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Autore: darkronin    25/11/2011    4 recensioni
Abbiamo sempre solo immaginato cosa possa aver pensato il Re dei Goblin di tutta l'avventura che vede Sarah protagonista nel risolvere il labirinto.
Ho voluto tentare di rendere concrete tutte le sfacettature e allusioni che lui -e gli altri personaggi- mostrano di questo mondo all'interno della storia originale.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Tela di diamante'
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6. Trappola nel tunnel



Jareth fissò la sfera, allibito. Sul bel volto un misto di disgusto e delusione. Uno dei Goblin che lo circondavano espresse i pensieri del Re ad alta voce, quasi leggendogli nella mente, e imprecando in modo colorito. “Traditore!” ringhiò

Già. Il sovrano si era distratto un attimo, convito che il nano avrebbe eseguito le sue indicazioni alla lettera, troppo spaventato dalla furia regale. Invece, in qualche modo, Troggle si era fatto convincere da quella ragazzetta. Che gli avesse fatto gli occhi dolci? Improbabile: per quel che ne sapeva lui non era il tipo da fare la civetta, anche se davanti allo specchio, da sola in camera sua, si atteggiava a donna vissuta. Il nano, poi, non avrebbe dovuto essere minimamente interessato a cose del genere.

L'aveva minacciato! Era l'unica soluzione, anche se ancor più improbabile, visto il suo carattere sanguigno. No, non era possibile. Più osservava il volto fiducioso di Sarah, che trotterellava sicura alle spalle di quella creatura, più si arrovellava su come avesse fatto a convincerlo a non portarla al punto di partenza. Il nano conosceva bene i percorsi del regno, essendo il giardiniere reale: non poteva essersi perso.

Il bel re strizzò gli occhi concentrato: stavano oltrepassando tutti i dissuasori senza badarli della benché minima attenzione. Se l'avesse condotta troppo vicina al castello, in troppo poco tempo, lei avrebbe rischiato di riuscire a trovare il fratello e a scappare. Doveva fare qualcosa!

In un gesto rabbioso, si buttò il mantello sulle spalle con movimento circolare. Confuso in quel vorticare di drappi, scomparve dalla sala del trono per riapparire in uno dei corridoi sotterranei, scanalati nel mezzo da una rotaia per permettere il deflusso delle acque nere, in sostituzione a fogne vere e proprie, che collegavano tra loro le segrete, i dimenticatoi, il labirinto e anche il castello.

Si guardò attorno: non li avrebbe attaccati direttamente, dando loro l'impressione di essere il centro del suo mondo (anche se la cosa che era effettivamente vera, al momento). Avrebbe, invece, teso loro una sorta di imboscata, come se li aspettasse al varco, quasi sapesse e si aspettasse un comportamento simile. Voleva proprio vedere come si sarebbero comportati, se l'avrebbero riconosciuto, se il senso di colpa li avrebbe sfiorati minimamente. Entrambi, ovviamente: una per l'imbroglio che cercava di rifilargli, uno per il tradimento. Il nano. Oh, il nano l'avrebbe pagata davvero cara. Già aveva nel fianco la spina della vicinanza che Sarah aveva cercato di stabilire con lui. Lui, uno stupido nano ripugnante! Cosa mai poteva avere di interessante?

Ma soprattutto...dove si erano cacciati? Avrebbero già dovuto essergli passati davanti da un pezzo! Constatò la loro assenza con uno schiocco di lingua e la punta dello stivale cominciò a battere impaziente per terra, sollevando piccole nuvolette di polvere. Sbuffò seccato e si decise a mandare una sfera in perlustrazione. Il piccolo cristallo scivolò a terra e cominciò a rotolare per tutti i cunicoli. Infine, intercettò i due fuggiaschi in una galleria lì vicino, intenti a dar corda e soddisfazione a uno dei falsi allarmi.

Oh-o...” mugugnò Hoggle vedendo il cristallo scivolare silenzioso sulla terra polverosa alle loro spalle. La presenza di quella sfera non lasciava presupporre nulla di buono: se era lì, il re non doveva essere molto lontano. Dal punto in cui si trovavano, erano obbligati a seguire un certo tratto di condotti e Hoggle ne avrebbe fatto volentieri a meno. La paura di incontrarlo gli stava annebbiando il cervello.

