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Autore: pace    27/11/2011    3 recensioni
Kanata. Miyu. No Lou. No Baumiao.
Anche se non c'è il piccolo alieno, non vuol dire che non sia più bello, no? xD
Ma sta a voi decidere, infondo:)
Vorrei davvero sapere cosa ne pensate.
Solo un orgoglioso ragazzo e l'amore di una ragazza.
COME ANDRA' A FINIRE???
E CHISSA' COME SI SVOLGERA' LA COSA!!!
Leggete, no??;)
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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E' stato difficile trovare il tempo e capire come farlo, spero piaccia ragazzi. Davvero, c'ho messo l'anima.
Un bacio e un abbraccio.
MissP;)

Orgoglio

{Ci sono cose che dovrebbero rimanere nascoste.
Io, Kanata nella mente.}

Capitolo 21-Dolore


Kanata's POV
-Ha notato qualcosa di anormale negli ultimi tempi?
Hosho diniegò con la testa.
Il poliziotto annuì, non molto attento, appuntando qualcosa su di un foglio pieno di scarabocchi.
-E la depressione?? Come la viveva?
Hosho scrollò le spalle. -Come vuole che l'avesse vissuta? Era depressa, ma si tirava su. Per noi.
Il signor Kèito annuì ancora distratto. Più lo fissavo e più mi era antipatico.
Se pensava di concludere e di mettere sotto gomba questa 'indagine' allora si sbaglia di grosso.
-Signore?
Dissi, con astio, mentre lo fissavo scrivere.
Alzò la testa verso di me e parlò. -Si?
Il suo tono era davvero irritante. -Sta ascoltando?
Balzò sulla sedia, guardandomi truce. -Le assicuro di si.
Lo fissai per ben cinque minuti, poi rincominciò con il suo insensato interrogatorio.

