# Stand
by
Guidò in ansia per tutto
il tragitto.
Non sapeva come dirle dei
documenti. Non sapeva come
rivelarle quel nome.
Pensò di aver avuto una
buona idea portando con sé
solo la lettera di Montgomery.
Era sicuro che sarebbe bastate
quelle poche righe a
farle avere un primo crollo.
Meglio affrontare una cosa alla
volta partendo dalle
parole del suo ex capo.
Parcheggiò al lato della
strada ed entrò nel palazzo.
Fece le scale per scaricare un
po’ di nervosismo. A
due a due i gradini si esaurirono alla svelta.
Di fronte a lui il quarto piano del
dodicesimo
distretto.
Era tutto come se lo ricordava. Non
sembrava passato
nemmeno un giorno.
Ryan lo vide, dalla sua scrivania.
Con una mano
sorreggeva la cornetta mentre con l’altra gli faceva segno di
raggiungerlo.
A Castle non sembrò vero
di essere di nuovo tra quelle
mura.
Ryan riattaccò e gli
diede una pacca amichevole sulla
spalla.
“Che ci fai da queste
parti, ti mancavamo Castle?”
domandò sorridendogli.
“Ah, mi hai
scoperto!” scherzo lo scrittore per
stemperare un po’ l’agitazione che sentiva dentro
“Beckett?” domandò dopo la
battuta.
“Sta interrogando un
sospettato con Esposito, ti serve
qualcosa?”
“No, volevo solo parlarle
di una questione..” rispose
senza soffermarsi troppo.
Ryan parve sorpreso “Non
sapevo vi parlaste…”
Castle restò in silenzio
per qualche secondo. I loro
amici non sapevano ancora di loro due.
D’altronde si erano
rincontrati appena il giorno
prima.
“Si, ci siamo incontrati
ieri…per caso…” disse
solamente.
Ryan lo fisso negli occhi, come se
fosse un qualsiasi
criminale, cercando di studiarlo.
Un sorrisetto monello
però comparì sul suo volto “Sai
niente de perchè Beckett era tutta felice e gioiosa
stamattina?” domandò il
detective.
“Ehm..” Castle
sbiancò all’improvviso “..non
saprei…gioiosa B-Beckett? Ma quando mai?”
Il balbettio lo tradì.
Ma anche la faccia da pesce
lesso.
“Sembrava rinata, tutta
luminosa..” rincarò Ryan
“..credo pure che stesse canticchiando!”
Castle indietreggiò
sotto le pressioni dell’amico e
andò a sbattere il sedere contro la scrivania di Esposito.
Stava cercando le parole giuste
quando da dietro le
spalle di Ryan vide proprio Beckett e Esposito avvicinarsi.
“Oh, guarda, hanno
finito, grazie per la
chiacchierata!” esclamò contento di averla
scampata, sgusciando via.
Andò incontro ai due
detective “Ciao Esposito, addio
Esposito” prese Kate per un gomito e la trascinò
nella piccola saletta relax.
Lasciando Javier lì in piedi in mezzo al corridoio.
“Ma che
diavolo…”
Ryan lo chiamò divertito
dalla scena “Vieni amico che
ti spiego..”
“Uhh che impeto
Castle!” lo schernì Kate.
L’uomo le
lasciò il braccio e si affrettò a chiudere
la porta.
“Scusa, Ryan mi stava
facendo un sacco di domande..”
“Già,
ultimamente è diventato più sveglio..”
ammise
lei, ricordandosi che fu proprio lui a notare il golfino nero il giorno
prima.
“Allora che
c’è di così urgente?”
domandò Kate,
sorridendogli.
Era vero: era luminosa. Emanava una
luce quasi
accecante. Era diversa.
O forse era lui che era diverso.
O, meglio ancora, forse ora erano
diversi
entrambi.
Si erano uniti, si erano amati. Era
tutto diverso ora
ai loro occhi.
Rick aveva una dea
ora dinnanzi a se.
Sembrava la felicità
fatta persona. Finalmente, dopo
tanto, l’aveva resa felice.
Come poteva ora dirle di quei
documenti?
Perché proprio ora che
stavano cominciando a scrivere
la loro storia insieme?
“Io..ti devo parlare di
una cosa..”
