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Autore: cloe cullen    24/11/2011    39 recensioni
CONTINUO DI "QUI DOVE BATTE IL CUORE"-
“Kristen, perché Joy sta dicendo a tutti che ti sei fatta la pipì add..”
Si bloccò quando vide la grossa pozza ai miei piedi e il suo sguardo si alternò da quella a me. Mi bastò che i nostri occhi si incrociassero per sapere che aveva capito benissimo che non era pipì.
Impallidì così velocemente e così in fretta che mi sentii in dovere di fare una battuta per risollevare la situazione.
“Lo sapevo che il super sperma non avrebbe fallito”
Deglutì quasi visibilmente. “Stiamo per avere un bambino?”
E, nonostante la paura, gli sorrisi. “Stiamo per avere un bambino”
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kristen Stewart, Nuovo personaggio, Robert Pattinson
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Joy to the world Sera girls!!!! Allora vogliamo sapere commenti, impressioni e opinioni su quel capolavoro che è stato BD awwwwwwwwwwwwww. Noi lo abbiamo adorato, glirificato e venerato ahahah (non si vede eh?? ahahah) e secondo noi ha incarnato perfettamente il libro *----*. beh la chimica, alchimia, passione, amore travolgente che c'è tra Rob e kris ovviamente hanno reso tutto reale awwwwwwwwwwwwwwwwwwwwww. E quando Edward bacia la pancia a Bella so che la parola che è risuonata nella vostra mente è stata solo una...
JOY!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! *__________________________*
Aahahahhaha o in alternativa quella del suo/a fratellino/sorellina ahahah. Eh no, non ve lo dico il sesso ma la smetto di parlare e vi lascio al favoloso capitolo qui sotto.
La cicogna sta arrivandoooo!!!
Un beso enorme Cloe&Fio.
P.S=Grazie per le meravigliose recensioni. *----* vi adoriamo...tanto quanto adoriamo BD. Beh, quasi hihihihih.
P.P.S= Ahahahah il nome David è stato gentilemnte preso (ehm..ehm..fottuto ehm..*colpo di tosse*) dalla mente geniale ( se vabbè nn esageriamo) di Ross cess e dalla sua splendida raccolta di shot su Rob e kris di cui vi lascio il link:)))

http://i51.tinypic.com/4hoyvo.jpg



CAPITOLO 5 (Fio)

JOY TO THE WORLD







POV Kristen

Continuavo a fissare l’ampia pozza di quella che poteva benissimo sembrare acqua ai miei piedi. Avrei potuto crederlo anche io se non mi sentissi bagnata fradicia dal bacino in giù, per tutte le gambe.
Assurdo che in un momento come questo riuscissi solo a pensare che, per fortuna, avevo seguito il consiglio di Rob e, in previsione di un evento del genere, avevo messo appositamente delle vesti pre-maman.
Stavo per avere un figlio e il mio pensiero era concentrato sulle mie mutandine bagnate. Certo, Rob che continuava a fissarmi come un perfetto idiota non migliorava di molto la situazione.
“Rob?” lo chiamai ormai convinta che fosse entrato in trance o in catalessi.
Da quando gli avevo annunciato che stavamo per avere un bambino non aveva mosso un muscolo e probabilmente erano passati solo pochi secondi ma a me sembrava già un’eternità.
Quando avevo avuto Joy era stato tutto così diverso. Avevo con me mia madre che, pronta e scattante, aveva mantenuto il sangue freddo, raccolto la borsa con le mie cose e portatami subito in ospedale.
Che Rob non ci fosse era un altro paio di maniche ma nemmeno ora la situazione era molto diversa dato che mio marito non sembrava accennare a prendere in mano la situazione.
Certo, non ero malata, ma tra i due quella che avrebbe dovuto andare nel panico ero io, no?
Mi resi conto, proprio mentre i pensieri vagavano sconnessi, che se per me non era tutto nuovo, per Rob lo era. Lui non era stato con me durante il travaglio di Joy, non dall’inizio almeno e ora sembrava completamente perso.
“ROB!” lo chiamai di nuovo con voce possente per farmi sentire.
Lui, di risposta, alzò il viso e scosse il capo come a volersi svegliare da un sonno profondo.
“Oh, sì. Scusa…” borbottò semplicemente prima di muoversi per fare l’ultima cosa che mi sarei aspettata in quel momento.
Si avvicinò e per un secondo pensai che stesse per prendermi in braccio ma, invece, mi passò accanto, raccolse dei fazzoletti ed iniziò ad asciugare la pozza ai miei piedi. Proprio come se fosse acqua caduta da un vaso di fiori.
Grazie a dio non erano ancora iniziate le contrazioni altrimenti non avrei risposto delle mie azioni.
Ero incinta, cavolo! Incinta e in procinto di partorire e mio marito non aveva trovato nulla di meglio da fare che asciugare le mie acque da terra.
“Rob!” gli diedi un calcetto. “Che diavolo stai facendo!?”
Lui alzò il viso, mortificato. “Sto… asciugando per terra…”
“Lo sai cosa stai asciugando?”
Deglutì visibilmente prima di rispondermi. “Le tue acque…”
“E lo sai cosa succede quando si rompono le acque?”
Annuì, poco convinto.
“Allora vai a prendere quella cazzo di borsa e portami all’ospedale come farebbe ogni persona normale!” il mio tono di voce era decisamente alterato, tanto da portare gli altri ad avvicinarsi alla cucina.
“Che succede?” chiese Tom per aggiungere un secondo dopo: “Wow, Kristen! Ti sei davvero fatta la pipì addosso?”
“L’avevo detto io!” approvò mia figlia tra le sue braccia.
Perché ero circondata da un branco di idioti? Potevo capire Joy che aveva quattro anni ma… anche Tom?
“Non è pipì, Tom” rispose Alyson per me e fu allora che vidi l’espressione sul suo viso cambiare visibilmente.
“Oh, cazzo!”
“Le si sono rotte le acque…” continuò lei ridestando anche me.
Non dover essere io a dirlo a qualcuno ma avere qualcuno che lo dicesse a me mi fece realizzare che stavo davvero per avere un bambino ed improvvisamente ebbi così paura che dovetti sedermi.
“Okay. Kristen, vuoi cambiarti prima di andare?”
Mi massaggiai le tempie e annuii piano.
“Ho un ricambio pronto nel bagno qui giù.”
“Perfetto… Tom, vai a prenderlo. Cameron, prepara la macchina. Rob, tu prendi la borsa! E smettetela di starle addosso! Fatela respirare!” urlò Alyson sorprendendo tutti e rivolgendosi alla calca di persone che si era riunita attorno a me facendo domande che non stavo nemmeno ad ascoltare.
“Tia io che potto fale?” riuscii a sentire la voce della mia bambina che si preoccupava per me.
“Tu stai con la mamma, tesoro.”
E infatti, dopo essersi fatta spazio tra gli altri, Joy mi raggiunse. Non disse niente. Mi posò una mano sul pancione e sorrise.
