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Autore: mavi    20/07/2006    9 recensioni
Aprì con sforzo gli occhi appannati e lo guardò.
“Ora, cosa vuoi da me, Draco?”
La sua voce era un sussurro bassissimo e, se nella grotta non ci fosse stato silenzio, non l’avrebbe mai potuto sentire.
“Lo sai, Pansy.”
“Già…” uno spasmo la bloccò e dovette chiudere violentemente gli occhi.
Genere: Triste, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Pansy Parkinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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20 Gennaio 1998

20 Gennaio 1998.

Tre anni erano passati da quando la Seconda Guerra Magica aveva avuto inizio. Il mondo della magia era scosso da battaglie furenti che, quasi ogni giorno, si combattevano.

Mangiamorte da un lato, Auror e Ordine della Fenice dall’altro.

La Guerra era ormai agli sgoccioli, e questo apparve chiaro a tutti. Le perdite avute avevano indebolito molto sia una che l’altra fazione. Tuttavia un vincitore non vi era ancora stato. Nessuno aveva superato a tal punto l’altro da potersi vantare di questa nomina.

La paura aveva sostituito l’allegria. Il terrore era l’unico protagonista di ogni sguardo, di ogni parola, di ogni pensiero.

L’Ordine della Fenice era stato colpito, sfoltito e pesantemente ammaccato, ma resisteva.

Il Ministero era stato impoverito e non si dimostrò più in grado di fornire delle basi d’appoggio stabili, ermeticamente sicure e ben attrezzate, ai suoi soldati.

Anche Grimmuald Place era stato attaccato ed in seguito fatto saltare in aria, il Custode Segreto aveva parlato. Il Custode Segreto era stato fatto parlare sotto tortura, e poi sotto Veritaserum. Il Custode Segreto era stato ucciso. Arthur Weasley, che aveva preso il posto di Albus Silente dopo quella notte di tre anni prima, era stato ucciso.

Così l’Ordine della Fenice, negli ultimi giorni di quella guerra, si era riparato in una grotta. Sì, proprio una di quelle antiche grotte che, tempo fa, furono le case degli uomini.

Le battaglie si erano tutte sposate tra le campagne, nei luoghi deserti.

Quei posti pullulavano di basi segrete, di nascondigli, di Mangiamorte e di Auror, acquattati dietro a muri, alberi, o nascosti nelle case diroccate, pronti a colpire. Giorno e notte, la situazione non cambiava.

Il Ragazzo-Che-E’-Sopravvissuto combatteva fianco a fianco con l’Ordine, accompagnato da Ronald Weasley ed Hermione Granger. Nessuno scontro eclatante, nessuna battaglia decisiva tra Harry Potter e Lord Voldemort era ancora avvenuta…

Ma tutte le carte erano state scoperte. Non c’era più spazio per i giochi di ruoli, per le indecisioni e per i dubbi. Dopo la scandalosa e, quanto mai, equivoca notte sulla Torre d’astronomia, nel castello di Hogwarts, Severus Piton era ritornato a fare parte dell’Ordine della Fenice.

Quando i piani furono svelati, quando i Voti Infrangibili furono rispettati, nessuno ebbe da obbiettare niente.

L’incline membro dell’Ordine alla magia nera, portò con sé qualcuno. Qualcuno non troppo convinto di voler stare da “quella parte”, ma fin troppo sicuro di non voler patteggiare per l’altra.

Draco Malfoy era da tre anni in stretto contatto con l’Ordine, non un membro ufficiale…ma un fidato collaboratore. L’esperienza di quella guerra l’aveva convinto che ciò che aveva fatto era la scelta giusta e, a diciannove anni, è importane saper distinguere il giusto dal sbagliato.

Aveva capito di non esser capace di scagliare quell'Anatema, aveva capito di non esser capace di strappare la vita ad una persona.

L’Avada Kedavra sarebbe stata la Maledizione che più di tutte avrebbe ricordato, in teoria, ma quella che mai avrebbe usato, in pratica.

La grotta-base era stata attrezzata alla meglio, con gli oggetti magici. Come le Tende Da Campeggio Magiche, quando si era all’interno di quelle pareti, di tutto ci si potrebbe aspettare, ma non di essere tra pietre millenarie e in una stanza da non più di cinque metri di diametro circolare.

Solo il corridoio d’ingresso, profondo circa tre metri, che veniva chiuso da una enorme pietra spostata tramite la magia, era spoglio, grigio e per nulla modificato.