-Domani, incominceremo a interrogare altre persone, sempre che questo serva a qualcosa. Sono passati tanti anni, e mi sembra impossibile che ci sia qualcosa ma va bene. Avete deciso cosi, io seguirò gli ordini, ovviamente.
Scossi la testa, disturbato della demenza di un deficente.
-Signor Keitò, la sua opinione può tenersela per sé. Ci vediamo domani, allora.
Stava per risponedere a modo ma si tenne la pancia, esclamandò:
-Domani non dovete venire voi...
Aggrottai le sopracciglia. -Vorrei starci quando interrogherete altre persone. Ne abbiamo il dirittom no?
Anaspò, diventando paonazzo. -C'è qualche problema?
Scosse la testa, alla mia domanda. -Non si fida, per caso?
Ridacchiai, scuotendo la testa, alzandomi dalla sedia seguito da mio padre.
-Mi fido di lei. Certo. Il punto è che non mi fido degli altri.
Non era propriamente vero, ma mi piacque come risposi. Fu un'uscita ad effeto, o sbaglio?
Il poliziotto si riscosse. -Devo parlare con la signorina Kozuki.
Rabbrividii. Come?
-Cosa?
Dissi, nervoso.
Il poliotto non mi rispose neppure. Mi risedetti e lo fece mio padre.
Lo odiai di più in quel momento. Sembrava un cagnolino, cavolo!
E poi... per colpa sua ora Miyu era stata interpellata.
-Miyu Kozuki?
Quando entrò, tutta spasata mi sentii più calmo. Vederla mi faceva sentire sicuro e tranquillo.
Scrutò la stanza e poi si sedette alla sedia vicino alla mia, indicatogli da Kèito Jin.
Si sistemò sulla sua sedia, mentre fissavo angosciato un punto della scrivania.
Il poliziotto parlò, facendomi fremere. - Siamo venuti a capo, signorina Kozuki, di alcune cose. Tali cose possono avere delle ripercussioni. Come faceva a sapere di un diario?
Miyu quasi griò, dallo shock. E lo feci anche io, come si permetteva?
Anaspai e vidi mio padre tirarsi un ceffone sulla  fronte.
Roba da matti...
La sua voce mi destabilizzò. -Come??
Esclamò insicura. Sembrava un cucciolo in una gabbia di leoni. Notai il poliotto che scriveva, fissarla maligno. Rabbrividii, fu un momento quando mi schifai e mi preoccupai davvero.
Dimenticai persino di esistere e come si faceva a parlare.
Il poliotto riprese con un colpo di voce, accenando un sorriso. -Dicevo, lei come fa a sapere dell'esistenza di un diario?
La mia piccola rispose agitata. -Signore, la mia era... non so, anche io ho un diario. Ci annoto tutto e ho pensato che anche la madre di Kanata ce l'avesse.
Non se la poteva prendere con lei. Mi odiai per tutto il resto del discorso tra il poliotto simpaticone e Miyu perché non riuscivo a parlare. Tremavo.
Ma quando il poliziotto le chiese se potesse vedere il suo diario, Miyu espose i suoi artigli.
Sorrsi, ghignando. E per un po' fui in pace con me stesso.
Ma questo non mi giustificava, neanche Hosho poteva parlare, non potevo caricargli di qualcosa che almeno nel minimo, non era colpa sua.
Nel casino in cui siamo, però... lo è.
-Dovrete contattare la caserma dei carabinieri.
Fu un lampo, il colpo di grazia, mi ripresi, sporgendomi verso di lui.
-Se lo scordi, arriveremo a chiamare anche i pompieri di questo passo. Le stiamo dando tutte le possibili informazioni e domani interrogherà altre persone. Non le basta?
-Come le ho già detto, di questo noi non c'è ne occupiamo.
Sembravo cosi stupido? No, ma forse ero un ragazzino.
Si, lo ero. Ma non sono scemo. Nè stupido.
So quello che voglio e riuscirò a prendermelo.
Come ho fatto con Miyu. -E io... noi cosa siamo venuti a fare da voi?
Mi preparai ad attaccarlo nel campo fisico. Avrei potuto uccidere con quella penna dell'altro pliziotto che scorreva veloce sul foglio bianco, oppure bombardarlo di pugni.
Nessuno parlava né fiatava.
Sentii qualcuno prendermi per le spalle. -Signor Kèito, la prego ci scusi un attimo.
Non mi accorsi neppure che fui portato fuori , trascinato da Miyu.
Quando la sentii parlare ritornai con i piedi per terra, ancora scombussolato.
All'inizio non detti neppure molta importanza all'occhiataccia di un poliziotto verso Miyu.
Ma che hanno in questo commisariato?!!
-Kanata non puoi rispondere cosi. Anche per rispetto! Potrebbe farti finire sull'astrico!
Mi venne da ridere per il suo modo melodrammatico.
Quasi ghignai, facendomi prendere da uno stato di apatia. -Non è un mafioso.
Dondolai sui piedi vedendola mettere il broncio, per poi notare un luccicchio nei suoi occhi.
-Non eri stato tu a dire che qui c'è gente brutta?
Touché.  Risi, questa volta per davvero. Era rossa in viso e tremendamente bella.
Mi resi conto di quanto avevo bisogno di lei.
-Ma infatti! L'hai visto quanto è brutto?
Mi diede uno scapellotto leggero sulla testa, facendo dondolare i capelli.
Sentii il suo profumo di vaniglia e mi sciolsi.
-Scemo! Gioca le tue carte bene, chiaro?
Aveva ragione.
Tornammo dentro, ma continuai a fissarla.
Mi infondeva sicurezza.
Scoprire che mia madre era stata violentata e Hosho che non aveva fatto niente, mi aveva fatto dimenticare me stesso. Mi ero trascinato ancora in un baratro, diventando forse più chiuso. Se non ci fosse stata Miyu, avrei fatto come mio padre. Avrei lasciato perdere, diventando codardo. E forse mi sarei detto che anche se fosse, era passato troppo tempo e non potevo fare più niente. E forse mi sarei sentito male ma decisamente con l'anima in pace perché la mia giustificazione era abbastanza. E forse, sarei andato di matto perché per quanto amassi mia madre, non era riuscito ad affrontare tutto. E forse avrei dato anche la colpa agli anni. Troppo piccolo per prendere il coraggio a due mani.
Ho perdonato mio padre perché in parte l'ho capisco, avrei fatto come lui.
Ma lui non aveva una piccola Miyu. No, solo io ce l'avevo.
Ed era lei che mi aveva tirato fuori dal baratro.
Mi chiesi più volte perché Miyu era qui, da me. Da quando era arrivata erano successe delle cose.
Cose belle, cose come misteri legati a mia madre e... io che ero diventato più allegro.
Non aveva fatto altro che venire da me. E risolvermi i problemi.
Quindi, ero legato a lei. L'amavo.
Ma non perché avevo bisogno di un appoggio, non perchè mi sentivo solo.
Lei era destinata a me, è mia.
Ho bisogno di lei perché l'amo.
Potrei vivere anche senza di lei. Ma sarebbe una vita vuota, senza Miyu.
Mi piace come sorride, come si gode la vita.
Mi piace eprché è Miyu. Non è falsa.
E' solo lei.
Ed è fantastico.

