Anime & Manga > Soul Eater
Segui la storia  |       
Autore: aki_penn    28/11/2011    9 recensioni
Mentre il condominio Chupa Cabras si prepara ad affrontare l'estate più calda degli ultimi quindici anni, i suoi inquilini più giovani dovranno imparare a sopravvivere a loro stessi. Tra portinaie pettegole, padri apprensivi, furti di ventilatori e agognate quanto temute prime volte, l'estate di Soul Eater.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Death the Kid, Liz Thompson, Patty Thompson, Tsubaki | Coppie: Black*Star/Tsubaki, Soul/Maka
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Trentotto scalini'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Trentotto scalini

Capitolo Quindicesimo

È lo spirito, che conta

 

“Per la miseria, viene giù tanta di quell’acqua!” commentò Marje, con lo spazzolino in bocca, dando un’occhiata al cielo scuro, oltre la finestra.

“Fortunatamente siamo riusciti a stare tutto il pomeriggio in spiaggia, senza che piovesse. Speriamo che domani mattina sia sereno, sarebbe davvero un peccato se piovesse proprio durante l’unico fine settimana di vacanza che facciamo” fece eco Tsubaki, passando il suo spazzolino da denti sotto il getto d’acqua per pulirlo dai residui di dentifricio.

“Già” grugnì Liz, risciacquandosi la bocca. Marje annuì con un sospiro, asciugandosi la faccia con l’asciugamano verde che si era portata.

“Io vado a letto, ragazze. Buonanotte!” salutò la donna, uscendo dal bagno comune.

“Buonanotte” risposero in coro le ragazze.

“Questo posto mi da i brividi” commentò Liz, china sul lavello.

“È una ex casa delle vacanze per bambini, mio padre ha detto che una volta un maniaco è entrato di soppiatto e ne abbia uccisi dieci. Si dice che le loro anime siano rimaste legate a questo luogo di sventura e quando qualcuno vede i loro spiriti sfortunati viene preso a sassate e…”

“Kid!” strillò Liz, nascondendosi sotto il lavabo, cercando di tapparsi le orecchie con le mani. Patty rise a crepapelle.

“Kid, che ci fai qui?” chiese gentilmente e un po’ imbarazzata dall’improvvisa incursione, Tsubaki.

“Nel bagno degli uomini c’è una piastrella sbeccata. Mi turba un po’” spiegò lui, mentre la ragazza lo spingeva fuori dalla porta con vigore.

Kim si chinò per guardare Liz, seduta per terra affianco al sifone. “Liz, su. È una leggenda, non ci sono bambini fantasma che ti lanceranno delle pietre. Alzati”

Liz scosse la testa e non ne volle sapere di alzarsi, finché Patty non la spostò di peso.

Si ritrovarono a finire di lavarsi in silenzio, così il sospiro di Tsubaki fu piuttosto udibile.

Tutte si voltarono verso di lei, chi stava litigando col filo interdentale, chi non riusciva ad aprire la boccetta dello struccante, chi si era accorta che un filo del proprio asciugamano si era tirato e cercava di risistemarlo, chi si lavava i denti e chi usciva dalla doccia tamponandosi i capelli con l’accappatoio.

“Tsubaki” chiamò Liz, con aria un po’ scocciata “Potresti smetterla di pensarci?” chiese, come se fosse un favore personale.

“Non ci riesco” piagnucolò lei, appoggiando la testa al lavello, sconsolata. Kim, che si stava massaggiando i capelli con l’accappatoio, per asciugarli, sospirò.

“Oh, via. Non ti è neanche andata male. Magari è vero quello che si dice, che gli stupidi lo fanno meglio” disse saputa Liz, mettendosi una mano su un fianco.

Fu proprio in quel momento che entrò la signora Nakatsukasa, allegra, chiedendo cos’è che gli stupidi fanno meglio. Sia Liz che Tsubaki persero qualche anno di vita.

“Sto parlando delle telenovele. L’amore del Kishin ha fatto tanto successo perché è veramente stupido. Mai vista soap-opera più banale” affermò Liz con decisione, annuendo per darsi ulteriormente un tono.

