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Autore: Vals Fanwriter    25/11/2011    4 recensioni
È strano vedere le cose da lontano.
D’un tratto il mondo appare distante. Non puoi toccarlo.
Le persone impresse nel tuo cuore iniziano a dimenticarti.
Non puoi più parlargli, abbracciarle, baciarle…
Baciarlo…

[Harry/Cedric]
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Cedric Diggory, Harry Potter
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, II guerra magica/Libri 5-7
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Premessa

Cosa succede quando perdo l’orientamento alla stazione e scommetto?

Con la fortuna che mi ritrovo, perdo e la scommessa prevede la penitenza.

Ed eccola qui.

Non prendetevela con me – io faccio solo il mio dovere di scrittrice perdente.

Prendetevela con Roe.

Questa è per lei.

Ti voglio tanto tanto bene, honey.

Vale

 

~

 

Pairing: Harry/Cedric

Prompt: doccia

 

Non dimentico.

 

 

Hai visto il giorno della mia partenza.

Nel mio ritorno c’è la tua poesia.

Stare lontani è stata un’esperienza,

comunque sia.

 

 

È strano vedere le cose da lontano.

D’un tratto il mondo appare distante. Non puoi toccarlo.

Le persone impresse nel tuo cuore iniziano a dimenticarti.

Non puoi più parlargli, abbracciarle, baciarle…

 

 

Baciarlo

 

 

Chiunque, nel venire a conoscenza di quel piccolo pezzo della vita di Cedric, l’avrebbe semplicemente considerato una ragazzata, una nuova esperienza, forse un gioco. Nessuno avrebbe mai capito quanto fosse stato importante, tranne lui.

 

 

Si legarono l’uno all’altro a prima vista, al terzo anno, ma nessuno di loro lo sapeva veramente all’inizio.

Lo scoprirono con piccoli passi.

 

 

Iniziò tutto dopo una certa partita di Quidditch. Quest’ultima, per Harry, era stata un disastro ed alla frustrazione di essere il bersaglio preferito dei Dissennatori, quel giorno, si era aggiunta anche un’umiliazione più grande. Gli Hufflepuff avevano vinto, ma Harry non si spiegava il perché il loro capitano avesse chiesto invano all’arbitro di invalidare il risultato della partita, onestà a parte.

Fu per questo motivo che, non appena si fu rimesso in sesto, grazie a Madam Pomfrey, andò a parlargli.

 

 

Cedric ricordava ancora quel giorno.

Lui sì… Ma Harry? Harry ricordava?

 

 

Il giovane Gryffindor si era avvicinato, insicuro, ad un gruppetto di ragazzi dell’altra Casa. Cedric l’aveva adocchiato subito. Era rimasto immobile a fissare il suo passo tentennante, fino a che tra loro non vi era stata più una notevole distanza.

‹‹Diggory›› aveva detto il ragazzo dai capelli corvini, in un palese tentativo di distogliere lo sguardo dalle iridi dell’altro, tentativo che, per giunta, non era giustificabile in alcun modo – o meglio, era Harry a non conoscerne il perché.

‹‹Potter›› lo aveva salutato Cedric, senza una particolare espressione sul viso.

‹‹Vorrei parlarti un attimo›› continuò Harry, e quello intese e si allontanò dai suoi amici quel tanto che bastava perché non ascoltassero. Il moro però, all’improvviso, non sembrava più convinto dai suoi propositi. Nell’espressione di Cedric aveva visto la calma e la più vera onestà, e forse quella luce che irradiava aveva spento i suoi prorompenti impulsi. Avrebbe voluto dirgli che non gli serviva la sua pietà, che se ne sarebbe fatto una ragione per quella partita persa a causa di una sua debolezza. Glielo avrebbe volentieri urlato in faccia, frustrato com’era, ma non lo fece.

