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Autore: Nereisi    28/11/2011    4 recensioni
Un passato condiviso, un segreto inconfessabile, due vite che finalmente torneranno a incrociarsi.
Riuscirà l'amore tra Misa e Usui a vincere, o il passato di lui getterà un'ulteriore ombra sulla loro storia? Chi ordisce in segreto contro i due?
Riusciranno a stare insieme?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Misaki Ayuzawa, Nuovo personaggio, Takumi Usui
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Spazio Autrice

Chiedo perdono per il mega ritardo con cui ho aggiornato questa volta! Colpa d un virus che mi ha visto costretta a mandare il mio amato computer a riparare…
Prima di buttarvi a capofitto nel capitolo più atteso della storia, volevo dirvi che ho deciso di mandare avanti la storia.
 
L’amore trionfa sempre!
Ora che sono al liceo, spero che questo accada anche per me!
ma a voi non importa, giusto? Giusto.
*animelover è solo una macchina per fanfic*
 
Ocio, che dove ci sono i tratteggi, cambia il narratore!!!!
 
Inoltre, volevo ringraziarvi per le recensioni alle mie neonate fanfiction, che hanno ricevuto un sacco di voti positivi e di visite (sempre gradite).
Baci e abbracci a tutti gli accaniti lettori di questa fic! ( devo salutarvi uno per uno? )
                         animelover
 
 
profumo di verità
 
Era quasi sera.
Usui aveva camminato per tutto il tempo, portandomi sulle spalle, mentre io ero caduta in un sonno profondo. Mi sentivo protetta, al sicuro. Strinsi impercettibilmente la presa sulla sua maglietta, sperando che lui non se ne accorgesse e non si montasse la testa. Troppo tardi: sentivo che la pelle si tirava in un sorriso di vittoria.
Volevo digli di non fare lo sbruffone, ma l’atmosfera era così magica che non mi andava di rovinarla.
Nell’inconscio, mi sembrava che ci fosse qualcosa di familiare in tutto ciò. Ma forse era solo una mia impressione.
 
Cammina cammina, arrivammo ad una casupola diroccata…. La mia.
Arrossii d’istinto, imbarazzata.
Di solito non stavo a guardare “ l’esteriore “, ma questa era la prima volta che un ragazzo veniva a casa mia. (nda: sicura?)
In più, Usui non sapeva come entrare a casa mia.
Provai a parlare, ma dalla mia gola non uscì alcun suono, solo un sospiro.
 
Accidenti! Ora come faccio a dirgli che la chiave è sotto il vaso da fiori finti?
 
All’inizio mi ero addormentata solo perché questa dolce sensazione e il sollievo dopo il pericolo se ne era andato, ma ora avevo una vera spossatezza addosso.
Cercavo di tenere gli occhi semiaperti, ma in questa guerra vinsero le mie palpebre pesanti.
Sentivo il suo corpo muoversi, ma ero troppo stanca per guardare cosa stava combinando. Sperando che non scassinasse o rompesse nulla, mi congedai per un po’ dal mondo degli esseri senzienti per quello di Morfeo.
In quel momento non mi chiesi come faceva Usui a conoscere il posto dove vivevo.
 
-         - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
I miei passi si fermarono davanti ad una casa. O meglio: la casa.
Mi scappò un sorriso. Tale e quale a quella di otto anni fa.
Voltai la testa. Eccolo. Era impolverato e arrugginito, ma era sempre lui.
Lo scivolo giallo e rosso che assomigliava ad un mini castello.
 
*FLASHBACK*
 
- scendi, vado prima io! –
-         vediamo chi arriva prima! –
-         no, io sono una bambina! –
-         e allora? –
-         in un castello, il galateo dice che i cavalieri nobili e coraggiosi debbano sempre far passare per prime le principesse e salvarle sempre. Quindi, se tu sei il mio cavaliere, io sono la tua principessa. -
-         Agli ordini, principessa! –
 
*FINE FLASHBACK*
 
Detti uno sguardo alla creaturina aggrappata alle mie spalle.
 
Si addormenta sempre quando si sente al sicuro. Proprio come allora.
 
Girò la testa dall’altra parte. Sembrava così indifesa…
 
Vediamo se funziona ancora…
 
Iniziai a dondolarmi sul posto, canticchiando a mezza voce una ninna nanna.
Un gorgoglio nacque dalle sue corde vocali e divenne sempre più forte.
Frrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrr…..
 
Sorrisi.
 
Fa le fusa. Non è cresciuta per niente. E se è rimasta così, le chiavi sono…
 
A colpo sicuro individuai un vaso di tulipani finti. Con una manovra un po’ azzardata, ressi Misa con una mano sola e con l’altra alzai il vaso.
 
Trovate.
 
Le infilai nella toppa e girai la chiave per due volte a sinistra, mentre il pomello una volta a destra. Quella casa era sempre uguale. Tutte le volti che entravi, sembrava di dover aprire una cassaforte.
 