L’enorme pietra fu spostata e, stanchi, feriti e trafelati, fecero il loro ingresso Ninfadora Tonks, Remus Lupin, Malocchio Moody e a seguire, i tre diciannovenni dal impavido coraggio.

Un’altra delle tante battaglie era stata appena conclusa e per fortuna, quella sera, chi era andato… era anche tornato.

Attraversarono di corsa il corridoio in pietra e si gettarono sui divani o sulle coperte a terra, chi tenendosi il braccio ferito, chi stringendo i denti per il dolore, chi asciugando sangue dal proprio viso.

Molly Weasley, subito preparò bacchetta e medicinali.

Nessuno però, in tutto quel trambusto, aveva notato l’ultima figura entrata. Solitaria e completamente distaccata dal resto del gruppo.

Silenziosa la pietra si era richiusa alla sue spalle e, tenendo tra la braccia un’altra, esile, figura, si era fermata all’ingresso della grotta.

Harry Potter, un braccio sanguinante, si era guardato in torno per accertarsi che tutti fossero rientrati, e allora vide. Subito scattò in piedi e sovrastò le voci doloranti e frenetiche.

“Malfoy! Chi hai portato? Sei impazzito?!”

Subito tutti tacquero e si voltarono a guardare Draco Malfoy che, infondo al corridoio, riponeva a terra un corpo sottile e tremante. Il corpo di una donna, senza dubbio.

Intanto bisbigli di disapprovazione salivano dalla piccola folla riunita, e sguardi preoccupati venivano rapidamente scambiati tra i membri più anziani.

Draco non diede minimamente ascolto a ciò che dicevano, né tanto meno si prese la briga di dare spiegazioni. Non era uno stupido, sapeva quel che faceva.

Sentì il passo silenzioso e cadenzato di Piton avvicinarsi.

“Draco…”

Non andò oltre. Vide una tunica nera, vide chi era disteso davanti a lui e, silenziosamente come era venuto, tornò indietro.

Draco guardò la ragazza, l’aveva vista tra quelle decine di corpi ammucchiati.

Osservava quei volti e, ogni due persone, poteva saper dire nome e cognome del Mangiamorte che, privo di vita, giaceva di fronte a lui. Molta di quella gente l’aveva vista e salutata, per anni, la mattina ad Hogwarts, a colazione.

Anche lei aveva creduto morta, in un primo momento, ma poi aveva aperto gli occhi.

I capelli neri erano sparsi disordinatamente sotto il suo capo. Si confondevano con quella tunica malridotta, dello stesso colore.

Aveva gli occhi socchiusi, tremava. Le sottili labbra prendevano e buttavano fuori aria con un bisogno disperato. Sotto di lei una macchia scura, la stessa che aveva imbrattato i suoi vestiti, si allargava sempre di più.

Aprì con sforzo gli occhi appannati e lo guardò.

“Ora, cosa vuoi da me, Draco?”

La sua voce era un sussurro bassissimo e, se nella grotta non ci fosse stato silenzio, non l’avrebbe mai potuto sentire. Aveva parlato quasi sorridendo, non con astio. Non come un Mangiamorte che è stato appena portato via da un nemico, per un interrogatorio.

Anche Draco parlò a bassa voce, non voleva che gli altri sentissero. Così, in ginocchio davanti a lei, si piegò un po’ più in avanti.

“Lo sai, Pansy.”

“Già…” uno spasmo la bloccò e dovette chiudere violentemente gli occhi. Poi continuò a parlare.

“Sarebbe troppo… aspettarsi da te… un qualcosa di romantico… come…”

Le posò delicatamente un dito sulle labbra.

Vide la sua mano andare a premere contro la ferita, sul fianco destro del torace, dove il vestito nero era brutalmente strappato.

“Risparmia il fiato…”

La ragazza sorrise amaramente sotto la pressione del suo indice.

Delicatamente spostò la mano e vide Pansy prendere un grosso respiro. Ancora con gli occhi chiusi, iniziò a parlare.

“E va bene, Draco. Il Signore Oscuro… teme… Molti…molti Mangiamorte sono stati uccisi, troppi… si sta indebolendo… ma voi… resistete…oh Merlino non ci posso crede…” un attaccò di tosse la fece voltare dall’altra parte. Una tosse che macchiò il suo palmo di sangue.

Si ristese a terra, aiutata da lui, e continuò.

“Tu…” scosse debolmente la testa.

“Tu uno di loro… un Auror.”

“Io non sono un Auror” disse in tono piatto.

“Forse non hai il distintivo ma…” non continuò. Respirò di nuovo profondamente.