‹‹Volevo soltanto ringraziarti, per…›› indugiò un momento, ‹‹Per ciò che hai detto all’arbitro. Ma la vittoria l’hai meritata›› disse infine, scrollando leggermente le spalle e tornando a guardarlo.

Cedric distese i muscoli e gli sorrise: ‹‹L’ho fatto perché mi sembrava giusto così, ma non c’è stato verso›› gli rispose.

Dopodiché si erano salutati con una falsa freddezza – o forse era imbarazzo – e si erano allontanati l’uno dall’altro, senza aggiungere una parola.

 

 

Tuttavia Harry non seppe mai degli innumerevoli sguardi che Cedric, mesi prima della partita, gli aveva concesso: a pranzo nella Sala Grande, in biblioteca mentre fingeva di studiare tomi enormi, oppure durante gli allenamenti dei Gryffindor. Il ragazzo più grande si era interrogato più volte su cosa gli fosse interessato veramente dell’altro. Forse era quell’aria ingenua, ma allo stesso tempo sicura di sé, o forse – era certo che ne fosse dotato – il coraggio che lo caratterizzava, le mille storie su di lui, o magari voleva semplicemente assomigliargli.

 

 

I suoi dubbi però furono chiariti poche settimane prima della partita.

Era di nuovo lì, sugli spalti, ad osservare distrattamente lo schema di gioco dei suoi avversari e, con molta più attenzione, i lesti movimenti di Potter, che sfrecciava qua e là per il campo di Quidditch, inseguendo il bagliore dorato del Boccino d’oro. Come al solito, i Gryffindor non lo notarono, presi com’erano dall’allenarsi duramente.

Quando terminarono, Cedric fece per alzarsi ed andarsene, ma per l’ennesima volta i suoi occhi furono catturati dalla figura del moro. Camminava lentamente, diretto agli spogliatoi, il fiato corto. Si passò una mano tra i capelli corvini per scostarli dalla fronte imperlata di sudore, ottenendo però una massa ribelle ed informe degli stessi. In un primo momento, un sorriso ilare si accinse a coronare il viso di Cedric, quasi divertito dall’aspetto di Harry, poi però si concentrò sul passo del ragazzo e su quanto quel movimento fosse naturale. Gli apparve perfetto, poi perse qualche battito e lo scherzo, dipinto sul suo viso, si tramutò in un’espressione persa, accompagnata da uno strano calore alle gote.

Era chiaro.

Non era ammirazione e nemmeno simpatia. Era semplicemente attrazione.

 

 

Per questa ragione, si era sentito in dovere di fare qualcosa. Il moro gli aveva regalato delle emozioni, anche se inconsapevolmente, e lui vi si era aggrappato con tutto sé stesso, credendo perfino che le sue ginocchia potessero cedere davanti ad un suo sguardo.

 

 

Dal canto di Harry poi, il coraggio, che nel vedere Cedric era sparito, era stato sentore di guai.

In vita sua, non aveva mai provato interesse per qualcuno, quindi non sapeva veramente cosa si potesse provare. Stupidamente interpretò i suoi sentimenti come una sorta di rivalità verso quel giovane Hufflepuff, ma settimane più tardi, non fu più sicuro di quello che aveva compreso.

Certo, si trovava spesso ad invidiare la calma dell’altro, però in realtà non credeva possibile che a Cedric lui fosse indifferente. Non lasciava mai trasparire qualcosa, un segnale, un’occhiata particolare, per questo Harry pensò che evidentemente era l’unico ad essere rimasto colpito dalla personalità dell’altro.

Capì che non era questione di competizione quando, in uno dei suoi tanti pomeriggi di studio, si trovò a ripensare a quello strambo sentimento. E si disse che, no, non era assolutamente qualcosa che fosse minimamente vicina all’odio.

