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Autore: mysticmoon    22/07/2006    2 recensioni
La vita è un'enigma infinito. Un giorno puoi essere in cima al mondo, bello ed apprezzato, ed il successivo sei steso nel fango, arrancando inutilmente per alzarti. Tutti possono cadere. Nessuno escluso. Neanche la stella della nazionale nipponica.
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 9

Capitolo 9

Reality

 

 

ATTENZIONE:

In questo capitolo sono presenti varie frasi che contengono espressioni scurrili e potenzialmente offensive.

 

 

Raiden e sua nipote rimasero abbracciati per qualche minuto, sotto lo sguardo stupito di buona parte degli spettatori.

Soltanto Bruce, che sapeva del modo in cui la famiglia di Raiden fosse andata a rotoli, poteva sapere quanto sentimento fosse presente in quel momento nei cuori di nonno e nipote che dopo quasi quindici anni si erano ritrovati.

 

Bruce Harper  03 Marzo  ore 10:09 PM

 

Aveva detto che era morta in mare. Chissà come ha fatto a sopravvivere? E dove sarà stata in tutti questi anni? Come mai sarà tornata proprio adesso? Da come è conciata, sembra aver viaggiato parecchio. Che sia arrivata qui dall’Europa?

 

Terence Horance Tzunoshi 03 Marzo  ore 10:09 PM

 

Grazie, chiunque tu sia. Grazie per avermi permesso di rivedere la mia bambina. Non ho mai creduto davvero in qualche entità sovrannaturale, ma dopo oggi… io credo in tutto. Credo in ogni cosa, perché avere di nuovo la mia piccola Sylvia davanti a me è un vero miracolo.

 

Sylvia Holler 03 Marzo  ore 10:09 PM

 

Finalmente l’ho trovato! Allora era vero. Era tutto maledettamente vero. Io ho un nonno materno. E non sono nata in Svezia, ma qui, in Giappone. E quelli… oh, amo ancora quei dolci nonni, ma non posso perdonarli di avermi nascosto tutto sulla parte materna della mia famiglia, sul conto dei  miei genitori e dei nonni. Da quanto hanno detto, è stato quest’uomo, Terence Horance Tzunoshi a far promettere loro di non rivelarmelo, ma la loro opposizione al mio viaggio mi sembra molto strana. Erano irremovibili, come se stessero nascondendo qualcosa. E se avessero mentito su questo?  E come mai lui è così felice di vedermi, se è stato davvero lui a non volermi più con sè? Mi hanno raccontato che è stato lui a cacciarmi e dire loro di nascondere tutto, ma io… io non posso credere che quest’uomo l’abbia fatto. E’ troppo felice nel rivedermi, per essere ciò che loro mi hanno descritto. Devo assolutamente scoprire la verità.

 

- Potremmo parlare in privato?- chiese la ragazza, staccandosi dall’uomo. Non le piaceva stare tra tutta quella gente, a parlare di argomenti molto delicati.

- Certamente. Di là sarete più comodi e, se avrete fame o sete, potrete rifocillarvi- rispose Patty, alzandosi in piedi ed indicando la cucina ai due- Ma non sarebbe meglio che prima ti riposi un po’ oppure fai una doccia? Devi aver viaggiamo molto per arrivare qui in Giappone, vero?

 

Sylvia Holler 03 Marzo  ore 10:10 PM

 

Com’è gentile questa ragazza! Una perfetta padrona di casa. Sebbene non mi conosca mi sta trattando come se sapesse perfettamente chi sono. Sono… sono commossa da questa cortesia. Possibile che esistano persone del genere? Questa ragazza ha appena perso i genitori eppure sembra… felice. Come è possibile? Sono… sono felice di essere qui con questa gente ed il nonno.

 

Patricia Gatsby 03 Marzo  ore 10:10 PM

 

Deve sentirsi in tremendo imbarazzo. E’ giusto che faccia tutto il possibile per metterla a proprio agio.

 

- Grazie mille, signorina Gatsby. Accetto volentieri la sua cortese ospitalità- fece la ragazza, inchinandosi, sia per cortesia sia per celare i lucciconi che le erano apparsi agli angoli degli occhi.

- Non c’è di che, ma non chiamarmi signorina Gatsby. E’ troppo formale. Per gli amici sono solo Patty. E tu, conoscendo Raiden, rientri a pieno titolo nella categoria- fece lei, sfoderando un sorriso incoraggiante alla ragazza straniera, che sembrava un po’ intimidita dalla gran massa di gente che la circondava ed ancora un po’ commossa per l’abbraccio con il nonno.

- Seguimi, ti faccio strada e ti preparo qualche vestito della tua misura. Spero che ti fermerai anche tu qui con noi per la notte.

- Veramente… ecco, io non vorrei disturbare…

- Nessun disturbo. Sul serio- fece lei, continuando a sorridere alla straniera.

- Ma io…

- Resta pure, Sylvia. Non preoccuparti per il conto alla pensione. Tanto poi verrete ad alloggiare lì, tu e tuo nonno- fece la signora Harper, togliendo alla ragazza anche l’unico appiglio per lasciare quella casa.

- Se è così… va bene. Ti ringrazio immensamente, Patty.

Il radioso sorriso sul volto della giovane dai capelli chiari fece capire alla padrona di casa che il suo trattamento aveva avuto effetto e, facendole cenno con il capo, l’accompagnò al piano superiore.

Raiden, nel frattempo, si diresse verso la sua sedia e la rialzò, per poi sedersi. Sul suo volto erano chiari i segni dei forti sentimenti che aveva provato mentre stringeva a sé la nipote ritrovata.

- Raiden… chi era?- chiese Holly, dopo qualche minuto di silenzio, esponendo all’uomo la domanda che tutti avevano nel cervello sin dal momento in cui l’uomo aveva stretto a sé quella sconosciuta.

- Mia nipote Sylvia, a quanto pare- rispose lui, con voce fioca ed un tono vicino al trasognato.

- Capisco…- fece Holly, anche se il suo lasciare in sospeso la frase indicava insoddisfazione per la spiegazione.

- Io credevo che fosse morta. Cadde in mare, tanti anni fa, e pensavo che fosse affogata. Nessuno avvertì me o mia moglie del fatto che fosse sopravvissuta. Non sapevo nulla fino a qualche minuto fa.

- Allora è proprio come immaginavo- fece Bruce, attirando su di sé l’attenzione di tutti gli altri.

- Tu lo sapevi, Bruce?

Alla domanda di Tom, il giovane annuì, per poi tornare con lo sguardo all’uomo che, in quel momento, gli appariva come quello più felice del mondo. Sorrise all’uomo, poi disse:

- Sono davvero felice che tu abbia ritrovato la tua famiglia, Raiden.

- Già… la mia famiglia… ma senza di te, mio giovane amico, tutto ciò non sarebbe accaduto. Non so ancora come abbia fatto ad arrivare qui né come abbia saputo che mi trovavo in questa casa, ma sono troppo felice per soffermarmi in questo momento su facezie simili.

Le lacrime agli angoli degli occhi scuri dell’uomo lasciavano intendere quanta felicità stesse provando il suo vecchio cuore in quel momento.

Il silenzio regnò per qualche minuto, fino a quando non squillò il telefono e Roberto si alzò, spostando rumorosamente la sedia sulla quale era accomodato per prendere in mano la cornetta.

Il colorito del brasiliano si smorzò non appena udì la voce dall’altra parte dell’apparecchio ed era praticamente cinereo quando chiamò Holly alla cornetta.

- Pronto?

- Parlo con il signor Oliver Hutton?- chiese una voce profonda.

- Sì, sono io.

- Benissimo. Sono il dottor Keitaro Koshino, del dipartimento statale di medicina legale della prefettura di Tokyo.

Holly perse colore al sentire quella voce. Cosa poteva volere una persona simile da lui e a quell’ora della sera?

- Signor Hutton- continuò l’uomo, interpretando come comprensione il silenzio di tomba che giungeva da casa Gatsby- Devo richiedere la vostra presenza e quella della signorina Patricia Gatsby qui nel mio ufficio domattina alle ore 9 per il riconoscimento delle salme di coloro che dovrebbero essere i vostri genitori.

Non una parola fuoriuscì dalle labbra del giovane, così l’uomo si sentì in dovere di indagare su questo strano silenzio.

- Signor Hutton, si sente bene?

Il ragazzo sembrò svegliarsi da un profondo sonno, tanto da sobbalzare quando quel suono giunse al suo orecchio.

- Sì, ci saremo. Buona serata- disse, frettoloso, riagganciando e muovendosi per tornare della stanza.

Fu un rumore di passi leggeri a richiamare la sua attenzione. Patty stava scendendo dalle scale e appena lo vide sorrise, ignara che la mattina dopo avrebbe dovuto identificare dei cadaveri.

Gli occhi di Holly, pieni di lacrime, si posarono per un istante su quella ragazza vestita con una lunga maglietta gialla con stampato sopra un cuore e jeans, poi si allontanarono da lei, quasi avessero paura di contaminare quella pura, spontanea gioia, con l’onta di una crudele realtà.