Sarah, invece, dimentica di aver già visto prima quell'oggetto, lo seguì ipnotizzata. Camminarono per qualche metro finché il corridoio non sfociò in un altro che lo tagliava perpendicolarmente. Seguirono il percorso della sfera con gli occhi e la videro scivolare ai piedi di un mendicante per poi saltargli nel bicchiere.

Che succede qui?” domandò la figura ammantata, il becco da rapace nascosto dall'ombra di un largo cappello, le ginocchia ossute piegate contro il petto.

Il nano sobbalzò, terrorizzato. Quello non poteva essere Blind Pierre*: doveva trovarsi da tutt'altra parte, sull'isola, ed era impossibile che finisse a vagabondare per i sotterranei. Era assurdo che si trovasse lì. E quindi, non poteva essere altri che il re che, presone le sembianze, giovava al gatto col topo. Trovarselo davanti così, piuttosto che troneggiante furioso, era forse più inquietante, segno di una rabbia meditata e quindi più grande e pericolosa di una sfuriata improvvisa quanto momentanea.

Niente!” deglutì il nano arretrando e andando a sbattere contro la parete.

Niente?” domandò la voce. Sarah era perplessa: non capiva l'improvviso panico del compagno e spostava lo sguardo tra lui e il nuovo personaggio davanti a loro. “Niente?” tuonò la voce che le suonava, ora, stranamente familiare. La figura trasmutò, ingigantendosi. Il mantello, insieme a cappello, maschera carnevalesca e corpicino in tromp-d'oeil, sferzò l'aria. Gli occhi azzurri spaiati del mago guizzarono sui due intrusi con ferocia ma si soffermarono glaciali sul nano “Niente...” ripeté gettando a terra, con rabbia, il proprio travestimento “...Trallalà?”

Quello che voleva essere uno scimmiottamento di scherno, l'immagine quasi stereotipata del nano ingenuo che si aggira spensierato per i meandri del sottosuolo dell'Underground per mano con la sua bella, suonò come una maledizione balbettata a fatica e di cui sembrava non ricordare le parole.

Oh, maestà!” sibilò il nano, accennando un inchino “Che maestosa sorpresa!”

A Jareth non sfuggì il leggero sarcasmo che trapelava dalla sua voce “Salve, Gorgoglio” Rispose educato il sovrano, canzonandolo. Lo stava avvisando di misurare le parole: qualunque cosa avesse detto per discolparsi, per lui sarebbe stato un cicaleccio indistinto. E la sua fine sarebbe stata a gorgogliare sul fondo di qualche stagno o affogato nel suo stesso sangue.

Hogwarts” lo corresse prontamente Sarah. Da dove lo tirava fuori il coraggio di sfidarlo così apertamente? Il suo modo irriverente di parlargli, fin dal primo scambio di battute, rasentava la maleducazione. Ma arrivare a correggerlo come un bimbetto, sbagliando, per altro, anche lei? Soprattutto, dopo essersi appiattita anch'ella al muro per lo spavento, quando si era tolto il travestimento... Jareth strizzò gli occhi, colpito da un altro pensiero: era già la seconda volta che la sentiva nominare Hogwarts**: se era tanto stupida da non saper risolvere il labirinto, come faceva a sapere di quel posto? Erano pochi gli umani che lo conoscevano. E le loro conversazioni con altri umani erano ben controllate, per evitare che trapelassero informazioni.

Hoggle!” Ribatté il nano indispettito. Non era poi così difficile, come nome, perché tutti glielo storpiavano? Poteva capire il re...ma Sarah?

Hoggle...” balbettò il bel biondo, guardando la ragazza di sfuggita. Le sarebbe sembrato che fosse caduto in fallo ma era solo tremendamente seccato per la libertà con cui si era permessa di riprenderlo “Non sarà che stai aiutando questa ragazza?”

Io? Ma in che senso?” era così smaccatamente falso che anche un Goblin avrebbe capito che era stato colto in flagrante.

Nel senso che la stai portando verso il castello!” precisò il re piantando le mani guantate sui fianchi, mostrando tutta la sua autorità in atteggiamento di sfida.