Lui odiava suo cugino Dudley, ma non gli veniva voglia di abbracciarlo, o di passare ore intere a fissare morbosamente le sue iridi, che tra l’altro non trovava belle quanto quelle di Cedric. Si spalmò una mano sulla faccia, nel ripensare al complimento che il suo cervello aveva fatto all’Hufflepuff a sua insaputa, ma poi continuò con le sue elucubrazioni.

Dudley gli pareva ripugnante, Cedric invece anche fin troppo affascinante per essere vero, o meglio perché la sua sanità mentale rimanesse tale e non andasse inevitabilmente a farsi benedire.

Dopo pochi minuti, si diede dello stupido. Anche il solo tentare di confrontare ciò che sentiva per Cedric con suo cugino in toto era una pazzia. Era già certo fin dall’inizio che le sue fossero solo una marea di scuse messe in ballo pur di non ammettere che quel ragazzo, dai capelli biondo cenere, gli piacesse.

 

 

Il primo sabato dopo le vacanze di Pasqua, sciami di Gryffindor erano riuniti sugli spalti del campo di Quidditch ad acclamare la loro squadra, e tra loro vi era anche Cedric insieme ai suoi compagni di Casa. Era stata la partita più difficile mai disputata contro gli Slytherin, dati i mille stratagemmi sporchi che questi ultimi avevano utilizzato pur di battere i loro avversari, ma alla fine i rosso-oro avevano vinto, senza mai dare un cenno di resa. Tutti urlavano di gioia, lo stadio era impazzito. Gli studenti si riversavano uno dopo l’altro in campo, Harry in mezzo a loro, abbracciato da chiunque gli capitasse vicino. L’Hufflepuff stette a guardare quella scena per parecchio tempo, con un sorriso dolce rivolto al Cercatore dei Gryffindor e, quando le acque si furono calmate, tutti i giocatori furono rientrati negli spogliatoi e tutti gli studenti nel castello a festeggiare, un suo compagno gli disse che era il caso di andare. Cedric, con lo stesso sorriso di prima, lo invitò ad avviarsi. L’amico non lo interrogò oltremodo, si limitò ad annuire, per poi andare via bofonchiando un “Ci vediamo dopo”.

Nel momento in cui Harry aveva afferrato il Boccino d’oro, regalando la vittoria alla sua squadra, Cedric si era convinto di ciò che voleva fare: dirgli qualcosa, qualsiasi cosa, che non fosse necessariamente legato ai sentimenti che provava, anche un semplice saluto, il che – si disse – era abbastanza stupido da parte sua. Ma non diede retta alla ragione. Si fidò del suo istinto. Quindi aspettò che gran parte dei giocatori rosso-oro andassero via dagli spogliatoi e poi lui stesso si fece strada in essi, alla ricerca del ragazzo dai capelli corvini. Si ritenne fortunato nel constatare che non era rimasto nessuno lì dentro, e quasi quasi sperò che anche Harry fosse andato via, visto il proposito folle e senza senso che si era imposto. Tuttavia lo trovò subito. Probabilmente – anzi, sicuramente – era appena uscito dalla doccia, poiché portava un asciugamano arrotolato in vita ed un altro a tamponarsi i capelli grondanti d’acqua.

Cedric si bloccò. Era certo che, dopo tutto quel tempo, Harry avesse terminato di ristorarsi ma, a quanto pareva, i suoi compagni dovevano aver continuato a congratularsi con lui anche lì ed il ragazzo doveva essersi attardato.

Anche Harry si bloccò nel vederlo. Le guance, già arrossate per il calore che aleggiava in quel posto, se possibile, si tinsero ancora di più.

Cedric lo trovò adorabile e si perse, per un momento, nei suoi occhi verdi, che senza occhiali risultavano ancora più sgargianti e luminosi.

‹‹D-Diggory›› balbettò Harry, improvvisamente in imbarazzo.