“Sta pel allivale, velo?”
Annuii impercettibilmente e le carezzai i capelli.
“Hai paula?” chiese, poi, prendendomi totalmente alla sprovvista non solo perché non avevo idea di come avesse fatto a capirlo ma anche perché la sua sensibilità mi lasciava spesso interdetta. Stavo per mentirle, dirle di no ma non ci riuscii e fui salvata dalla voce di Alyson che, di nuovo, invitava tutti a lasciare la stanza per permettermi di cambiarmi.
Tom entrò in cucina con il mio ricambio in mano e vi rimase.
“Vuoi andartene?” gli disse Alyson quando prese i panni dalle sue mani e vide che lui era ancora lì.
“Andiamo, è la mia migliore amica!”
“E allora? Mica hai il diritto di vederla nuda?!”
“Ma non voglio perdermi nessun momento!”
“Tom!”
“Aaaah, Alyson. Lascia stare. Non mi da fastidio! Capirai…”
Nel giro di poco sarei stata in sala parto a fare bella mostra delle mie parti basse ad almeno cinque o sei persone. Non mi sembrava il caso di fare dell’etica per Tom che, però, si girò ugualmente.
“Hai già le contrazioni?” chiese Alyson mentre mi aiutava a svestirmi.
“No… dovrei, vero? Insomma, perché non ce l’ho? Se non mi si fossero rotte le acque non direi per nulla di essere in travaglio…”
“Credimi, non significa nulla. Ogni gravidanza così come ogni parto è diverso per ogni donna.”
Mi tranquillizzai un po’ ma non potevo fare a meno di chiedermi cosa di diverso avrebbe avuto il mio caso.
Se fosse andato male? Se fosse successo qualcosa…? Se…
“Non sapevo fossi così esperta…” mi distrassi ringraziando implicitamente Alyson per aver preso in mano la situazione.
“Sono la più grande di cinque figli. Con l’ultimo ho diciotto anni di differenza…”
“Cavolo!” spalancai gli occhi. “Complimenti a tua madre…”
Lei sorrise e mi aiutò con le scarpe.
“Io ne voglio almeno sette” commentò Tom che aveva avuto il permesso di girarsi di nuovo.
“Tu sei fuori di testa. Io non li partorisco sette figli!”
“Perché no? Se potessi lo farei io…”
Un grugnito mi scappò insieme a una risatina ironica. “Prova a farne uno  e poi vediamo se sei ancora della stessa idea.”
“Andiamo, voi donne siete tutte uguali. Quando state in sala parto giurate di non fare mai più sesso in vita vostra…”
Riuscii quasi a sentire la freccia che scoccava dai suoi occhi ai miei.
“Che ti ha raccontato Rob?” gli chiesi quasi furiosa.
“Non farò mai più sesso in vita mia, lo giuro, lo giuro…” cinguettò lui imitando la mia voce e facendomi tornare in mente gli estenuanti dolori del parto.
“Chiudi quella bocca prima di fare danni o prima che io ti faccia danni!”
“Mamma cot’è il sessio?”
Aly e Tom risero mentre mia figlia mi guardava curiosa per una domanda a cui non avevo intenzione di rispondere, non ora almeno.
“Non lo so nemmeno io, amore. Chiedilo a zio Tom!” lo fulminai con lo sguardo che, se avesse potuto, lo avrebbe incenerito anche.
“Tio, cot’è allola?”
Tom fu preso alla sprovvista e onde evitare ulteriore confusione alla piccola riuscì solo a rispondere che glielo avrebbe spiegato quando sarebbe stata un po’ più grande, ora non avrebbe capito.
“E comunque il punto è che, nonostante il dolore, ne hai voluto un altro, quindi non può essere tanto tragica, no?”
Per un secondo rividi davanti ai miei occhi gli sforzi che io e Rob avevamo fatto per avere un altro bambino, l’attesa, il dolore. E il mio pensiero volò al bambino che avevo perso. Non so se si accorsero di quello che mi stava passando per la testa, probabilmente si dal momento in cui si affrettarono a cambiare discorso.
“Che fine ha fatto Rob?!” sbuffò Alyson.
“Forse dovremmo accettarci che non sia caduto per le scale, imbranato com’è…”
“Grazie per la fiducia, eh.” Rob entrò in quello stesso istante e fui costretta a fargli un sorriso per nascondergli la mia paura. Lui ricambiò e mi venne incontro. Sembrava quasi più rilassato e finalmente conscio di ciò che stava accadendo quando lui e Tom mi aiutarono ad alzarmi e a farmi strada tra i nostri amici che, nonostante gli inviti di Alyson ad andare via, erano rimasti in salotto in trepidante attesa di news e non sembravano intenzionati a lasciare la casa. Non prima di noi.
Sorrisi e salutai tutti mentre Rob li rassicurava sul fatto che avremmo fatto sapere loro quanto prima.
“Dove andate?” chiese Joy, preoccupata, mentre noi ci avviavamo alla macchina.
“In ospedale, amore.”
“Pecchè? Non può stale qui la mamma?”
“No, tesoro. Ha bisogno di persone brave per far venire fuori il fratellino.”
“Oh…” sembrò delusa. “Ma io vollio venile co voi…”
Riuscii a percepire una nota di pianto nella sua voce ma Alyson fu pronta a consolarla e rassicurarla. “Io e lo zio restiamo qui con te” disse prendendola in braccio. “E prima di quanto pensi la mamma e il papà saranno di nuovo a casa col fratellino o la sorellina, okay?”
Mi voltai a guardarla e notai la sua espressione triste mentre annuiva piano. Mi avvicinai per darle un bacio. “Fate plesto pelò…” mi sussurrò all’orecchio e io le promisi che avremmo fatto prestissimo.
Non sapevo ancora che avevo sperato troppo presto.


Okay, non andava per niente bene.

Il viaggio in macchina era stato tranquillo, Rob mi aveva tenuto la mano nonostante non provassi alcun dolore, ma giunti in ospedale non avevano fatto altro che mettermi su una sedia a rotelle, manco fossi invalida, e sistemarmi sul lettino di una stanza dove mi trovavo da venti minuti senza che nessuno venisse a vedere come stavo.
Rob era andato a cercare un medico appena eravamo entrati in ospedale, mio fratello era andato a chiamare la mia famiglia e ora erano spariti tutti e due.
L’unico contatto umano che avevo avuto negli ultimi venti minuti era stato con un’infermiera straniera che si era limitata ad azionare il monitoraggio e mi aveva lasciata lì senza rispondere alle mie domande.
Si può anche impazzire così!
Avrei voluto alzarmi e andare via. Mi pentii quasi di aver bocciato la proposta di Rob di affittare una camera in una clinica come facevano la maggior parte delle star di Hollywood.
“Noi non siamo così” gli avevo risposto ma iniziavo a credere che forse sarebbe stata la cosa migliore.
