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Autore: ilpunto    29/11/2011    1 recensioni
credo che un'auto prefazione sia una violenza al testo, alla speranza dell'autore. tuttavia quanto ho scritto è frutto di deduzione e dedizione: ho immaginato L molto prima del caso kira, L nella vita privata, i suoi legami, la sua emotività, l'ho fatto muovere a New York alle prese con l'attraente sensibilità di una ragazza.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Watari
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Il biglietto di cioccolato

“Quando un lievito di bene ti è entrato in un solco dell’animo, tutte le altre parti si sollevano insieme.”

   Ugo Bernasconi.

 

 

Quillsh entrò silenzioso nella stanza, trovò il suo pupillo intento a trasportare delle zollette di zucchero dentro il caffè

 "c'hai mai fatto caso a quanto siano strane le cose che ci legano alla realtà?" domandò il ragazzo cercando di non far cadere le ennesime due zollette. 

"cosa intendi?"

"stavo tornando a casa, e mi sono reso conto di quanto sia strano il contatto con il reale: nessuno schermo, nessuna voce metallica, io e il reale, ma non io quale L, io come uomo. ed è una sensazione stranissima. è come se le parole avessero un suono diverso, pur avendo lo stesso significato."

Quillsh lo seguiva a fatica, quindi l'altro spiegò: "è uno stato d'umore che ne include tantissimi: la curiosità di capire me stesso in questo momento, la piacevole consapevolezza di saper divertire qualcuno, di non essere L, ma di averne solo le doti, che sono mie, in realtà." col il pollice si accarezzava il labbro inferiore. "pensare questa cosa mi piace, mi diverte, per questo ho deciso di lasciarle un biglietto; credi sia stato un errore?"

Quillsh era stupefatto, non abituato a sentirsi chieder pareri dal L. 

"l'ultima volta che ci siamo incontrati ho dimenticato di lasciarti un qualsiasi recapito. Ti va di incontrarci dopodomani alle 3.30 davanti a Grom? è una pasticceria nella 76esima al numero 2165.                          Ryuzaki."

 

 ” allora, pensi possa andar bene?" inquisì ex novo. 

 

Quillsh immaginò la sagoma ignota della destinaria mentre Ryuzaki sedutogli davanti aspettava il senile parere.

"non vedo perchè no." soddisfatto del suo pupillo  interessatosi a qualcosa al di fuori della sua geniale vocazione. quindi gli pose la  domanda:

"sei sicuro d'esser pronto a una situazione in cui non sarai tu l'unico a far domande?"

"la cosa mi turba un pò."

"ti turba?"

"la curiosità che ti dicevo prima."

"cerco di capirne le ragioni, e mi vengono in mente milioni di ragionamenti sulle specifiche forme della realtà, su come una di queste sappia catturarmi gratuitamente, è come vivere un istante perfetto, perchè una specifica forma di realtà ne incontra un altra, compatibile."

"lo capisco."

 

 

Alice si preparava di tutta fretta, indecisa fra un paio di scarpe e l'altro mentre

 

Ryuzaki passeggiava verso la meta, si guardava attorno, dalla sua espressione non si sarebbe decifrato se fosse esausto della tentazione o se ne fosse entusiasta; l' inconsapevole, inaspettata distrazione aveva sfidato la sua natura d'asceta, dopo lunga battaglia, aveva vinto, e a lui non rimaneva che ponderare la razionalità della sua psiche e vivere, come saggiamente aveva consigliato Quillsh.

Aveva ordinato una coppa di cioccolato e stracciatella mentre la vide arrivare, ripensò  a Central Park al libro che reggeva sopra le ginocchia.

"non mi hai aspettato?"

"si"

"la cameriera è appena andata via con il tuo ordine?"

"si"

"vedi che non mi hai aspettato?"

"credevo fossimo quì per passare del tempo assieme, non per ordinare gelato simultaneamente.." 

La fortuna arrise a Ryuzaki, sul viso di Alice vide imbarazzo e piacere insieme, vide la medesima espressione di qualcosa che aveva sentito anche lui.

Giselle, diceva così la targhetta, prese l'ordinazione di Alice. 

"non mangi che stracciatella." asserì lui, atono. 

"beh, mi hai visto mangiar gelato solo un'altra volta.."