Cedric dischiuse la bocca, in cerca di qualcosa da dire, ma per quasi un minuto non riuscì a fare uscire alcun suono da essa. ‹‹Scusami, pensavo avessi finito›› disse dopo quella breve pausa, poi gli sorrise e continuò: ‹‹Ero venuto per congratularmi con te. Non ti sei arreso nemmeno un attimo. È stata veramente una bella partita››.

Harry rimase stupito. Era venuto lì per dirgli questo?

A disagio come non mai, si ritrovò ad usare un tono, che non gli era proprio.

‹‹Dovevo recuperare l’altra partita›› fece con indifferenza ed una certa superiorità.

‹‹Ammirevole anche questo›› gli rispose l’altro, ora con una smorfia divertita.

Dopo di che si squadrarono a lungo.

Nella mente di Cedric si facevano strada le più bizzarre fantasie riguardanti il corpo esile del moro, gli addominali appena accennati e le gocce d’acqua che dai capelli scendevano lungo il suo collo.

Harry intanto non diede peso al fatto che Cedric lo stesse radiografando, anzi, forse non se ne accorse nemmeno, concentrato com’era ad esaminare la pelle candida dell’altro, il modo perfetto in cui i capelli gli ricadevano sulla fronte, accarezzati da un leggero bagliore dorato, e gli occhi di un nero pece impenetrabile. Stava quasi per esaminare ciò che rimaneva del corpo dell’Hufflepuff, ma si impose di non farlo, decidendosi ad interrompere il silenzio.

‹‹Devi dirmi qualcos’altro?›› fece, interrompendo i pensieri di entrambi e generando imbarazzo anche nell’altro ragazzo, che sobbalzò ed arrossì all’improvviso, poi infilò le mani nelle tasche dei pantaloni in un invano tentativo di dissimulare il suo stato d’animo.

‹‹Una cosa ci sarebbe›› borbottò con la testa bassa, ma con gli occhi comunque puntati su Harry.

Iniziò ad avvicinarsi ed il moro, colto alla sprovvista, non poté fare a meno di arretrare, finché la sua schiena non fu a contatto con la parete. Era fredda ed, in un primo momento, pensò che la pelle d’oca fosse dovuta ad essa. Cedric continuò ad avanzare e qualcosa nel suo stomaco si mosse, i suoi battiti accelerarono e gli si mozzò il respiro, quando il biondo rallentò la sua corsa, a pochi centimetri dalle sue labbra, intento a riflettere su cosa fosse giusto fare a quel punto. Poi il formicolio al ventre prese il sopravvento e fu proprio Harry ad annullare la distanza che era rimasta fra loro. Per un tempo troppo breve rimase un bacio a fior di labbra. Entrambi si erano scoperti troppo desiderosi l’uno dell’altro e quello si era trasformato immediatamente in una lotta passionale tra le loro lingue. Cedric, al primo contatto, aveva abbandonato le proprie tasche per dedicarsi ai capelli dell’altro. Anche Harry aveva lasciato che le sue braccia si offrissero di accarezzare la schiena dell’Hufflepuff finché, inaspettatamente, quelle di entrambi erano scese più giù ad esplorare altri orizzonti.

 

 

Fu il primo amore di Harry ed il ragazzo stesso lo giudicò strano da qualsiasi punto di vista, soprattutto perché, dopo la partita, mandrie di ragazzine sospiranti gli venivano dietro in continuazione.

Ma lui voleva Cedric, e Cedric voleva lui, senza ogni ombra di dubbio.

 

 

Tuttavia l’anno dopo, ogni cosa era cambiata. Degli avvenimenti avevano indotto il moro ad isolarsi. Le persone lo ritenevano un imbroglione, dato il pescaggio del suo nome dal Calice di Fuoco, e lui non si sentiva più in grado di riporre fiducia in qualcuno. Anche il suo migliore amico aveva messo in discussione la sua buona fede e perfino il suo amore per Cedric sembrava scemare. Incontrandolo nei corridoi si sentiva accaldato, senza fiato, sotto il suo sguardo e di fronte al suo sorriso; ma poi, quando veniva schernito dai compagni di Casa del biondo, provava odio.