No no...” disse come sollevato “Io la stavo conducendo al punto di partenza, maestà” rispose indicando il corridoio che si snodava ora alle loro spalle. Da lì, effettivamente, si poteva anche tornare al cancello.

Cosa?” sbottò Sarah inviperita. Jareth osservò attentamente la sua reazione. Era più arrabbiata che ferita dal tradimento. Forse era così abituata che quasi se l'aspettava ma non voleva vederlo? D'altronde, la sentì rimproverarsi per non essersi assicurata una risposta inequivocabile dal nano. Oppure malediceva la propria bontà e la propria propensione a fidarsi di chiunque? D'altra parte, anche se non allo stesso modo, si fidava anche di lui, del re di Goblin: credeva che rispettasse i patti, quando, invece, come tutti i Goblin, giocava sporco. Infondo, non avevano mai concordato sull'uso di imbrogli e sotterfugi.

Le avevo detto...” proseguì tranquillo il nano bugiardo, facendo finta che la ragazza non fosse neanche lì con loro “...che l'avrei aiutata a superare il labirinto: un macchiavelletto di mio conio, Sire...” Jareth si era chinato alla sua altezza per sentire bene la confessione del suddito e fissarlo dritto negli occhi, in modo tale che non potesse distogliere lo sguardo nel caso gli stesse mentendo. La sua attenzione, però, fu catturata dal polso della creatura che continuava a gesticolare le sue scuse. “Ma in realtà...”

Sì, certo...” lo interruppe il re, seccato “E dimmi...cos'è quella roba di plastica che hai attorno al polso?” il tono e l'espressione si erano fatti volutamente schifati. Il re sapeva benissimo cosa fosse e da dove saltasse fuori: Hoggle si era venduto per un braccialetto. Aveva venduto il suo re per un miserrimo braccialetto. Di comunissima plastica, per giunta. Era l'affronto peggiore che gli potesse essere mosso.

Il nano nascose automaticamente le mani dietro la schiena, strabuzzando gli occhi per la sorpresa. Era la conferma di quanto aveva pensato. Lo vide riportare le mani in avanti, come se avesse capito l'errore fatto e cercasse di rimediare, fingendo di cercare l'oggetto incriminato con curioso interesse “Oh, questo! Oh Mamma mia...” bofonchiò in preda al panico “Da dove salta fuori?” Più del tradimento, fu un altro il pensiero che irritò Jareth: Sarah, quella scriteriata, aveva ceduto il suo bracciale - parte del suo potere, della sua essenza - a un essere vile come un nano. Jareth si domandava fino a che punto fosse consapevole di quello che avesse fatto: ogni gesto, nell'Underground molto più che nel mondo umano, aveva un suo specifico significato e valore. Da quel momento in avanti avrebbe dovuto tenere Hoggle ancora più sotto osservazione: non c'era da dubitare che venisse influenzato dalla fanciulla e il nano, che collezionava monili, conosceva bene il valore di quegli ammenniccoli, più potenti e significativi di un trofeo. Ma Sarah... Ora era anche più debole, senza la protezione di quel talismano. Strizzò gli occhi, accigliato, cercando di prevedere gli sviluppi futuri della vicenda ma per il momento doveva dedicarsi al traditore. Si rimise in piedi, svettando in tutta la sua altezza, imprimendo al suo corpo tutta l'autorità di cui disponeva ed enfatizzando la differenza di rango. Il nano era colpevole e cercava di fregarlo, di raggirarlo. Lui, il re! Aveva segnato la sua condanna a morte. Se non fosse stato per Sarah, presente alla scena e a cui non voleva dare un'immagine troppo truculenta di sé “perché non si sa mai!”, gli avrebbe spezzato il collo in un sol colpo, lì, su due piedi. “Fregol..” sibilò minaccioso. La giacca asimmetrica, che richiamava parti di armatura vinte a qualche nemico (come i pantaloni che sembravano fatti con la pelle di qualche trofeo) e che aveva le fibbie della stessa foggia del suo medaglione, lo rendeva ancora più terrificante.

Hoggle...” lo corresse educatamente e timidamente l'altro

Sì...” accennò il biondo sovrano, seccato dall'ennesima puntualizzazione: non si ricordava i nomi di tutti i suoi sudditi. E cosa doveva mai importagliene, a lui, di quelle schifose creature? Era già tanto se ricordava, vagamente, come suonavano “Se pensassi per un istante che tu mi stavi tradendo...” scandì avanzando lentamente e schiacciando con la sua presenza il colpevole che lo guardava terrorizzato da sotto in su “...Sarei costretto...”