La signora Nakatsukasa annuì a sua volta “Hai proprio ragione, sono felice che non guardiate certa tv spazzatura, ragazz” commentò per poi aggiungere “Mi ero dimenticata lo shampoo, torno in camera. Buonanotte!” e così dicendo se ne andò.

Tutte la seguirono con il fiato sospeso e tirarono un sospiro di sollievo solo quando la porta si fu richiusa. Tsubaki si appoggiò alla parete piastrellata e si lasciò scivolare fino a sedersi per terra. “C’è mancato un pelo” pigolò ad occhi chiusi.

Maka guardò Liz, che era più o meno nelle stesse condizioni “Liz, tu ami L’amore del Kishin” puntualizzò.

Liz annuì, con l’aria di chi sta per rimettere “Sì, infatti mi sono sentita malissimo quando ha detto che è tv spazzatura” piagnucolò.

Kim ridacchiò.

 

§

 

“Kid” piagnucolò Liz, aggrappandosi al suo braccio. Era coperta fino al naso dal lenzuolo, era estate ma, per colpa dell’acquazzone, faceva piuttosto fresco. Fuori dalla finestra, l’acqua sbatteva contro gli scuri, rendendo l’atmosfera ancora più inquietante di come sarebbe stata altrimenti.

“Ci sono io di fianco a te” fece notare lui, serissimo. Liz deglutì “Lo so. Grazie. So che arriverà tra poco” piagnucolò ancora lei, inconsolabile, strattonandolo per il pigiama.

Fu in quel momento che, oltre il petto di Kid, apparve una figura illuminata da una torcia.

“Siamo i bambini morti!” si presentò con voce lugubre “E ti prenderemo a sassate!” continuò. Kid sospirò, mentre Liz si nascondeva sotto il suo braccio terrorizzata.

“Patty, perché devi fare questo alla tua sorellina?” pianse con voce acuta, subito prima che Patty si lasciasse cadere sul materasso ridendo come una forsennata.

“Dai, Liz, non ci sono fantasmi in questo posto. Non è niente. Era solo una leggenda metropolitana che mi ha raccontato mio padre” cercò di calmarla Kid, imperturbabile, mentre Patty rideva a crepapelle.

“Senti! Signor non-è-niente, chi è che viene turbato dalle piastrelle sbeccate qui? Io ho tutto il diritto di essere terrorizzata dai fantasmi! Almeno non piango quando vedo un quadro storto!” lo aggredì Liz, recuperata tutta la sua carica, puntellandosi su un gomito e indicandolo.

“Dici che i quadri di casa potrebbero essere storti?” domandò Kid, preso dal panico.

“Potrebbero” ammise la ragazza, più per ripicca che per altro.

“Oddio, no. Dobbiamo tornare a casa a controllare!” strillò.

“Ma sei scemo? Piove e casa nostra è lontana e tu hai bisogno di uno psicologo!” urlò Liz in preda a una crisi di nervi. Patty, accanto a loro, rideva battendo i piedi sul materasso, incapace di contenersi.

La disputa tra i due, con Liz che prima si arrabbiava e poi cercava di consolarlo, andò avanti per un po’, finché non si sentì un tuono particolarmente forte e la ragazza finì per raggomitolarsi accanto a Kid tremando come una foglia.

Patty sbadigliò, a quanto pareva era davvero ora di dormire.

Fortunatamente i tre si erano accaparrati una stanza separata, perché nello stanzone comune molta gente era già tra le braccia di Morfeo. Tra queste persone non c’era però Maka, che continuava a fissare la finestra, rimasta parzialmente aperta. Sospirò, le piaceva guardare la pioggia, il diluvio era affascinante, quelli estivi erano particolarmente belli e furiosi. Faceva fresco però. Si strinse del lenzuolo, per colpa dei lampi, dei tuoni e del russare del signor Ford non riusciva a dormire. Si rigirò nel letto voltandosi verso la porta del bagno, almeno non avrebbe avuto in faccia la luce dei fulmini, che illuminavano a giorno lo stanzone.