Non avevo nemmeno il cellulare con me. Rob aveva tutto con sé e non potei fare a meno di maledirlo per un secondo.
“Brutto traditore di un marito… Aspetta che torni e vedi cosa ti faccio…” grugnii tra i denti prima di sentire la sua voce che attraversava la stanza.
“Cosa mi fai?” scherzò sorridendo. Sorridendo!
“Grandissimo bastardo che non sei altro! Come ti permetti di lasciarmi qui, da sola, per mezz’ora, senza farti vivo!?”
“Ero andato a compilare dei moduli e cercare un dottore, Kristen.”
“Non dovrebbe essere tua competenza!” gli diedi contro mentre lui si avvicinava. Nonostante la rabbia mi lasciai prendere la mano e, per qualche motivo sentii gli occhi riempirmisi di lacrime. Grazie a dio lui non se ne accorse. Si limitò a stringere la mano e affermare, vittorioso: “Però è servito. Tra poco verrà qualcuno, tranquilla.”
Nello stesso momento in cui lo disse, infatti, un medico dal camice ovviamente bianco e con una cartellina in mano entrò in stanza con aria indaffarata.
“Allora, come andiamo?”
“Male” sputai acida.
“Dolori?”
“No.”
“Contrazioni?”
“No.”
“Quando si sono rotte le acque?”
“Circa un’ora fa” rispose Rob per me.
“Mmm…” fu il commento del medico prima di controllare la dilatazione che era…
“Solo due centimetri. Quasi assente. Direi che ci vorrà un po’ di tempo.”
“Come? Cosa? Un po’ di tempo? Quanto tempo?”
“Kristen, si calmi.”
Mi diede quasi fastidio che quello sconosciuto, che per giunta sembrava trattarci in modo alquanto superficiale, si prendesse la briga di chiamarmi per nome solo perché sapeva chi ero.
“Non sono ancora iniziate le contrazioni, non c’è dilatazione. Capita a molte donne. La rottura delle acque non vuol dire necessariamente l’inizio del travaglio. Spesso ci vogliono ore…”
Mi sentii male e rigettai la testa all’indietro sul cuscino maledicendomi per aver promesso a Joy che saremmo tornati presto.
Cosa avrebbe pensato di me?
Nella sua mente di bambina, potenzialmente gelosa, avrebbe potuto credere che il suo fratellino era nato e noi avevamo voluto passare del tempo soli con lui o lei.
Scacciai i pensieri tornando a concentrarmi sul mio pancione, ancora troppo incombente, sul bambino che dovevo far nascere e sulle parole del medico.
Consigliò di rilassarmi, come se fosse facile, chiamò un’infermiera che mi aiutasse a cambiarmi e chiese alla stessa di essere avvisato nel momento in cui iniziavano le contrazioni.
Dopodiché, con mia enorme felicità, ci lasciò da soli in stanza. Preferivo non averlo in giro, per qualche motivo. Non riusciva a darmi sicurezza e trattava il caso come uno qualsiasi. Non che avessi qualcosa di speciale ma la freddezza tipica dei medici era sempre stato uno dei motivi per cui non mi piacevano particolarmente gli ospedali.
Un’altra lunghissima e insopportabile ora dopo ero ancora lì, con un camice che avevo portato da casa, e una pancia ancora enorme.
Dolori e contrazioni erano ancora assenti e non sapevo se fosse una cosa normale e possibile o solo una mia impressione ma avevo la sensazione di starmi asciugando lentamente, internamente.
Decisi di non pensarci. Il dottore non mi era particolarmente simpatico ma avrebbe certamente saputo se una rottura di acque prematura rispetto al travaglio vero e proprio potesse essere un problema oppure no. Aveva anche aggiunto che c’erano molti casi come il mio per cui mi imposi di rilassarmi ma in quella posizione era alquanto snervante.
“Dammi una mano, Rob.”
“Che vuoi fare?” chiese lui afferrando il mio braccio e assecondando i miei movimenti.
“Mi verranno le piaghe di questo passo. Vediamo di velocizzare le cose…” risposi sistemandomi a sedere sulle mie caviglie.
“Kristen…” iniziò Rob, con voce titubante. “Io non credo che…”
“Lo sapevi che alcune donne partoriscono in posizione caprina?”
“No… e preferivo non saperlo.” Azzardò un sorriso incerto. “Ma tu sei sicura? Non sei scomoda così? Non ti fanno male le caviglie?”
 “Sssh. Mi sto concentrando.” Chiusi gli occhi iniziando a respirare profondamente.
“Ho letto da qualche parte che aiuta la fase di espulsione.” Parlai calma.
“Non siamo ancora in fase di espulsione, anzi siamo molto lontani dall’esserlo a quanto pare…”
Aprii gli occhi e lo fulminai con lo sguardo. “Solo perché siamo lontani non vuol dire che non possiamo fare in modo di a-aaaaa….” Lasciai la frase incompiuta quando un dolore improvviso e imprevisto mi invase costringendomi ad aggrapparmi a Rob per tornare a stendermi sul letto.
“Oh, cazzo!” imprecai chiudendo gli occhi e stringendo la mano di Rob.
“Kristen!”
“Aaaaah!” strinsi più forte aspettando che quella dannata contrazione passasse. Mi sentii morire quando finalmente si affievolì di colpo.
Respirai profondamente e allentai la presa sulla mano di Rob che mi guardava preoccupato ma allo stesso tempo speranzoso. Forse era arrivato il momento…
Gli sorrisi e stavo per dirgli di andare a chiamare il medico quando una nuova contrazione, a distanza di pochi secondi dall’altra, mi percosse di nuovo il corpo.
“Rob, vai…. Vai a chiamare il medico…” riuscii a dire tra i denti ma era impossibile per lui muoversi data la forte stretta della mia mano nella sua.
Questa durò meno e lasciai la mano di Rob prima che potesse arrivarne un’altra.
Lui volò fuori dalla stanza per tornare con il medico buoni dieci minuti dopo quando, per ironia della sorte, le contrazioni erano cessate.
Erano altamente irregolari e potevo averne a distanza di molto tempo l’una dall’altra, averne un paio riavvicinate e poi ancora niente per molto tempo. Che fossero iniziate era un buon segno ma ciò che realmente importava era che la dilatazione era ancora a due centimetri.
Di conseguenza mi trovavo di nuovo al punto di partenza, senza la minima idea di quando il mio bambino si sarebbe deciso ad uscire e con dannate contrazioni che venivano a intervalli irregolari, quando meno me l’aspettavo.
Continuavo a stringere la mano di Rob quanto più potevo ogni qualvolta una contrazione mi faceva quasi piegare su me stessa per il dolore, se fosse stato possibile ovviamente.
Rob, da canto suo, aveva posizionato un coniglietto di peluche sul mio pancione e non faceva che dirmi di guardarlo e concentrarmi sul respiro.
“Così, respiri corti e veloci. Come abbiamo fatto al corso. Guarda il coniglietto.”
