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Autore: Sun_    27/11/2011    2 recensioni
«Quale vantaggio avrà l’uomo
se guadagnerà il mondo intero,
e poi perderà la propria anima?»

Niniel Smith non aveva programmato di diventare quello che era: una rockstar drogata e malata di sesso, con problemi esistenziali e infinite contraddizioni. Nessuno aveva mai immaginato che quella bimba dai capelli d’oro –spesso intrecciati in lunghe trecce alla Pippi Calze Lunghe- avrebbe preso quella strada. Nessuno.
A partire dai suoi genitori, divorziati, che l’avevano trascinata a Berlino all’età di sei anni condannandola al suo destino di tossicodipendenza e vuoto per finire ai suoi fans a cui regalava sorrisi così falsi e raccomandazioni ipocrite.
Perché lei era quello: un’ipocrita.
Un’ipocrita e una bugiarda.
A volte, però, la vita da una possibiltà per tornare ad essere quelli di prima.
Genere: Angst, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: AU, Lemon, OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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*

Vier.

Tot

 

*

 

 

Lascia che io guardi nei tuoi occhi
e veda la morte che vi passa attraverso

H.I.M. – The Kiss of Dawn

 

 

 

 

Ci sono momenti, nella vita, in cui ci si sente terribilmente fuori luogo.

Il diasagio striscia incontrollato per la pelle creandoti un senso di freddo e malessere contringendoti ad un forzato mutismo.

Per Nieniel, quelle sensazioni erano amplificate dalla rota che si faceva sempre più vicina e dalla lontananza-vicinanza di quel morettino con i cornrows.

Sedeva, con le gambe divaricate, sul divanetto di tela a quadri di quel garage troppo grande che loro chiamavano “Tana”.

La Tana era il rifugio del gruppo della cugina e dei gemelli composto da gente strana ed estroversa. Quel giorno il garage era spettatore delle gang che venti adolescenti o post adolescenti che si divertinano a sfoggiare la loro sindrome di Peter Pan. Giocavano come bambini in un asilo con la spensieratezza che riempiva i loro occhi quasi di una luce mistica. Una luce che Niniel non aveva mai visto nei suoi amici a Berlino.

Isabel Anderson trotterellò verso il divano schivando Andreas Parker e Gustav Schäfer che si fronteggiavano in una battaglia mortale di “Uno” e si andò a sedere sulle gambe del ragazzo facendolo ridacchiare «C’è spazio!» le fece notare.

Isabel sorrise facendo muovere anche i suoi piercing che costeggiavano le labbra (due sotto e uno sopra) e sbattè le lunga ciglia finte pregne di mascara che adornavano i suoi occhioni turchesi «Sei più comodo».

Quella ragazza, in un certo senso, le stava antipatica.

Era tremendamente strana, con i capelli di due colori –biondo soprea e castano sotto- che le adornavano il viso dai tratti fini ed eleganti. Il fisico filiforme e minuto –simile al suo- coperto da un top biancoa  bretelline che valorizzava la sua terza scarsa e i jeans slavati che andavano a coprire le All-star nere classice. La ragazza –anche ben tatuata sulle spalle e sul collo- era saltata al collo di Tom appena l’aveva visto facendo ribollire, inspiegabilmente, Niniel.

«Lei e Tom sono amici di letto… se capisci cosa intendo» le aveva sussurrato Alina appena aveva intercettato il suo sguardo posarsi sui due. Isabel gli aveva scoccato un bacio sulle labbra.

Oh sì, lei capiva cosa significava “amici di letto”: lei e Kevin avevano iniziato così.

Avevano iniziato dicendosi chiaramente che andare a letto insieme non significava stare insieme. Entrambi cercavano il piacere del rapporto carnale, l’estasi dell’amplesso. Entranbi non conoscevano il significato della parola “monogamia”. Si stancavano dei rapporti fissi, annoiati, alle volte, dalla stessa vita che scorreva placida come un fiume in estate. Entrambi erano convinti di quel compromesso: sesso senza amore, amicizia intima.