Si domandò se Soul fosse ancora sveglio, in mezzo a tutti quei sospiri non riusciva a capire chi fosse desto e chi no. Il signor Ford era sicuramente addormentato e anche suo padre dormiva a bocca aperta nel letto affianco al suo.

Strinse le gambe e le strusciò tra loro, faceva veramente freddo, con la finestra aperta. Si vergognò un po’ nello scorgersi a pensare che, se si fosse intrufolata nel letto di Soul, avrebbe avuto caldo.

Deglutì e si passò le mani sulle braccia, sfregando forte per farsi un po’ di caldo, per poi rendersi conto che non sarebbe riuscita a dormire in ogni modo.

Sospirò e si mise a sedere, per poi appoggiare i piedi nudi per terra e avviarsi verso l’uscita dello stanzone, il letto di Soul era il terz’ultimo infondo.

Spirit aprì un occhio sentendo le doghe del letto di Maka scricchiolare in modo anomalo. Grugnì, ma quel rumore fu coperto da un poderoso tuono che fece sobbalzare la ragazza. Si voltò per guardare fuori, scorgendo un altro luminosissimo lampo, mentre suo padre la scrutava, non visto, da sotto il lenzuolo.

La ragazza sospirò stringendosi nelle spalle, era davvero fresco.

Avanzò per lo stanzone a passo furtivo, ogni contatto col pavimento gelido era come una scarica elettrica che partiva dal piede per arrampicarsi veloce e devastante lungo la spina dorsale. Si morse il labbro, fermandosi a guardare Soul addormentato nel suo letto, mezzo scoperto e con le labbra socchiuse. Si sarebbe ammalato, ma resistette alla tentazione di allungare la mano e rincalzargli la coperta, andando dritta verso il bagno.

Spirit, che si era alzato a sedere, non visto, osservò la scena dalla sua posizione vicino alla finestra con la solita apprensione genitoriale che lo distingueva. Si rilassò quando vide la figlia proseguire verso il bagno, la castità della sua primogenita era salva anche quella volta, e così pensando si accucciò nuovamente sotto il lenzuolo e scivolò tra le braccia di Morfeo per la seconda volta.

Maka si guardò allo specchio, appoggiandosi con le mani al lavandino e sporgendosi in avanti, la luce del neon era fastidiosa e continuava ad avere un gran freddo. Diede un’occhiata furtiva alla sfilza di gabinetti, uno accanto all’altro. Non aveva bisogno di andare alla toilette, si era alzata solo per vedere se Soul era sveglio, come una cretina.

Sospirò, fece dietro front, spense la luce e tornò nello stanzone. Dopo essere stata nel pieno della luce del neon, la stanza le sembrava incredibilmente buia, nonostante fuori i lampi e i lampioni illuminassero più che bene tutto l’ambiente.

Si strinse nelle spalle con l’intenzione di rincantucciarsi sotto il lenzuolo il prima possibile ma si immobilizzò quando sentì il suo nome sussurrato. Si voltò di scatto verso il terzo letto dal bagno.

Era stato solo un fruscio, nessuno l’aveva chiamata, ma Soul se ne stava sdraiato sul suo letto puntellato sui gomiti e la guardava.

Maka lo fissò per qualche secondo, con le braccia conserte, poi con uno scatto si portò accanto al letto del ragazzo e s’infilò sotto le coperte.

“Oh” esalò Soul, sorpreso da tanta grinta.

“Cos’è, hai paura della tribù di bambini fantasma?” sussurrò in tono di scherno, ancora puntellato su un gomito.

Maka si lasciò andare, sdraiata su un fianco, con la testa sul cuscino. “Non dire sciocchezze, è che fa un freddo cane nel mio letto. Sono vicina alla finestra”

Soul ghignò, fissandola per qualche secondo, prima di lasciarsi andare anche lui sul cuscino e tirare il lenzuolo in modo che li coprisse entrambi fin sopra la testa. Da fuori, col buio, non si sarebbe detto che erano in due.