E io lo guardavo, vedevo quel dannato peluche che se ne stava sul mio pancione, di fronte a me, con un sorriso soddisfatto tra i baffi, quasi a prendermi in giro e tutto ciò che avrei voluto fare era staccargli la testa o comunque staccare la testa di qualcuno, non importava chi fosse.
Mi rilassai ancora quando l’ennesima contrazione passò e sentii anche Rob tirare un sospiro di sollievo quando lo lasciai.
Lui! Lui sospirava! Il colmo!
“Se ti stai annoiando puoi anche andartene, eh!” sbottai quando lo vidi massaggiarsi la mano dopo la mia stretta.
“Cosa?”
“Niente…” sbuffai evitando di litigare per quelle che, sapevo, erano stronzate; eppure in quel momento ero così ipersensibile che ogni cosa mi sembrava di importanza vitale, proprio come il pensiero di Joy che ci aspettava a casa già da tre ore.
“Kristen, cosa succede?” chiese Rob sedendosi sul letto accanto a me e massaggiandomi la mano.
“Sono preoccupata per Joy. Le avevo detto che saremmo tornati presto e invece…” di nuovo sentii le lacrime agli occhi ma riuscii a trattenerle.
“Vedrai che capirà…”
“Ha quattro anni, Rob. Non capirà.” Alzai gli occhi al cielo.
Lui non riuscì a consolarmi e mi trovai persa perché da sempre avevo sempre contato su di lui in momenti del genere e ora mi trovavo spiazzata.
“Hey, faccio una chiamata a casa e vedo come va, okay?”
Annuii senza dire altro e lasciai che Rob si allontanasse per dare il cambio a mio fratello, unico della mia famiglia ad essere lì dato che non volevano affollare l’ospedale ma a me sembrava che tutti fossero più nervosi di me all’idea che io dovessi avere un bambino.
Difatti anche mio fratello, dopo avermi tenuto la mano per un paio di contrazioni, scappò via a gambe levate con la scusa di dover fare una telefonata.
“Uomini… originalità zero e codardi di merda…” commentai tra me e me prima di accogliere, da sola e con immenso piacere, una nuova contrazione che mi fece urlare dal dolore.
Dio, possibile che nessuno si preoccupasse di darmi qualcosa per farmi sentire meglio?
“Piccolo stronzetto… non solo arrivi con due settimane di ritardo, devi anche farmi passare l’inferno prima eh…” ghignai tenendomi la pancia tra le mani. Sospirai quando il dolore passò e potei rilassarmi. “Perché non vuoi venire fuori?”
“Fosse li piace di più lì dentlo.”
Strabuzzai gli occhi quando sentii la voce di Joy e per un secondo pensai di essermela immaginata ma quando si arrampicò sulla sedia accanto a me, potei vedere che era reale davanti a me e non era per niente frutto della mia immaginazione.
“Ciao, amore!”
“Tao mami!” mi sorrise.
“Come sei venuta qui?”
“Con tio Tom e tia Aly. Ci scocciavamo a stale a casa.”
Allungai una mano e le carezzai le guance rosa.
“E come mi hai trovata?”
“Papà ha detto che potevo venile.”
“E lui dov’è?”
“E’ limasto fuoli. Secondo me si sta facendo la pupù sotto.”
Risi e le chiesi cosa intendesse dire.
“Non lo to… Fa come quando io ho paula…”
Corrugai la fronte e stavo per chiederle altro ma lei mi interruppe con una nuova domanda.
“Non vuole ussile?”
Scossi il capo accompagnando la mia risposta. “Sembra di no.”
“Anche io ho messo tanto tempo ad ussile?”
“No, tu un po’ di meno.”
In realtà anche per Joy c’era voluto un po’ ma non era il caso di spiegarle della dilatazione. Con lei era stata molto graduale mentre, in questo caso, di questo passo saremmo rimasti in ospedale fino al mattino dopo.
“E ti fa male se lesta lì?”
“Un pochino…”
“Pel questo ullavi plima?”
Annuii piano e con un sorriso per non impressionarla troppo. Non volevo che pensasse che stessi soffrendo a causa del bambino. “Però è normale, sai? Anche quando sei nata tu faceva un po’ male.”
“Davvelo? Ma io non volevo fatti male…” si affrettò a dire e capii che era un discorso troppo complicato perché lei potesse capire come funzionasse senza avere nuove e nuove domande.
“Lo so, amore. E nemmeno il fratellino o la sorellina qui dentro vuole farmi male. Però succede.”
“Mmm… allola muoviti a venile fuoli cotì non fai più male alla mamma, capito?” urlò avvicinando la bocca al pancione per poi accarezzarlo dolcemente.
“Mamma pelò non capisco una cosa?” aggiunse dopo un po’ con espressione corrucciata.
“Da dove deve venile fuoli?”
Ah. Oh-oh.
“Oh… ehm…”.
Bene, come spiegare a una bambina di quattro anni che i bambini escono da quel minuscolo buco di quella piccolissima parte del corpo che lei chiama farfallina?
“Vedi, dipende. Qualche volta fanno un taglietto sulla pancia, altre volte fanno un taglietto alla farfallina ed escono da lì.”
Joy sbarrò gli occhi, terrorizzata.
“No! Che chiiiiiifoooooo! E come pattano?”
“Oh ma loro diventano piccoli piccoli prima di uscire, così ce la fanno!” decisi di improvvisare prima di traumatizzare mia figlia a vita.
“Oh…” sembrava più confusa di prima e, del tutto insoddisfatta, decise di passare a una nuova domanda direttamente collegata con la precedente. “E allola come ci entlano nella pancia?”
Perché avevo una figlia così curiosa e perspicace? Perché?
Stavo per inventarmi qualcos’altro quando un nuova contrazione arrivò, improvvisamente. Strinsi i denti quanto più potei per evitare suoni e lamenti che avrebbero potuto spaventarla. Non avevo nemmeno la forza di aprire gli occhi e vedere come lei stava reagendo.
“Amore… che ne dici se ne parliamo un’altra volta?”
“Okay, okay.”
“Anzi, perché non vai a chiederlo a papà?” dissi tra i denti. “E poi digli di venire subito qui, okay?”
“Okay, mami.” La sua voce preoccupata mentre mi carezzava il viso con la manina. “Ma tu tai bene?”
Grazie a dio in quel momento il dolore passò e potei risponderle con voce più normale. “Sì. Sì, tesoro. Però vai a chiamare papà. Okay?”
“Okay!” esclamò saltando giù dal lettino e correndo fuori dalla stanza.
Dopo due minuti Rob entrò insieme al dottore e non fu risparmiato da un mio sguardo omicida.
“Vuoi smetterla di lasciarmi sola? Ti sembra normale che debba chiedertelo?”
Lui si scusò gettando la scusa di stare parlando con il medico ma ormai non reggeva più. Lasciai correre la cosa e mi concentrai sulla prima persona nella stanza che non sopportavo.