Sullo stipite erano incise le tacche dell’altezza sue e di sua sorella.
Raggiunto il salotto, la distesi su un divano e mi accapigliai con un mobile recidivo che non ne voleva sapere di cedermi una coperta.
Dopo aver vinto il round, gliela misi addosso. Infine, mi avviai in cucina per preparargli una camomilla “con poco zucchero” come piace a lei.
 
Cercai per la cucina gli ingredienti, le tazzine e la teiera.
Mentre mi apprestavo a mettere il bollitore sul fornello a gas, il telefono squillò.
 
Che fare? Quando Misa si addormenta non la sveglia nemmeno un bulldozzer.. mi sa che devo rispondere per forza.
 
-         pronto? – dissi alzando la cornetta
-         ..pronto? scusi, non vorrei aver sbagliato numero… lei non è mia figlia, vero? –
-         No – dissi sorridendo – ma in un certo senso ha ragione. Lei è sua madre, vero? La mamma di Misa-chan. –
-         ….lei chi è? che cosa ci fa a casa mia? –
-         Ah, mi scusi, è vero. Sono un compagno di classe di sua figlia, si è trovata in difficoltà e ora l’ho accompagnata a casa. In questo momento sta dormendo, ma se vuole la sveglio. –
 
Dal telefono uscì una risata
 
-         credo che farai molta fatica ragazzo! Comunque sembri una persona perbene. Come ti chiami? –
-         Usui. –
-         mmm… mi ricorda qualcosa…- ci fu un attimo di silenzio - … bene, puoi riferire a mia figlia questo messaggio?  Dille che io e sua sorella torneremo a casa tra due giorni. –
-         posso sapere il motivo? –
-         vedi, devi sapere che sua sorella è appassionata di concorsi. Stavolta ne ha vinto uno che come premio dava l’ingresso gratis per due persone allo zoo. –
-         ok. Glielo dirò. –
-         va bene, grazie per tutto quello che hai fatto per mia figlia. Comunque… sei sicuro che non ci conosciamo? Ho come.. un qualcosa nella mia mente che mi dice che ti conosco. –
 
 
silenzio. Sospiro. Sorriso.
 
-         no, signora. L’ho conosciuta in questo preciso istante. –
-         mmm…. Ok… dà a Misa un abbraccio da parte nostra e salutacela, mi raccomando. –
-         sarà fatto. –
 
tuuu-tuuu-tuuu.
 
-         bene….. e adesso chi glielo dice? –
 
 
-         - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
 
Un odore dolce e speziato mi solleticò le narici.
Una mano mi spostò i capelli dal viso, per poi scendere prima verso il mio collo e poi sulla mia spalla, scuotendomi delicatamente. Era troppo grande per essere la mano di mia mamma. Callosa e rude, ma piacevole al tatto. Mi svegliai lentamente sotto il tocco delle carezze di quel palmo familiare e sconosciuto allo stesso tempo.
Aprii lentamente gli occhi e nel mio campo visivo intercettai subito l’angelo di poche ore fa.  Solo che stavolta non scomparì.
 
-         buongiorno principessa – disse Usui appoggiando una camomilla fumante sul tavolino. Le mie labbra si stirarono in un sorriso.
-         Ciao. –
 
Mi tirai su a sedere sul divano e lui si lasciò cadere di fianco a me. Solo mentre portavo la tazza alle labbra, notai quel particolare.
 
-         Usui… sai che tra tutte sei riuscito a prendere proprio la mia tazza? –
-         Mmm… - fece lui. Non mi stava ascoltando. Giocava distrattamente con i miei capelli. Io lo lasciavo fare, anche se ero un po’ imbarazzata. Ormai avevo deciso di fidarmi di lui.
 
Però è strano… mia sorella dice sempre che la mia tazza sembra un bicchiere… come avrà fatto a indovinare?
 
Ci rimuginai su per qualche secondo.
 
Mah, avrà avuto fortuna.
 
-         che buona questa camomilla! Proprio come piace a me! –
-         mmm… -
 
c’era qualcosa che non andava. Non mi guardava negli occhi, era pensieroso. E rispondeva mugugnando.
 
-         Usui… cos’hai? – staccò lo sguardo fisso sui miei capelli e puntò gli occhi dentro ai miei, trafiggendomi con lo sguardo.
-         Mentre dormivi…. Ha chiamato tua madre. –
 
Il mio cuore perse un battito.
 