Maka deglutì, si stava abituando all’oscurità e anche sotto il lenzuolo riusciva a intravedere, anche se a fatica, il volto di lui.

“Togliti dalla faccia quel sorriso storto” sbottò Maka, cercando di tenere un tono di voce abbastanza basso da non farsi sentire da nessun altro, se non da lui.

“Hai i piedi freddissimi!” si lamentò lui, perdendo tutta la sua ilarità, quando la ragazza lo sfiorò. “Hai sentito? E tu che mi prendevi in giro!” continuò imbronciata.

Soul pensò che era davvero buffo come facesse l’offesa, ma non avesse la minima intenzione di tornarsene nel suo letto.

Maka lo guardò con aria di sfida e lui chiuse gli occhi annullando la distanza che c’era tra loro e baciandola. La ragazza non si oppose compiacendosi di quel contatto leggero e intimo allo stesso tempo. Non aveva nemmeno cercato di toccarla con la lingua, la sfiorava solo con le labbra, sulle guance, ai lati della bocca, con una lentezza quasi snervante.

Maka afferrò il suo braccio e lo strinse con forza quando lui si decise a forzare la sua bocca per entrare. Lo sentì mentre si muoveva per prenderla per i fianchi e trascinarla accanto a lui, stringerla e averla vicina. Lei sospirò sulla sua bocca, Soul era caldo ma non poteva fare a meno di sentire una marea di brividi mentre lui le esplorava la bocca con la lingua.

Si lasciò circondare dalle sue braccia mentre scendeva con la bocca a baciargli languidamente il collo. Non si sentiva sensuale per niente, era solo quello che voleva fare in quel momento. Era un po’ come essere ubriachi e strusciarsi contro Soul era l’unica cosa che voleva fare in quel momento. Gli mordicchiò il collo mentre lui la stringeva così forte da farle quasi male.

Soul aveva appoggiato la fronte sulla sua spalla, arreso al bacio umido che lei gli stava depositando sul collo. Deglutì, un po’ imbarazzato, sentendosi sempre più caldo, mentre il sangue confluiva tutto verso il basso.

Era diverso da quando erano sulla scogliera, Maka aveva tutte le facoltà di accorgersi perfettamente di cosa stava succedendo.

Si sentiva quasi stordito, gli sembrava irreale rotolarsi tra le coperte insieme a Maka, in una stanza piena di gente che dormiva. Fece scivolare le mani fino all’elastico dei pantaloncini del pigiama, se fosse sceso di qualche centimetro le avrebbe potuto toccare anche il sedere.

Si chiese come Maka potesse intrufolarsi nel suo letto illudendosi che lui non avrebbe tentato di infilarle la mani dentro le mutande. L’unica soluzione plausibile era che non si illudesse affatto.

Fece scivolare la mani sotto la stoffa, non era vero che Maka somigliava a un attaccapanni, il sedere andava benissimo così com’era.

Con le mani sfacciatamente poggiate sulle sue natiche se la spinse ancora più addosso di quanto non fosse già. Trattenne il respiro rendendosi conto che lei stava facendo la stessa cosa. Gli aveva infilato la mano dentro al pigiama.

Sgranò gli occhi e cercò di incontrare il suo sguardo, per quanto nella penombra fosse difficile. Anche lei lo stava guardando, ma la sua espressione era indecifrabile. La vide richiudere gli occhi e riprendere a baciarlo, mordicchiandogli le labbra umide e gonfie.

Ritrasse la mani, dai pantaloni di Maka, dove le aveva messe, per appoggiarle sulla schiena nuda di lei. A forza di muoversi le si era alzata la maglietta del pigiama.

Non riusciva più a tenere gli occhi aperti, si lasciò baciare, respirando pesantemente. Era bello e snervante allo stesso tempo. Probabilmente se avesse fatto da solo avrebbe fatto meglio, ma che cavolo, la mano di Maka era un po’ più piccola, calda e liscia. E lei continuava imperterrita a leccargli le labbra.