Non potevo dire di essere felice ma sicuramente appagato.
Per due cose: non ero andato a scuola, cosi da non sorbirmi tutti quei succhiasangue di pettegolezzi, pur potendo stare con la mia Miyu e finalmente scoprire qualcosa di mia madre.
Ero nervoso, tremendamente nervoso, sapendo di dover andare al commisariato. E sapendo cosa sarebbe successo.
Strinsi la mano di Miyu, non sapendo che fare.
Mi dispiaceva vederla coinvolta.
Dovevo fare l'uomo -per quanto l'età me lo permettesse- eppure fu lei che mi aveva rassicurato.
Aprì la porta della stanza, preoccupato.
"Ho scoperto qualcosa".
Nonostante avevo la paura nel mio corpo, più che sangue, fui pronto e granzie alle parole del commissariato, spinsi la porta finché non l'aprii del tutto.
Nessuno parlò. Piuttosto fissammo.
Sgranai gli occhi, sentendomi ancora sull'orlo del baratro.
-Hokichi, cosa ci fai qui?
Notai il tono di Hosho reprimersi in un grugnito diperato.
Non sapevo che pensare.
Il mio cervello partì da solo.
"Ho scoperto qualcosa". Centrava con Hokichi...
O lui sapeva qualcosa oppure era lui il colpevole.
Vidi Miyu rabbrividire.
E di riflesso lo feci anche io. -Che sta succedendo qui?
Non riconobbi più la mia voce. Era rauca e impaurita.
Ancora, volevo scappare dalla verità.
Ormai c'ero dentro. Non potevo più farlo.
Restai dentro alla stanza solo perché c'era Miyu.
Il cuore mi batté forte e Kèito parlò. Quasi lo maledissi quando lo fece.
Le parole gli scorrevano dalla bocca e più il tempo scorreva più sapevo delle cose.
E più sapevo delle cose, più mi dissi che avrei dovuto lasciar perdere.
-Le pesanti accuse su questo uomo non hanno difesa. Penso che dovrete sedervi e poi vi dirò tutto ciò che so.

Era un sogno, un terribile bastardo sogno.
Mi scoprii a volerlo.
Ancora, sentii le catene che non mi portavano su. Ancora, sentii la pesantezza di tutto.
Perché non mi avevano lasciato morire in quel baratro, perché avevo dovuto veder la luce per poi morire in silenzio? Perché? Dover sentire tutto questo, senza far nulla.
Dover piangere senza di nulla a nessuno.
Ero egoista nel pensare che non volessi avere questo peso e volessi darlo ad altri?
Dover essere egoista per non sprofondarci di più e in profondità in questa storia.
In questa storia. Dover.
Sono cose prettamente egoistiche.
Era come se fossi uno spettatore più che il diretto interessato. E da spettatore, dovevo fare la mia parte da egoista perverso. Avrei preferito non vivere.
O perlomeno in parte.
L'unica nota positiva era Miyu.
L'unica.