 

Oliver Hutton  3 Marzo  ore 10:23 PM

 

Con quale coraggio posso spegnere quel suo sorriso? Perché devo comunicarle che domani rivedrà i suoi? Come posso dirle ciò che accadrà domattina? Ma perché proprio a noi doveva accadere tutto ciò? Non potevamo vivere una vita come quella di altri, una vita tranquilla e felice, con una famiglia completa ed unita. Io forse soffro meno di lei, per quanto riguarda la mancanza del padre. Io il mio l’ho sì amato, ma lo vedevo talmente poco che la sua assenza quasi non la noto, a differenza di quello della mamma… ma Patty ha sempre avuto con sé i genitori che l’amavano ed aiutavano in ogni singolo istante. Perché proprio adesso, che la ferita sembrava iniziare a rimarginarsi almeno un pochino, dovevano chiederci una cosa simile? Non bastava dover organizzare il funerale?

 

Patty aveva sentito il telefono e sentendo che Holly era desiderato all’apparecchio, non appena aveva finito di fornire gli abiti a Sylvia, era andata sulle scale a controllare ed aveva visto il suo ragazzo impallidire e, mentre lei scendeva le scale sorridendo, non aveva potuto fare a meno di notare che l’aveva guardata per un attimo per poi allontanare lo sguardo da lei, nascondendole gli occhi che, lei aveva notato, erano pieni di dolore profondo, qualcosa che sembrava aver privato di qualsiasi energia il giovane.

 

Patricia Gatsby 03 Marzo  ore 10:23 PM

 

Cosa sta succedendo? Cosa mi nascondi Holly? Perché i tuoi occhi se ne sono andati tanto in fretta? Perché stai nascondendo le lacrime evitando di guardarmi? Chi era al telefono, Holly? Quali cattive notizie ci ha recato questa volta quell’apparecchio? Perché mi stai nascondendo i tuoi sentimenti, Holly?

 

Oliver Hutton vide la ragazza avvicinarsi a lui con calma ma ne intuì le preoccupazioni. Nonostante la giovane sorridesse, nei suoi occhi non vi era gioia, ma una profonda preoccupazione che sembrava celare dietro spesse e oscure nubi la fiamma che bruciava sempre nei suoi occhi.

Conscio che non poteva nasconderle nulla, le prese una mano poi, con il capo, le fece cenno di seguirlo in cucina e, dopo esservi giunti, fuori, sulla veranda.

Solo in quel luogo di massima privacy Holly lasciò la candida estremità di lei per sedersi sul dondolo acquistato l’estate precedente dai signori Gatsby, imitato subito dopo dalla sua ragazza.

- Holly, chi era al telefono?- chiese la ragazza, con calma.

- Un medico legale. Domattina dobbiamo andare a Tokyo per… per il riconoscimento dei cadaveri.

Holly vide Patty impallidire a quelle parole e mordersi il labbro inferiore, ma non versò neanche una lacrima. Anzi, sorrise amabilmente al giovane.

- Non dovresti prenderla così male. In fondo, sapevamo che poteva presentarsi anche questa eventualità.

Holly guardò sbalordito la ragazza che gli stava accanto, conscio che quel sorriso celava qualcos’altro.

 

Oliver Hutton  03 Marzo  ore 10:25 PM

 

Perché mi sta mentendo? Come mai non vuole che veda ciò che prova? Per caso non si fida ancora di me?

 

Patricia Gatsby  03 Marzo  ore 10:25 PM

 

Non vorrei fare così… mi sento morire all’idea di vedere i loro cadaveri, ma devo mostrarmi forte per lui. Sta già soffrendo abbastanza, senza che io lo angosci ancora di più. Devo essere forte anche per lui, una volta tanto. Non devo piangere né disperarmi, domani. Devo essere forte come lo è stato lui.

 

- Patty… allora… rientriamo?- chiese il ragazzo, dopo aver lasciato trascorrere un po’ di tempo in silenzio.

- No. Preferisco restare qui. C’è quiete, qualcosa che in casa a quanto pare è diventata un’utopia- sussurrò Patty, accennando con il capo alla casa, nella quale in quel momento risuonavano il ruggito dell’inferocito portiere dell’Amburgo e le  risate dell’italiana, che a quanto pare aveva escogitato qualcosa per far infuriare Benji.

- E’ bello però sentire questo rumore. E’ vita.

- Già, vita… qualcosa che le persone che rivedremo domani non hanno più.

- Lo so che sei triste, anche se non vuoi mostrarlo, Patty.

Le parole di Holly fuoriuscirono dalle sue labbra in fretta, prima che il suo cervello potesse mandare un comando cosciente al giovane.

- Sì, lo sono, Holly, hai ragione, ma so che dobbiamo andare avanti e non voglio cadere di nuovo nella depressione. Non dobbiamo mai dimenticarci di questo, Holly. Noi dobbiamo vivere anche senza di loro. Così come tu avresti dovuto vivere senza di me, se il mio suicidio fosse andato a buon fine.

Le ultime parole di Patty furono come scaglie di ghiaccio che s’infilzavano nel cuore di Holly, risvegliando in lui i terribili ricordi dell’ultimo giorno di San Valentino che avevano trascorso insieme.

- Sai Holly, mi rendo conto solo adesso di quanto potesse essere egoistico il mio gesto. Tu avresti sofferto se fossi morta, non saresti di certo stato felice di sapere che l’avevo fatto per pagare il mio debito nei tuoi confronti. Sono stata una sciocca a pensare che ciò potesse renderti felice o soddisfarti. Il mio era solo un modo per sfuggire ai sensi di colpa che mi stavano consumando. Mi spiace averti fatto vedere una scena simile. Mi sono comportata davvero da idiota. E se tu non ci fossi stato, a quest’ora non sarei più qui a vedere quanta gioia c’è nel mondo, non avrei mai potuto vedere Sylvia e Raiden tornare insieme né la gioia negli occhi di Tom quando guarda quell’uragano della sua ragazza e neanche il modo in cui Benji protegge la sua amica tedesca. Ti devo la vita, Oliver Hutton. Mi hai salvato la vita per ben due volte ed io non ho fatto altro che procurarti problemi. Ma ti prometto che farò tutto ciò che è nelle mie facoltà per aiutarti e rendere meno pesante questo fardello, Holly.

La risposta del calciatore fu rapida: rapì le labbra della ragazza in un bacio e l’abbracciò con tutta la forza che aveva, mentre dai suoi occhi scendevano fiumi e fiumi di lacrime, espressione del mare di emozioni che si scuotevano in lui.

 

Nel frattempo, nell’abitazione, rimbombavano le grida furibonde di Benjamin Price, che cercava di acciuffare Martina Maroni, che correva per il piano inferiore come una forsennata, ridendosela della grossa.

- Tu! Maledetta di un’italiana! Rendimi immediatamente il cappello!- gridava il portiere, con gli occhi iniettati di sangue.

Martina, tenendo fermo in testa il cappello del giovane, rideva come una pazza.

- Allora tu rimangiati tutto quello che hai detto su di me!

- Cosa avrei detto di male?

- A parte che sono una folle psicopatica, una stupida e maledetta italiana, una belva disumana e, soprattutto, un Megafono Umano?

- Ma se è la verità? E poi Megafono Umano ti ci chiama anche il tuo perfetto ragazzo!

- Ma lui ha il mio permesso ed è il mio ragazzo!- ribattè lei, continuando a ridere.

Benji stava ancora correndo quando lei, nel corridoio, inchiodò all’improvviso e si abbassò.  Il cappello le era sfuggito di mano e lei era fermata di botto per poter raccogliere il prezioso oggetto.

L’impatto fu inevitabile: lui, ancora in corsa, andò a sbattere contro la ragazza, che era chinata, e, piroettando in aria, cadde sulla schiena dall’altra parte, colpendo con un piede il corrimano della scala, mentre Martina cadde a terra a faccia in giù, prendendo un forte colpo al mento ed al naso, oltre che un poderoso calcio ai reni.

Il grido di dolore di Benji e Martina chiamò tutti nel corridoio, eccezion fatta di Sylvia, che era ancora sotto la doccia, e i due orfani che, immersi nel loro mondo, non percepirono i suoni che provenivano dall’interno.

Il primo a giungere sul luogo dell’impatto fu Roberto, seguito a ruota dal resto dei compagni, che trovarono il portiere steso sulla schiena, con il piede sinistro tirato al petto, e la ragazza rannicchiata a terra, con il sangue che colava sul pavimento ed una mano sulla schiena.

- Cosa è successo stavolta?- chiese il brasiliano, fissando quelle due teste calde con aria assassina.

- Mi ha rubato il cappello- sibilò Benjamin Price, piccato, mentre iniziava a massaggiarsi il piede leso- C’è mancato poco che me lo rompessi, razza di deficiente.

- Ammetto di aver sbagliato- fece lei, rivolgendo uno sguardo al portiere- ma era solo uno scherzetto innocente. Non c’era bisogno di investirmi con tutta la tua mole, razza di bisonte giapponese.

- Su, andiamo di sopra- disse Tom, prendendo la sua ragazza per un braccio per sollevarla da terra.