“Stai facendo rumore” sussurrò lei, sentendolo ansimare più forte di qualche momento prima. Soul riprese a baciarla con più entusiasmo soffocando i gemiti nella sua bocca.

Maka mugugnò quando lui le morse la lingua “Ti sto facendo male” domandò serrando le labbra. Soul fece una smorfia e scosse la testa, prima di esalare un faticoso no. Sembrava che ci stesse prendendo la mano, andava molto meglio. Probabilmente lui non avrebbe potuto fare di meglio a quel punto. Così pensando, le morse la spalla per soffocare un gemito troppo forte.

Elka Frog, con la mascherina per gli occhi, si voltò dall’altra parte. Era mai possibile che ovunque fosse ci fosse sempre qualcuno pronto a far rumori umidi di notte e non farla dormire?

 

§

 

Tsubaki avanzò per il corridoio, guardinga. Diversamente da Maka, aveva portato un pigiama a maniche lunghe e grazie al cielo non stava morendo di freddo, ma quell’atmosfera da brivido colpiva un po’ anche lei. Probabilmente se a Liz fosse venuta la pipì nel corso della notte avrebbe preferito tenersela piuttosto che dover muoversi da sola in quei corridoi lugubri.

Le finestre dei passaggi erano senza tende né scuri, il diluvio era luminoso e violento. Tsubaki rabbrividì e affrettò il passo, si sentiva quasi osservata.

Sobbalzò sentendo l’ennesimo tuono della nottata e non poté fare a meno di girarsi, come in preda a uno strano presentimento. Soffocò un grido e per poco non cadde a terra per lo spavento, quando una finestra scorrevole si aprì con un gran botto e una figura con un mantello apparve sul davanzale, minacciosa. Il panico si dissolse appena una voce conosciuta tuonò “Mi stai evitando di nuovo!”

“Black*Star!” esclamò lei, più forte di quanto avrebbe voluto. Fortunatamente il rumore della tempesta coprì il suo grido.

Black*Star entrò nell’edificio con un salto, lasciandosi dietro una rilevante pozza d’acqua. Quello che controluce era sembrato un mantello si rivelò essere un comune impermeabile giallo che non avrebbe spaventato nessuno.

Si avvicinò a lei a passo deciso e la guardò piegando la testa da una parte. Tsubaki sospirò “Che ci fai qui? Se ti vede Mifune siamo entrambi nei guai” disse in ansia.

“Non vuoi stare con me?” tradusse, a modo suo, l’altro.

“Non ho detto questo!” esclamò vagamente indispettita lei.

“Allora perché non sei rimasta con me sta mattina. Ti ho detto che la seconda volta è meglio” ribatté lui come se il suo problema fosse di non essere creduto.

“Perché dovevo partire per Baba Yaga coi miei” rispose Tsubaki con il tono di chi dice un’ovvietà. E in effetti quella era un’ovvietà.

Si immobilizzarono entrambi sentendo il cigolio di una porta che veniva aperta. Tsubaki, che lo aveva afferrato per la maglietta, lo guardò con gli occhi sgranati e lo trascinò con sé, dentro un armadio vuoto, lì accanto.

Rimasero fermi immobili. Quel posto era orribile, polveroso al tatto. Chiusi lì dentro non riusciva nemmeno a vedere se c’erano delle ragnatele, probabilmente sì.

Black*Star era bagnato fradicio e le stava addosso completamente. Era pesante, ma allo stesso tempo non poteva non trovarlo, almeno un po’, piacevole.

Un colpo non troppo forte all’armadio di metallo, nel quale si erano nascosti, la riportò alla realtà. Trattenne il respiro e Black*Star, sopra di lei, fece lo stesso.

Era divisa tra il brivido di spavento che le procurava l’idea di essere scoperti e quello di piacere dovuto al sentire il fiato di lui vicino all’orecchio. Aveva la pelle d’oca.

Entrambi rimasero in ascolto, ma non successe più nulla.