Equazione perfetta.

Ma, mentre fissava Isabel posare le labbra su quelle del ragazzo e infilare, languida, la lingua nella sua bocca, Niniel trovò tutto quello squallido.

Squallido come il modo in cui le altre persone li ignoravano.

Isabel allargò le gambe sedendosi, completamente, su di lui. Tom fece scivolare le mani sul suo sedere e lo strinse, con possessione, mentre succhiava, avido, le labbra morbide della ragazza e assoporava la sua lingua piercingata.

Isabel era la sua distrazione, la sua bambola da usare quando sentiva il ricordo scottare come carbone ardente.

Esattamente come in quel momento. Sentiva perfettamente gli occhi di Niniel addosso, li vedeva ardere, stranamente.

Cosa voleva?

La guardò oltre la coltre di capelli dell’amica. Sedeva su una delle poltrone a sacco di Georg, le gambe incrociate, la mano che stringeva la stoffa scura.

I suoi occhi verdi, chiari come il ghiaccio, erano fissi su di lui, grandi e senza epressione. La vide arricciare le labbra con evidente fastidio. La vide voltare la testa proprio mentre i suoi occhi si scontravano contro i suoi. Essere beccatoa  guardarla mentre pomiciava con un’altra non era, di certo, la mossa più azzeccata.

Si sentì una merda… un’infima merda.

Una sensazione che aumentò quando la vide alzarsi, snodare le lunghe gambe pallide e lucide, e camminare, velocemente, verso la porta che dava sul balcone.

Gli occhi di tutti si posarono su di lei mentre apriva la porta finistra con una velata furia e se la richiudeva alle spalle con altrettanta delicata incazzatura.

Anche Bill che giocava alla playstation con Georg.

«Che ha fatto?» domandò il castano mettendo in pausa il gioco. Voltò la testa verso l’amico.

Georg, quella mattina, aveva avuto una mezza paralisi facciale quando Niniel Smith, QUELLA Niniel Smith, aveva varcato la soglia di casa sua con quell’andatura sexy e innocente allo stesso tempo.

Lui che da sempre seguiva i Blood Tears, quasi non poteva crederci. E quel non crederci gli aveva impedito di comportarsi da bravo padrone di casa con lei. Non riusciva a spiccicare parola di fronte a quegli occhi così chiari da sembrare ghiaccio.

Bill scrollò le spalle «Non ne sono certo» disse posando il joysteak atterra. Si alzò dal pavimento su cui era suduto di fretta. Si sistemò i pantaloni e, con insistenza, guardò la porta finestra «Ma centra Tom».

«Che cosa ha combinato?» chiese ancora Georg  fissando l’amico che, ancora sul divano e con Isabel addosso, guardava la porta finestra.

«Cosa non ha fatto da questa mattina» esalò esasperato Bill prendendo a camminare «Si vede che i suoi neuroni hanno deciso di farlo comportare come un perfetto imbecille» asserì «TOM» urlò imperioso.

Il gemello balzò sull’attenti mentre Isabel li guardava senza capire.

«Tu, io, Fuori di qui!» snocciolò con durezza afferrandolo per un braccio «Immediatamente».

Spinse Isabel di un lato –lui e quella ragazza non si erano mai presi tanto da quando aveva iniziato a farsi scopare da Tom- e spinse il gemello ad alzarsi.

«Che cazzo stai facendo?» chise Tom mentre Bill lo spingeva per un braccio.

«Vieni»

«No»

Quella negazione fece voltare Bill. Il suo sguardo si assottigliò di poco, quel tanto che bastava per far degluitire Tom.

Era sull’orlo di una crisi isterica.

«Ho detto…» scandì, imperioso «Di venire con me, immediatamente».

Il suo sguardo prese fuoco.