- Va bene- rispose la giovane, finalmente calma, mentre si alzava faticosamente dal terreno, lanciando poi sul calciatore dell’Amburgo il cappello incriminato- Forse preferivi pestarlo, grande eroe?

Detto questo fu letteralmente tirata via dal suo ragazzo, aiutato anche da Bruce, Jenny e Philip, mentre gli altri cercavano di tenere inchiodato al pavimento il portiere che, dopo quell’ennesima frecciata, aveva dipinta sul volto l’espressione di un folle assassino.

 

Benjamin Price/Martina Maroni 03 Marzo  ore 10:28 PM

 

Ma vai un po’  a cagare, idiota che non sei altro! Persone imbecilli come te è meglio perderle che trovarle.

 

- Potevi risparmiartela quella provocazione- disse Tom, calmo come al solito, mentre aiutava la ragazza a fermare l’emorragia al naso, chiusi nella stanza occupata dalle ragazze, dato anche il fatto che Sylvia si trovava ancora sotto la doccia, ignara della situazione delicata che si stava creando in quell’ambiente- Io Benji lo conosco bene. Sono certo che prima o poi te la farà pagare amaramente.

- Sai che paura!- fece lei, per poi soffiare di nuovo con il naso nell’asciugamano che Tom le aveva procurato- Io quello lo stendo quando mi pare e piace.

- Non cercare grane. Benji è uno tosto.

- Uffa! Ma io volevo solo scherzare un pochino!- sbottò Martina, guardando imbronciata il suo ragazzo.

- Con lui è meglio non scherzare. E comunque… ti sta bene che ti sia fatta male. Almeno adesso capirai che può essere pericoloso scherzare troppo con il fuoco. Su, adesso fammi vedere la schiena.

Martina, non senza un attimo di esitazione, si stese sul letto ed alzò la maglia, mostrando al suo ragazzo un livido nero-bluastro dall’aria poco rassicurante poco sotto le ultime costole, proprio accanto alla colonna vertebrale.

- Sei stata fortunata a non esserti fatta nulla di serio. Avrebbe potuto romperti un osso, con un colpo simile- fece lui, prendendo dal borsone da allenamento di Patty ed Holly la crema per trattare le contusioni.

Con mano esperta, prese la crema e iniziò a passarla, con un movimento circolare, sull’area offesa, notando quanto potesse far male dalla tensione della schiena della ragazza e un suo gemito a stento soffocato.

- Per stasera è meglio se resti qui a riposarti. Ti terrò compagnia io per un po’, ok?

- Se non ti spiace, vorrei restare sola per un po’.

- Nessun problema- rispose Tom, andandosene.

Fu solo quando sentì la porta chiudersi alle sue spalle che Martina scoppiò a piangere, incapace di resistere oltre al dolore che custodiva nel cuore e che, da quando c’era Tom, riusciva a nascondere sempre meno.

Tra le copiose lacrime che le appannavano la vista, le sembrò di rivedere una ragazzina uguale a lei, di qualche anno più giovane, rannicchiata in un angolo di una stanza buia, a piangere.

- Sii più allegra! Devi essere felice! Lui non tornerà mai se sei sempre triste!- singhiozzava, con un braccio sugli occhi, mentre abbandonata accanto a lei stava una foto che la ritraeva assieme ad un suo coetaneo dai capelli scuri.

La ragazza scivolò nel sonno rapidamente, mentre quelle immagini le vorticavano  sempre più rapide davanti agli occhi, ricordi di un difficile passato che l’aveva già distrutta una volta e che, adesso che si era scoperta innamorata di Tom, sembrava voler tornare alla riscossa a tutti i costi.

Si era già addormentata quando Tom entrò nella stanza, per avvertirla che avevano intenzione di andare a fare una passeggiata.

Le lacrime che bagnavano il cuscino ed il volto della ragazza non sfuggirono al centrocampista dell’Ascoli, che subito fu al suo fianco.

 

Tom Becker  03 Marzo  ore 10:58 PM

 

Continuo a non capirla. Cosa c’è che non va? Cosa la fa soffrire in questo modo? Possibile che voglia nascondermi ancora qualcosa? O è soltanto il timore di essere d’intralcio per la mia carriera a farla soffrire in questo modo? Non capisco cosa la spinga a tenersi tutto dentro. Martina, perché nascondi a tutti, anche a te stessa, il tuo vero io?

 

Silenzioso, scivolò accanto a lei e l’abbracciò, sperando che il suo calore potesse lenire il dolore che le stava rovinando il riposo, scivolando anche lui nelle braccia di Morfeo.

 

Al piano di sotto, Colette era intenta a imparare da Roberto ed Amy la difficile arte del medicare le contusioni.

Osservava rapita il modo in cui Roberto massaggiava il piede del portiere con la crema lenitiva, mentre la ragazza dai capelli fulvi controllava come stese la colonna vertebrale della vittima.

Era talmente assorta nei suoi pensieri che non si accorgeva neanche del modo in cui Benji la guardava con grande affetto, sentendosi bene in sua compagnia per la prima volta dopo quel bacio.

 

Benjamin Price  03 Marzo  ore 10:31 PM

 

Com’è carina quando è assorta nei suoi pensieri. Non so come faccio ad essere attratto da quel maschiaccio. E’ di certo molto bella… ma dentro è strana. Mentre lei è così bella sia dentro che fuori. Però… lei è  troppo dolce per un tipo come me. Potrei proteggerla da tutti, certo, ma non da me stesso. Io potrei farle del male e non accorgermene minimamente. Ma è così pura e candida. Quel paragone è azzeccato: lei è proprio come la neve del primo mattino, candida e intatta, affascinante e quieta, tanto bella quanto delicata. Ed io sono troppo rozzo per desiderare di affiancarmi ad una creatura simile.

 

- Vuoi provare tu, Colette?- chiese Roberto – Io dovrei andare a prendere del ghiaccio e qualcosa per steccargli questo piede. Non penso che sia rotto ma vorrei che lo muovesse il meno possibile.

Le gote della tedesca divennero immediatamente color porpora e subito il suo sguardo volò al volto del portiere, che per risposta le sorrise ed annuì.

 

Sylvia Holler scese circa un’ora dopo essere arrivata, indossando una camicia verde chiaro e un paio di blue jeans e con i capelli legati in una coda di cavallo da un elastico rosso, e subito si diresse nel salotto dove trovò soltanto il nonno ad attenderla, seduto sul morbido divano.

- Gli altri sono usciti a fare una passeggiata per darci la possibilità di parlare con tutta calma. Siediti accanto a me.

In perfetto silenzio, la ragazza si accomodò accanto a lui, per poi partire con la domanda che più le premeva.

- Tu… tu sei Terence Horance Tzunoshi?

- Sì, sono io.

- E sei anche mio nonno?

- Penso di sì, ma non conosco ancora il tuo nome per intero.

- Io sono Sylvia. Sylvia Erika Mariko Holler.

- Sì, sei mia nipote. Figlia di mia figlia Shimone Tzunoshi e di Herik Holler.

- Come mai non ti ho mai incontrato?

- Non so cosa sia accaduto. Tua nonna ed io ti abbiamo vista cadere in acqua in Svezia, quando avevi soltanto un paio d’anni. Credevamo che fossi morta, altrimenti ti avremmo fatta cercare per più tempo, piccola.

- Quindi è una menzogna il fatto che tu mi abbia cacciata.

- Esatto. Ti amavamo come se fossi nostra figlia e tua nonna è stata talmente male quando ti credevamo morta che è stata uccisa dal dolore in pochissimo tempo.

- Posso fidarmi di te?

- Sì. E’ la verità.

- Allora perché i miei nonni paterni mi hanno detto che tu non mi volevi più tra i piedi e mi avevi affidata a loro? Perché hanno mentito così spudoratamente?

- Non lo so, ma ti giuro che mai e poi mai io ti avrei allontanata da me. Eri la luce dei miei occhi, dopo la morte dei tuoi genitori.

 

Sylvia Holler  03 Marzo  ore  11:03 PM

 

Questa è la prova. Nonno e nonna mi hanno mentito tutto questo tempo sul conto di nonno Raiden. Lui mi voleva bene e loro… loro mi hanno strappato a lui ed hanno fatto morire la nonna dal dolore! Come posso perdonare persone simili? Come posso voler bene a certa gentaglia? Li detesto con tutto il cuore! Sono stati dei bastardi! Perché mi hanno portata via in quel modo orribile? Perché hanno fatto così tanto male ai genitori della mia povera mamma? Io… io non voglio più avere a che fare con persone simili. Voglio restare qui con loro. Non lascerò che quei bastardi mi riportino in Svezia. Voglio restare con l’unica persona che mi ama davvero, senza condizioni e senza limiti. Voglio vivere con nonno Raiden.

 

- Quindi loro mentivano. Li odio! Ecco perché non volevano che venissi qui a parlarti! Non volevano che scoprissi che negli ultimi quattordici anni mi hanno ingannato e raccontato solo frottole!

Sylvia si alzò dal divano come una furia e, armeggiando freneticamente con la maniglia della finestra, cercò di uscire dalla stanza.

Vi era quasi riuscita quando il nonno, che si era avvicinato molto lentamente alla nipote disperata, l’abbracciò da dietro nel tentativo di calmarla.