“Allora, Kristen. Come andiamo? E’ in travaglio già da due ore…”
“Oh, ma davvero?! Strano, a me sembra una vita!” sbottai acida. Non potevo proprio farne a meno. Rob sussurrò parole per farmi calmare ma ero troppo nervosa e su di giri. Il pensiero che qualcosa stesse andando male mi faceva tremare e non riuscii a calmarmi finché il medico ebbe la prima buona idea della giornata e probabilmente della sua intera vita: fare un’ecografia tanto per essere sicuri che fosse tutto nella norma e che il bambino non avesse cambiato posizione in qualche modo, ma tutti sapevamo che a quello stadio avanzato della gravidanza era alquanto improbabile.
“Mmm” mugugnò tra sé e sé fissando il monitor.
“Cosa?” chiesi con un filo di voce.
“C’è qualche problema?” Rob mi strinse la mano.
“No, no. Nessun problema… E’ solo un bel bambino!”
“Nel senso che è maschio?” chiese Rob.
“No, nel senso che è grande. Il sesso è ancora nascosto.”
Sia io e che Rob tirammo un sospiro di sollievo ma presto la mia attenzione si focalizzò su una sola parola: grande.
“Grande? Quanto grande?”
“Diciamo… grande” rise l’idiota.
Gli lanciai un’occhiata che diceva chiaramente: guardi che non fa ridere, ma mi trattenni e mi preoccupai solo di sapere se il bambino stesse bene. Era il mio unico pensiero.
“Sta benissimo, davvero. E’ solo grande!” ripeté con una seconda risata, come se provasse piacere nel rendermelo noto continuamente. Sadico.
“Dai, Kristen. Tanto ti allarghi.”
Non registrai nemmeno le parole di Rob e mi limitai a rispondere affondando le unghie nella pelle della sua mano.
Brutto idiota insensibile.
“Ad ogni modo” riprese l’idiota poco dopo. “Consiglierei un cesareo.”
Sia io che Rob alzammo il viso verso di lui.
“Cosa? Perché?”
“Bè, è in travaglio già da un po’ e la dilatazione non accenna ad aumentare.”
“Il bambino è in pericolo?” chiese Rob un secondo prima che lo facessi io.
“Assolutamente no.”
“Allora non voglio fare il cesareo!” dissi io, risoluta.
“Le assicuro che è un metodo sicurissimo. Si risparmierà tempo e dolore e presto avrà il suo bambino tra le braccia…”
“Non mi importa del tempo e del dolore. Non voglio fare il cesareo!” affermai di nuovo, stavolta con decisamente poca calma.
“Kristen, forse dovresti dargli retta.”
“No, conosco il mio corpo, Rob. Non ho cinquant’anni. Posso resistere!”
“Kristen, il medico sta solo dando la sua opinione.”
“Allora voglio un’altra opinione!”
“Io non credo che un’altra…”
“Rob, amore. Ti amo. Ma chiudi il becco!”
Tutta la calma che avevo conservato fino ad allora andò a farsi fottere. Chiesi della dottoressa Cameron e della dottoressa Smith che mi avevano assistito al parto di Joy e fui così risoluta che non poterono contraddirmi.
“Misogino di merda.” Borbottai quando quello stupido idiota fu fuori dalla stanza.
“Stava solo facendo il suo lavoro.”
“Stai dalla sua parte?”
“Non essere ridicola! Io sto sempre dalla tua parte, okay?”
Mi diede un bacio sulla fronte e si sedette accanto a me ma non ero per nulla più calma.
“Come ti senti?”
“Come una balena in travaglio da tre ore con un idiota di medico che vuole squartarle la pancia perché, a quanto pare, più che un bambino partorirà un cucciolo di elefante!”
“Dai, Kristen… Tanto…”
“E se ti azzardi a dire di nuovo che tanto mi allargo, giuro che ti allargo io il buco del culo!”
Detto questo, Rob non aprì più bocca e, tra una contrazione e l’altra, continuò a sopportare il dolore insieme a me che gli stringevo la mano con quanta più forza possibile. Dovevo pur sfogare su qualcuno.
Le dottoresse entrarono insieme, scusandosi per non essere venute prima perché impegnate in un altro parto.
Dopo una piccola chiacchierata convennero con me sull’evitare il cesareo.
“Se ti senti di procedere naturalmente faremo come vuoi. Ma se tra tre ore non avrai raggiunto la dilatazione necessaria dovremo procedere diversamente. Chiaro?”
“Sì, sì, okay…” riuscii a rispondere, sollevata, tra una contrazione e l’altra.
“E’ presto per un’eventuale epidurale… ma vuoi qualcosa per il dolore?”
“SI’!” urlai disperata, e Rob insieme a me.

POV Rob

“Bel bambiiiiino… Bel bambiiiiinooooo. Tutti amano i bambini è per questo che io amo tanto teeeeee…”
Lanciai un’occhiata a Tom ed Alyson che, nonostante i miei avvertimenti, avevano deciso di entrare per vedere come stesse Kristen ed erano rimasti un po’ scioccati da come l’antidolorifico stava facendo effetto su di lei.
“Vi avevo avvertito…” dissi semplicemente mentre Joy guardava la mamma con aria sconcertata.
“Bel bambiiiinooo, Bel bambiiiino…” continuò a canticchiare facendo danzare le sue mani e le sue dita sull’enorme pancione. “Perché non vieni quaaaaa, a lasciarti cullare tra i raggi del soooooleeeee…”
Kristen era sempre stata particolarmente intonata ma…
Decisamente le nostre orecchie avrebbero avuto bisogno di cure dopo l’ultima ora delle sue performance.
 “Vieni qua oraaaaaaaaaaaa…” e si rivolse a noi sorridendo come se fosse in paradiso.
Sembrava più drogata che sotto analgesico.
“Papi, canto quasi mellio di lei…” fu il commento sussurrato di Joy all’ennesimo acuto di Kristen.
Decisi che probabilmente era il caso di portarla fuori e non lasciare che vedesse la madre in quelle condizioni.
“Forse è meglio andare…” suggerì Alyson indicando Joy e notando che in fondo Kristen era catapultata in un mondo tutto suo fatto, probabilmente, di case di cioccolata, prati fioriti e conigli danzanti.
“Già…” confermai alzandomi.
Tom seguì i miei movimenti per poi chinarsi su Kristen e darle un bacio in fronte. “Siamo qui fuori, okay?” le disse.
“Certo, amore” sorrise lei mentre noi ci scambiavamo uno sguardo perplesso. “Oh, ma sai che assomigli particolarmente a Tom oggi?”
“Non mi dire…” rispose il mio amico mentre io scuotevo il capo e mi chiedevo come avesse fatto a mettere l’avverbio particolarmente in un frase di senso concreto.
“Okay, andiamo fuori” dissi prima di non riuscire a sopportare oltre.
Joy era ormai così annoiata per quell’estenuante attesa da costringere Alyson a farle fare un giro per l’ospedale. Santa donna. Forse avrebbero preso qualcosa alle macchinette dato che era ormai passata ora di cena, almeno per Joy.