Il nome di quell’uomo
transitò nella sua testa insieme
a tutto quello che le avrebbe voluto dire.
E poi un’immagine.
Quell’immagine terrificante.
Lei stesa a terra sanguinante.
Quelle due lacrime che
sgorgarono lente prima che perdesse i sensi.
No. Non poteva dirle la
verità. Non poteva rivivere
tutto di nuovo.
In questo caso la verità
equivaleva a metterle in mano
una pistola carica.
Kate sarebbe corsa da lui a farsi ammazzare. Ne era certo.
Lei non avrebbe aspettato. Non
avrebbe studiato un
piano. Non si sarebbe fatta aiutare.
La conosceva bene. Avrebbe compiuto
la sua missione in
solitaria, vendicandosi dell’assassino della madre. A costo
della vita.
‘Ci
sono cose
peggiori della morte e lui le sa sfruttare tutte’
Si ricordò le parole
nella lettera ed ebbe un tremito.
“Rick, ti senti
bene?” domandò preoccupata
accarezzandogli la guancia “Cosa devi dirmi?”
Si sentì un miserabile
bugiardo ma non ebbe altra
scelta. Doveva proteggerla.
Doveva mentire. In quei pochi
secondi sperò che la
scusa appena pensata fosse abbastanza ragionevole o avrebbe capito
subito che
le stava nascondendo qualcosa.
“Ho..” si
bloccò e prese una grossa boccata d’aria.
Quella bugia gli stringeva il cuore come una morsa
“…ho da fare stasera…”
Kate annuì,
ascoltandolo.
“Sono indietro con le
scadenze e… devo scrivere
parecchio…”
Kate non capiva dove fosse il
problema. Abbozzò un
sorriso che Rick ricambiò.
“Quello che voglio dire
è che sarò parecchio impegnato
in questi giorni per rimettermi in pari, ma ci tengo a farti sapere che
sei
importante per me e non voglio trascurarti troppo.”
“Anche tu sei importante
per me” disse lei
timidamente.
Rick le alzò il mento
con l’indice della mano
“Rallentiamo solo un pochino, così da levarmi
tutti gli altri pensieri dalla
testa e concentrarmi solo su di te”
“Rallentiamo. Ok, posso
farlo” esclamò riprendendosi.
L’importante per lei era
che lui non volesse
lasciarla. E il fatto che volesse fare bene il lavoro che amava, cosa
che lei
più di chiunque capiva perfettamente, non faceva altro che
accrescere il suo
amore per lui.
In fondo lui l’aveva
aspettata per quattro anni.
Qualche giorno per lavorare al suo libro, non erano nulla a confronto.
“Davvero sei
d’accordo?”
“Ma certo, basta che tu
scriva il migliore della
saga!” rispose sorridendo comprensiva.
Rick rise e poi aggiunse
“È solo un piccolo stand by,
te lo prometto” le disse lasciandole un dolce bacio sulla
fronte.
Kate apprezzò il gesto
“Stasera però mi chiami per la
buonanotte?” domandò maliziosa, ignara dei reali
pensieri che affollavano la
mente del suo scrittore.
Rientrato in casa si
buttò a capofitto su quei
documenti.
Voleva studiarli. Impararli a
memoria se necessario e
ideare un piano per incastrarlo.
Solo allora ne avrebbe parlato con
Kate. Solo con un
piano d’azione a prova di falla e impossibile da rifiutare
tra le mani. Era
l’unica speranza che aveva per far sì che Kate non
corresse tra le braccia nemiche.
Presentarle un piano che lo inchiodasse definitivamente, senza
scappatoie.
Sentì bussare alla porta
dello studio. Alexis fece
capolino “La cena è pronta”
“Non ho fame, voi
mangiate pure” disse solamente senza
nemmeno alzare la testa dai fogli.
“Ti senti
bene?” chiese preoccupata la figlia.
“Si scusa, sto
riordinando questi appunti di Heat
Broken e non mi va di interrompere… poi perdo il
filo…davvero non ho fame,
tesoro” rispose più benevolo questa volta.
Alexis conosceva suo padre e sapeva
che quando
scriveva non c’era per nessuno.
Chiuse la porta ritornando in
cucina.
Fece più spazio sulla
scrivania e dispose i fogli in
ordine cronologico, divisi in tre colonne.
Una per ognuno dei tre detective.
