
-
Hai
ragione, Lara. Non avrei dovuto- mormorò infine.
-
Beh,
almeno lo capisci. Ma ormai è troppo tardi-
Lara
aveva un tono rassegnato ma nervoso, incrociò le braccia al
petto.
Ormai
erano arrivati dinanzi alla villa, Lara alzò la testa riconoscendo
l’edificio.
-
Allora,
bussiamo?- chiese Ariel, con tono abbastanza allegro da smontare quell’atmosfera
tesa.
-
Okay.
Ma se ci apre quella io non parlo, sia chiaro. Se esce Amanda è un altro paio di
maniche. O il signor Francesco, s’intende. Che brav’uomo. Come può avere una
figlia del genere? In cosa gli somiglia? Che facciamo, noi? Paura? Facciamo
paura? E io sono molto più carina di lei. Ma come fa Amanda a sopportarla? Io
l’avrei disintegrata. Ehi ehi, scherzavo. Non guardatemi
così-
…
Ore
20. 43
Sergio
aveva parcheggiato il suo scooter appena fuori dalla villa, Bianca fermò l’auto
poco distante e scese, seguendolo. Si aspettava che bussasse, ma non lo fece. Lo
vide correre lungo il muro ricoperto dai rampicanti, tastare con le mani
come se cercasse qualcosa, poi all'improvviso sparire tra le foglie,
arrampicarsi sul muretto, arrivare in cima
e confondersi tra gli alberi.
Sergio
si stava introducendo furtivamente a casa di Eva.
Sempre
più sconvolta ma decisa più che mai ad andare infondo a quella faccenda, si
tolse le scarpe con il basso tacco che non le avrebbero concesso l’arrampicata,
e facendosi coraggio infilò le mani nelle crepe del muro, come aveva visto fare
a Sergio poco prima. Con i piedi nudi era difficile arrampicarsi, ma la sua
determinatezza vinceva l’inesperienza.
Sto
violando una proprietà privata,
si ripeteva in preda ad uno strano senso di colpa. Ma non poteva trovare il
cancello aperto, come la volta precedente? Eh no, sarebbe stato tutto troppo
facile. E Sergio, perché non aveva bussato?
Troppe
domande le affollavano la testa, ma a breve avrebbero trovato
risposta.
**
Sentirono
il citofono suonare, Francesco si pulì le labbra con un tovagliolo e osservò
l’orologio.
-
Ma
chi sarà a quest’ora?- chiese, rivolgendosi ad una interrogativa
Amanda.
La
cena, preparata solo per loro due, pareva un po’ triste senza Eva, che quella
sera non aveva voluto partecipare. Era da un po’ che Francesco la vedeva assente
e poco partecipe, e aveva provato a spiegarselo con la presenza di Amanda, che
sapeva disordinare la vita della figlia, ma Eva non si era mai chiusa in una
così strana solitudine.
-
Vuoi
che vada io?- chiese Amanda, alzandosi già dalla tavola. Francesco stava per
rispondere, ma Amanda era già al citofono.
-
Chi
è?- domandò.
Christian,
dall’altra parte, si annunciò. Gli occhi di Amanda si illuminarono, sorrise,
allontanò un po’ il ricevitore dalla bocca e disse rivolta a
Francesco:
-
Sono
loro! Ti dispiace se entrano, Francesco?-
Francesco
si alzò sorridente.
-
Ma
no, sei impazzita! È un piacere per me. Potrebbero fermarsi a cena, hai cucinato
così tanto!-
Amanda
sorrise raggiante, invitò i ragazzi ad entrare ed aprì loro il cancello, poi
corse alla porta. Francesco la affiancava, e quando i tre furono arrivati
sull’uscio, si abbracciarono contenti.
-
Che
bello vederti! Oh Dio, sembra un secolo! Ariel! Sei così diverso, santo Cielo!
Lara, tesoro!-
Amanda
era al settimo cielo, Lara sorrideva intimidita, così diversa da come Bianca
l’aveva sempre conosciuta. Christian era il più spigliato, aveva salutato
Francesco e dato due schioccanti baci sulle guance di
Amanda.