Non le diedi il permesso di prendere patatine o cioccolata ma riuscimmo a trovare un accordo e le concessi dei biscotti.
Quando fu fuori dalla mia visuale mi buttai a peso morto sulla sedia accanto a Tom. Avevo spedito Cameron a casa dato che sembrava che la cosa continuasse per le lunghe e di certo continuare a stare lì non sarebbe servito a molto.
Chiusi gli occhi e li massaggiai con le mani. Sospirai.
“Che c’è?” chiese Tom.
“Cosa?”
“Che problema c’è?”
“Nessun problema, perché?”
“Andiamo, Rob. Sei nervoso.”
“Bè, certo che sono nervoso. Sto per diventare padre… di nuovo.”
“Non è questo.”
“Non capisco che vuoi dire.”
“Voglio dire che fai di tutto per tenerti lontano da quella stanza. Ci entri giusto per dovere e necessità… Perché?”
Ah…
Fissai il pavimento lucido e pensai a come esporre in modo sincero e chiaro le idee contorte che avrebbero dovuto essere una risposta.
“Non… non lo so, Tom. Insomma, l’hai vista? Io… io non sapevo che fosse così. Quando è nata Joy ho perso tutta questa parte… Sono arrivato quando stava già quasi fuori… E… non lo so. Io non ce la faccio a vederla così. Ogni… ogni volta che ha una contrazione mi sento male. Vorrei poter fare qualcosa per farla stare meglio. E penso che...
Sono le nove, Tom. Le nove. E’ lì dentro da sei ore! Perché ci vuole tanto?
Se qualcosa va storto? Se questo ritardo è dovuto a un motivo particolare? Se qualcosa dovesse andare male… Io non ce la farei a riprendermi stavolta… e nemmeno lei…”
Non sapevo cosa fosse uscito dalla mia bocca ma sentivo il cuore legato e la gola in fiamme. Come se volessero piangere.
“Rob…” Tom chiamò la mia attenzione. “Penso che tutto quello che provi sia assolutamente normale considerando quello che avete passato. Ma Kristen sta bene, il vostro bambino sta bene e sono entrambi lì dentro. Devi viverla questa cosa e non evitarla per paura che le cose vadano male. Non puoi pensare in questo modo. Andrà tutto bene, fidati.”
Gli sorrisi annuendo e gli diedi una pacca sulla spalla come ringraziamento. Aveva ragione lui. Non potevo vivere di paura perché Kristen lo avrebbe avvertito e, anzi, ero abbastanza sicuro che l’aveva già avvertito.
Dovevo starle vicino, anche se significava vederla delirare o soffrire e non poter fare altro che tenerle la mano.
Stavo per alzarmi e tornare da lei quando Joy voltò l’angolo e prese a correre verso di me allargando le braccia.
Risposi alla sua richiesta e la presi in braccio scoccandole un bacio sulla guancia.
“Papi?”
“Dimmi, principessa.”
“Non t’è latte…”
“Dove non c’è latte?”
“Qui… Nell’oppedale. Non t’è il latte? Quetti bicotti tono più buoni col latte…” rispose mostrandomi un pacco di Oreo.
“Oh… E’ vero. Questi non puoi mangiarli senza latte. Okay, vediamo se ne troviamo in giro…”
Continuando a tenerla in braccio mi alzai e chiesi alla prima infermiera se ci fosse un distributore di latte da qualche parte.
“Latte?” chiese lei.
“Ti!” rispose Joy. “E’ pel me! Vollio mangiale quetti biccotti nel latte…”
“Oh, che amoreeeee” rispose la donna entrando in modalità Joy-fan. In effetti ero abbastanza scioccato dal fatto che nessuno sembrava averci riconosciuto. Certo avevano chiesto i nostri nomi e avevo trovato quasi impossibile che non sapessero chi eravamo ma immaginai che per coloro che lavorano in ospedale e hanno a che fare con questione di vita e morte ogni giorno, il gossip non era altro che un concetto astratto.
“Comunque c’è un distributore in corridoio…” disse quando ebbe finito di ammirare i capelli di Joy.
“La ringrazio…”
“Però, aspetti!” disse bloccandoci. “Il distributore c’è ma non posso garantire su quello che c’è dentro. Aspetti qui…”
Io strabuzzai gli occhi e feci come mi disse.
“Ma coma fai a fare colpo su tutti, eh? Come fai?”
“Che vuol dile che faccio coppo su tutti, papà?”
“Che sei la bimba più bella del mondo.” le baciai le guance e il collo diverse volte facendola sorridere e poi ridere finché l’infermiera fu di nuovo da noi, stavolta con una tazza di latte caldo.
“Questo è sicuramente buono. Lo usiamo per il nostro caffè…”
“Hai visto che gentile, Joy? Come si dice?”
“Glazie mille…” rispose mia figlia nascondendosi timidamente nell’incavo del mio collo e provocando una serie infinita di awwwww da parte della simpatica donna.
Ringraziai per la gentilezza e tornai a sedermi con Joy in braccio. Mangiò i biscotti bagnandoli nel latte, bevve quello che ne rimase e, infine, si stese così comodamente su di me che in breve tempo fu addormentata.
A casa ci voleva la mano di dio per farla addormentare entro le undici e ora, alle nove e mezzo, stava già nel mondo dei sogni.
Certo, l’essersi già sfrenata in giro per l’ospedale e il non avere nulla da fare se non aspettare potevano aver contribuito parecchio.
Rimasi a guardarla dormire per un po’ mentre le carezzavo i capelli e le baciavo la fronte e… Non vedevo l’ora di poter tenere tra le braccia anche il piccolo o la piccola.
Non mi importava nemmeno più se fosse una femmina o un maschio. Lo volevo solo tra le mie braccia.
Lasciai che Tom prendesse Joy, attento a non farla svegliare, e tornai in camera da Kristen.
Quando entrai la vidi in preda a una contrazione e mi affrettai a raggiungerla per stringerle la mano. L’effetto dell’antidolorifico era passato.
“Respira, Kristen. Respira. Guarda il coniglietto! Come facemmo al corso, ricordi? Respira su…”
“Aaaaah, cazzo che dolore!” sospirò quando fu passata. “Dov’eri?”
“Perché non lasciamo stare e invece non ci esercitiamo con la respirazione prima della prossima contraz…” ma prima che potessi finire la frase lei aveva già spalancato gli occhi e afferrato di nuovo la mia mano.
“Certo!” strinse la mia mano. “Concentriamoci sulla respirazione!” ringhiò. “Perché no? Ora guarda il bel coniglietto e respira mentre soffri! Provaci tu!” strinse ancora più forte e fui costretto a stringere i denti. “Dai, coraggio! Come va, tesoro!?” calcò l’ultima parola con un tono sadico di cui non ero mai stato testimone prima e finalmente lasciò andare la mia mano che era diventata totalmente insensibile. Mi alzai e mi voltai per nascondere una lacrima che dovetti raccogliere al bordo dell’occhio.