- Sylvia… non devi odiarli. Ti hanno raccontato delle bugie ma non per questo devi odiarli. Sono certo che in questi anni ti hanno trattato bene quanto avrei fatto io e ti hanno amata come una figlia. Tu sei figlia di tutti noi, bambina mia, perché sei parte dei figli che tanto amavamo e che abbiamo perso troppo presto. Devi capire quanto abbiano sofferto loro, quando hanno saputo che il figlio si sarebbe stabilito qui e, dopo la loro morte, che tu non saresti stata affidata a loro. Devono aver sofferto molto, e questo li ha spinti a compiere un gesto simile. Non devi odiarli per averti amato troppo, Sylvia, ma dovresti essere grata a loro per l’amore che hanno dimostrato nei tuoi confronti. Non ti spingo a contattarli stasera stessa, piccola mia, ma dovrai farlo e decidere con chi stare.

- Io ho già scelto, nonno. Voglio restare con te. Non voglio più avere a che fare con loro. Non li voglio più vedere neanche in fotografia. Hanno mentito ogni giorno. Ogni minuto hanno vissuto con il rimorso di aver lasciato la nonna morire di crepacuore ma non se ne sono mai curati. Io li odio, nonno, e non capisco come tu possa essere così comprensivo nei loro confronti.

- Capisco il loro amore nei tuoi confronti e mi metto nei loro panni. Capisco cosa devono aver provato, per questo accetto che abbiano fatto ciò. Forse anche io sarei stato capace di fare altrettanto, se addolorato come loro.

Gli occhi verdi di Sylvia si rivolsero a quelli del nonno, poi si chiusero, lasciando che le lacrime scorressero sul volto della sedicenne che tanta strada aveva fatto per ritrovare il ramo materno della sua famiglia.

 

Le sorprese per coloro che erano usciti non furono poche.

Sin dalla strada notarono che le luci in salotto erano ancora accese, nonostante la tarda ora, così, per rientrare in casa, il gruppo decise di passare per la porta di servizio che dava sulla cucina, e sotto la veranda trovarono Patty e Holly profondamente addormentati sul dondolo. Holly riposava con la testa appoggiata sulle sue ginocchia, mentre Patty aveva una mano destra tra i suoi capelli e la testa, chinata a sinistra, appoggiata all’altra, quasi la ragazza si stesse concentrando.

Sdraiato sul letto, con una borsa del ghiaccio sul piede e una buona dose di crema per trattare le contusioni sulla povera schiena dolorante, Benji vegliava sul riposo di Colette con la coda dell’occhio.

La tedesca, che si era prestata per restare a fargli compagnia, aveva letto per lui fino a quando non era stata vinta dal sonno e si era assopita sulla sedia, con il libro in grembo e la testa reclinata di lato.

E l’ultima sorpresa fu il trovare Tom e Martina nella stanza delle ragazze, profondamente addormentati.

Con una scrollata di spalle, coloro che erano ancora svegli, si accomodarono in salotto, su delle coperte o nei sacco a pelo, e attesero con pazienza che la notte passasse

 

(NdA: e qui è d’obbligo la nota: facciamo un piccolo saltino indietro nel tempo e nello spazio per vedere come se la cava qualcuno di nostra conoscenza. E’ da un po’ che non lo vedevamo all’opera con un pallone tra i piedi…)

 

Il sole non era molto caldo in quella soleggiata giornata di Marzo ma non per questo l’alto calciatore dalla pelle abbronzata non sudava.

Erano già quattro ore che si allenava, quella mattina, e doveva ammettere di essere davvero esausto.

Usare un pallone da quasi quattro chilogrammi era già faticoso, ma i pesi che il suo allenatore, Jeff Turner, gli aveva fatto applicare alle caviglie rendevano tutto molto più complesso e faticoso, tanto che Maki, che aveva trovato lavoro come aiuto inserviente all’interno della scuola calcio, appena poteva sfuggiva dalla sorveglianza della superiore e andava da lui per aiutarlo a superare meglio la fatica con piccoli interventi, come un massaggio alle articolazioni indolenzite oppure portandogli qualcosa da mettere sotto i denti.

Sapeva che nonostante lui non volesse ammetterlo, per lui era estremamente faticoso allenarsi e lavorare part-time come addetto alla cura dei campi di allenamento, lavoro al quale puntualmente partecipava anche Maki, soprattutto da quando la madre di Mark aveva iniziato a scrivere lettere per entrambi e mandato una foto sua e dei tre fratellini di Mark, che la ragazza custodiva gelosamente in una cornice di plastica posta sul tavolo del locale che l’istituto aveva concesso ai due, ossia una stanza inutilizzata del capanno per le attrezzature.

Desiderava ardentemente donare a quella donna ed ai suoi tre figli parte del ricavato del suo lavoro, nonostante ancora non avesse trovato il modo per rivelarlo a Mark, che di certo non avrebbe accettato il suo denaro.

Stanco, si gettò sull’erba ed in men che non si dica la ragazza dalla chioma fulva fu al suo fianco, con una piccola busta in una mano e due lattine di birra nell’altra.

- Ho pensato di venire a vedere come stavi. Ci stai dando dentro, Mark, ma non pensi sia più salutare riposarti un po’?

- Non preoccuparti Maki. Io sono forte, e lo sai bene- fu la risposta del calciatore che, steso sulla fresca erba, aveva chiuso gli occhi ed assaporava il lieve calore del sole sulle membra indolenzite.

- Lo so benissimo che sei forte, Mark, ma resti un essere umano e quella caviglia gonfia non mi convince affatto- fu la secca risposta di lei, che gattonò fino all’articolazione che, arrossata, spuntava dalle logore scarpette da calcio indossate senza calzini.

Sfilò la scarpa dal piede e, staccata la plastica che univa le due lattine, le pose ai due lati.

- Sono fredde!- squittì il cannoniere, che comunque dimostrava sollievo per il refrigerio donatogli.

- Se no non le avrei messe lì. E adesso tirati su e mangia, se no si raffredda- fece lei, passandogli una scatola di ramen confezionato di fresco che, tra le mani del giovane, scottava.

- L’avevano appena preparato- spiegò, passando al compagno le bacchette ed una confezione con quattro polpette di riso.

- Grazie mille Maki- sussurrò, prima di gettarsi a capofitto sul pasto.

 

Maki Akamine  02 Marzo  ore  12:34 AM

 

Quanto mi fa piacere essergli utile... Lui si prende cura di me con talmente tanto affetto… non che lo dimostri in modo plateale, ma lo vedo dai suoi occhi e dai suoi gesti quando siamo soli che mi vuole bene. E’ giusto che io ricambi questo affetto aiutandolo. Lui mi ha sostenuta ed aiutata in molte occasioni. E poi… è talmente dolce quando mangia! Sembra non aver mai visto una scodella di ramen in vita sua! Mi fa piacere che il suo appetito sia abbondante. Significa che brucia molta energia per allenarsi. Speso solo che non esageri con questi esercizi o rischia di spezzarsi una gamba di questo passo. Lo vedo che soffre quando colpisce la palla. Io lo aiuterò in tutti i modi per evitare che si faccia del male.

 

Mark Lenders 02 Marzo ore  12:34 AM

 

Maki… quanto sei dolce! Capisco Oliver e il suo splendido rapporto con Patty solo adesso che trascorro questi giorni in tua compagnia. Mi piaci fisicamente e caratterialmente. Solo una ragazza molto forte avrebbe reagito come te a certi eventi. Sei molto forte ed allo stesso tempo sei la dolcezza fatta persona. Ti voglio bene Maki. Grazie per tutto ciò che fai. Mi curi e sostieni, mi sfami ed aiuti nei momenti in cui sono troppo stanco per muovere un muscolo, nonostante anche tu lavori con impegno e molto a lungo. Un giorno ripagherò questo tuo impegno, te lo prometto. Un giorno tornerò a Tokyo e tu sarai al mio fianco. Ti donerei anche la luna, se il tuo desiderio fosse di possederla. Mia preziosa Maki, voglio che tu sia felice.

 

I due mangiavano da qualche minuto quando un affannato Jeff Turner, stranamente sobrio, li raggiunse.

Aveva corso fino a lì ed in mano stringeva un giornale.

- Cosa succede Mister?- chiese, guardando il suo allenatore che, pallido, ora era piegato sulle ginocchia per riprendere fiato.

- Guarda- riuscì a dire, gettando ai piedi del suo calciatore un giornale nazionale con una grossa foto di un aereo in fiamme in prima pagina.

- Cosa significa?

- I genitori di Oliver Hutton e della sua amica… hai presente quell’esaltata che gridava alle partite con quella bandiera ridicola…- disse Turner, intercalando agli spezzoni di frasi un profondo respiro- sono morti.

- Morti?! I genitori di Holly sono morti?

Maki posò una mano su quella del compagno, che nel frattempo sembrava impietrito dalla notizia.

 

Mark Lenders  02 Marzo  ore 12:41 AM

 

Non posso ignorare tutto questo! Devo andare da lui! Devo andare da lui! Devo andare da lui!

 

Mark guardò Maki, poi il suo mister, che annuì.

