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Autore: Roxanne Potter    27/11/2011    2 recensioni
Una Remus Lupin\Sibilla Cooman scritta per una sfida. Cos'ha visto Sibilla nella sua sfera, poco prima che la battaglia che Hogwarts iniziasse? E cos'ha provato pochi istanti dopo la morte di Lord Voldemort, voltandosi verso la fila di cadaveri dei caduti durante la battaglia?
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Remus Lupin, Sibilla Cooman
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Era quasi pronta, ormai. Un coraggio che raramente aveva conosciuto adesso sembrava comandare le sue azioni. Lasciò che lo scialle argenteo, dapprima avvolto intorno al suo collo, scivolasse fino a cadere sul pavimento: le avrebbe permesso di combattere più agevolmente.
La sua mano era stretta intorno alla bacchetta, gli occhi sgranati dietro le lenti degli occhiali brillavano di ardore. Sibilla Cooman aveva agito coraggiosamente poche volte nella sua vita, e anche in quel momento stentava a credere che stava per farlo davvero, che si preparava a partecipare alla battaglia di Hogwarts.
Era un instinto dentro di lei a muoverla, e Sibilla stava identificando quell'istinto come l'immenso attaccamento che provava verso il luogo che per tanti anni l'aveva ospitata.
Hogwarts.
Hogwarts era la sua casa. Presto lì sarebbe cominciata una battaglia, le mura sarebbero crollate, il fuoco avrebbe divampato ovunque. Non poteva permettere che quella distruzione si insediasse nella sua casa e rimanere nascosta, senza fare nulla, oppure fuggire.
Non era una vigliacca.
Lanciò un'ultima occhiata alla stanza buia che la circondava, i banchi vuoti e le tende della finestra tirate. Forse quella era l'ultima volta che posava gli occhi sull'aula di Divinazione, chissà.
Forse, un ultimo consulto avrebbe potuto dirle cosa sarebbe accaduto durante quella notte fatale.
Abbassò lo sguardo sul tavolino davanti a lei. Lì c'era una sfera di cristallo, circondata da un leggero e caldo alone di luce bianca. Vi poggiò sopra due dita, la pelle che veniva a contatto con il freddo del cristallo, e si chinò lentamente. Squadrava il fumo all'interno della sfera, sottili fili di un bianco opaco che sembravano galleggiare.
“Che l'Occhio Interiore faccia il suo dovere.” pensò, prima di lasciar vagare la mente, di abbandonare i suoi pensieri e concentrarsi unicamente su ciò che vedeva all'interno della sfera.
Avvertì un calore improvviso sulle dita e qualcosa squarciò il fumo: un raggio di luce verde, che apparve rapido per sparire quasi subito, e un lampo scuro che non riuscì a riconoscere.
Sibilla rimase là con gli occhi sgranati, mentre dalla sfera proveniva un grido soffocato e all'interno si formava la figura di un piccolo serpente dorato che strisciava lento attraverso l'erba.
Tutto svanì, sia la figura sia la voce che gridava.
Sibilla tirò un respiro profondo, cercando di sciogliere il nodo che le opprimeva la gola. Conosceva il simbolo del serpente d'oro, simboleggiava la morte di una persona amata. Ma cosa poteva voler dire, riferito a lei?
Le sembrò di udire uno scoppio lontano. Si riscosse, alzando di scatto la testa e serrando la presa sull'impugnatura della bacchetta.
La battaglia.
Si avviò rapida attraverso l'aula buia, decisa a non perdere altro tempo. La battaglia stava per iniziare, e in quel momento combattere era più importante dell'interrogarsi sul significato di quel simbolo. Eppure, nonostante la sua ferma convinzione, la visione del serpente dorato ancora la riempiva di terrore.
Un terrore che solo il suo desiderio di proteggere Hogwarts riusciva a scacciare.