Si segnò le date e
ricostruì tutti i loro movimenti.
Notò delle telefonate
partite da Montgomery il giorno
della sua morte, probabilmente destinate a Lockwood.
Si rivide in quell’hangar
davanti al Capitano.
‘Castle
portala via!!’
Scosse la testa. Non era il momento
di pensarci.
Doveva restare lucido.
Si accorse che mancavano le
telefonate e il pagamento
del cecchino che aveva sparato a Kate.
Di sicuro l’ordine era
partito dopo la morte di
Montgomery e perciò non figurava tra quei documenti.
Probabilmente era stato quel
bastardo infame in
persona a dare l’ordine.
Ricacciò anche quel
pensiero. Radunò tutti i fogli e
cominciò a farne delle copie, sia cartacee che digitali.
Come egli stesso una volta aveva
detto: le prove di
quel caso tendono a sparire facilmente.
Erano le dieci passate quando Kate
uscì dal ristorante
di Madison.
Vista l’assenza di Rick
ne aveva approfittato per
passare la serata con un’amica, vecchi aneddoti scolastici e
qualche bicchiere
di vino.
Felice per quelle ore in compagnia
salì sul primo taxi
libero che trovò.
Stava per dire
all’autista il suo indirizzo quando
pensò che a soli due isolati Rick stava lavorando al suo
best seller. Forse gli
serviva una pausa?
Controllò il cellulare.
Nessuna chiamata.
Quindi era ancora sveglio. Disse ad
alta voce
l’indirizzo del suo ragazzo sicura che avrebbe sicuramente
apprezzato un bel
bacio della buonanotte anziché la sola telefonata.
Già si pregustava la sua
faccia sorpresa!
Quanto le piaceva lasciarsi andare
così. Lasciarsi
prendere dalla voglia di vederlo senza pensare troppo al poi, al giusto
o
sbagliato.
Quel periodo lontani
l’uno dall’altro le aveva fatto
d’avvero bene. Ora sapeva cosa si provava a stare senza di
lui e non voleva
tornare indietro.
Il tragitto fu breve e piacevole
grazie a quei
pensieri. Pagò l’uomo ed entrò nel
palazzo.
Guardò
l’orologio. Non era eccessivamente tardi.
Sicuramente Martha era ancora
sveglia a ripassare una
parte o a studiare nuovi cocktail.
Fu proprio la donna infatti ad
aprirle la porta.
“Kate, tesoro che
sorpresa!” disse Martha felicissima
“Vieni qui, fatti abbracciare!!”
Kate adorava l’elegante
esuberanza di Martha.
“Salve Martha, spero non
sia troppo tardi”
“Oh, ma che sciocchezze.
Sei sempre stata la benvenuta
in questa casa. Soprattutto adesso..”
Arrossì
all’istante, colpita da quell’affermazione.
“Giusto, lo sai
già, quindi…”
“Tesoro quando tuo figlio
torna a casa camminando a
tre metri da terra cominci a farti qualche domanda!”
spiegò Martha.
Kate rise divertita. Più
o meno era il modo in cui lei
era entrata al distretto quella mattina.
“E comunque ha vuotato il
sacco subito!”
“Sono contenta che ve
l’abbia detto..” disse un po’
titubante.
Martha era palesemente entusiasta
della loro
relazione, ma Alexis? Aveva quasi paura a chiedere.
“Tesoro, non credere che
sia stato chissà quale
fulmine a ciel sereno. Sono quattro anni che io e Alexis aspettiamo
questo
momento”
“Lei è
d’accordo?” domandò speranzosa
“Ma certo che
è d’accordo, Kate, stare con uno
scrittore con la sindrome di Peter Pan ti darà i tuoi bei
grattacapi, non stare
a preoccuparti anche di noi.”
“Grazie Martha”
le sorrise stringendole la mano.
“Su, su, vai a salutarlo.
È barricato nello studio da
tutto il giorno, forse tu riesci a tirarlo fuori da
lì!” le disse
incamminandosi verso la sua camera da letto.
Kate bussò leggermente
alla porta dello studio.
Non ricevette risposta
così, piano, ruoto la maniglia
ed entrò.
“Si
può?” disse prima di vederlo allungato sulla
scrivania. Dormiva profondamente.