- Il battello parte il cinque, alle sei del mattino. I biglietti sono già nella vostra stanza. Ho già parlato con il preside e vi ha accordato un permesso di quattro giorni, anche di più se mi informate con qualche ora di preavviso.

- Perché possiamo partire così tardi?

- Mark, l’ultimo battello è partito ieri mattina. Lo sai che passa ogni cinque giorni.

Il cannoniere annuì, poi tornò a mangiare.

- Io vado con lui. Se quella megera della Nobushi mi scopre…

Lui si limitò ad annuire svogliatamente, ma lei non se la prese e lo lasciò nuovamente solo con i suoi pensieri, sapendo che la sua forza non sarebbe venuta a mancare in un momento del genere.

 

(NdA: torniamo al “presente”, e più precisamente a Tokyo…)

 

Tokyo, ore 07:22 AM

 

Mano nella mano, Patty e Holly stavano fermi, guardando quel piccolo aereo da dove, lo sapevano, sarebbero state scaricate quattro bare coperte dalla bandiera giapponese, che contenevano i miseri resti dei loro genitori.

Erano stati portati all’aeroporto dal fido Roberto, che era qualche passo dietro di loro, lontano dai ragazzi che attendevano le salme dei genitori.

Oliver guardò per un istante la ragazza al suo fianco. I capelli scuri erano mossi dalla brezza che spirava da est ad ovest, che creavano una specie di lucida aura attorno al viso pallido. Dai suoi occhi scuri scivolavano giù lacrime piccole ma frequenti, che bagnavano a tratti quelle guance pallide.

Le strinse la mano in segno di sostegno, ma i suoi occhi rimasero fissi sul velivolo e sul suo carico.

 

Patricia Gatsby  04 Marzo  ore 7:27 AM

 

Come vorrei poter mandare indietro le lancette del tempo… Vorrei avessero potuto vivere la nostra felicità, il nostro amore, vedere il nostro matrimonio e poi i nipotini… ora invece sono solo resti di un incendio, morti in un momento di gioia, proprio mentre tornavano a casa da noi. E Holly è così protettivo nei miei confronti… ma è naturale. Sono arrivata a fare una pazzia e potrei rifarla. Ha ragione ad aver paura di me. Sono pericolosa sia per me stessa che per gli altri. Forse dovrei farmi curare da qualcuno… ma non abbiamo il denaro per farlo. Dobbiamo assolutamente vendere una delle case ed io devo cercare lavoro per mantenerci. Di certo non posso permettere che lui si accolli anche questa responsabilità, soprattutto in questo momento così delicato. Sta guarendo, se vede, ma non deve dedicarsi ad altro che al calcio se vuole farcela e non sarò di certo io quella che lo distrarrà.

 

Roberto Sedinho 04 Marzo  ore 07:27 AM

 

Holly Hutton, adesso devi mostrarti forte. Aiutarla a superare il colpo e tornare di nuovo il grande calciatore che eri. Solo in questo modo potrai aiutarla a guarire da questa ferita interna. Speriamo che tu riesca a migliorare in fretta… E’ egoistico dirlo, ma voglio rivedere il magico tocco di quell’undicenne minuto e sorridente che chiamava amico il fedele pallone. Voglio rivedere la rovesciata e le punizioni, i tiri ad effetto e quelli di potenza, il colpo di tacco e quello di testa. Voglio rivedere la stella del calcio giapponese.Grazie mille Patty. Sono sicuro che senza di te lui non sarebbe mai tornato a sorridere e non sarebbe mai riuscito a toccare di nuovo la palla. Grazie mille, Patricia Gatsby. Un giorno o l’altro ti giuro che mi sdebiterò.

 

Oliver Hutton 04 Marzo  ore 07:27 AM

 

Patty… quanto vorrei risparmiarti questo dolore…ma non posso farlo. Soffro anche io, nonostante il mio desiderio di nasconderlo. Io desidero immensamente che tu sia felice con me e sono certo che pian piano, insieme, riusciremo a superare anche questo dolore. Ti voglio bene Patty.

 

Con un gesto molto semplice, la mano di Patty sfiorò il volto del suo ragazzo e fece in modo che la guardasse.

- Non vergognarti di piangere. E’ normale- sussurrò lei.

 

Oliver Hutton 04 Marzo  ore 07:28 AM

 

Questi grandi occhi sinceri… la sua voce calma… la  forza che trasmette nella sua apparente fragilità… Neanche ti accorgi di quanto sei bella. Grazie mille Patty! Grazie di esistere!

 

Il calciatore abbracciò la sua lei con forza ma lei non fiatò. Ricambiò con tenerezza la stretta di Holly e iniziò ad accarezzargli i capelli. Il calciatore singhiozzava contro la sua spalla con forza, quasi avesse dentro un enorme peso di cui liberarsi e che lei, con la sua calma e discrezione, era riuscita a sciogliere. Dal canto suo, Patty piangeva in silenzio e con calma, in un modo che alcuni definirebbero “maturo”. Non un suono, solo grandi lacrime di dolore che scivolavano lungo le sue gote. Solo dolore puro che fuoriusciva direttamente dal suo cuore. Un cuore che, di nuovo, aveva rimesso in sesto alla meglio, attaccando i pezzi di quel mosaico complesso in modo che la struttura fosse solida e pronta ad affrontare un nuovo dolore.

 

Sin dalle prime ore del mattino da casa Gatsby fuoriuscivano suoni a dir poco spaventosi.

Urla e grida in italiano, inglese tedesco e giapponese avevano svegliato tutti quella mattina e gli autori non erano altri che Martina Maroni e Benjamin Price.

La furia della sera prima non si era ancora placata e adesso il portiere, con al braccio una terrorizzata Colette, stava guardando con occhi di brace l’italiana che aveva avuto la pessima idea di attaccarlo verbalmente per l’ennesima volta.

- Tu, brutta italiana che non sei altro! Tornatene al tuo paese e lasciaci in pace! Qui siamo a lutto!

- E tu non portarti dietro il Touring Club!

- Come osi dire questo in sua presenza! Non provare più ad offendere Colette, o ne pagherai le conseguenze!- grugnì il giapponese, pronto a balzare alla gola della ragazza dalla quale era fisicamente attratto.

- Per favore, smettetela…- sussurrò Colette, con voce rotta dal pianto.

- Io non la smetto. Questa straniera ti ha offesa!

- Di certo sono più educata di te!

- Non credo proprio. Hai l’educazione di un orango!

- E tu quella di un babbuino! Anzi, di un gorilla. E gli assomigli anche, ad un grosso gorilla puzzolente!

- Come osi dirmi certe cose, piccola oca con i capelli dal colore assurdo! Sembri essere caduta in un barattolo di vernice! E poi il modo in cui li hai… sei per caso stata spedita dentro un semaforo da qualcuno che non voleva più vederti?

- Cretino che non sei altro! Ti faccio vedere io…

Raiden guardava la scena da lontano, pronto ad intervenire nel caso ve ne fosse la necessità.

Al suo fianco stava Sylvia, che non staccava gli occhi dall’anziano parente.

 

Sylvia Holler 04 Marzo  ore 08:34 AM

 

Mi sembra così strano… sono ospite a casa di una ragazza che ha appena perso i genitori e ne sta organizzando il funerale, assieme a un gruppo di ragazzi giapponesi e non che litigano da mattina a sera, un uomo di colore e il  nonno che, secondo i nonni paterni, era quello che mi aveva cacciata di casa quando ero molto piccola. Non so neanche come comportarmi con loro… sono molto gentili ma capisco pochissimo quando parlano in giapponese o in italiano e soltanto un po’ di più se lo fanno in inglese. Gli unici che capisco sono la ragazza tedesca e il portiere. E non so neanche come comportarmi con il nonno. E’ quasi uno sconosciuto per me, ma mi vuole talmente tanto bene… come è strana la vita! Non so neanche come ringraziare quelle ragazze che hanno preparato la nostra colazione... Quando torneranno lo farò certamente, anche se ancora non so in quale lingua. Mannaggia a me e alla mia testaccia dura! Avrei dovuto studiare di più l’inglese! E poi… c’è quel buffo ragazzo che sta sempre accanto al nonno. Da quel che ho capito si chiama Bruce… certo che è proprio strano quando ride. Come adesso. Spalanca la bocca e ride di gola. Ho quasi la sensazione che prima o poi ingoierà una mosca ridendo in questo modo! Non è molto bello, ma sembra simpatico. E poi la sua famiglia si è dimostrata molto gentile nei miei confronti. E’ bello sentire l’amore di questi perfetti sconosciuti. Sono felice di essere qui con loro. La mia vita cambierà radicalmente.

 

- Ridi anche tu per il litigio di quei due?- le chiese Raiden, sorridendo alla nipote.

Sylvia si scoprì ridacchiante di fronte a quelle sfuriate tra Benji e Martina.

- Sì. Ma fanno sempre così?

- No… hanno fatto anche di peggio ieri sera- disse Bruce, sorridendo alla nuova arrivata dall’altra parte dell’ex pugile- Benji è sempre stato piuttosto irritabile ma Martina... è straordinario come Tom riesca a sopportare una ragazza simile. E’ irruenta e con la delicatezza di un bulldozer, oltre ad avere quella voce decisamente troppo alta. E’ assordante.

