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Autore: ferao    30/11/2011    8 recensioni
È inverno, Salazar lo sa. Non è necessario che cada la neve, non è necessario che tutto il paesaggio attorno diventi bianco affinché lui lo capisca.
Salazar lo sa. È il momento di dimostrare la propria tenacia.
Partecipa al terzo turno dello Storytelling di Fabi_.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Salazar Serpeverde, Tosca Tassorosso
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
- Questa storia fa parte della serie 'Due interi'
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Note iniziali: questa ff è il seguito di QUEST'ALTRA: Due interi
È fortemente consigliato leggerla prima di proseguire la lettura, sennò difficilmente ci capireste qualcosa.
Altre note in fondo alla storia.






Cipresso d’inverno
 
 

È nel momento più freddo dell’anno che il pino e il cipresso, ultimi a perdere le foglie, rivelano la loro tenacia. È nelle difficoltà che gli spiriti forti emergono e si differenziano dai deboli, dimostrando la loro vera natura.
È inverno, lo sente nelle ossa. Lo sente nella sera che scende limpida e tagliente come una lama. Lo ha letto nell’azzurro degli occhi di Tosca, così freddi, così duri.
È inverno, Salazar lo sa. Non è necessario che cada la neve, non è necessario che tutto il paesaggio attorno diventi bianco affinché lui lo capisca.
Salazar lo sa. È il momento di dimostrare la propria tenacia.
 
Tosca la chiamerebbe “caparbietà”, “ostinazione”, “testardaggine”; pronuncerebbe queste parole con disprezzo e rimprovero, per sottolineare quanto, secondo lei, sia sbagliata la decisione di Salazar.
“Cosa vi costerebbe lasciar perdere i vostri dissidi con Godric?”, chiederebbe. “Pensate davvero di avere ragione? Pensate davvero che sia giusto andarvene così, da solo?”
Lo direbbe. Salazar lo sa benissimo; sa dell’amore che lei gli porta, sa di ricambiare quell’amore non una, ma cento volte, forse anche mille. Sa che, quasi certamente, Tosca non lo perdonerà mai.
Mentre cammina verso il confine magico di Hogwarts, curvo sotto il peso di quella sera troppo splendente, Salazar non si sente affatto come un cipresso. Non si sente forte, non si sente tenace; teme di vacillare al primo sibilo di vento, al primo fiocco di neve; teme di essere debole e di dimostrarlo, e sa anche che è proprio questo quello che Tosca desidera maggiormente da lui.
Il desiderio di Tosca: che Salazar smetta di fare dell’orgoglio e dell’egoismo la propria bandiera. Che capisca una volta per tutte che i cipressi saranno anche gli alberi più tenaci, ma che alla fin fine sono i più tristi, i più infelici; sono quelli costretti ad assistere alla disfatta di tutti gli altri e a morire da soli, senza che nessuno dei loro simili possa compiangerli.
 
Salazar ha paura, pensando queste cose. Ha paura della solitudine, sebbene fino ad oggi l’abbia cercata con tutte le sue forze.
Non aveva mai pensato a questo: morire solo. In un inverno simile a quello, la sua salma verrà abbandonata in un cimitero della Cornovaglia; la neve la ricoprirà sugellandone il riposo eterno, finché non torni la primavera. Allora il ghiaccio si scioglierà, la natura rifiorirà, il bianco sarà sostituito da mille altri colori e Salazar non potrà vedere tutto ciò.
Nessuno parlerà alla sua tomba. Nessuno vi porterà ghirlande di fiori.
Solo, sarebbe rimasto solo. Come nella vita, così nella morte.
 
D’un tratto qualcosa in Salazar vacilla. Un vento strano, gelido, ha iniziato a soffiare nella foresta; gli alberi secolari vengono piegati, cedono davanti alla forza dell’aria.
“È il loro modo di resistere”, pensa Salazar. “Si piegano per non essere spezzati, perché sanno che il vento è più forte di loro e può batterli con facilità.”
A questo pensa Salazar, ormai fermo a due passi dal confine. D’improvviso non ha più voglia di dimostrare la propria tenacia, la propria forza; d’improvviso vorrebbe piegarsi a quel vento – che sembra avere la voce di Tosca. Vorrebbe tornare indietro, da lei; vorrebbe chiederle perdono, ammettere di essere soltanto un testardo e un arrogante, restare con lei e aspettare la fine di quell’inverno, il ritorno della primavera.
 
Altri due passi e Salazar esce dal confine magico della scuola. Un soffio di vento, meno di un istante, e il grande mare della Cornovaglia si staglia di fronte a lui.
 
Dopo la primavera sarebbe comunque venuto un altro inverno; aspettare non aveva senso. Avrebbe risparmiato a se stesso l’umiliazione di tornare strisciando da Godric.
Salazar inspira: subito l’aria gelida e piena di salsedine gli riempie i polmoni.
Tosca aspetterà. Verrà un'altra primavera e allora – forse – tornerà da lei.
Adesso, però, è inverno. Adesso è il momento di mostrarsi forti, tenaci come i cipressi.
 












Note finali:
anche questa storia è stata scritta per il terzo turno dello Storytelling di Fabi_, in sostituzione di una ff mancante della mia squadra. Il pacchetto scelto, "Inverno", conteneva i seguenti elementi: Salazar Serpeverde, la canzone "Inverno" di De André (vagamente richiamata), il colore bianco, la frase di Confucio "È nel momento più freddo dell’anno che il pino e il cipresso, ultimi a perdere le foglie, rivelano la loro tenacia" (che ho usato come incipit) e un prompt che non ho usato.
Sperando che vi sia piaciuta, vi ringrazio e vi saluto.
Fera
   
 
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