Si sentirono dei piccoli passi avvicinarsi e dopo poco, Molly Weasley, con un asciugamano bianco tra le mani, apparve sotto i loro occhi. La donna lanciò uno sguardo di apprensione a Pansy e poi si rivolse al ragazzo.

“Forse potrebbe essere curata prima…”

“No, non servono le cure. Non ci sarebbe comunque niente da fare” rispose senza indugiare nemmeno su di una parola.

Molly guardò un’ultima volta la ragazza e poi andò via.

“Sei sempre molto confortante e… pieno di tatto…”
“Pansy…” le disse con tono basso e d’intesa.

“Sì, sì, va bene. Non perdo… altro tempo. I Mangiamorte sono pochi… pochissimi, Draco. Per quanto abbiamo cercato… di… di nasconderlo… siamo pochi e… deboli. I più forti sono stati… mandati per primi e… sono morti.”

Fece una pausa per riprender fiato.

“Potete farcela, se non… se non vi arrendete adesso… potete. Guarda quanto mi fai soffrire… anche… da mezza morta…”

Un altro suo sguardo ammonitore le fece capire che era ora di smettere di scherzare. Due perle argentate comparvero sulle estremità dei suoi occhi e, piano, scesero verso il basso. Tracciando sentieri di dolore sulla sua pelle.

“C’è una cosa… che ho trovato… strana. Il Signore Oscuro ha… ha parlato di oggetti distrutti… era adirato perché… perché questo non sarebbe… dovuto accadere.”

Draco annuì, aveva saputo anche lui degli Horcrux. Potter era riuscito a distruggerli.

“Vedo… che sai… a noi non ha spiegato…” strinse gli occhi per una fitta di dolore improvvisa.

“Comunque… se volete riuscire… dovete attaccarlo ora… non… perdete tempo. Lui teme… teme proprio questo… non sarebbe pronto a… tener testa a tanti Auror…e a Potter. Io so… dove lui… dove lui si trova...”

“Quando lo dirai, morirai all’istante. Giusto?”

“Sì… sono dei vincoli… efficaci. Ma ormai ci sono, quindi…”

Prese un altro respiro e poi tornò a guardarlo.

“Beh… complimenti Draco…hai… hai sempre saputo da che parte stare… sei stato bravo e… furbo. Ti sei allontanato… in tempo… hai capito… non…non come noi.”

Questa volta non la interruppe, restò semplicemente ad ascoltarla. A vederla soffrire per ogni fitta, a stringere gli occhi e la presa sulla ferita, a vederla morire.

Perché ormai era tardi, e lo sapevano entrambi. Aveva perso troppo sangue, la ferita era troppo profonda. La sua tosse era scarlatta, e questo voleva dire che anche i polmoni erano stati danneggiati…

Pansy era stata la sua prima vera e propria ragazza. Pansy era la sua compagna di Hogwarts. Pansy e gli altri… alla fine si era legato in qualche modo a loro. Non sapeva come spiegarlo ma sentiva che era così, pur contro il suo volere…

Quando aveva visto il suo nome sulla lista dei Mangiamorte accertati, aveva sgranato gli occhi. Non lei, non quella Pansy Parkinson.

Lei aveva altri progetti per il suo futuro, lei non voleva diventare una Mangiamorte.

Questa era una delle cose che aveva sempre saputo di Pansy. Lei voleva avere una vita piena di lussi, voleva viaggiare, voleva divertirsi e, alla fine, anche sposarsi e avere un bambino a cui lasciare la sua eredità.

E allora perché? Perché l’aveva fatto? Piton gli aveva risposto che, non sempre, quello che si fa è ciò che si desidera fare.

Aveva pensato ad un Imperius, ma subito dopo aveva ricordato che vi era un modo molto meno dispendioso d’energie per persuadere qualcuno a fare qualcosa.

Le minacce erano senz’altro la maniera più efficace, quelle di morte lo erano indubbiamente. E questo lui lo sapeva bene…

“Sono stato fortunato…” rispose dopo qualche secondo di silenzio.

“E’ vero… anche…”

Restò ad ascoltare il suo respiro affannato. Passò lo sguardo sul suo corpo, la scrutò attentamente. Era dimagrita, un po’ più deperita da come la ricordava… ma sempre lei. Nessun cambiamento evidente. Anche nel suo modo di fare, di parlare. Non la smetteva mai di fargli capire che era davvero persa di lui…

“Guarda quanto mi fai soffrire… anche… da mezza morta…”

Era caparbia, era audace, furba e ostinata. Era ambiziosa, e avrebbe fatto di tutto per raggiungere il suo obbiettivo. Era una Serpeverde, vestiva verde-argento, proprio come lui.