- Io la trovo gradevole. La voce intendo.

- Sei abituata a sentire le sirene?

Sylvia gli fece la linguaccia ma non riuscì a trattenere molto quell’espressione e sorrise con dolcezza al giapponese, che si trovò spiazzato da un’espressione tanto dolce ed abbassò gli occhi sulle sue fette biscottate con la marmellata.

Raiden scoppiò a ridere di fronte alla faccia stralunata del ragazzo, mentre lei lo guardava interrogativa, non capendo che cosa fosse preso al nuovo amico.

 

Horance Tsunoshi 04 Marzo  ore 08:39 AM

 

Ahi ahi ahi! Bruce è bello che cotto! Un sorriso e Sylvia l’ha conquistato. Sono felice. E’ un bravo ragazzo e se a Sylvia fosse simpatico, sarei felicissimo di vederli insieme. Solo che non so che cosa possa pensare Sylvia… Bruce è simpatico ma di certo non è molto carino. Ha il naso come quello di un pugile. Magari sono state tutte le pallonate che ha preso in piena faccia! Ma resta il fatto che lui non è carino come lo sono Julian, Holly, Benji, Tom o Philip.

 

Fu il rumore di vetri rotti a spingerli ad alzarsi da tavola e vedere che cosa fosse accaduto nell’altra stanza.

 

Colette cercava in tutti i modi di fermare i due litiganti, ma non c’era riuscita. Tra i due stavano per volare parole grosse quando lei si era messa tra di loro e Martina, poco gentilmente, l’aveva spinta via, verso il divano. Era stato a quel punto che Benji aveva perso il lume della ragione e tentato di colpire la ragazza.

 

Benjamin Price 04 Marzo  ore 08:35 AM

 

Come si è azzardata a dire e fare tutto questo a Colette? Sporca italiana, te la farò pagare cara! Altro che bella ragazza… questa è una stronza di prima categoria. Ma adesso le farò passare io la voglia di parlare male di Colette e stuzzicare un portiere del mio calibro. E’ ora di farla finita con questa storia. Voglio darle una lezione che ricorderà finché vivrà. Preparati  bella mia. Ha inizio la tua esecuzione

 

Un brivido corse lungo la spina dorsale di Martina quando guardò il portiere. Aveva gli occhi di un assassino.

 

Martina Maroni 04 Marzo  ore 08:35 AM

 

Accidenti! Si è incazzato a morte! Meglio così! Mi serviva proprio una bella scazzottata. Speriamo solo che lei non si metta di nuovo in mezzo. Credo che se la toccherò un’altra volta il portiere qui presente mi manderà all’altro mondo. Accipicchia, ma perché mi sono cacciata in una situazione simile? Come mi è saltato in mente di far imbestialire un colosso simile. Oh, se Tom fosse stato sveglio mi avrebbe fermata, ma lui dorme ancora… maledetta la mia lingua lunga!

 

Dopo aver schivato una serie di colpi, Martina decise che era ora di reagire.

Si stavano battendo da un paio di minuti quando Colette aveva avuto il pessimo tempismo di frapporsi nuovamente tra loro e la tedesca era stata colpita da un sinistro degno di un pugile professionista dell’italiana, finì per colpire la credenza ed infrangere il vetro di una delle ante con il gomito destro.

 

Benjamin Price 04 Marzo  ore 08:38 AM

 

Colette! Oh mio Dio! E’ ferita! Sta perdendo del sangue.

 

Martina Maroni 04 Marzo  ore 08:38 AM

 

No… non può essere successo… non posso aver fatto questo… non di nuovo… non posso! Non posso averlo fatto di nuovo! Come ho potuto? Sono davvero quel tipo di cattiva ragazza? Sono davvero come mi ha detto lui? Sono davvero quel pessimo elemento? Come? Come? COME?

 

Quando il gruppo entrò nella stanza Benji era accanto all’amica, che, pallida come sempre, stringeva i denti sostenendo il gomito sanguinante. La tremante Martina, invece, era in lacrime di fronte alla finestra e guardava terrorizzata il sangue che usciva dalla ferita della tedesca.

- Maledetta italiana!- gridò Benji, guardandola con occhi iniettati di odio- Come hai potuto farle una cosa del genere!

- Non volevo…- sussurrò, portando le mani al volto mentre gli altri correvano a soccorrere la sedicenne.

Solo Tom, sveglia dal baccano causato dall’evento, era distante da loro e guardava Martina con occhi dispiaciuti.

Fece per avvicinarsi, ma lei fu più rapida. Corse in direzione della porta e, nel corridoio, si diresse verso l’ingresso e fuggì via da quella casa, luogo in cui aveva compiuto nuovamente un misfatto.

Tom fece per inseguirla, ma poi posò gli occhi su Colette, ora tra le braccia di Benji, e comprese che era meglio che Martina restasse sola per un po’. Aveva bisogno di assorbire l’impatto del suo gesto e trovare il coraggio di guardarli di nuovo in faccia. Non immaginava che per lei quell’evento era più traumatizzante di quanto potesse immaginare. Non sapeva cosa era accaduto a Martina prima del suo arrivo. Non sapeva che era tutto collegato.

- Mi sembra piuttosto grave- disse Benji, osservando il gomito trafitto dell’amica- Io la porto al Pronto Soccorso.

Tutti si fecero da parte mentre Benji passava, ma non Tom, che rimaneva fermo sulla porta d’ingresso, dando le spalle al portiere e alla ragazza che lui trasportava.

- Spostati Tom. Dobbiamo passare- disse, gelido.

Il centrocampista si spostò senza una parola ma guardò Benji con aria dispiaciuta.

- Mi dispiace…- disse all’amico.

- Mettile la museruola, piuttosto. Quella è pazza. Te lo dico da un sacco di giorni, Tom. Lasciala perdere.

- Nonostante il suo gesto, Martina rimane la ragazza di cui sono innamorato e sono certo che non ha colpito Colette di proposito.

- Di proposito oppure no, ha ferito Colette. Mi basta questo per odiarla.

Detto questo il portiere uscì come una furia e sbattè la porta in faccia all’ex compagno di squadra.

 

Patty e Holly, affiancati da Roberto, stavano di fronte al ministro dei trasporti, Kaede Nagashima, mandata in rappresentanza dello stato per l’arrivo delle salme dei coniugi Hutton e Gatsby.

- Mi spiace moltissimo per i vostri genitori- disse la donna, stringendo prima la mano di Holly e poi quella di Patty- Vi assicuro che l’intero Giappone vi è accanto in questo momento di difficoltà, ragazzi.

Detto questo, il ministro e la delegazione si allontanarono dal piccolo gruppo.

Roberto guardò i volti dei due orfani poi passò un braccio attorno alle spalle di ognuno e disse:

- Dobbiamo andare a firmare qualche documento per la consegna dei corpi poi dobbiamo partire per Fujisawa e organizzare… se volete, posso farlo io per voi. Non c’è alcun problema.

- No. Ce la caveremo. Vero Holly?

Il ragazzo guardò la ragazza per la quale aveva rischiato la vita e sorrise.

- Sì. Insieme ce la faremo.

 

- Sei stata davvero molto coraggiosa- disse Benji sorridendo alla ragazza dai capelli chiarissimi.

Erano all’interno di una stanza del Pronto Soccorso e stavano attendendo la documentazione necessaria per lasciare la struttura ospedaliera.

Fortunatamente li avevano fatti passare immediatamente per via dell’emorragia e adesso, dopo averle fatto diverse radiografie, estratto i vetri e messo una serie di punti al gomito, Colette stava visibilmente meglio e, aiutata da Benji, stava indossando il tutore che avrebbe dovuto sostenere il suo braccio per un paio di settimane.

- Non ho fatto nulla di speciale- disse, tenendo lo sguardo basso mentre lui, dietro, le aggiustava il tutore.

- Nessuna persona l’avrebbe fatto per me. Mi guardano e poi si dicono “ma chi lo riuscirebbe a mettere KO un tipo come quello?”, così preferiscono darsela a gambe, lontano dai miei pugni.

- Si vede che non ti conoscono.

- Perché dici così?

- Io non scapperei mai di fronte a te, neanche nel momento di maggiore collera- fece lei, arrossendo- Insomma… so che sei un ragazzo giusto, un tipo che non mena le mani senza un ottimo motivo. Inoltre… io so non mi faresti del male. Me l’hai ampiamente dimostrato. Si vede benissimo che ci tieni alla mia incolumità e non vuoi che qualcuno mi faccia del male.

Benji si sentì avvampare a sua volta. Era stato davvero così cristallino? Aveva davvero dimostrato di tenere a lei in un modo così palese?

- Sai…- continuò la tedesca- quando oggi Martina ha detto quella cattiveria sul mio conto ho creduto che volessi ucciderla.

- Non nominarla neanche quella stronza. Guarda come ti ha conciata- disse, indicando il livido nerastro che si stava allargando sotto il suo occhio sinistro.

- Non attaccarla così duramente. Non è poi così grave…

- Ma ti ha fatta del male- fu la secca risposta del portiere.