 

§

 

La prima cosa che Stein pensò quando sentì che qualche cosa gli si posava addosso fu che fosse arrivato Jack the Ripper. Il gatto degli Evans faceva il giro dei letti di tutto il condominio, non era però chiaro come diamine facesse a entrare a casa di tutti, dato che nessuno, Evans esclusi, possedeva il pratico sportellino per fare entrare gli animali dalla porta d’ingresso.

Non ci mise molto però a capire che non si trattava di Jack. Sicuramente i movimenti erano felini e silenziosi, ma ciò che aveva addosso era decisamente più voluminoso e pesante.

“Cosa ci fai qui?” domandò un po’ intorpidito, intrappolato nella sua posizione fetale con Medusa sdraiata sopra.

“Mi chiedevo se non ti stessi annoiando, qui tutto da solo” soffiò piano nel suo orecchio. Stein fece una smorfia. Quella posizione era scomoda, gli faceva male e basta, schiacciandolo su un fianco, ma pareva che lei ci godesse anche a fargli male fisico.

“Stavo dormendo. Non ci si sente soli mentre si dorme e poi io vivo da solo. Mi piace stare solo”  spiegò con voce ferma, ripetendo più volte la parola solo, come per farle intendere che la sua presenza non era gradita. Medusa Gordon però intendeva solo quello che le faceva piacere intendere, i desideri degli altri erano poco importanti.

“Suvvia, non fare il bacchettone. C’è una tale atmosfera da gita scolastica qui intorno” sentenziò leziosa.

Stein grugnì, ma non rispose. Medusa si morse il labbro inferiore muovendo le gambe, sbarazzina. Lui sentiva le ossa del bacino spinte contro, facevano quasi male.

“Maka Albarn è andata a dormire con il minore degli Evans, Elka, che si è rigirata per un po’ nel letto perché quei due facevano rumore, ha fatto un giro per il corridoio e è finita a giocare a scacchi con Free, sempre che lui sappia le regole, ma non credo, e poi ci sono Black*Star e Tsubaki che si sono nascosti dentro un armadio sentendomi arrivare. Io faccio di tutto per muovermi silenziosamente, ma queste maledette porte cigolano incredibilmente” disse in un tono un po’ abbattuto, per poi aggiungere, pimpante “e ovviamente ho bussato col pugno sull’armadio dove si erano infilati, per farli spaventare”

Con la luce che veniva dal corridoio, Stein, riusciva a intravedere solo il suo sorriso bianco, per il resto c’erano solo bordi e chiaroscuri.

“Dovresti smetterla di molestare i ragazzini” mugugnò cercando di girarsi, per fare in modo che lei non lo potesse vedere bene in faccia.

Medusa ghignò “Preferisci che molesti solo te?” domandò maliziosa.  Stein non ebbe tempo di rispondere perché lei gli si chinò addosso e gli leccò la guancia, stringendo le gambe attorno al suo corpo.

Il ginocchio era maledettamente vicino al suo bassoventre.

“Ho detto che volevo dormire” ribatté voltandosi in una posizione più comoda, con la vaga speranza che Medusa finisse rovinosamente per terra.

“Ma come?” ridacchiò lei, mettendosi a sedere dritta sulla sua pancia, per nulla destabilizzata, né moralmente né fisicamente.

“Sei davvero un bacchettone” continuò, piegandosi di nuovo in avanti e appoggiandosi coi gomiti sul suo petto. Stein sentì il peso alleggerirsi sul suo ventre per poi distribuirsi su tutto il corpo. L’avrebbe creduta un serpente, un animale a sangue freddo, se non fosse stato perché, in quel momento, era tremendamente calda. Gli stava sorridendo, con uno dei suoi soliti sorrisi senza allegria, che sembravano dire ti ho fregato.

“Non ti sei tolto la maglia per andare in spiaggia, vuoi dormire la notte della gita condominiale…” cominciò a elencare fingendosi delusa, giocando con il collo di cotone della maglietta del pigiama di Stein.