-Hokichi, vuole dirlo lei?
Il diretto interessato non rispose.
Ma il poliziotto incalzò. -Signor Hokichi, glielo dica.
Guardai i diretti interessati, cercando di capirci qualcosa.
Il signor Kèito mi invitò ad accomodarmi, ancora.
-No, voglio sapere prima cosa sta succedendo. Cosa sta succedendo?
Quasi urlai. Vidi Miyu sobbalzare, mi prese la mano.
Era rassicurante. Piccola, calda e rassicurante.
Respirai. -Allora?
Questa volta fu Hosho a parlare. Finalmente, direi.
I due poliziotti si sedettero, sospirando.
-Abbiamo scoperto che il signore qui presente -indicò Hokichi, che guardai per un momento- sai chi è stato a uccidere la signora Francesca.
-Mi devo sedere.
Sussurrai, fissando un punto della maglietta del padre della mamma di Akira.
Aveva detto davvero quelle parole, Kèito? O era solo frutto della mia idea?
Avevo ancora la mano di Miyu nella mia. La tirai.
Alzai la testa verso di lei, di fronte a me.
Miyu stava piangendo, aveva gli occhi lucidi.
Mi guardò per un secondo. Poi guardò il poliziotto.
-In che senso?
Seguii una lunga pausa.
Alla domanda della mia piccola non c'era stata risposta.
Era una domanda sciocca.
Hokichi era colpevole, perché complice del bastardo che ha ucciso mia madre.
Lo fissai e per un secondo provai un cogniato di vomito.
Confesso che mi era sempre piaciuto. Sembrava un uomo sensibile e dolce.
Il giorno in cui venne a sapere l'accaduto, sgranò gli occhi lucidi.
Una mano sulla bocca. -Come?
Disse, strozzandosi quasi.
Era un bravo attore.
O copriva qualcuno?
In tutti e due i casi, faceva pena. E schifo.
Sentii un vuoto profondo, nel petto.
Era un dolore atroce, fastidioso.
Rivedevo mia madre morta, mio padre che mi mentiva e quelle persone che mi guardavano compatite. Vidi mia madre mentre preparava il mio piatto preferito, sorrideva.
Lei sorrideva.
Le hanno tolto tutto. Quel sorriso non avrò più.
Non lo rivedrò più.
Mi manca, mamma.
Mi manca terribilmente.

Una settimana dopo...