Non per mio divertimento...” pensò sadico “E' il mio ruolo che lo impone!

...ad appenderti a testa in giù nella Palude*** dell'Eterno Fetore” concluse secco: doveva decidersi, scriteriato di un nano, da quale parte stare.

A quella minaccia, il nano impallidì e si buttò ai suoi piedi supplichevole, pregando di venire risparmiato. Ma il re era irremovibile. Aveva la certezza che quel viscido doppiogiochista l'avesse tradito. Lui poteva pure capire il tradimento e il dubbio. Ma non il tradimento del tradimento. Né il dubbio fine a se stesso che non fosse supportato dall'esigenza di capire. A testa in giù, liberato dagli impicci del piccolo e tozzo corpo, avrebbe usato un po' quel cervello da gallina e si sarebbe schiarito le idee. Ma era anche vero che era un bravo giardiniere. Forse l'unico nel regno. Inoltre, era un esule, come lui. Era l'unico nano che si fosse dato disponibile a lavorare per creature abominevoli, violente, sporche e caotiche come i Goblin. Quindi, concedergli una possibilità di redenzione era d'obbligo. Se non voleva che il regno sprofondasse divorato dai rovi. Lo cacciò con una pedata, costringendolo in tutta la sua piccola nullità a comprendere quale fossero il suo posto e il suo compito. Sistemato il più facile dei due, si voltò per dedicarsi alla ragazza che, impietrita, aveva seguito silenziosa tutta la scena senza intervenire. A parte per rimbeccarlo e correggerlo. Ma l'occhiataccia che lui le aveva lanciato, invitandola a non intromettersi, doveva essere stata sufficientemente eloquente. Aveva taciuto. Non aveva cercato di difendere la sua guida, forse vinta dalla rabbia e dalla delusione, forse perché, vigliaccamente, come il nano, non voleva sporcarsi le mani con qualcosa che aveva perso, ai suoi occhi, ogni valore in pochi istanti. Il tradimento la divorava. Era una stilettata che si andava a sommare a tante altre e lei era sull'orlo del precipizio. Una spinta ancora e si sarebbe chiusa per sempre a riccio, cacciando chiunque dalla sua esistenza.

E tu, Sarah...” l'apostrofò con arroganza, le mani incrociate con cura dietro la schiena, andandole vicino “Che te ne pare del mio labirinto?”**** domandò, con l'accenno di un sorriso complice sulle labbra, una volta che le fu così vicino da poter quasi udirne il battito delle ciglia. La fissò dritto e senza esitazioni nei chiari occhi verdi, sgranati per la sorpresa di quell'inaspettata vicinanza, che a loro volta lo osservavano con attenzione. Stranamente sperava che capisse il suo divertimento, che lo approvasse. Sperava che avessero qualcosa da condividere. E lì, a un soffio dalle sue labbra, naturalmente rosate e turgide in tutta la loro invitante giovinezza, gli sembrava quasi possibile.

Per un attimo si vide colmare quei pochi centimetri che li separavano e farla sua. Immaginò che lei ricambiasse, si abbandonasse a lui, senza opporre, ancora, resistenza.

Spostava lo sguardo dai suoi occhi alle sue labbra, tentato e indeciso. Ma sapeva anche che non avrebbe mai soddisfatto in modo tanto diretto e semplice i propri desideri. Era lui, in realtà, a non voler cedere. Voleva che la prima mossa toccasse a lei: sarebbe stata lei a tirarlo a sé, dimostrandosi debole e smaniosa. Solo allora avrebbe lasciato che quello che teneva incatenato dentro di sé, qualunque cosa fosse, si manifestasse.

Interruppe i suoi vaneggiamenti quando Sarah dischiuse le bocca per rispondergli. E la risposta ne calmò i bollenti spiriti come una doccia gelida.