Pansy lo guardò negli occhi un’altra volta. E Draco vide nelle iridi scure della ragazza, qualcosa che assomigliava molto al dolore, alla disperazione.

“Sono morti… sono morti tutti, Draco. Blaise, Vincent, Gregory… uno a uno… con questo vestito nero… addosso… io… li ho visti morire…”

Continuò a guardarla e a non dire niente, non faceva trapelare alcuna emozione.

Erano morti, se prima i suoi erano solo sospetti… ora ne aveva la certezza. I suoi amici erano morti.

Amici… Li aveva davvero chiamati così? Era la prima volta che pensava a loro in quella maniera…

“Prima Vicent… un Auror… è stato… sai… lui …lui è stato ucciso da un Avada Kedavra… non ho potuto parlargli prima che... lasciasse questo mondo… ma… ma lui una volta… ad Hogwarts… mi disse che… prima di morire… avrebbe voluto mangiare un’ultima volta… la torta con la Melassa… della scuola. Me lo ricordo… perché… perché rimasi … sconcertata da quanta… stupidità… potesse contenere… una persona... Ma era lui… ”

Rise, come meglio riusciva  farlo, inclinando il capo all’indietro. Anche Draco sorrise, era Vincent Tiger… non ci si poteva aspettare altro.

Morto per mano di un Auror, la situazione era scappata di mano anche al Ministero. Proprio come, ormai, diciassette anni fa.

Come nella Prima Guerra Magica, era divenuto difficile, talvolta, distinguere i seguaci dell’Oscuro dai valorosi guerrieri della pace.

“Quando è morto… Vincent… ho capito che… che questa guerra… non… avrebbe risparmiato proprio… nessuno… infatti…”

Draco sospirò, chiudendo per un attimo gli occhi.

“Poi… poi c’è stato Blaise… Lui è morto come me, tra poco… ferito… Nessun Mangiamorte si è preso la briga di… guarirlo… Lui però… lui ha detto a me i suoi ultimi pensieri. Mi ha detto che… che è sempre stato un po’… invidioso di te… che tu… tu riuscivi sempre ad aver la meglio su tutti… noi… Tu… tu avevi Piton che… che era sempre dalla tua… Tu… avevi tuo padre… che… sempre ti proteggeva e … e ti prestava un sacco di attenzioni… e lo sai, Draco… che Balise non aveva un padre… in più tu… ti eri salvato… lui moriva di notte e tu… tu dormivi comodamente da qualche parte… protetto dall’Ordine…”

Calde lacrime amare presero a scendere dai suoi occhi mentre pronunciava quelle parole  frantumate ed interrotte dai singhiozzi, dai dolorosi silenzi. Questa volta nella sua voce c’era più accanimento, più rabbia…

Stava aprendo bocca per dire qualcosa, non sapeva nemmeno lui cosa, ma non lo fece parlare.

“E dopo Blaise, Gregory… E’ morto… dopo poco aver ricevuto… una Cruciatus, violentissima. Mi guardava negli occhi… quando è morto… con quegli occhi… da … da cucciolo…” quasi rise pronunciando quelle parole. Gregory Goyle era più una bestia che un cucciolo, ma in quel momento…

“Anche lui… mi ha parlato di un… dolce… l’aveva assaggiato non so dove… ma le ultime cose che ha… detto… sono state… sono state proprio su di te… neanche lui… riteneva giusto che… te ne fossi andato… così… senza più farti sentire… nemmeno un gufo! Nemmeno uno… ti… ti sarebbe costato molto? … Lui… lui ha detto… che te ne sei andato… e… hai lasciato lui e … Vincent da soli… Sai che dipendevano da te… Dovevi vederli…” sorrise tristemente, ma il suo era anche un sorriso dolce.

“Anche Vincent… aveva qualcosa da… dirti… se mai ti avesse rivisto… A lui… non è mai… andato giù… quello che… quello che hai fatto fare loro… al sesto anno… Farli trasformare in ragazze… Draco!”

Accennò ad un piccolo ghigno divertito, in risposta.

“Un'esperienza nuova…”

“Un'esperienza… nuova… certo… Tu l’avresti fatta… questa esperienza… nuova…?”

Gli occhi di Pansy si abbassavano sempre di più, guardava la parete dritta di fronte a sé. Ad un tratto sentì la sua mano stringere la propria.

“Sei freddo come al solito… stai proprio bene… allora…”

“Anche tu sei fredda…”

Ma lei non stava bene.

