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Autore: anonimaG    27/11/2011    4 recensioni
Dal capitolo 11:
Sono sopra di lui e lui mi sta guardando.
Mi leva il ciuffo di capelli da davanti gli occhi e ride.
-Che c’è?-.
-Sei imbranata. Mi piace.
Mi sposto da sopra il suo corpo e rotolo pure io a terra.
Lui si gira verso di me e mi viene sopra.
Gli tocco una guancia e rido.
-Che c’è?
-Mi fai sorridere. Mi piace.
Leggete la mia FF e spero vi piaccia e se recensite per dirmi com'è mi fate anche più felice ^.^
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono seduta al tavolo di mia zia a sorseggiare un tè.
Abbiamo parlato a lungo di mia madre, mio padre e della mia punizione.
-Tua madre esagera sempre troppo e non sopporta le brutte figure, si vede che quando l’ha chiamata il preside si sia arrabbiata per quello-. Mi dice la zia.
-Ah ah ah! Hai rotto il vaso del preside-. Commenta Christian.
-Zitto nanerottolo!
-A chi hai dato del nanerottolo, principessa?
-Non mi chiamare principessa tappo!
-Non mi offendere!
-Tu non mi offendere!
-Io mi stavo riferendo a te!
-Basta ragazzi, si vede proprio che siete cugini-. La zia cerca di calmarci.
-Che ore sono zia?-. Le chiedo visto che non ho il cellulare perché un certo gallo me l’ha rotto.
-Le undici.
-Io vado, forse la nonna mi starà cercando.
Esco dalla porta e mi dirigo verso casa mia.
Mia madre è stata veramente pessima a fare una cosa del genere a sua sorella, chissà se l’amore è così forte e chissà se incontrerò anche io qualcuno per cui impazzirei d’amore.
Continuo a pensare queste cose mentre cammino verso casa, sta volta decido di passare dal campo quindi dovrei arrivare dietro il mini-sgabuzzino se i miei calcoli sono giusti.
Ecco sono arrivata.

Troppa luce non ti piace
godi meglio a farlo al buio sottovoce
graffiando la mia pelle
e mordendomi le labbra
fino a farmi male, bene
senza farmi capire
se per te è più sesso o amore
Poi fuggi, ti vesti, mi confondi
non sai dirmi quando torni
e piangi, non rispondi, sparisci
e ogni quattro mesi torni
Sei pazza di me come io lo son di te…

Questa voce? E’ così bella… Mi piace… Ma di chi sarà?
Decido di rimanere nascosta dietro lo sgabuzzino.
Questa è la mia canzone preferita.
Scorgo un po’ la testa e vedo Cristopher seduto a terra con la chitarra in mano, non lo avevo mai sentito cantare.

Resisti, non mi stanchi
mi conservi sempre dentro ai tuoi ricordi
e poi brilli, non ti spegni
ci graffiamo per non far guarire i segni
e sei pioggia fredda
sei come un temporale di emozioni che poi quando passa…
Lampo, tuono, è passato così poco e son già solo

Già, adoro le parole di questa canzone… L’ho sempre cantata.
Non pensavo che Cristopher fosse così bravo.

Tornerai, tornerai
altroché se tornerai
ma stavolta non ti lascio
ti tengo stretta sul mio petto
poi ti bacio, poi ti graffio
poi ti dico che ti amo e ti proteggo
e poi ti voglio e poi ti prendo
poi ti sento che impazzisci se ti parlo
sottovoce, senza luce
perché solo io lo so come ti piace
e ora dimmi che mi ami
e che stavolta no, non durerà solo fino a domani
Resta qui con me perché son pazzo di t…

Si è bloccato… Perché?
-Puoi uscire da là dietro… E’ stato abbastanza imbarazzante-. Mi dice, ma come ha fatto ad accorgersi di me?
Esco fuori anche io imbarazzata.
-Scu-scusa… E’ che sei bravissimo, non volevo disturbarti.
-Fa niente, io mi imbarazzo a cantare davanti alle persone, credo che nessuno mi ha sentito cantare in tutta la mia vita.
-Stai scherzando? Sei bravissimo!!
Sorride.
-Mi fa piacere che apprezzi.
-A me fa piacere sentirti canta quindi se non ti dispiace, continua.
-No, mi vergogno.
-Daii!!
-Ho detto no-. Posa la chitarra.
Non voglio averlo offeso.
Abbasso la testa e mi siedo a terra.
-Che c’è?-. Mi chiede.
-Ni-niente è solo che sono dipendente dal mio cellulare e quello stupido pollo...
-La città è a pochi minuti da qua, se vuoi domani ti accompagno in un piccolo centro commerciale, ho un motorino, sempre se ti fidi di uno alla guida come me-. Ridiamo.
-Per il mio cellulare rischierei pure…-. Ironizzo.
Ci guardiamo negli occhi e non stacchiamo lo sguardo.
-Christopher…
-Si?
-Giurerei di averti già visto da qualche parte.
-Allora ti ricordi…?
-Co-cosa?
Si siede vicino a me e mi racconta un fatto che mi era successo quando ero piccola, ora mi ricordo.
-Cristopher e quei… Quei ragazzi ce l’hanno ancora con me?
-Credo proprio di si, ma non capisco il perché? Anche ora, quando sei venuta, si sono ricordati di te come “quella riccona di città” e ti hanno preso in giro.
-Cristopher perché non mi ricordavi prima chi eri?
-Perché… E’ una cosa stupida dirti: Ciao ti ricordi di me? Sono quello che quando avevi otto anni ha cercato di consolarti quando ti hanno chiamato caccola.
-Già, ah ah ah! Caccola!
-Vedi per me quelli non sono amici, ma sto con loro solo perché ho paura…
-Paura di cosa?-. Gli chiedo io.
-Di restare solo…-. Lo guardo negli occhi, non mi sento più imbarazzata quando lo guardo o ci parlo:- Scusami è una stupidaggine, lascia perdere questa cazzata.
-Non è una cazzata, anche io ho paura di restare sola…-. Gli confesso.
Lui sgrana gli occhi e mi guarda stupito.
-Bea, ti va di essere mia amica?
-Ma certo, almeno non saremo soli no?-. Gli stringo la mano.
È buffo, il nostro comportamento, sembrava come se fossimo all’asilo e tra due bambini si dicono “vuoi diventare mio amico?”.
   
 
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