“Su, smettila di piangere adesso.”
“Non sto piangendo.”
“Invece sì.” Rispose scorbutica per poi cambiare tono nuovamente.
“Allora dov’eri?” chiese con sguardo tra il triste e l’accusatorio.
“Ero.. a far mangiare qualcosa a Joy.”
“Oh, che ha mangiato?”
“Biscotti con latte… Ora dorme…”
Annuì piano e sembrò pensare a qualcosa. “Sai, Joy ha detto una cosa strana prima…”
“Davvero? Cosa?”
“Ha detto che hai paura di entrare qui. È vero?”
Semplice e diretta. Forse avrei dovuto esserlo anche io ma c’era ancora quella parte di me che voleva mentire per rassicurarla.
“No… è tutto okay…”
Ma non funzionava un granché come piano.
“Rob…” alzò un sopracciglio. “Ti conosco da sette anni, siamo sposati da quattro. Non sai mentirmi.”
E infatti era inutile continuare a negare.
Tornai a sedermi sulla sedia accanto al suo letto.
“Sì, Kristen. Ho paura. Ho paura quando ti vedo soffrire. Ti ho vista soffrire troppe volte e non ce la faccio più” ammisi quasi vergognandomi.
“E hai paura che qualcosa vada male, vero?” alzai il viso e vidi che una lacrima solcava la sua guancia.
Oh no.
Annuii e le presi la mano.
“Ho paura anche io…” sussurrò stringendo le labbra e cercando di bloccare le lacrime ma non ci riuscì.
Lo feci io chinandomi su di lei e baciando il suo viso per spazzarle via.
“Andrà tutto bene” dicemmo all’unisono, cosa che provocò una piccola risata prima di un’altra contrazione.
“Uh-uh. Cazzo, cazzo!”
Questa durò molto e ne seguì un’altra cinque minuti dopo e un’altra ancora quattro minuti dopo.
Dopo un quarto d’ora di contrazioni a intervalli regolari e brevi Kristen fu trasferita in sala parto e, in preda al dolore, chiese quando le avrebbero fatto l’epidurale.
“Non ce la fa proprio a sopportare?” le chiese un’infermiera.
“Guardi, se me lo chiede tra una contrazione e l’altra le direi che posso andare anche in capo al mondo.”
“Sarebbe meglio non farla.”
Ma io stesso ricordai le parole della dottoressa.
Non lasciare che siano gli altri a decidere quello che puoi o non puoi fare. Scegli tu!
“No, voglio farla. Non voglio arrivare senza forze.”
Così, con una dilatazione di otto centimetri che sarebbe dovuta arrivare almeno a dieci, le fecero un’epidurale e starle accanto fu di nuovo più facile.
Lanciai uno sguardo all’orologio.
Le undici e dieci.
Un’altra ora era passata e non potevo credere che eravamo in quel posto dalle tre del pomeriggio. L’unico pensiero che mi consolava era il sapere che tra poco sarebbe stato tutto finito e avremmo finalmente visto il nostro bambino, l’avremmo tenuto in braccio e scoperto il suo sesso e il suo nome.
Girovagando per la stanza mi trovai a fissare il monitor che era collegato a Kristen e non potei fare a meno di notare che sembrava tracciare contrazioni meno intense quando invece Kristen diceva che stava iniziando a sentirle di nuovo.
“Probabilmente sta passando l’effetto dell’anestesia” azzardò un’infermiera quando la chiamai per chiedere spiegazioni eppure qualcosa non era ancora del tutto chiaro.
Stavo per andare a cercare un medico quando Kristen urlò e mi bloccai.
Una sua mano era tra le sue gambe.
“Cazzo, Rob! Qui sta uscendo la testa!”
“COSA?!”
“CHIAMA QUALCUNO!!!”
E successe tutto in un attimo. Non mi resi nemmeno conto di aver realmente chiamato qualcuno, non sapevo se la gente fosse accorsa in camera per le mie urla o per quelle di Kristen. Sapevo solo che la dilatazione era completa e il bambino era finalmente pronto per venire fuori.
“Grazie a dio!” fu il commento di Kristen quando mi chinai su di lei per baciarla e stringere la mano. Era già sudata e ancora non aveva fatto niente.
“Bene, Kristen!” esclamò la dottoressa Cameron. “Il bambino è pronto. Quando te lo dico, inizi a spingere, okay?”
Kristen annuì visibilmente e io riconobbi quello che doveva essere un bisturi tra le mani della dottoressa. Voltai lo sguardo e mi concentrai su quello di Kristen. Quando si contrasse in una smorfia capii che probabilmente avevano applicato l’incisione, il che voleva dire che ora doveva…
“Okay, ora spingi!”
Kristen strinse la mia mano e urlò.
“Aaaaaaaaaah”
Si fermò per fare una pausa e respirare in modo affannato.
“Su, piccola, Ce la fai. Respira, respira.”
“Di nuovo!”
E di nuovo non sentii più la mia mano ma non importava. Avrei quasi voluto dare a lei le mie forze. Mi sentivo egoista per averne così tante e vedere lei che sembrava visibilmente aggrapparsi ad ogni ultima risorsa di forza che aveva.
“Aaaaaah!” urlò ancora contorcendo il viso.
Altra pausa. Non azzardai a guardare oltre il telo onde evitare di svenire.
“Coraggio, Kristen. Un’ultima spinta ed è fuori.”
“Quando scommetti che non è l’ultima? Lo dicono sempre che è l’ultima…”
Non potei fare a meno di sorridere e le baciai la fronte sudata.
“Avanti, amore. Sono qui. Ce la fai! Avanti!”
E guidata dalle mie parole spinse ancora. Stavolta l’urlo sembrò quasi squarciare la stanza a metà.
“Mio dioooooo! Ma che cazz…. E’ tutta colpa tua! Tua e dei tuoi stupidi geni inglesi!” grugnì tra i denti mentre continuava a spingere. Trovai rassicurante che riuscisse anche ad imprecare contro di me nonostante il dolore.
“Okay, Kristen. Un’ultima spinta ora…”
“Che ti avevo detto?”
“Questa è davvero l’ultima. Le spalle sono fuori!”
E prima che potessi accorgermene lei aveva spinto di nuovo urlando e… un pianto aveva invaso la stanza.
Otto ore di attesa ed era venuto fuori in cinque minuti.
Non volevo lasciare Kristen ma la forza che mi spingeva verso quel pianto e quel piccolo corpicino, pieno di sangue, che riuscivo a vedere a stento, era troppo forte. Mi alzai sulle punte per lanciare una sguardo oltre il telo e… lo vidi.
Sorrisi come un idiota mentre mi chinavo su Kristen. “E’ Alexander…”
“Davvero?” sorrise lei con occhi stanchi ma lucidi.
Annuii e la baciai diverse volte. “Sei stata bravissima. Bravissima!”