È morto. È morto.
Non aveva mai visto una folla del genere, tante persone riunite in unico luogo e immensamente felici per la stessa ragione. Il corpo di Lord Voldemort giaceva in mezzo alla Sala Grande, tra la gente che urlava, rideva, piangeva.
C'era chi abbracciava un amico, sconquassato da risate e singhiozzi. Chi gridava ovazioni a Harry Potter con il volto rigato dalle lacrime, chi si avvicinava a quel ragazzo dall'aria provata fermo a pochi metri dal cadavere del Signore Oscuro.
Anche lei era felice. Con le mani che tremavano leggermente e un sorriso a incresparle le labbra sottili, Sibilla Cooman stava muovendo alcuni passi in mezzo alla folla.
“Sapevo dentro di me, nel profondo, che questo momento sarebbe arrivato.” si ripeteva, lo sguardo che correva sui muri sgretolati della Sala Grande. Al tempo stesso, avvertiva una tristezza che non accennava a svanire, e non riusciva a capire da cosa era data.
La visione.
Tutto le tornò alla mente. Il fumo nella sfera, la luce verde, il lampo scuro, il grido e il serpente dorato. Ma alla fine non era accaduto niente, no?
Sibilla si scostò, per far passare un ragazzo in corsa, e si voltò decisa a incontrare nuovamente lo sguardo di Harry Potter.
Un corpo bianco riverso a terra, insieme agli altri cadaveri.
Il suo cuore sembrò fermarsi nel petto. Il tremore alle mani divenne molto più forte e Sibilla rimase totalmente immobile, mentre la felicità scivolava via e i rumori e i colori del mondo svanivano.
Poco lontano da dove una volta si trovava la tavola dei professori, era riversa una fila di cavaderi: i corpi di tutti coloro che erano caduti in quella guerra.
Lì, accanto al corpo riverso di una strega dai capelli color topo, c'era Remus Lupin.
Finalmente comprese cosa il serpente aveva voluto dirle. Comprese cos'era quel lampo scuro che lei inizialmente non aveva identificato: erano i suoi occhi. Occhi spalancati, totalmente vuoti, di un marrone scuro.
Quasi non si accorse di aver mosso alcuni passi verso il cadavere.
Remus Lupin. Remus Lupin.
Remus Lupin era morto.
Si bloccò, l'incarnato che impallidiva, mentre la consapevolezza si faceva strada in lei e la spiazzava: sì, Remus Lupin era morto.

-Professor Lupin... la vedo un po' stanco, oggi. Va tutto bene?
L'uomo scosse la testa, rivolgendole un sorriso tirato ma gentile.
-No, Sibilla, è tutto a posto. Ho solo dormito un poco male ma adesso mi sento meglio.
Si interruppe per tossicchiare, poggiando sul tavolo dei professori la tazza che stringeva in mano. Sibilla era rimasta ferma a osservarlo, silenziosa.
-Capisco.- commentò infine, in un mormorio. Remus le sorrise un'ultima volta, prima di tornare a voltarsi e portare di nuovo alle labbra la tazza colma di una bevanda profumata.
Oh, quell'uomo. Era strano, nascondeva certamente qualcosa. E non poteva fare a meno di incuriosirla.

Il ricordo era vivo nella sua mente, mentre Sibilla schiudeva leggermente le labbra. Si rese improvvisamente conto che non aveva idea di cosa fare, adesso che quel vortice di emozioni la stava scuotendo. Perché non riusciva a piangere?
Aveva compreso la verità, ma non era sicura di riuscire ad accettarla.
-Sibilla... Sibilla!
Una mano si poggiò sulla sua spalla. La donna si voltò, incrociando lo sguardo della professoressa McGranitt: la donna aveva gli occhi sfavillanti, ricolmi di orgoglio e immensa commozione.
-C'è qualcosa che non va, Sibilla?
Lo sguardo della McGranitt si poggiò sui cadaveri, e sembrò improvvisamente capire.
Ma Sibilla scosse la testa.
-No, professoressa. Va tutto bene.
Sorrise debolmente. E in quel forzato sollevarsi di labbra potevano leggersi tutta l'inquietudine, la menzogna e la disperazione che albergavano nell'animo di Sibilla Cooman.
   
 
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