Aveva soppesato la domanda, cercando di fare attenzione alla risposta che avrebbe dato. “Come bere un bicchier d'acqua” disse, infine, mordicchiandosi le labbra. Stranamente, quel perfido essere allucinante la intrigava. E in un modo così particolare che non sapeva dire se avesse mai provato nulla di simile prima. Voleva sfidarlo, essere all'altezza delle aspettative che lui nutriva su di lei. Se si fosse mostrata arrendevole e scoraggiata, lui non le avrebbe certo rivolto quello sguardo carico di interesse, ne era certa. Si sorprese nel constatare che tutto ciò che voleva, realmente, era un briciolo d'attenzione. Cercò di ricomporsi: era l'uomo che teneva in ostaggio suo fratello e, decise, gli avrebbe dato filo da torcere. In ogni caso.

Eppure, trovarsi intrappolata tra le braccia di quell'uomo, con le spalle letteralmente al muro, non le sembrava una cosa tanto pericolosa, a cui avesse dovuto prestare particolare attenzione. Avvertiva distintamente il lieve profumo speziato che si spandeva da quei capelli biondi mescolato a quello del cuoio della giacca bordeaux asimmetrica e ne era quasi drogata, tanto era invitante.

Hoggle, dall'altra parte del canaletto di scolo del tunnel composto da una singola rotaia, era sull'orlo della disperazione: il re era già abbastanza alterato per il suo comportamento e Sarah continuava a sfidarlo. Non accennava a retrocedere di un passo. Non era neanche malleabile, possibilista. Era a dir poco granitica. Stupida umana cocciuta e ignorante.

Ma Jareth era rimasto affascinato da tanta audacia. Nonostante la spavalderia dimostrata, però, non l'aveva guardato in faccia ma aveva abbassato lo sguardo per poi, solo dopo, tornare a guardarlo, spiando la sua reazione. La sua vicinanza la intimoriva? Inibiva? ...Imbarazzava? Ne era a dir poco lusingato. Come qualche ora prima, sulla collina, gli venne voglia di stuzzicarla. Era, effettivamente, un bel passatempo. Provava una strana attrazione per lei. E al contempo non desiderava altro che farle i dispetti. Ma questi, di quando in quando, lo facevano stare in pena per lei. Come un bambino capriccioso. Forse, si ripeté, a stare coi Goblin aveva assunto qualche loro tratto peculiare. “In realtà la vuoi davvero come regina” gli disse una vocina dai recessi più profondi della sua mente “Per quello desideri che sia migliore di quello che ti appare e ti preoccupi per lei quando sei tu stesso a cacciarla nei guai. Ma ogni suo fallimento ti riporta alla realtà: è una bambina, ancora. E allora la punisci. Ma non fai altro che insegnarle la strada e temprarne la fibra. Sta imparando, vedrai che sorprese ti riserverà...Sa molto!

Davvero?” chiese in un sussurro, divertito. I lunghi capelli biondi scompigliati erano illuminati dalla luce che arrivava alle sue spalle, tenendo il volto in ombra, il che gli conferiva un aspetto ancora più minaccioso. E conferiva a quella constatazione incuriosita una nota di scherno che lui non intendeva imprimergli. La ragazza era davvero caparbia e se la intendevano alla grande, più di quanto non osasse immaginare: anche a lui, quel labirinto, era sempre sembrato troppo semplice. “E che ne diresti se complicassimo un po' le cose?#” Propose, sicuro che lei avrebbe apprezzato. D'altronde era quasi arrivata a destinazione, poteva concedergli qualche brivido. Sì, la sua futura regina non poteva non apprezzare tutto quello che lui stava faceva per lei, tutto ciò che le proponeva: non solo aveva architettato tutto il labirinto appositamente per lei, ma l'aveva anche liberata dal dimenticatoio, assecondava i suoi capricci e non le aveva mai torto un capello.

Si staccò baldanzoso da lei e fece comparire l'orologio: segnava le 5 e venticinque. Ora Sarah sapeva quanto aveva vagabondato per il labirinto ma ancora non la posizione in cui si trovava. Puntò le dita verso il quadrante e cominciò a ruotare il polso in senso orario. Le lancette presero a girare vorticosamente in avanti, mangiandole minuti e ore preziose.

No!” protestò lei, allibita “Non è giusto!” Come aveva potuto credere per un solo istante che quell'uomo potesse essere diverso da quello che aveva pensato fino a quel momento?