- E’ stato un incidente, Benji. Poteva capitare a chiunque.

- Non le perdono di averti fatto del male.

Colette annuì, sapendo perfettamente che il portiere era davvero furioso e niente sarebbe riuscito a smuoverlo dalle sue intenzioni.

- Va bene- sussurrò lei, scendendo dal lettino in modo tale da sentire come il tutore le avrebbe limitato i movimenti.

 

Colette Montgomery 04 Marzo  ore 10:26 AM

 

Io non me la sento di odiarla come fa lui. E’ stato un caso che io finissi contro quella credenza e mi facessi male. Ahi! Certo che fa male! Ma non devo mostrarlo. Benji è già talmente preoccupato… litigare con Martina non deve piacergli molto, a giudicare dalla faccia. Sembra quasi triste… sì, deve essere dispiaciuto per il battibecco con Martina. Certo che lei ha esagerato. Come fa a trovare così tanti motivi per litigare? E poi perché prende di mira soltanto Benji? Che voglia attirare la sua attenzione su di sé? No, ma cosa sto pensando! Lei è la ragazza di Tom e sembrano molto affiatati. E’ impossibile! O forse sì? E’ possibile che anche lei si sia accorta del modo in cui lui la guardava e che abbia deciso di giocare con lui ed i suoi sentimenti? Possibile che Martina sia così falsa? Oh, ma cosa sto pensando! Sono davvero una stupida. E…  gelosa? Possibile che io sia gelosa di lei, con quel suo carattere tutto strano e le sue maniere ben poco femminili? No, sono gelosa della sua bellezza, di quello strano mix di mistero e luce che la avvolge e la rende appetibile ai ragazzi, ecco di che cosa sono gelosa. Insomma, lei non è una specie di maxi stuzzicadenti piatto e pallido. Ha i colori del sole e della salute mentre io… io sono solo una che è a malapena uscita dall’anoressia, abbandonata dalla madre e innamorata di un ragazzo che non mi guarderà mai con occhi differenti da quelli di un apprensivo fratello maggiore. E’ questa la realtà. Lui mi considera una sorellina da proteggere, non certo una papabile ragazza con cui uscire o andare al cinema. Io sono solo una fragile ragazza che gli è stata affidata dal presidente del suo club per farle fare un viaggio e liberarla per un po’ dall’opprimente clima familiare, soprattutto ora che lui ha trovato una nuova donna da amare.

 

- Colette… qualcosa non va?- le chiese il portiere, che aveva notato le lacrime che inavvertitamente la tedesca si era lasciata sfuggire.

Lo guardò sorpresa, poi si asciugò il fretta il volto e sorrise:

- Non è nulla.

- Colette, non dimenticare che se vuoi parlare di qualcosa, io sono sempre pronto ad ascoltarti. Come hai detto tu, ci tengo alla tua incolumità ma allo stesso modo desidero vederti felice. Sai… anche ieri mattina stavi piangendo, naturalmente nel sonno, e questo mi preoccupa. Cosa succede? Sono stato per caso io a farti soffrire? Perché se è così… mi dispiace averti fatta soffrire e vorrei ovviare in qualche modo.

Colette sorrise.

- No, non è affatto colpa tua.

- Allora di chi è? Di Martina?

- No. Non è sua. La colpa è di me stessa e delle mie incertezze. Sono solo pensieri sciocchi, non farci caso.

 

Benjamin Price 04 Marzo  ore 10:27 AM

 

Se non vuole parlarne non la costringerò a farlo. Speriamo solo che non sia qualcosa di grave…

 

Il silenzio cadde tra i due ragazzi e solo il medico che portò loro la documentazione del Pronto Soccorso fu in grado di rompere quell’imbarazzante parentesi di mutismo.

 

- Basta! Io vado a cercarla- sbottò Tom, guardando l’orologio che oramai segnava l’una passata- E’ uscita da più di quattro ore. Non è normale.

Erano tutti seduti in salotto, dove Colette occupava il divano con Benji e Sylvia.

Gli altri guardarono Colette, poi Benji ed infine Tom. Se la prima sembrava imbarazzata ed il secondo aveva lo sguardo da belva indemoniata, Tom era triste e palesemente nervoso.

- Aiutiamolo- disse Bruce- Che cosa stiamo aspettando? Dividiamoci in gruppo e andiamo a cercarla. E’ un’italiana in una città giapponese. Per quanto ne sappiamo, potrebbe essersi persa.

- A me non importa. Che torni a casa da sola quella figlia di puttana. Se fosse per me, potrebbe anche andare a buttarsi giù da un ponte. Non m’importa minimamente di dove diavolo sia andata a cacciarsi quella bastarda.

Naturalmente il parere contrario veniva dall’infuriato Benji, che adesso aveva la mano sinistra di Colette sul braccio e gli occhi glaciali della tedesca puntati su di lui in segno di rimprovero.

Tom, il pacato e calmo Tom, guardò con disprezzo il portiere, poi si alzò ed uscì dalla casa sbattendo la porta.

- Non ho mai visto Tom così incavolato- disse Bruce alla sbalordita Sylvia- Ma ha ragione. Hai esagerato Benji. Persino Colette non ce l’ha con Martina. Perché tu, invece, fai tutto questo polverone?

- Non se se ricordi che Colette ha dovuto mettersi quaranta punti e dovrà portare il tutore per altre due settimane. E le è andata bene. Per quanto ne so, avrebbe potuto ammazzarla con un pugno simile. E’ una sconsiderata e non intendo cambiare opinione. Non voglio più vederla.

Raiden e tutti i ragazzi, tranne Colette e Benji, si organizzarono in gruppi di ricerca e, lasciati a casa Amy e Julian ad attendere Patty, Holly e Roberto, uscirono alla ricerca dell’italiana.

 

Quando Holly e Patty giunsero a casa, trovarono gli abitanti tutti in fermento.

Colette era sul sofà, con un livido in volto ed un tutore a sorreggerle il braccio destro e Benji era al suo fianco, che squadrava tutto e tutti con aria truce; la credenza aveva un anta dal vetro rotto e insanguinato, con vetri, cocci e schegge sul pavimento; in cucina c’erano soltanto Ami e Julian, seduti al tavolo.

- Cosa è successo in salotto?- chiese Holly.

- Martina e Benji si sono presi a pugni. E di mezzo c’è andata Colette. Le hanno messo quaranta punti e dovrà portare il tutore per una settimana. In compenso Martina è scappata e non sappiamo dove sia andata a finire. Gli altri sono fuori a cercarla mentre noi restiamo qui ad aspettarla e difenderla.

- Difenderla?- chiese Patty.

- Sì- fu la risposta di Amy- Benji la vuole squartare. E’ stata lei a  colpire Colette con il pugno che le ha fatto colpire la credenza.

- Benji non è tipo da esagerare.

- Infatti, ma per Colette è diverso- fece Julian, facendo l’occhiolino ai due per far intuire cosa rendesse diversa la situazione- Holly, quell’italiana e Benji non vanno assolutamente d’accordo.

- Cosa vuoi che faccia? Cacciare uno dei due?

- No. Ma tu devi iniziare l’allenamento. Porta Benji con te il più possibile. Lo stesso farà Tom con Martina. Lui crede che Martina non stia bene per qualche ragione. Ha paura che ci sia molto di più.

I due annuirono, poi si sedettero sulle sedie.

- Roberto arriverà tra un paio d’ore con le bare. Dovremo liberare il salotto. E’ l’unica stanza che può contenerle tutte e quattro e nella quale avanzi anche un po’ di spazio. Ma adesso non me la sento. Soprattutto con Benji in quello stato- fece Patty, passandosi una mano sugli occhi.

- Ci penseremo noi. Voi due riposatevi. Anzi, vi prepariamo il pranzo.

La gentile proposta di Amy le fece guadagnare un sorriso da parte dei due orfani, grati all’amica per l’aiuto che, assieme a Jenny, stava fornendo a Patty sia sul piano psicologico che su quello pratico.

 

Oliver Hutton 04 Marzo  ore 02:43 PM

 

Che guaio! Colette ferita, Benji infuriato e l’imprevedibile Martina in piena fuga. E dobbiamo anche organizzare i funerali. Eh sì, saranno giorni davvero molto pesanti per me e Patty.

 

Patricia Gatsby 04 Marzo  ore 02:43 PM

 

Martina, perché l’hai fatto? Cosa ti ha spinto ad arrivare alle mani con Benji? Che cosa ti passava per la testa?

 

Martina Maroni correva da ore per le vie, piangendo disperata. L’immagine di Colette ferita era stampata nella sua mente e non voleva togliersi dai suoi occhi. Era troppo. Non poteva più stare con loro.

 

Martina Maroni  ore  02:08 PM

 

Come ho potuto? Come? Anche l’altra volta… anche quella volta è stato lo stesso. Io volevo solo scherzare. Non volevo farle del male. Non volevo che andasse a finire così. Non era mia intenzione ferirla.

 

Intanto la pioggia iniziò a scendere dal cielo, prima lenta e rada, poi sempre più forte e fitta, fino a tramutarsi in un vero e proprio temporale.