“E’ un maschio…” ripeté lei quasi incredula.
“Sì. Te lo avevo detto che sarebbe stato un maschio.” Risi come un perfetto imbecille e lei insieme a me.
“Sì, certo. Come vuoi…” riprese fiato. “Voglio vederlo!”
“Lo stanno pulendo” le dissi mentre il mio sguardo era orientato verso il piccolo.
“Com’è?”
“Pesa quattro kili e cento grammi!” quasi urlai quando riuscii a percepire qualche pezzo di conversazione tra le infermiere.
“Quattro chili e cento?! Ci credo, è stato una vita lì dentro! Sta bene, Rob? Sta bene?”
“Sta bene, Kris. Ed è bellissimo. Tu sei bellissima.”
Le baciai le guance e poi le labbra.
“Non è vero. Sembro uno zombie. Voglio vederlo.”
“Ora lo portano.”
E infatti un secondo dopo un’infermiera si era avvicinata con un fagotto tra le mani e con molta delicatezza l’aveva appoggiato sul petto di Kristen.
“Ciao piccolo, benvenuto” sussurrò commossa e io insieme a lei.
Era decisamente più grande di Joy ma sembrava ugualmente piccolissimo e indifeso.
Passarono giusto un paio di minuti prima che lo portassero via di nuovo per controllare Kristen.
A quel punto lei mi costrinse a lasciare la sala parto e io non capii più niente. Mi trovai a ciondolare tra un corridoio e un altro senza sapere nemmeno bene dove stessi andando finché non riconobbi Tom e Alyson ancora seduti in sala d’aspetto.
Appena mi videro saltarono in piedi e mi vennero incontro.
“E’ un maschio! E’ un maschio! E’ un maschiooooo!” urlai abbracciando il mio amico che saltava insieme a me come se fossimo due cretini.
Abbracciai Alyson e feci una rapida chiamata alle famiglie che aspettavano in trepida attesa.
“Dov’è Joy?” chiesi quando tornai dentro. Loro la indicarono sul divano dietro di me, dormiva beata con la giacca di Tom addosso e poteva essere quasi un peccato svegliarla ma sapevo che lei stessa non se ne sarebbe pentita.
Mi abbassai e la svegliai dolcemente.
“Joy, amore?”
“Mmm… no Beal. È plesto, fammi dolmile.”
Sorrisi. “Sono papà, amore.”
A quel punto aprì gli occhietti. “Papi…” sussurrò con voce impastata dal sonno.
“Hey…”
“E’ nato?”
“Sì…”
“Allola è flatellino o solellina?”
“E’ un fratellino. Vuoi venire a conoscerlo?”
A quelle parole lei si tirò su in uno scatto e si buttò in braccio.
Stranamente non mi fece domande mentre camminavo tra i corridoi e solo quando fummo fermi davanti il vetro, disse: “Woooow. E chi è?”
Dovetti cercarlo anche io per un secondo ma appena lo vidi lo riconobbi immediatamente senza bisogno di vedere gli altri. Dormiva e aveva al polso un braccialetto blu dov’era scritto il suo nome. Alexander Pattinson.
Mi sentii improvvisamente orgoglioso e fu difficile non commuovermi.
Lo indicai a Joy e lei corrugò la fronte. “Semblano tutti uguali… pelò è calinoooo. Lo potto vedele da vitino? E lo potto plendele in blaccio?”
Risi facendola un leggero solletico. “E’ ancora troppo piccolo. Tra poco potrai vederlo più da vicino. Andiamo dalla mamma, su.”
Entrai in camera di Kristen in punta di piedi e feci segno a Joy di non fare rumore quando vidi che Kristen stava dormendo. O almeno era quello che mi era parso finché a un leggero fruscio di piedi aveva aperto gli occhi.
Sembrava stanca, molto stanca, ma ciò non le impedì di mettersi leggermente seduta appena vide Joy.
“Amore...”
“Mammaaaaa.”
La issai sul letto e le ricordai di fare piano perché la mamma poteva ancora sentire un po’ di male.
“Allora, l’hai visto il fratellino? Ti piace?”
“Ti, anche se l’ho detto che sono tutti uguali…”
“Vedrai che cambierà col tempo. Magari ti somiglia pure…”
“Allola salà bellittimo…”
Ridemmo tutti e tre quando bussarono alla porta.
“Si può? C’è qualcuno che vuole conoscere la sua famiglia.”
Io guardai Kristen e i nostri occhi brillarono gli uni negli altri. L’infermiera si avvicinò spingendo la piccola scatola e quasi ebbi paura quando lo prese da lì. Sembrava potesse spezzarsi con il semplice tocco.
Stava ancora dormendo quando lo presi in braccio.
“Fammi vedele, papà. Fammi vedeleeeee.”
Mi abbassai un po’ per farlo vedere a Joy che lo guardò quasi incantata e poi mi resi conto che anche Kristen lo stava guardando con desiderio.
Mi avvicinai a lei e lo posai dolcemente tra le sue braccia.
“Com’è piccolo…” sussurrò Joy, estasiata e con dolcezza infinita si allungò per carezzargli una manina.
“Lo ta chi tono io?”
“Sicuramente lo sa… Ma è sempre meglio presentarsi, vero?” rispose Kristen incapace, come me e come Joy, di distogliere gli occhi da quel pulcino che era tra le sue braccia.
“Tao Alex. Quetti tono mamma e papà… e io tono la tua tolellina. E quetta è la tua famiglia…”
“Sì…” aggiunse Kristen. “Ciao, Alexander David Pattinson…” sussurrò impercettibilmente. “Benvenuto tra noi.”
Io mi sedetti accanto a lei e le baciai la spalla leggermente nuda.
Kristen cercò un contatto più profondo col suo corpo, avvicinando la sua schiena al mio petto.
“Buon compleanno, amore” sussurrò sul mio collo prima di lasciarvi un bacio. E fu allora che guardai l’orologio che segnava le undici e quaranta, del tredici Maggio.
Era ancora il mio compleanno e avevo appena ricevuto il più bel regalo che potessi volere
.


Alexander is hereeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee!!!
Omg awwwwwwwwww è un maschio awwwwwwwwww. Complimenti a tutte voi che l'avevate indovinato e chi optava per la femminuccia, beh, sono giovani magari prima o poi awww hihihihihihi.
Finalmente dopo tante peripezie è fra noi il nostro Alex awwww  *_____*-
E ora??
E ora so cazzi miei cari Rob e Kris mahmuuhmauhamuhauhmahmu. Vedrete, vedrete... *cloe e fio si sfregano le mani con aria demoniaca*
Ahahahah il nome David è stato gentilemnte preso (ehm..ehm..fottuto ehm..*colpo di tosse*) dalla mente geniale ( se vabbè nn esageriamo) di Ross cess e dalla sua splendida raccolta di shot su Rob e kris di cui vi lascio il link:))) LINK
Alla prossima settimana ragazze!!!
   
 
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