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Autore: Rushist    28/11/2011    0 recensioni
"La mia non è mai stata una vita a colori.
Figuriamoci che non so neanche cosa siano.
Sono vincolato alle tenebre.
Ma a venticinque anni, relativamente e compatibilmente al mio stato, posso ritenermi felice.
Mi chiamo Ryan, e se non avete nulla da fare, vi posso raccontare la mia storia."
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La mia non è mai stata una vita a colori.

Sembra che qualcuno abbia deciso di portarmeli via e nasconderli in qualche scatolone, in qualche soffitta nascosta di qualche fortezza sperduta.

Il mio ottimismo è solo un mondo nel quale mi rifugio per non sentire il peso di una realtà che conosco solo per metà.

Non so cosa darei per sapere di che colore è quella distesa di liquido che mi bagna i piedi di ogni estate e di che tonalità è il cielo al tramonto; mi piacerebbe vedere le stelle steso su un prato ed emozionandomi, collegarle con le dita, creando le immagini più assurde che mi vengono in mente; vorrei tanto vedere l’alba e rabbrividire vedendo apparire l’arcobaleno nel cielo dopo un pomeriggio di tempesta.

Sarebbe meraviglioso poter finalmente vedere i fantastici boccoli biondi di mia sorella e godere del sorriso di mia madre.

Per sentirmi normale. Per sentirmi completo.

Sin da quando sono nato, ho potuto solo immaginare tutto questo.

Che poi – accidenti – cosa posso immaginare se non ho mai visto nulla?

I medici, poi, che ti riempiono di speranze…

“Stai migliorando, se continuiamo così c’è la possibilità di usufruire  

della conoscenza di un famoso dottore per un intervento…”.

Certo. Perché io faccio spendere alla mia famiglia una barca di soldi per farli spostare dall'altra parte del continente e per “sperare” che l’operazione riesca.

Preferisco restare qui, nella mia piccola città, con la mia famiglia ed i miei amici.

 

Sono sempre stato una persona insicura, fragile, spaventato all’idea di andare a sbattere contro un muro mentre camminavo per i corridoi del liceo, facendo attenzione a non perdere il conto dei passi che mi avrebbero permesso di raggiungere il bagno e cercando di ignorare gli sguardi che sentivo addosso ad ogni singolo passo, di perdermi nella mia stessa casa, senza ricordare per quale direzione dovessi girare per raggiungere la mia stanza, di essere scambiato per uno zombie e di sentire tutti ridere mentre, con le mani tese in avanti, cercavo la sedia del tavolo al quale festeggiavamo i miei tredici anni.

…Poi comincia a diventare un’abitudine: non fai quasi più caso ai tuoi amici che discutono della partita di calcio della sera prima, o alla guida del Museo di Storia dell’Arte – che poi quella donna aveva una voce assolutamente odiosa.

Non ho bisogno di chiudere gli occhi per godermi un’emozione fino in fondo o per concentrarmi.

Il mio unico conforto sono la musica, i libri e Dot, il mio fedele pastore tedesco che mi porta a passeggio.

So che la fragola, la mela e le labbra di Biancaneve hanno lo stesso colore.

Ma non saprei proprio dirvi quale sia, questo maledetto colore: per me sono tutti uguali.

Non ho mai capito la mia professoressa di scienze del liceo: voleva scrivere sul suo registro solamente con una penna nera. Ora, che diamine di differenza c’è tra una penna nera o blu? Me lo spiegate? E se fosse stata verde o gialla?

Non bastava che fosse una penna? Non serviva solo che scrivesse? Non era sufficiente che con quella fosse in gradi di scarabocchiare i terribili votacci che ci affibbiava ingiustamente?

Tanto era una stronza: che scrivesse con la penna blu o nera, a me non faceva né caldo né freddo.

 
  
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