“Non mi sono tolto la maglietta perché se i presenti avessero visto la mia schiena avrei dovuto raccontaredi aver avuto un incontro ravvicinato con una tigre del Bengala” spiegò lui, sarcastico.

Medusa fece una risatina cristallina, mostrando le unghie, che scintillarono alla luce del corridoio.

“Oh. Sul momento ti è piaciuto, però” gli fece notare, prima che lui le mordesse un dito, senza farle troppo male.

Medusa sobbalzò strusciandosi su di lui. Era imbarazzante, era venuta lì con l’idea di prenderlo un po’ in  giro, ma alla fine era lei quella che aveva più fretta. Si morse il labbro inferiore, ma non diede a vedere in nessun altro modo la sua impazienza sfociante dal bassoventre in fiamme, mentre guardava il dito scivolare, umido, fuori dalle labbra dell’uomo.

“Voglio dormire” ribadì lui, serissimo. Medusa ghignò, rincuorata, sporgendosi nuovamente in avanti a mordicchiargli il collo.

“La cosa divertente di voi uomini è che se dite una cosa con la lingua poi avete altre parti del corpo a smentirvi”

 

§

 

“Insomma, tu mi eviti” aveva ricominciato a dire a Black*Star. Tsubaki sospirò esasperata “No…è solo un caso” ribatté con poco entusiasmo, sull’orlo di una crisi di nervi.

“Non credo che sia stato per colpa della mia performance. Io sono il dio del sesso! Autoproclamato!” sentenziò ancora, a voce fin troppo alta. Erano ancora chiusi nell’armadio di metallo e la voce del ragazzo rimbombava fastidiosamente.

Tsubaki arrossì e si mise una mano sugli occhi “Questo non lo so. Non mi sento abbastanza esperta da esprimere un giudizio a riguardo e…” s’interruppe mettendo, per sicurezza, anche una mano sulla bocca di lui.

“C’è qualcuno” sussurrò pianissimo. Tesero le orecchie e rimasero in ascolto.

Qualcuno aveva aperto una porta cigolante e si stava aggirando per il corridoio a passo non proprio felino. I passi durarono poco, perché vennero interrotti da un violento botto seguito da un’imprecazione smozzicata, dalla quale nessuno dei due riuscì a identificare il passante.

La persona si rialzò, dato che evidentemente era caduta a terra, e il rumore dei suoi passi si affievolì, segno che si era allontanato.

Kim sentì lo stesso rumore, dal suo letto, e si voltò dall’altra parte. Sdraiata su un fianco dormiva sempre meglio, sarebbe stato bello se gli altri non si fossero messi a fare rumore in quel modo. Fece una smorfia e si tirò il lenzuolo fin sotto il mento.

S’irrigidì sentendo il materasso che si fletteva sotto il peso di qualcuno che non era lei. Soffocò un urlo di sorpresa quando qualcuno sussurrò “Kim!”

“Ox” soffiò lei in tono indispettito, voltando la testa a guardare la figura del ragazzo, che era salito sul letto solo col ginocchio.

“Che cacchio fai?” sussurrò di nuovo, questa volta in tono minaccioso.

“Non mi sono portato gli occhiali. Nel venire qui ho sbattuto la testa contro lo stipite della porta e sono caduto per terra” spiegò a bassa voce.

“Sei un cretino” sbottò lei dura, cercando comunque di non farsi sentire.

“Scusa” fece lui, senza un vero senso logico.

“Perché cavolo sei venuto qui?” chiese poi Kim, mentre lui si sistemava sul letto, infilando i piedi sotto al lenzuolo.

“Sembra una gita scolastica e in gita non si può dormire nel proprio letto” illustrò Ox contento, prima che lei ribattesse fredda “Questa non è una gita e comunque quest’anno, durante l’uscita scolastica, tu hai dormito con Harvar”

“È lo spirito che conta” sentenziò Ox colpito nel vivo e anche un po’ imbarazzato, a dire il vero. Si accoccolò, mogio, più vicino a Kim, tanto che il suo petto aderì alla schiena di lei. 