E quello fu solo l’implicito ordine di seguirlo. Quello esplicito l’aveva preceduto.

 

Le mani avevano iniziato a tremarle.

Afferrò il bordo della ringhiera e guardò il basso. Un senso di vertigine l’avvolse.

Dovette reggersi lo stomaco per non vomitare.

Rota e vertiggini insieme erano un mix micidiale. E quell’altra sensazione che sentiva cos’era?

Ribolliva di rabbia senza saperne il vero motivo.

Ce l’aveva solo con quella ragazza dallo sguardo da cerbiatta.

Infilò una mano nella tasca e cercò quella bustina trasparente che aveva nascosto lì prima di uscire.

Le sarebbe bastato andare in bagno e nessuno avrebbe sospettato niente.

Quando la trovò sorrise rassicurata da quel leggero perso che si nascondeva, perfettamente, nella sua tasca.

La tranquillizzava sapere che quei deficienti di provincia non avrebbero mai capito la differenza dai due spilli che aveva al posto degli occhi quando era “pulita” a quelli che aveva quando si era appena sparata una dose.

Scattò quando la porta finestra si aprì.

Non voltò nemmeno la testa per vedere chi fosse, semplicemente aspetto che si appoggiassero alla ringhiera su cui era stretta lei.

«Perché sei andata via?» era uan voce calda.

Niniel fece scattare lo sguardo e notò gli occhi ambrati di Tom fluire su di lei. Rabbrividì.

«Volevo prendere una boccata d’aria» mentì spudoratamente.

Stava mentendo anche a se stessa in quel momento.

Tom sospirò appena «So di essere stato un po’… ehm… maleducato questa mattina» le disse fissando il vuoto. «Ma tu devi anche capire che in questi anni io non sono riuscito a mandare giù il fatto di essere stato dimenticato così facilmente»

Dimenticato dalla persona che amo, avrebbe voluto aggiungere ma tenne la bocca chiusa. Non sapeva nemmeno lui cosa quella ragazza avrebbe potuto riservarle.

Niniel tenne il capo basso facendo ricadere i lunghi capelli rossi lungo il suo viso. Non voleva fare una risposta a quel ragazzo.

«Sei cambiata così tanto che io non ti riconosco più»

 Niniel fece scattare la testa verso di lui, fissandolo finalmente. I suoi occhi ambrati la guardavano calmi, attenti. «Sei diventata un demone, quando eri un angelo» le confessò «Nei tuoi occhi non vedo altro che morte».

Rabbrividì.

Rabbrividì alla veriticità di quelle parole così ben articolate.

Lei moriva ad ogni dose che si faceva. Lei perdeva un pezzo d’anima cercando di ammazzare un dolore che invece di estinguersi cresceva a dismisura.

Tom sorrise nostalgico «Non sai quante volte ho pensato a che fine avesse fatto quella bambina con le trecce a cui facevo i dispetti»

«Sono qui» mormorò lei.

Tom scosse la testa e la guardò «A dir la verità Niniel, quella bambina è morta, come te».

 

Con un gesto rapido verso il contenuto della bustina sul piano del lavabo.

Aveva bisogno di uccidere il dolore. Le parole di Tom avevano colpito il suo fragile cuore con una cortellata profonda.

Avevano aperto delle nuove ferite nel suo corpo martoriato.

Si guardò intorno e cercò qualcosa di decente per dividere in tre strisce quella polvere infernale del colore della neve. Sconfitta afferrò il manico di un pettinine e, grettamente, divise la cocaina.

Non era il massimo ma, in un posto come quello, non poteva chiedere di meglio.

Si piegò tremolante verso il piano e avvicinò due dita al naso pronta per immettere nel suo corpo la famosa “polverina magica” come la chiamava Kevin.

«Oh, senti, lo so che sei in bagno a sciacquarti le mani ma…»

Nieniel saltò su mentre la porta si spalancava, la paura che fluiva nelle sue ossa. Si girò e notò i visi di Alina e Bill.