Santa mi abbracciò.
-Che fai?
Gli disse, guardandolo storto.
Sporse il labbro inferiore. -Ti abbraccio...
-Lo vedo!
Mi sorrise dolce. -E smettila!
Si imbronciò. Poi guardò il banco.
Mugugnò e disegnò qualcosa sul banco.
Fece la 'T'. Poi la 'I'. La 'M', 'A', 'N'.
Non continuò, perché avevo capito.
Risposi, gurdandolo negli occhi. -Chi?
Fece la 'L'.
Respirai con il naso, chiudendo la bocca.
Deglutì, sentendomi stanco, fissando le dita di Santa.
Guardai lui. Mi stava scrutando, non era nè trsite, nè dispiaciuto. Nulla.
Non era compiatito per me.
Era un amico, Santa.
Mi appoggiai al banco e annuì. -Si, mi manca.
Dissi, sciolto e disinvolto.
-Mh.
Assentì. Suonò la campanella e mi tirai al banco.
Colpì quello di Santa con due dita, era il mio modo di salutarlo.
Sedetti al mio posto. La ricreazione era finita.
Guardai fuori alla finestra, da qui si poteva vedere il tempo Saionij.
Era come un puntino, ma ormai lo distinguevo bene.
Era circondato da tanta vegetazione.
La mamma lo adorava. Diceva che "la natura fa bene" e  "si deve curare".
Ha ragione. Abbiamo pante di tutti i tipi.
In Giappone si usa. (nda, non lo so se è veramente cosi)
E io lo adoro.
Il prof. entrò. -Buongiorno, ragazzi.
-Buongiorno professore.
Non mi alzai, figurati.
Ritorna con lo sguardo fuori la finestra, appoggiando la testa sulla mano, con il gomito sul banco.
I miei capelli si scompigliarono, il vento...
Vedevo Santa osservarmi dall'altra parte della classe.
Il prof. di matematica incominciò a parlare.
Era un uomo bassino e scorbutico. E più volte c'avevo litigato.
Beh, con tutti litigo, io.
Sono abbastanza coerente, no?
Un'ora volò via. E così, si portò via anche tutte le lezioni.
Mentre stavo andando a casa, Santa mi richiamò. Vidi tutti quanti fissarmi.
Avevano saputo.
Sgranai gli occhi. Macché...
Impossibile, insomma solo Santa, Nozumu, Aya, Nanami e Chris lo sapevano.
E loro... non ne hanno parlato. No. Sicuro.
Vidi i miei amici farsi un po' tristi.
Lasciai i libri che stavo mettendo i cartella, per andare verso di loro.
-Ma che...?
Non mi lasciarono finire la frase. O meglio non mi lasciò finire la frase.
-Oh Kanata, che c'è? Vuoi la mammina? Ma lei è morta...
Disse una voce viscida.
Mi irrigidii. Chi cazzo era?
Voltandomi, lo vidi.
Vidi una persona che non mi sarei mai aspettato di vedere.
Per molto tempo avevo cercato un pretesto per spaccargli la faccia. 
E ora, ce l'avevo. Non c'era più Miyu.
Ora, non dovevo mostrarmi forte. Perché non lo ero.
Vidi Santa gridargli contro.
Lo fermai. -Kanata?
Fissai con astio lui e la sua combricola. Come lo sapeva?
-Anche... perché lei è stata trombata, lo sai no?
Ghignò.
Non seppi che fare. Ma non potevo farmi sputare queste cose.
Non potevo piagere.
Ma sapevo cosa volevo, l'avevo sempre saputo.
Io volevo Miyu.
Volevo che stesse qui con me.
Ma lei non c'è. E' andata via.
La maggior parte della classe stava dietro a Kurita e sorrideva.
Tutti ragazzi.
Andai al mio posto, misi i libri nella cartella e andai via.
Non volevo guai.
Anche se ero un vigliacco, uno stupido.
Avrei dovuto rispondere, ammazzarlo.
Ma se lo conoscevo bene, mi avrebbe seguito fino alla fine.
E io, sotto sotto, volevo quella.
Un puglio nelle palle, glielo davo eccome.
E pure bene.
-Anche... perché lei è stata trombata, lo sai no?
Sospirai. La rabbia nel corpo.
Era stato del tutto inaspettato. Come lo sapeva lui?
Perché, poi è ovvio, era stato lui a dircelo a tutta la classe.
O forse il contrario.
Irritazione, profonda.
Mi stringeva lo stomaco.
-Kanata... sei uguale a tuo padre. Vigliacco.
Kurita sputò quelle parole con malvagità.
Mi fermai, immaginandomi in molti modi mentre lo aggredivo.
Appoggiai la cartella per terra.
-Oh oh oh!! Kanata gioca duro! Non piangere, baby, non farlo.
Gli altri risero.
Sentii Aya. -Kurita, sta' zitto!
-Sta' zitta tu!
Mi girai, vidi la sua faccia come prima cosa.
Disgustoso.
Vidi Santa mollargli un pugno.
Sobbalzai vedendo Kurita andare per terra.
Sorrisi, non riuscendo a trattenermi.
Nozomu lo guardava truc come il resto delle ragazze della mia classe.
Pochi erano dalla mia parte, erano quasi tutte ragazze. I ragazzi o mi odiavano o erano solo invidiosi. Che poi è lo stesso, ma il fatto è quello.
-Non ti azzardare più a dirgli queste cose, Kurita. Non farlo!
Gridò Santa.
-Ti abbraccio...
Effettivamente era l'unico che era rimasto con me sempre.
Kurita si pulì con il giubbotto il muso, in un gesto stupido e insensato visto che non aveva nulla.
Ma forse per lui era figo. Chissà...
-Basta, Kurita. Non ti si riconosce più.
-Gia, è vero!
Nozomu e Aya erano intervenuti.
E forse avrei dovuto farlo anche io.