Si era preso gioco di lui, ecco tutto.

 

 

In verità Cedric non poteva dimenticare quello che c’era stato e gli faceva male più che mai vederlo in quello stato, ma non poteva fare altro. Il Torneo Tremaghi era alle porte e, poiché anche Harry era un Campione, non poteva farsi vedere insieme a lui. Li avrebbero additati ed il moro si sarebbe sentito ancora peggio di prima. Essere un Campione era già un peso di per sé.

 

 

I due interagirono tra loro soltanto un paio di volte durante quel periodo e, senza accorgersene, si ritrovarono ad aiutarsi l’un l’altro in quel complicato torneo.

 

 

 

 

‹‹Tutti e due›› disse Harry.

‹‹Come?››

‹‹La prenderemo nello stesso istante››.

‹‹Sei sicuro?››

‹‹Sì›› rispose il moro, risoluto.

Non poteva lasciarlo lì, non dopo averlo visto rischiare la vita. Dovevano proseguire insieme.

‹‹Ci siamo dati una mano ad uscirne, no? Siamo arrivati fin qui tutti e due. Prendiamola insieme e basta››.

E Cedric capì. Lesse negli occhi di Harry tutto ciò che voleva trasmettergli e si ripromise che non lo avrebbe abbandonato mai più.

 

 

 

 

Ora, a distanza di quasi sei mesi, l’Hufflepuff era pieno di rimpianti. Ogni giorno che passava vedeva Harry più solo. Le persone lo credevano un bugiardo, un pazzo ed altri perfino una sorta di rivoluzionario.

Si pentiva di non aver preso la Coppa da solo. Sarebbe morto comunque, con tutta probabilità, Harry l’avrebbe comunque dimenticato, ma almeno non sarebbe stato rifiutato dal resto del mondo.

 

 

Eppure, a lungo andare, restando ugualmente al suo fianco, seguendolo in ogni suo passo, lo vide farsi strada tra le mille difficoltà.

Fu quando Harry creò l’ES che Cedric comprese.

La prima cosa che il moro fece fu mettere una foto del biondo al “quartier generale” in sua memoria ed allora quest’ultimo fu certo che era sempre stato nei suoi pensieri, che in ogni momento Harry si sentiva colpevole.

 

 

È strano vedere le cose da lontano.

D’un tratto il mondo appare distante.

 

 

Non puoi toccarlo, sentirlo…

 

 

Consolarlo.

 

 

Ma puoi stargli accanto, proteggerlo e poi guardarlo andare avanti, sperando che anche senza di te lui sarà felice.

 

 

Si ritorna solo andando via.

Di nuovo io, di nuovo tu…

C’è chi si aspetta ad occhi aperti e non si perde più.

 

 

~

 

Dal covo segreto dell’autrice

Da: Vale

A: Roe

Carissima Roe,

a parte l’obbrobrio di fanfiction che è venuto fuori e le eventuali virgole ballerine/impiccione che mi perseguitano dovunque, temo di aver deluso le tue aspettative sul prompt, ma almeno sono volata al rating giallo, quindi non ti lamentare. *ride*

Infine, come avrai notato, Laura Pausini mi sta dando alla testa. Ascoltare il suo cd tre volte al giorno non è per niente salutare. Visto che è stata la sua canzone ad ispirare questa cosa, sarai sicuramente d’accordo con me.

Non mi dilungo oltre, dato che non vedi l’ora di leggere di questa depressione fatta fanfiction (sento la chat di fb imprecarmi appresso).

Ergo, ti saluto e ti mando tanti bacini (più che altro per farmi perdonare, in seguito alla lettura).

Bye!

 

Vale

P.S. A stasera. xD

P.P.S. Scusatemi, voi altri lettori. Vi amo, nella buona e nella cattiva sorte/recensione.

   
 
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