-
Mi
dispiace essere piombati qui così, all’improvviso, ma sai, mi sono accorto di
una cosa, - disse Christian, senza far troppi giri di parole, - credo di aver
dimenticato qui il mio amuleto-
Amanda
sorrise mentre Lara si stringeva nelle spalle. Si guardava intorno chiedendosi
dove fosse la pazza isterica, ma la casa era immersa nella pace e nel
silenzio.
-
Oh,
allora eri tu! Eva per poco non sveniva. Le avevo detto che potevi esser stato
tu, ma lei non ha voluto sentire neanche una parola su di te. Sai com’è fatta,
ma infondo è una brava ragazza-
Amanda
parlava gesticolando molto, mentre le gote erano arrossate
dall’emozione.
-
Mi
dispiace molto di averla spaventata, non era mia intenzione. Porgile le mie
scuse- disse Christian, misurando le parole ed il tono della
voce.
-
Ragazzi,
non restate sull’uscio, venite pure dentro! Amanda ha appena preparato una bella
cenetta, e mia figlia non è dei nostri stasera. Vi va di fermarvi con
noi?-
Il
tono di Francesco era simpatico e galante, Ariel piegò la testa da un lato con
un sorriso sincero.
-
Non
vorremmo disturbare…- mormorò.
-
Disturbare?
Ma no, cosa dite! Avanti, Amanda, fai strada ai tuoi
amici-
Amanda
si diresse verso la cucina, Francesco chiuse la porta di casa e poi seguì i
ragazzi.
**
Sergio
correva per il giardino con i capelli al vento, il viso rigato di lacrime e il
respiro corto. Non si era accorto che Bianca l’aveva seguito, non aveva fatto
abbastanza attenzione. Non c’era molto tempo da perdere, non c’era nemmeno tempo
per pensare. Arrivò sotto la finestra di Eva, vide che c’era la luce
accesa.
Era
fortunato, Eva era in camera sua.
Infilò
le lettere nella tasca dal pantalone e con grande agilità prese ad arrampicarsi,
come ormai sapeva fare bene.
Arrivò
fino al vetro, si poggiò con i gomiti sul davanzale, la finestra era
aperta.
Eva,
in lacrime, sedeva al centro di un’enorme confusione.
Come
risvegliato da una luce che mette in mostra il giusto ordine dei pezzi di un
puzzle, Sergio comprese il motivo della disperazione di
Eva.
-
Cerchi
queste?-
Le
lacrime avevano fatto spazio ad una roca voce spezzata, con un balzo Sergio era
dentro la stanza, stringendo tra le mani le lettere.
Eva
si alzò colpevole, allarmata, ansimante, con gli occhi arrossati e la paura
disegnata abilmente sul suo bellissimo e vitreo viso.
Con
una strana luce negli occhi, Eva smise di singhiozzare e si lanciò verso Sergio,
tendendo le mani verso le lettere, che lui prontamente tirò via prima che
potesse afferrarle.
Sergio
ricominciò silenziosamente a piangere, lasciando che le lacrime scendessero
lungo le guance ed il collo. Con gli occhi, si parlavano.
Eva
si coprì il volto con le mani, incapace di proferire
parola.
-
Cosa
hai fatto, Eva? Cosa hai fatto?- domandava Sergio a bassa voce, mentre si
avvicinava a lei, poggiando le mani sui suoi capelli, - cosa hai fatto, eh? Eh,
amore? Cosa hai fatto? Come hai potuto?-
**
Bianca
aveva visto la luce accesa in quella che sospettava essere la camera di Eva,
aveva visto Sergio arrampicarsi, ma sapeva che non sarebbe riuscita a salire
anche lungo il palazzo fino alla finestra. Aveva il fiatone, graffi sulle gambe
e sui piedi.
Era
ora di mettere fine a quella storia.
Corse
per il giardino fino a quando non giunse davanti alla porta di casa. Aveva
paura, ma non importava. Bussò il campanello, come già aveva fatto una volta,
non molti giorni prima. Attese, prima che Amanda aprisse la
porta.
La
guardò interrogativa, sconvolta, la osservò da capo a piedi mentre le si
facevano strada pensieri oscuri nella mente.
Nessuna
delle due parlava, si guardavano fisse negli occhi, Bianca era
stremata.
-
Amanda?
Amanda, chi è?-
La
voce di Francesco risuonava nel grande atrio, ma non compariva
nessuno.