Sentivo l'adrenalina scorrermi nelle vene, la rabbia ceca. Eppure non riusivo a muovere un muscolo, non riuscivo a muovermi e far uscire le palle. Perché, tuttavia, sentivo un vuoto che la rabbia e il dolore non poteano cammuffare e nemmeno prendere. Lei e solo lei mi avrebbe guarito.
Tremai per un po' e per tutto il tempo in cui lo feci, restai a guardare il litigio tra Santa, Kurita, Aya, Nozomu, Chris, Nanami e altri. Notai Mako che restava a guardare un po' impaurita.
Era da un po' che non la sentivo, infondo mi era mancata.
Non ci avevo mai pensato, ma... Kurita, in un certo senso, aveva avuto Miyu prima di me.
Non l'aveva baciata prima di me, ma di sicuro lui ha fatto la prima mossa per starci insieme. Solo che, Miyu non ama lui. Non amava e non amerà. Peccato.
Santa prese a picchiare Kurita, non era molto bravo nel 'combattere', ma era comunque forte.
Ma non abbastanza. Era a terra, il sangue sulla bocca e poi a terra.
Sobbalzai. -Santa!
Gridai preoccupato.
-Sai, Kanata, alcune volte mi chiedo se tu e lui non state insieme. Insomma, siete cosi affiatati. Sicuro di non essere gay? O bisex?!
Rise, malignamente.
A faccia a faccia. Io e lui.
Non guardai Santa, stava bene. -Kanata...
Sussurrò, questo.
Aya lo aiutò ad alzarsi.
Ma io fissavo Kurita e continuai a fissarlo all'infinito.
Volevo leggesse il mio dispezzo per lui e quando avrei incominciato a picchiarlo, lui doveva tenere a mente tutto ciò che aveva visto e provato.
In vita mia, non mi era mai ridotto alla vera violenza. E forse neppure questa era un'occasione.
Ma dovevo fare qualcosa.
-Kurita.
Dissi, con fermezza. Come per dire 'deficiente...'.
Lui ghignò. -Mh?
Si aspettava che lo menassi, forse?
Legge nella mente?
-Vaffanculo.
Dissi, con ancora più fermezza e nonchalance.
Per alcuni, forse, sarebbe sembrato scontato. Ma io in quel momento avevo detto tutto.
Sapevo però, che un'altra scintilla da parte di Kurita e sarei scattato.
E non volevo.
-Vai a farti fottere da tutti questa ragazzini senza palle. O inculati da solo, vedi tu. Ma stammi lontano, tu e quella puzza del cazzo sotto al naso. Sei io sono e sarò migliore di te, non è un mio problema. Non tocco tua madre. Purtroppo, non è colpa sua se ti ha fatto cosi deficiente e imbecille.
Avrei voluto offenderlo. Picchiarlo, ma mi uscirono queste parole.
Sapevo qual era il suo punto debole e avrei otuto sbandierarlo ai quattroventi.
Una scintilla, una sola. E quel punto debole, l'avrei fruttato bene.
Lo vidi anaspare. -Kanata è un vigliacco. Gente, Kanata è un vigliacco che ha la mamma zocc-cadde per terra. 
Il mio pugno in aria, il tonfo della sua botta, del suo sedere per terra.
Era questo che voleva?
-Ora, puoi dire alla tua mammina che non solo hai il coso che non ti funziona ma le hai prese da un vigliacco che ha la mamma zoccola.
Tenzione, via.
Tutti quanti avevano preso un battito.
Già.
Mi abbassai, accostandomi a lui. Aveva il naso rotto e l'occhio chiuso, violaceo.
-Se osi offendere mia madre, con quella tua bocca disgustosa, ti faccio diventare sterile. Se osi avvicinarti a me o hai miei amici, ti massacro. Se osi, fare qualcosa che a me non piace, ti disintrego. 
Mi avvicinai al suo orecchio. -Ricorda bene: non ho intezione di sporcarmi le mani per un piscioso pezzo di merda che ha una mamma stronza apri gambe. Kurita, non sentirti inferiore a me. Guardati allo specchio e sputati in faccia.
Non sapevo se quelle parole adarono 'bene'. Sapevo solo che volevo picchiarlo e durante il discorso mi immaginai di farlo. Mi alzai. Gli detti un calcio. -Non osare parlare più di mia madre.ù
Altro calcio. Stavo incominciando a prenderci gusto.
Ogni calcio nella pancia, urlava.
Ogni ragazzo stava in silenzio.
-Kanata, basta!
Sussurrò Aya. -Ti prego...
Quel viscido verme si contorceva sul pavimento, mentre io provavo schifo.
-Questo vale... per tutti voi.

____

Si sentiva odore di zucca. L'aria era impregnata solo di quell'odore in salotto.
Lasciai cadere lo zaino, correndo in cucina.
Vidi Hosho girarsi. Mi sorrise.
-Ehi, Kanata.
Il nostro rapporto era più tranquillo e compatto di prima.
Non lo perdonerò mai, sia chiaro.
Tutti sbagliamo, ma lui non doveva farlo in quel momento. Sinceramente non è il fatto in sè per sè che dà fastidio, se l'amava, avrebbe dovuto continuare le indagini, no?
-Kanata, ho una bella notizia.
Lasciai cadere le bachette, la zucca riannegò nel suo 'brodo'.
Lo fissai, notando i suoi occhi scintillare. -Domani viene Miyu.

Dovrete aspettare un po' per sapere bene bene cosa è successo.
Lo so, non è giusto, è passato tanto.
Ho fatto tutto in fretta solo per voi, infatti non sto dicendo nulla.
IL CAPITOLO NON E' CORRETTO, LO CORREGGIERO' DOPO!!
Grazie a tutti, baci.
MissP;)



  
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