L’ho
scritta circa un anno fa.
E dopo aver visto Breaking Dawn ho voluto
tirarla fuori.
Non ne sono completamente soddisfatta ma… Here
we go.
Nel libro avremmo voluto molti più momenti
così.
Speriamo nella seconda parte del film.
Buona lettura.
she
needs her mother.
“Era
preoccupata che mi fossi persa
certe cose: […]
la canzone che Edward le aveva
canticchiato per cullarla, così incantevole che
Renesmee me la ripeté due volte; fui
sorpresa di ritrovarmi sempre
sullo sfondo dei suoi ricordi, perfettamente
immobile e piuttosto malconcia.”
Breaking
Dawn, capitolo 23
Il pianto di mia
figlia giunse alla mie
orecchie in contemporanea con i suoi pensieri.
Renesmee continuava a dimenarsi tra le
braccia di Rosalie, nonostante Jacob e tutto il resto della mia
famiglia
cercassero di calmarla.
Erano riusciti a distrarla per tutto il pomeriggio, ma
in quel momento vi era solo una cosa di cui aveva bisogno.
«Vuole sua madre» mormorai, prendendo tra
le mie mani quella bianca e fredda di Bella, che era distesa e immobile
su quel
lettino da quasi due giorni. La sfiorai con le labbra. «Non
vuole altro che
te» continuai, sperando che potesse realmente sentirmi.
«Ti prego, svegliati. Dimmi
che non ho sbagliato niente, ti prego» sospirai, chiudendo
gli occhi.
Non volevo perderla. Doveva
rimanere con me o non me lo sarei mai perdonato.
Nostra figlia continuava a piangere,
disperata.
Nonostante l’avesse vista una sola volta, nel momento in cui
le
aveva dato la vita, sentiva il bisogno di averla accanto.
Voleva fosse lei a
tenerla tra le braccia, non Rosalie, Esme o chiunque altro.
Voleva Bella. Voleva
sua madre.
Perché tra loro vi era un legame che nessuno avrebbe potuto
capire o
sostituire, mai e poi mai.
Era amore innato.
Un legame che neanche io ero riuscito a comprendere,
commettendo un grave errore.
«Vuoi fare qualcosa, non vedi che continua
a piangere?»
«Oh guarda, non l’avevo notato! Sei un
genio!»
«Dalla a me!»
«Non provare neanche ad avvicinarti! Ha
bisogno di sua madre, non di un cane!»
«Forse ha fame, o le fa male qualcosa…»
«Idiota»
Decisi di scendere al piano di sotto per provare
a consolare mia figlia – mia
figlia, mi
faceva ancora strano dirlo -, ignorando quei continui
battibecchi.
«Torno
subito, amore mio» sussurrai, posando un bacio leggero sulla
fronte di Bella.
Erano
tutti intorno al divano, dove Rosalie teneva in braccio la mia
piccola. Jacob, notando
la mia presenza, sia allontanò impercettibilmente da
Renesmee, quasi avesse
paura di farsi vedere da me così vicino a lei ma lo ignorai
completamente. A
lui e a tutta quell’assurda situazione ci avremmo pensato
più in là io e Bella,
insieme. In quel momento il mio unico pensiero era mia figlia.
«Oh, ecco papà!» esclamò
Alice, allegra. Finalmente, questi due non li
sopporto più,
aggiunse mentalmente.
Renesmee, così piccola ma già incredibilmente
intelligente,
si voltò versò di me, guardandomi con gli occhi
lucidi.
Era incredibile come certi gesti venissero
spontaneamente. Mi ricordai di quando mi innamorai di Bella e alcuni
gesti,
così umani, con lei erano ricominciati a riaffiorare con
naturalezza. Renesmee
si calmò, mi guardò - gli occhietti dello stesso
colore di quelli di Bella - e
poggiò una manina sulla mia guancia per trasmettermi un suo
pensiero che avevo le
avevo letto nella mente: voleva la sua mamma.
«Anch’io, amore. Anch’io»
sospirai.
Sotto lo
sguardo della mia famiglia, cominciai a salire le scale, con mia figlia
in braccio.
Sentii i pensieri di Jacob allarmarsi immediatamente, ma fu mia madre a
dargli
voce.
«Non ti preoccupare, Esme» la
tranquillizzò
subito Alice «Non si sveglierà prima di
domani» Dopo quella conferma, salii le
scale ed entrai nella biblioteca, dove Bella giaceva nel letto al
centro
della stanza, in via di trasformazione.
«Eccoci dalla mamma» Non appena la vide,
Renesmee drizzò la schiena, come di certo una bambina
così piccola non avrebbe
potuto mai fare. Mi posò di nuovo una mano sulla guancia,
mostrandomi il suo
unico ricordo con sua madre. Mi avvicinai al lettino,
continuando a tenerla tra le braccia. «Visto
com’è bella?» le chiesi, mentre lei
continuava a fissarla incantata. Fece
per posarmi di nuovo la manina sulla guancia, ma risposi subito alla
sua
domanda, bloccandola. «Tranquilla, si sveglierà
presto» le sussurrai, le labbra
poggiate sui boccoli che continuavano a crescere dello stesso colore
dei miei
capelli.
Renesmee sbadigliò. Aveva sonno e di certo piangere
così tanto l’aveva
sfiancata.
Cominciai a cullarla lentamente, cantandole una canzoncina che mi
venne in mente al momento, su due piedi. Un po’ di note a
caso. Le piaceva, la
tranquillizzava. Pian piano chiuse quei magnifici occhietti color
cioccolato e
si addormentò, posando il capo sul mio braccio.
Con una guancia poggiata sulla testolina riccioluta, presi la mano di
Bella,
sfiorandole piano il palmo.
«L’abbiamo messa al mondo noi» mormorai
«E
aspettiamo solo te».