Stanca e bagnata, Martina si sedette su un altalena in un parco giochi, con lo sguardo perso nel vuoto e le lacrime che si mescolavano alla pioggia e rimase lì per diversi minuti, incurante del tempo che scorreva e della pioggia che diveniva sempre più violenta.

Fu una mano a svegliarla dai suoi pensieri.

Guardò chi l’avesse disturbata ed incontrò gli occhi castani di Tom, il quale, in lacrime, si era messo accanto a lei.

Neanche lui aveva qualcosa per ripararsi dall’acqua ma non sembrava essere disturbato dalla pioggia. Era concentrato su di lei e sulla disperazione che traspariva dai suoi occhi sotto forma di lacrime.

- Non volevo deluderti- sussurrò.

- Lo so che non l’hai fatto di proposito.

- E’ meglio che torni in Italia…

- Non dire sciocchezze…

- E non è tutto. Tom, tu sei un ragazzo stupendo ed io ti amo moltissimo… ma non può funzionare tra noi. Dimenticati di me. Cambierò scuola e tu non mi vedrai più. Presto sarai di nuovo felice, magari in una squadra di maggior prestigio. E con una ragazza migliore al tuo fianco.

- Tu sei la migliore.

- Io ho la fedina sporca. Ti rovinerei la vita.

- Solo per quell’incidente?

Martina puntò i suoi grandi occhi nei suoi e, furiosa, disse:

- Tu non sai niente di me! Tu non sai quello che è accaduto! Tu mi conosci da pochi mesi, Tom, e non sai quello che ho fatto. Non sai che bambina ero né che ragazzina ero qualche anno fa. Tu non sai nulla del mio passato.

- Allora dimmelo tu.

- No. Non posso.

- Perché no?

- Non posso farlo. Mi odieresti.

- Ho il diritto di saperlo.

- Questa è la fine del nostro discorso. Adesso ti ho riferito tutto ciò che avevo da dirti. Addio Tom.

Detto questo, la ragazza fuggì via, lasciando Tom sotto la pioggia, sbigottito e disperato allo stesso tempo.

 

Tom Becker 04 Marzo  ore 03:27 PM

 

Martina… cosa ti è successo? Che cosa mi nascondi? Perché mi hai trattato in questo modo? Vuoi davvero che tra noi finisca così? Non puoi! Non puoi farlo! NON PUOI LASCIARMI IN QUESTO MODO! Non puoi lasciarmi per colpa di Benji! Non puoi farlo! NON PUOI FARMI QUESTO!

 

Il grido di Tom si levò nell’aria e fu udito anche dall’italiana, ma non si fece intenerire. Doveva andarsene dal Giappone. Per il bene di Tom, lei doveva lasciarlo. Il suo problema più impellente era quello di trovare il denaro per tornare in Europa. A malincuore si diresse verso casa Gatsby per recuperare i suoi bagagli.

 

La porta di casa Gatsby si aprì con un colpo che fece sussultare tutti i presenti in cucina, poi si udirono passi rapidi per il corridoio ed il grido di Colette.

Holly, Patty, Amy e Julian si precipitarono in salotto e videro Tom seduto sopra a Benji, con una mano alla gola del portiere e l’altra chiusa a pugno, che calava aritmicamente sul volto dello sbalordito Benji.

- Tu!- gridava Tom, in preda alla furia cieca- Tu me l’hai portata via! E’ stata tutta colpa tua! Sei stato tu a farle del male! E’ tutta colpa tua se lei mi ha lasciato! Sei stato tu a farlo, Benji! Ti odio!

Holly e Julian, sbalorditi, corsero da Benji per portare via l’infuriato centrocampista, ma solo quando intervennero Patty e Amy riuscirono a permettere al portiere di alzarsi e prepararsi ad attaccare il centrocampista.

- Ma cosa ti salta in mente?- ringhiò il tedesco, pulendo il sangue che macchiava il suo mento.

- L’hai fatta andare via! Martina vuole tornare in Italia solo per colpa tua! Mi ha lasciato per colpa tua, Benjamin Price!

Fece per dargli un altro pugno quando una persona si parò a difesa di Benji e prese il colpo per lui: era Martina, bagnata fradicia e con gli occhi gonfi, che lo guardava con aria dispiaciuta dal pavimento.

- Non è per lui che lo faccio- disse, alzandosi in piedi.

- Allora perché? Che cosa significa?

- Mi odieresti. Anzi, tutti voi mi odiereste se ve lo dicessi.

- Posso parlarti?

La voce sottile di Colette sorprese tutti. Con calma si avvicinò ed inginocchiò accanto alla ragazza.

- Io non ho avuto paura di esporre il mio problema perché sono consapevole di essere tra amici. Capisci? Nonostante io mi vergognassi di ciò che avevo fatto, loro mi hanno accettata per ciò che sono e non mi hanno giudicata. Tu stessa sei stata molto socievole sin dal nostro primo incontro. Non puoi proprio dirci perché stai così male?

 

Martina Maroni 04 Marzo  ore 03:34 PM

 

Come? Come può essere così gentile nei miei confronti? Io le ho fatto del male ma lei mi vuole ancora bene. E’ mia amica nonostante le mie parole offensive. Sì, ha ragione lei. Devo dirlo. Devo confessare il mio reato più grave e far luce su questo mistero. E’ loro diritto sapere. Tom… spero solo che grazie a questo racconto tu capirai come io potrei nuocere alla tua carriera. Avevo quasi rimosso quell’evento, ma oggi tutto è tornato vivo ed attuale. Sono pronta a confessare il mio crimine.

 

- Come puoi dire una cosa simile a me, quella che ti ha fatto del male?

- Sei mia amica, ricordi?

Martina sorrise a Colette, poi si alzò.

- Vi racconterò tutto. Ma non sarà un bel racconto.

Martina prese il fiato poi iniziò.

- E’ iniziato tutto quando avevo tredici anni. Mi sono innamorata di un ragazzo di un paio d’anni più grande. Stavamo insieme da un anno quando lui mi disse che aveva deciso che dopo il diploma del terzo anno avrebbe lasciato la scuola. Non sarebbe andato a lavorare, però. Lui aveva scelto l’esercito ma era ancora indeciso per via di me. Eravamo molto innamorati. Io non volevo che se ne andasse e glielo dicevo spesso. Questo ha portato al logoramento del nostro rapporto, tanto che alla fine ci lasciammo. Io ero furiosa perché ero ancora innamorata di lui. Un giorno di marzo, mentre facevo la babysitter a sua sorella, litigammo selvaggiamente ed inavvertitamente colpii sua sorella. Lei finì in mezzo alla strada e fu investita. L’impatto le è stato fatale e lui non mi ha mai perdonata. Anzi, ora è in riformatorio proprio perché, per vendicarsi, lui ha tentato di uccidermi per quello che ho fatto. Ma aveva ragione a volerlo fare. Io ho ucciso quella bambina. Ecco di che cosa ho paura. Sono un’assassina.

- Avevi paura di essere odiata da noi?- chiese Patty.

Martina annuì, mentre le ragazze la guardavano con affetto.

Benji si avvicinò a lei con aria truce.

- Non sprecherei anni preziosi della mia carriera per uccidere una mosca come te, Martina Maroni- fece Benji, nascondendo a stento un lieve sorriso- Credo che sia meglio perdonare il tuo gesto non intenzionale, ma ricordati di non osare più insultare Colette, sono stato chiaro?

Martina annuì, poi lasciò che gli altri la abbracciassero.

L’unico a non farlo fu Tom.

Martina si avvicinò a lui e, preso il ragazzo per mano, lo portò al piano di sopra, in una stanza per avere un po’ di privacy.

- Tu hai paura che io possa lasciarti e questo, unito all’incidente con Colette, ti ha fatto tornare in mente questa storia?- fece lui non appena la porta fu chiusa.

- Sì.

- Dovevi dirmelo.

- Non volevo essere un peso. Ho già rovinato una vita con i miei capricci.

- Martina, quel tizio la vita se l’è rovinata da solo. Tu non hai colpa.

- Ho ucciso una bambina.

- Eri tu stessa poco più di una bambina e non l’hai spinta sotto quell’auto di proposito. E’ stato un incidente.

- Ma la bambina è morta!

- Colette però non è morta. Lei sta bene e prestissimo starà meglio.

- L’ho ferita.

- Non volevi farlo. Non essere così severa con te stessa.

- Devo esserla. Ho sbagliato e devo pagare il fio.

- No. Devi tornare a vivere e a fidarti di chi ti vuole bene. Per prima cosa devi rimangiarti ciò che hai detto al parco sul fatto che la nostra storia è finita. Non devi dire mai più che vuoi lasciarmi per il tuo passato. Io ti amerei anche se fossi un gerarca nazista. Sei la mia Martina e non importa il tuo passato senza di me, ma la vita insieme. Ti amo.

- Anche io ti amo. Oh Tom!

Abbracciò con forza il centrocampista e si baciarono tra le lacrime. Pian piano i baci si fecero sempre più roventi e desiderosi. Caddero sul letto con dolcezza e, tra carezze e baci, fecero per la prima volta l’amore.

 

  
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