-
Che
ci fai qui? Come hai fatto ad entrare? Cosa è successo?-
Le
domande di Amanda erano veloci e fredde, aveva una mano ancora sul pomello della
porta mentre tentava di dare un senso a quella scena.
-
Sta…
sta succedendo qualcosa…- balbettò Bianca a mezza voce, mentre sentiva le
lacrime farsi strada nei suoi occhi.
Ci
mancava solo che si mettesse a piangere.
Si
sentì un rumore di sedie che si strisciavano sul pavimento, poi Francesco
comparve dietro Amanda.
-
Amanda,
che succede? Chi è questa giovane? Posso esserti utile?-
Dopo
un attimo, Christian spuntò dalla porta a vetri dietro la quale lui e Bianca
avevano avuto il loro fatidico primo incontro.
Bianca
sgranò tanto d’occhi.
-
Christian!-
-
Bianca!-
-
Bianca?-
risuonò la voce di Lara, che si catapultò sull’uscio, affiancando Amanda e
coprendo quasi completamente Francesco.
Bianca
non l’aveva mai vista così, con quell’aria finalmente da adulta, con gli occhi
accesi e con quel tono di voce così serioso, che non le si
addiceva.
Calde
lacrime scesero sulle sue guance, mentre il respiro le si era bloccato in
gola.
Christian
si fece largo tra le ragazze mentre anche Ariel finalmente compariva, a
completare quell’assurdo quadretto.
Bianca
sentì un fremito allo stomaco quando Christian la afferrò per le spalle e la
strattonò come per risvegliarla. Sembrava preoccupato, Bianca tentava di leggere
i suoi occhi.
-
Bianca,
Bianca, che succede? Che ti succede?-
Bianca
non rispondeva, Christian la strinse al petto, poi Lara si avvicinò e tirando
via Christian, guardando Bianca tra le lacrime che coprivano i giovani occhi
dell’amica.
-
Bianca…
cosa sta succedendo? Come sai che eravamo qui?-
-
Non…
non lo sapevo- biascicò lei, tra i singhiozzi.
Amanda
si morse le labbra, Lara le lanciò un’occhiata significativa.
-
Sergio
è qui. È di sopra, da Eva. È salito dalla finestra- mormorò poi, vincendo la
confusione.
Tutti
si voltarono verso Amanda, che non riusciva a credere alle sue orecchie. In un
secondo gli occhi le si riempirono di lacrime, si allontanò fulmineamente dalla
porta, Francesco tentò di fermarla.
-
Amanda,
aspetta, ragiona, noi adesso non…-
-
Lasciami,
lasciami!- gridava, in preda ad una strana e spasmodica disperazione. Bianca
guardava allibita la scena, Ariel e Lara tentavano di aiutare Francesco,
Christian si rivolse a lei con un tenue sorriso, che appariva come un raggio di
sole durante una tempesta.
-
Bianca,
io non…-
-
Voglio
sapere la verità, Christian, adesso non voglio più le bugie di nessuno di
voi-
Amanda
riuscì a liberarsi dalla stretta dei tre, corse per le
scale.
**
Amanda
aprì la porta con un tonfo, le lacrime rigavano le sue guance e la rendevano
diversa. Amanda non era così, Amanda non piangeva.
Adesso
Amanda era senza paura, senza domande, solo con un’enorme dolore dipinto sul suo
volto.
Sergio
era sconvolto.
Lasciò
cadere le lettere a terra, spalancò la bocca per la
sorpresa.
Eva
era statuaria, pareva che si fosse congelata nel momento in cui Amanda aveva
aperto la porta. Eppure se qualcuno avesse potuto guardare nella sua anima,
avrebbe visto ardere un fuoco difficile, un fuoco che le stava consumando le
membra. Si sentì sprofondare in quei pensieri proibiti, si sentì scoperta, come
una ladra. Si accasciò a terra chiudendosi il viso tra le
gambe.
-
Amanda…-
Sergio
era come tornato indietro nel tempo.
Indietro
di due anni.
Amanda
non parlava, lo fissava e desiderava correre ad abbracciarlo, fingere che il
tempo non fosse mai passato e che quelle braccia fossero sempre le stesse, che
il suo sorriso fosse sempre lo stesso e soprattutto, che il suo cuore fosse
sempre lo stesso.