-  non le hai detto quello che mi è successo, vero? Non voglio che si preoccupi inutilmente… ha già troppe cose a cui pensare, non voglio che sappia che sua
Figlia si è quasi rotta l’osso del collo! –
-         tranquilla, non le ho detto niente. Però ha detto…. – esitò per un attimo – ha detto che tua sorella ha vinto un qualche concorso e che torneranno a casa tra due giorni. - completò, tenendo lo sguardo basso.
-         …. – tirai un sospiro di sollievo
-         Meno male! Dalla tua faccia mi ero aspettata chissà che cosa! –
-         Ma non hai paura? –
-         No, anzi, sono felice per loro! Un giorno o l’altro dorò chiedere ad Azuna di vincere una casa nuova…. –
-         Perché? A me pare molto bella. Anche se un po’… come dire…antica? – azzardò.
-         Io direi che è più una trappola mortale! A proposito… sei già stato gambizzato dalle assi in entrata? – chiesi, spettandomi una risposta affermativa.
-         No, sono riuscito a evitarle tutte! – mi rispose, con un sorriso che andava da un orecchio all’altro.
-         Rispondimi seriamente…. Hai qualche potere paranormale? Persino io, che ci abito, ogni tanto ci cado dentro! Che strano…. È come se conoscessi a menadito casa mia…. Buffo, non trovi? –
 
Respiro spezzato, seguito da colpi di tosse.
 
-         ma che dici?come potrei? –
-         hai ragione, scusami. –
mentre finivo di sorseggiare la camomilla, Usui gettò uno sguardo all’oroogio.
 
-         è tardi, io vado. – disse, alzandosi.
-         Ma è buio! E poi… -
 
Un rumore fortissimo mi interruppe e una luce bianca illuminò per un attimo il salotto.
Il grido che proruppe dalle mie labbra e la forza con cui mi aggrappai al suo braccio costrinsero Usui a fermarsi.
Mi accorsi di quello che avevo fatto e gli lasciai la manica, imbarazzata, simulando un sorriso.
 
-         ah…ehm…scusa, non è niente, vai pur… -
 
un altro rombo mi interruppe.
Un mugolio di paura riuscì a uscire dalla mia bocca, anche se cercavo di non dare a vedere che ero terrorizzata. Mi nascosi il viso dietro alle mano.
 
Che vergogna! Proprio davanti a lui! E dire che ormai sono una donna adulta… ho ancora paura di cose come questa!
 
 
…..ma che…?
 
Sentii un corpo scivolare tra me e il tessuto spugnoso del divanetto sul quale ero seduta. La coperta ci avvolse, mentre le sue braccia mi circondavano.
Troppo confusa e impaurita per spiccicare parola, semplicemente mi girai e affondai la faccia nel suo petto, piangendo silenziosamente.
 
 
-         - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
Abbracciai quel corpicino tremante.
 
-         paura dei tuoni. – non era una domanda.
 
Nascose ancora di più la faccia.
 
- avanti. Prendimi in giro. Dillo: sono una ragazza facile e una fifona. -   sorrisi.
- non è una colpa. Piuttosto… perché hai paura dei tuoni? –
 
Sorprendentemente si allungò ancora di più verso di me e allacciò le mani dietro la mia schiena, artigliando la coperta con le mani.
Si girò a guardare verso la finestra, sussultando ad ogni nuovo lampo, mentre la pioggia batteva sui vetri.
 
-         prometti di non ridere? –
-         avanti spara. –
 
esitò per un attimo. Poi mi guardò e si convinse.
 
-         è a causa…. Del mio primo amore… un ragazzino di cui non ricordo nemmeno il nome. –
 
il tempo si fermò. Ansimai e la spronai a continuare, mentre la curiosità e un dubbio che diventava certezza cresceva.
 
-         successe tutto otto anni fa. Ci siamo conosciuto quando eravamo piccoli e mio padre faceva ancora parte della mia famiglia. Eravamo vicini di casa, tutti i giorni stavamo insieme e giocavamo. Ci piacevamo a vicenda, ci completavamo. Lui aveva paura delle notti senza stelle, perché in una di quelle notti perse i suoi genitori in un incidente automobilistico. Si salvò per miracolo. –
 
cominciai a tremare, ma lei non se ne accorse.
 
-         era come…. Telepatia. Ogni volta che stavo male, anche se non glielo dicevo, lui prontamente correva da me. Se glielo chiedevo, rispondeva “me l’ha detto un uccellino”. E io ci cascavo sempre. –
 
rise.
 
- ed era sempre con lui che parlavo dei litigi fra i miei.
Poi, un giorno, successe. Mio padre sparì all’improvviso, lasciando sole me, mia mamma e Azuna,  che a quel tempo era poco più di una bimba. Quella sera stessa mia mamma decise di andare dalla nonna per “chiarirsi le idee”. Radunammo il minimo indispensabile e partimmo, senza tanti preamboli. Non mi permise nemmeno di salutarlo. Era una notte temporalesca e c’erano molti tuoni. Da qui la mia stupida fobia. Tre anni fa, mia mamma e io avevamo nostalgia di questa casa, che portava al suo interno ricordi spiacevoli, ma anche belli e di cui avevamo nostalgia. E siamo tornate. Sono andata subito a cercarlo, ma… lui non c’era più. Chiesi in giro, ma tutti mi dicevano che si era trasferito. Nessuno sapeva dove. Non lo rividi mai più. -  concluse.
 
Sprofondammo in un silenzio che sapeva tanto di attesa.
Dunque era questa, la verità?
  
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