Un sorriso dolce le nacque
spontaneo. Com’era tenero e
buffo.
Si avvicinò e
notò che inconsapevolmente sbuffava sui
fogli sparsi.
In effetti guardando la scrivania
potè notare diversi
fogli scritti a computer e molte sue note a mano.
“Una sbirciatina a Heat
Broken che male può fare?”
sussurrò accarezzandogli la testa.
Prese un foglio a caso e scorse le
scritte
velocemente. No, non era una pagina del romanzo quella. Sembrava
piuttosto un
elenco di movimenti bancari.
Lo rimise giù credendo
di avere involontariamente
toccato dei documenti personali di Castle.
Provò con un altro
foglio. Tabulato telefonico.
Restò perplessa qualche
secondo.
Perché sembrava che
Castle stesse lavorando ad un caso
invece che al suo libro?
Prese un altro foglio. Poi un altro
e un altro ancora,
mettendo assieme tutti i pezzi.
Quelle date… quei
nomi…
Tra i fogli che teneva in mano, uno
con una
calligrafia diversa da quella di Rick la incuriosì.
Era una lettera di Montgomery.
La lesse tutta d’un fiato
finchè non riuscì a far
altro che lasciarla cadere a terra per lo shock.
Il nome dell’assassino di
sua madre era lì tra quelle
carte.
E Rick lo sapeva.
Montgomery gli aveva dato il
necessario per chiudere
il caso e fare giustizia per sua madre.
E Rick gliel’aveva
nascosto.
Senza rendersene conto le lacrime
cominciarono a
rigarle il volto e si ricordò perchè aveva
innalzato quel muro. Si ricordò
perché non lasciava entrare nessuno nel suo cuore.
Per non venire più
ferita.
Ignorò l’uomo
ancora addormentato sulla scrivania e
cercò quel nome.
Quel nome che bramava da
più di un decennio.
Che la tormentava notte e giorno
pur non conoscendolo.
Quando ebbe la sua risposta
stentò a crederci.
Le lacrime scesero più
violente e represse con forza
numerosi singhiozzi per non svegliarlo. Sicuramente avrebbe cercato di
giustificarsi. L’avrebbe dissuasa dal fare quello che
aspettava di fare da una
vita.
Lasciò i fogli accanto
lui, guardandolo un’ultima
volta, delusa.
Lui le aveva promesso aiuto, invece
ora la stava solo
ostacolando.
Uscì piano dallo studio
e si incamminò verso la porta.
“Kate vai già
via?” la fermò Martha.
La donna, di spalle, si
asciugò veloce le lacrime
prima di voltarsi e rispondere.
“Si, Martha, Rick e
stanco e anche io..”
Martha si avvicinò a
lei. La luce del soggiorno era
soffusa e non le permetteva di vederla bene in volto “Tesoro
va tutto bene?
Sembri sconvolta! Hai la stessa espressione che aveva Richard questa
mattina!
Kate ascoltò attenta
“Cos’è successo questa
mattina?”
“Oh, un avvocato gli ha
portato dei documenti, Richard
aveva una faccia!”
Capì che era successo
tutto quella mattina quando
l’aveva trascinata nella saletta relax del distretto.
Le aveva mentito e taciuto la
verità.
Poco importava se lo sapeva da un
mese o da un giorno.
“Ora devo proprio andare
Martha, buona notte” le disse,
con un finto sorriso, prima di uscire.
Fece le scale a rotta di colla. La
testa le girava da
morire e le sembrava di svenire da un momento all’altro.
“Signorina si sente
bene?” le domandò il portiere di
notte, una volta arrivata nell’ingresso.
Kate non gli rispose e nemmeno lo
guardò. Corse fuori
tenendosi lo stomaco e solo una volta svoltato l’angolo si
piegò su sé stessa
tossendo e assecondando i conati di vomito che la assalivano.
Si diede una ripulita,
fermò un taxi e si precipitò a
casa a recuperare la sua arma.
Angolo
dell’autrice:
Ed eccoci qui. Il segreto
è stato svelato e il bello è
che Riccardone ancora non lo sa!!!
Povera la mia Kate,
chissà cosa si inventerà Marlow
quando si deciderà a risolvere sto benedetto caso!
Nel frattempo buona lettura e buona
settimana a tutte
xD
Ivi87