Lui si fermò serrando il pugno, seccato. “Lo dici così spesso...” mormorò deluso e frustrato, tornando a guardarla. Rimuginò sui suoi precedenti ragionamenti: aveva forse preso un abbaglio? Ora, l'orologio segnava le otto e quaranta: le aveva rubato solo tre ore e mezza. Tre ore e mezza che, seguendo il nano, si era risparmiata: aveva barato. Tre ore e mezza sottratte con l'imbroglio. E veniva a lamentarsi da lui su questioni di equità? Lui aveva solo pareggiato i conti, niente di più. E dire che voleva movimentare le cose “Mi domando quale sia il tuo metro di paragone...” sibilò allontanandosi e dandole le spalle. Giunto all'imboccatura del tunnel che si inseriva in quello dove stavano loro, si voltò nuovamente verso di lei, scuro in volto. Odiava quel suo carattere altalenante: prima il labirinto era troppo facile, poi troppo difficile. Le avrebbe dato volentieri due schiaffoni per rimetterle la testa a posto e farle capire quanto fossero assurde e contraddittorie le cose che blaterava. Ma si era ripromesso di non prendersela più direttamente con lei. L'episodio del loro primo incontro era stato un tremendo passo falso, aveva perso le staffe per un nonnulla e reagito in modo esagerato.

Non doveva nemmeno sfiorarla. Per nessun motivo.

Così come non doveva toccare le sfere. Esattamente per lo stesso motivo.

Doveva cercare di darsi una calmata e doveva chiarirsi: cosa voleva da se stesso? E da lei? Voleva una donnetta che morisse ai suoi piedi o una che gli tenesse testa, che lo affrontasse alla pari e che non si lasciasse strattonare come un pupazzo? Certo era che era ancora troppo immatura per i suoi gusti. Aguzzò la vista e rise tra sé: le avrebbe complicato l'esistenza fino a fiaccarla definitivamente. Si morse la lingua pensando che era stato proprio lui a liberarla: poteva tenerla a marcire nelle segrete per qualche ora! Che cosa gli era passato per la testa quando le aveva mandato il nano? Poteva lasciarla al buio, in preda alla solitudine, all'autocommiserazione e all'umiliazione! Ma a lui piacevano le sfide e gli piaceva ancora di più vincerle. Specie se la controparte non si fletteva davanti a lui. L'avrebbe spezzata, voleva una vittoria totale. “E così il labirinto è come un bicchier d'acqua, eh? Vediamo come affronti questo piccolo sorso...” disse mimando la pochezza della novità. Quindi, con un movimento fluido, si fece comparire tra le mani una sfera di cristallo. La fissò tra l'annoiato e l'irritato. Quindi la lanciò, con tutta la rabbia che aveva in corpo, nel buio del cunicolo alle loro spalle.

Nel punto in cui la sfera toccò il pavimento sabbioso, si materializzò all'istante la punta di una turbina che avanzava ruotando le punte e le propaggini in ogni verso, quasi le improbabili schegge di vetro, schizzate per il cunicolo al momento dell'impatto, fossero tornate a ricomporsi su una struttura di volume decuplicato.

Oh, no!” mormorò il nano, alzatosi in piedi e avvicinatosi alla ragazza. Erano rimasti soli. Il mago era sparito. Troppo concentrati su quello che avveniva nel tunnel, non l'avevano badato eccessivamente e non avrebbero saputo dire se si fosse smaterializzato o se si fosse solo messo in salvo da qualche parte. “Gli spazzini!” gemette voltandosi e cominciando a correre.

Cosa?” chiese Sarah, perplessa. Quello che andava loro incontro non aveva un aspetto amichevole ma era il caso di preoccuparsi?

Corri!” Urlò Hoggle già lontano. Sarah non protestò, girò su se stessa e cominciò a correre, raggiungendo il nano con poche falcate.