“Non è che mi vuoi toccare mentre dormo?” s’informò la ragazza, minacciosa.

“No” rispose pronto lui, arrossendo anche se lei non lo poteva vedere “Però posso appoggiare la mano sulla tua pancia? Se no non so come mettermi” chiese mesto. Kim ci mise un po’ a rispondere, come se ci stesse pensando, e Ox trattenne il respiro.

“Va bene” acconsentì. Fu lei a quel punto a trattenere il respiro, mentre la mano di lui scivolava sul suo ventre. Era freddissima. Sospirò.

“ ’notte Ox”

“Buonanotte Kim”

 

§

 

Era notte fonda e il diluvio continuava incessante, Kid fissava il soffitto senza riuscire a dormire. Forse perché, stando tutti così vicini, aveva troppo caldo. Non avrebbe saputo dirlo. Liz, nel sonno, lo stava abbracciando forte, come di solito faceva coi peluche. Era una stretta che quasi mozzava il fiato. Forse quello era un altro motivo per il quale faceva a fatica ad addormentarsi.

“Piove” sussurrò a un certo punto la ragazza. Kid si voltò di scatto a guardarla: dormiva.

Si morse il labbro, pensieroso, era vero che gli aveva detto che parlava nel sonno, gli venne quasi da sorridere.

Quasi si spaventò quando, alla sua sinistra, dissero “Prendi l’ombrello, allora”

Kid si voltò di scatto verso Patty. Lei gli dava le spalle, ma era sicuro stesse dormendo.

“E dov’è?” domandò Liz, continuando a sognare.

“Nella taverna” rispose Patty con un sospiro pesante.

“Noi non abbiamo una taverna. Abitiamo su una palafitta” ribatté Liz serissima, a occhi chiusi.

“No. Solo le mosche abitano sulle palafitte. Le mosche acrobatiche che abbiamo conosciuto quando andavamo a rubare al mercato del pesce” continuò Patty, imperterrita.

“Che schifo. C’era anche Kid al mercato del pesce, Edna?”

Kid sobbalzò, nel sentirsi chiamare per nome. “Mi chiamo Patty” specificò l’interessata.

“Non è possibile. Patty è mia sorella. Chiedilo a Kid” fece Liz, quasi offesa.

“Kid è un fissato” proferì decisa la sorella minore. Liz fece un sorrisetto “Però è carino” disse con una nota dolce nella voce. Il ragazzo sentì la stretta delle braccia farsi ancora più serrata, mentre alzava anche una gamba, come per essere sicura di non farsi scappare la sua preda.

“…anche se mi fa sudare sette camicie” aggiunse.

“OTTO” urlò Kid preso alla sprovvista, svegliando entrambe, ignaro del fatto che Patty si sarebbe rimessa a spaventare la sorella e non si sarebbe più addormentato nessuno per un altro bel po’ di tempo.

 

 

 

 

 

 

 

Bi parla a vanvera:

Ed eccomi col quindicesimo capitolo. È venuto fuori tutto in una volta come non mi capitava da tanto. Non sono sicura che sia magnifico, è un po’ scontato e un po’ monotematico, ma spero vi divertiate a leggerlo come io mi sono divertita a scriverlo!

Non voglio prendermi meriti non miei, perciò ci tengo a precisare che l’accenno all’inizio del capitolo dove si dice che gli stupidi lo fanno meglio è stata malamente rubata al telefilm “Kebab for breakfast” .

Come al solito non so come ringraziare le persone che seguono questa storia, mi fate davvero tantissimo piacere, spero che anche questo capitolo possa piacervi! ^.^

Avevo detto che avrei sistemato il quattordicesimo, ma poi mi sono fatta prendere dalla smania di scrivere questo, che stavo aspettando con ansia da tempo, e non l’ho ancora fatto. Giuro che mi impegnerò a metterlo a posto. Spero che anche la punteggiatura non sia da arresto.

Grazie ancora!

Bi

 

 

   
 
Leggi le 9 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Soul Eater / Vai alla pagina dell'autore: aki_penn