Non aveva voluto lasciarla morire là, tra tutti quei corpi. L’aveva portata via, si sarebbe assicurato che fosse seppellita nella sua tomba, accanto ai suoi genitori. I Parkinson erano morti l’anno prima.

I suoi amici ce l’avevano con lui. Erano morti provando rabbia, verso di lui. Pansy glielo stava accuratamente rinfacciando, si vedeva che ci teneva.

Si erano sentiti traditi, proprio dal loro “capo”. Quello che più di tutti aspirava a diventare un Mangiamorte.

Lui era stato, comunque, uno tra i loro ultimi pensieri prima di morire. Significava qualcosa, questo?

“Ma sai… Draco… anche se ce l’avevano con te… loro… oserei dire… che ti… volessero bene…” stava sorridendo ma un altro, violento, attacco di tosse cancellò quel sorriso dalle sue labbra.

“Parlavano  di te… con una strana luce… negli occhi… Tu sai… benissimo… cosa io provi per te… non ho rimpianti… su questo… Io ho fatto di tutto… per fartelo capire… e tu hai fatto… di tutto… per farmi capire che… non te ne è mai fregato niente, di me…” un altro sguardo amaro, accompagnato dallo stringere della debole presa sulla sua mano.

Quando sentì quelle parole, non seppe perché, ma qualcosa si mosse dentro di lui. Stava per dirle che non era vero, ma riuscì a trattenersi. Però fece un gesto che lasciò meravigliata anche lei. Sostenne lui la sua mano e la strine forte, chinando di poco il capo e guardando per terra. Vide sangue, sempre di più.

Poco dopo tornò a guardarla, Pansy stava sorridendo.

“Questo mi basta… Ora, come hanno fatto gli altri… con me… voglio dirti io… i miei ultimi pensieri…”

“E io, a chi li dirò…? Il cerchio si chiude qui… non c’è più nessuno…” sussurrò.

“Beh… spero che tu non dovrai… dirli a nessuno… non in questa guerra… Non morire Draco, almeno tu… di noi tutti… Sei riuscito a resistere sino ad adesso… Sconfiggetelo…”

Si mosse, stringendo forte i denti, e poi lasciò ricadere la mano che teneva  sulla ferita a terra. La pelle bianca si ricoprì di sangue e lui strinse più forte la sua mano.

“Pansy?”

“Sai… quello che dovrei… dirti, in fondo…”

Ora le costava ancora più fatica parlare.

“Sai quello che penso di te… non ho altro… da aggiungere, ripensandoci… Ora… è a Nord… il luogo dove… dove Lui dimora è… un piccolo paese… in una... una sorta di base sotterranea… è a Little Hangleton.”

Subito la sua voce sfumò. Gli occhi scuri divennero vuoti, ancora fissi sui suoi. Il respiro irregolare si fermò.

Con una morsa la cuore, che non aveva mai provato prima, le chiuse gli occhi. Le strinse ancora una volta la mano, poi la posò delicatamente a terra.

La guardò un’ultima volta.

Distesa a terra davanti a lui, in una pozza di sangue. Il suo sangue.

La testa voltata, ora, su di un lato. Gli occhi chiusi. Il dolore sofferto ancora presente nei lineamenti del suo volto.

Pansy Parkinson era morta. Tutti i suoi compagni, amici, Serpeverde erano morti.

Segno che le cose erano cambiate, che per lui più niente sarebbe stato come una volta. Quando, ad Hogwarts, si divertiva con loro a prendere in giro i Grifondoro o ad organizzare qualche brutto scherzo.

Respirò profondamente, poi, con un movimento della bacchetta fece apparire pergamena e penna.

Iniziò a scrivere velocemente, le sue mani erano ancora sporche di sangue e il foglio venne macchiato in parti disuguali.

Arrotolò la pergamena. Ma prima di andar via, l’istinto lo portò a compiere un gesto forse stupido, ma che sentiva il bisogno di fare.

Con le dita sfiorò le labbra sottili, che conosceva tanto bene, e che ora erano secche.

Voltò le spalle a quel corpo ormai senza vita, con cui avrebbe fatto volentieri l’amore un’ultima volta,  e si diresse a testa alta verso il cuore della grotta.

Tutti lo attendevano bisbigliando. C’era chi gli lanciava sguardi di disapprovazione, chi di diffidenza, ma non gli importava. Arrivato, gettò non curante il foglio su di un tavolino al centro della sala e proseguì andando più in fondo. Verso il suo letto.

Non aveva voglia di parlare.

Harry Potter prese la pergamena, la srotolò e lesse.

Base sotterranea, a Nord, Little Hangleton.

 

  
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