La prima entrò come una furia nel bagno e la prese per le spalle, l’altro, come un ladro, sgusciò dentro il bagno e raccolse la “roba”.

«Non buttarla» lo implorò mentre notava la sua “medicina” tra le sue mani. Bill si stava dirigendo verso il water.

«Oh sì che lo fa» le disse Alina bloccandole le mani.

Bill lo fece con tranquillità, versò la sua medicina nel water e tirò l’acqua.

Urlò.

Urlò con tutta l’aria e il dolore che aveva in corpo. Perché lo sapeva, lo sapeva perfettamente. Quando la rota sarebbe arrivata al limite, lei sarebbe scoppiata.

Impazzita.

Alina la spinse contro la vasca da bagno e la infilò all’interno. Bill le scavalcò e aprì l’acqua. Dal sifone uscì un getto d’acqua fredda che la colpì in pieno viso facendola dimenare.

«Calmati» Alina la bloccò «Lo stiamo facendo per il tuo bene».

Lei non credeva a quelle parole. Urlò e le lacrime le impregnarono il viso, urlò e sentì il fiato spezzarsi.

Bill infilò le mani tra i suoi capelli e li massaggiò «Shhh»

«Ridatemela»

«No» negò Bill con dolcezza «Sei a questo punto per quella»

Non voleva ascoltarli.

Non ci riusciva.

Troppe persone le stavano negando la sua unica amica, la soluzione ai suoi pensieri cattivi e imperanti.

Si sentiva scossa dai singhiozzi. Preda di un’isteria inspiegabile.

Smise di dimenarsi quando l’acqua si fece gelida.

«Vi prego… io….» piagnucolò.

Bill le accarezzò la testa mentre Alina chiudeva l’acqua e afferrava un’asciugamano. Con cui lo annodò ai suoi capelli fradici e si alzò «Vado a chiedere ad Isabel dei vestiti puliti»

«No!» esclamò Niniel «Da lei no»

Bill fu più veloce di lei, con un cenno della mano disse ad Alina di proseguire con i suoi intenti e poi si concentrò su di lei.

Il suo viso sformato dal dolore era sporcato dalle lacriem di trucco che piangeva, i capelli appiccicati ai vestiti fradici.

Era uno spettacolo così desolante che si chiese se valesse davvero la pena lottare.

Con la’iuto dell’asciugamano firzionò i suoi capelli mentre lei singhiozzava, soggiogata. Si sentiva quasi una bambina.

«Tom ed Isabel non stanno insieme» le disse all’improvviso «Lui cerca solo un passatempo e lei è un po’ troia quindi si sono ben capiti da soli»

«Non mi interessa» singhiozzò lei.

Bill poggiò l’asciugamano atterra «Sì che ti interessa, come interessa il fatto che lui non ti si caghi di striscio» apostrofò con scarsa delicatezza «Niniel, forse a Berlino la gente ti bacia i piedi, ma qui non è così» spiegò «Tom è stato male per quello che, incosciamente, tu gli hai fatto»

«Io non…»

«Non è vero, lo sai» la rimbeccò Bill «Tom non ti odia se è questo che pensi, ma permettergli di esserci rimasto male per come ci hai dimenticati»

Annuì mentre lo guardava negli occhi ambrati.

Si stava sentendo un mostro.

Bill le accarezzò il viso con una dolcezza che pochi avevano usato con lei. Chiuse gli occhi.

«Nemmeno io ti odio Nina» le disse chiamandola con il nome di quando era bambina «Voglio solo riscoprire quella bambina che mi ha abbandonato».

Lo gaurdò negli occhi e capì che con lui non sarebbe mai finita.

«Ti aiuterò a non tornare nell’inferno» le promise.

Non sapeva che le promesse non posso essere mantenute se trppo pretenziose.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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