*Blind Pierre è il cammeo di uno dei Muppets Treasure Island

** Nella versione originale pronuncia davvero Hogwarts (l'altra occorrenza è all'ingresso del labirinto, quando lui si rifiuta di darle una mano), tanto da far pensare a molti che la Rowling, per al sua notissima scuola di stregoneria, oltre a che a una specie di giglio sfigatino, si sia “agganciata”, citandolo quasi come un cammeo, proprio a Labyrinth.): quindi una velatura di Crossing ci sta ;) Al di là dei prestiti, potrebbe voler dire effettivamente “Verruche di Cinghiale” e ciò spiegherebbe l'irritazione del nano: Jareth, più avanti (nella scena con la pesca) nella versione italiana, definisce Hoggle “Verruca repellente” (Scab: piaga o scabbia/rogna, sempre un'escoriazione/epiteto poco piacevole). E, ai lati del cancello di HP, ci sono, in effetti, due cinghiali alati. Ancora, il fatto che lui non distingua la plastica da gioielli veri la dice lunga e potrebbe richiamare il “dare le perle ai porci” (to cast pearls before swine). Altra teoria, legata però alla fissazione della Rowling per gli anagrammi, sarebbe ghost war. Comunque nulla di carino.

Su nome e nomignoli vari che gli vengono affibbiati dai due, comunque, si potrebbe scrivere una tesi: Hedgewart (Spiepe+verruca: è un giardiniere e Jareth, come scrivo io, dubito possa ricordarsi il nome di tutti quindi va per associazioni tra il lavoro e l'aspetto “foruncoloso”): io ho mantenuto la versione di “Gorgolio” per gestire l'irritazione di Jareth...con l'altra versione sarebbe stata più difficile fare un gioco di parole simile; Higgle (voce arcaica di Haggle, contrattare/spacciare, tradotto con Fregol quando cerca di depistare Jareth nelle fogne: chi contratta, tira al ribasso cercando di FREgare la controparte. Ma ancora Hug+Giggle: abbraccio+risata nervosa...e Hoggle è nervoso); Hoghead (Testa di cinghiale. Nella scena della pesca avvelenata, quando vuole andare a salvare Sarah e Jareth imita, mano alla gola, quello che a me è sempre sembrato il verso di un impiccato e quindi, presumibilmente, una minaccia di finire come trofeo, con solo la testa, sopra un caminetto come un cervo), Hogbrain (Cervello di maiale, credo inteso come il nostro 'cervello di gallina'. La scena è la stessa di prima, quando si preoccupa che la pesca non le nuoccia, tradotto con Goglodita, molto simile a Troglodita).

*** Bog è Palude, che è quello che effettivamente si scoprirà essere. Gora vuol dire strapiombo, precipizio.

****E' la traduzione più fedele di “How you enjoying my labyrinth?” (Enjoy=apprezzare). Le sta chiedendo un parere e sottintende altre domande: “è abbastanza complicato?” “Soddisfa le tue aspettative?” (visto che la presuntuosetta pensava di impiegarci poco, lui vuole rimarcare il concetto). La traduzione data, “ti diverte il mio labirinto?” da una punta più sarcastica di quanto non sia in realtà: “ti ho chiusa qui dentro, è una tortura, lo trovi -ancora- divertente?”

# Allora, qui non sono proprio sicura al 100% ma ho considerato il conteso in cui compare “Upping the stakes”. Intanto, alzare “la posta in palio” vuol dire caricare il piatto della vincita, indipendentemente da chi vinca. In questo caso, la vincita resta invariata (il bambino), cambiano i parametri. Visto che “Stake” (in originale usato al plurale!) vuol dire sia “posta in palio” che “rischio”, “paletto” e considerando che per dire “alzare la posta in palio” normalmente si usa “raise” e non “up”, credo che il vero significato fosse proprio quello di “Ti complico la vita”



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Scusate la corposità delle note: sono sottigliezze ma, anche se di poco, secondo me fanno la differenza. E poi a me sembra tanto una caccia al tesoro :)

Per quel che riguarda questo capitolo, per quanto sia una scena importante nel film per lo sviluppo del rapporto tra Jareth e Sarah, non sono affatto soddisfatta di come l'ho resa: in quei pochi momenti di vicinanza avrei voluto far passare nel loro cervelli pensieri un po' più consistenti, ma niente. Alla fine metto più esche in punti più neutrali che non in quelli nevralgici... Mi deludo da sola. Infierite pure! XD

Infine, volevo avvisarvi che -forse- riesco a far star tutto in 13 capitoli giusti giusti :) così, un numero a caso :D

Ci sentiamo la prossima settimana.

Un abbraccio a tutti quelli che mi seguono!

   
 
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