"sicura?" gli occhi di Ryuzaki presero vita per un secondo, di solito persi in realtà invisibili ora si concentravano su Alice, curiosi, candidi e maliziosi. 

quello sguardo distolse l'attenzione di lei che confessò ridendo: "va beh, è l'unico gusto che mi piace; perchè insomma è classico, e ha tutti gli elogi degli alimenti semplici, dei gusti semplici, cioccolato e vaniglia, l'uno cremoso e l'altro croccante, l'uno bianco e l'altro nero, e quando gli opposti stanno così bene insieme, beh, è più divertente."

Ryuzaki vi vide una grande fantasia, gli piacque seguirne i passi. 

"è come ricordarsi che la vita è fatta di opposti, del loro connubio. a dire il vero la stracciatella è quasi un rito."

"la riconciliazione degli opposti?"

"più o meno, solo in qualcosa di terribilmente familiare."

"non avevo mai sentito nessuno riassumere i principi taoisti in una coppa di qualcosa." ma questa non era una battuta, benchè volesse sembrarlo, questo sarebbe stato il principio di una lunga catena logica per Ryuzaki. 

 

 Broodway li a due passi, i suoi teatri, gli spettacoli;  saltò fuori che Alice preferiva il palcoscenico e la prosa ai musical, ma questo Ryuzaki lo sapeva già, lo sapeva per la notte di mezz'estate, per il libro che le usciva dalla borsa, quindi parlò di Sartre, del teatro crudele e di quello surrealista; parlò di come le persone sapessero esprimersi in base al loro tempo e alle loro usanze, parlò delle minute rivoluzioni di Hugo, dello stupore ribaltato d'Otello, di Edipo fatto simbolo e fatto Amleto; e poi parlò dell'espressione più triste dell'uomo, il signor Samsa; ribaltato a pancia insù, incapace di tornare a camminare, a vivere: emblema e maschera dell'uomo odierno; di come fosse effettivamente difficile stare in equilibrio nella realtà, toccò Hegel e suoi dei poli opposti, astratti e identici, quindi ruppe il velo di maya e trasmise ad Alice la vertigine della libertà. 

tali collegamenti stupirono Alice: lo smarrimento nei confronti dell'essere stesso, trovava un riflesso inebriante in Ryuzaki, poichè la lasciava nella prospettiva d'uno spirito nobile quanto malinconico.

"mi piace molto parlare con te." disse lei dopo un empatico silenzio. 

gli occhi del ragazzo volsero verso terra, l' adulazione aveva uno strano effetto sulla sua mimica, mostrava la piccola confusione che era in grado di generare. 

"ti piace il Jazz?"

"perchè me lo chiedi?"

"stai muovendo il piede, prima non lo muovevi."

"ma ti accorgi sempre di tutto?"

"si. quindi ti piace o no?" Ryuzaki finì con il sorridere e scusarsi per il suo atteggiamento, per le domande dirette e senza preavviso, disse che notare tutte quelle cose non era intenzionale ma rimaneva, per lui, inevitabile.   

In Alice un momento di velato imbarazzo, non era semplice avere a che fare con qualcosa di quasi identico alla telepatia: ad impressionarla era un umore inedito fatto dalla schiettezza con la quale  Ryuzaki la spogliava di quei momenti, era come rivolgersi a qualcuno cui non si poteva mentire, qualcuno attento a sapere chi lei realmente fosse. 

“Se ti piace, ti interesserà sapere che stasera c’è un tributo a Glenn Miller.” Lui puntò sull'ipotetica, di modo da alleggerire. 

un guizzo di vita in Alice: “No, non ne sapevo nulla.”

“Vorresti andarci?”

“certamente.”

Alice annuì mentre lo scomposto cavaliere estrasse dalla tasca un piccolo cellulare, dall’altro capo Quillsh; la telefonata procedeva mentre lei ascoltò l’imperturbabilità della voce chiedere informazioni; per la prima volta lo vide in un diverso modo di rapportarsi, vide l'assurdità di quel paragone; per la prima volta vide il distacco che lui manteneva come qualcosa di spaventoso, rassicurandola in un secondo tempo, per le delicate e quasi invisibili premure che le venivano indirizzate. "qualcosa capace di sfiorarmi sempre senza toccarmi mai." considerò silenziosa. 

“Lo spettacolo inizia alle dieci e trenta, in un locale che si chiama il Birland Jazz Club. Ti va?”

“è perfetto.” L’appuntamento arrivava alla fine, Ryuzaki propose di passarla a prendere, circa un ora prima l’inizio dello spettacolo.  Alice annuì e si fece spazio fra le sue braccia aperte, cercò la guancia e la baciò; Ryuzaki resistette dal chiudersi, infine sorrise riscaldato dal genuino gesto e dall'idea di un continuo. 

  
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