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Autore: Melanto    01/12/2011    8 recensioni
Aria. Acqua. Terra. Fuoco. Alla disperata ricerca del Principe scomparso, mentre nel cielo rosseggia un'alba che odora di guerra. Una lotta contro il tempo per ritrovare la Chiave Elementale, prima che finisca nelle mani del Nero, e salvare il pianeta.
Siete pronti a partire?
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Alan Croker/Yuzo Morisaki, Hajime Taki/Ted Carter, Mamoru Izawa/Paul Diamond, Teppei Kisugi/Johnny Mason
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Elementia Esalogy'
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ELEMENTIA
- The War -





CAPITOLO 10: Il compleanno di Teppei (parte II)

Rhanka – Regno degli Ozora, Terre del Sud

Non si era mai sentito così. Mai. In nessun momento della sua vita.
Mai da bambino, quando il tocco di sua madre gli era sembrato troppo freddo e distante, né alla scuola, dove il Fuoco aveva rappresentato solo lo sfogo della rabbia e del cinismo.
No, quel calore tiepido e avvolgente senza essere indiscreto, ma calmo e rassicurante, era convinto di non averlo mai provato prima. Così come non si era mai sentito tanto tranquillo, immerso in una sensazione di benessere che lo aveva accompagnato e cullato per tutta la notte.
Quella era stata senza ombra di dubbio la migliore dormita che si fosse fatto negli ultimi anni. Talmente piacevole che le sue labbra erano incurvate in un sorriso.
Nemmeno questo gli era mai capitato: svegliarsi sorridendo, eppure lo sentiva distendere i tratti del viso dall’espressione perennemente infastidita o imbronciata.
Ad ogni modo, nonostante i sensi e la coscienza si fossero già svegliati da un po’, seguitava a restare con gli occhi chiusi perché sapeva che, qualora li avesse aperti, quella sensazione di pace e benessere avrebbe avuto un nome cui associarla e tutto sarebbe divenuto troppo. I tanti tasselli di emozioni, volutamente sparpagliati o lasciati da parte, si sarebbero ricomposti dando risposte e minando quell’antica promessa su cui aveva edificato il suo cammino elementale.
Quanto aveva sacrificato di sé stesso per quel giuramento?
E perché proprio lui e nessun altro lo stava lentamente portando a un passo dal frantumarlo?
Era tutta una strana ironia e si rimproverò per aver permesso che gli si avvicinasse così… per essersi avvicinato a lui così, e non era solo una mera questione fisica, ma qualcosa di molto complesso. Un qualcosa che si fondeva alla tranquillità del suo respiro, che era tanto vicino da solleticargli le labbra, e alla ritmicità calma del battito del cuore, che sentiva sotto le dita, dove la mano si poggiava sul petto.
Quando aveva abbassato la guardia, permettendo al muro che aveva eretto attorno a sé di creparsi? E come aveva fatto, lui, a insinuarsi in uno spiraglio così piccolo da essere invisibile?
Ma forse, più di ogni altra cosa, più del come e del quando, Mamoru continuava a domandarsi il perché; quell’assurdo e inspiegabile ‘perché’ di cui non riusciva a venire a capo: perché proprio un volante? Non avevano niente in comune, assolutamente niente. Interessi differenti, caratteri opposti, punti di vista divergenti, eppure continuava a sentirsi in colpa verso di lui per i fatti occorsi a Sendai, continuava a preoccuparsi per lui ogni volta che aveva il sentore che fosse in pericolo, continuava ad avvertire la presenza di un invisibile laccio a tenerli legati. Sentiva, quasi a pelle, il mutare dei suoi stati d’animo anche quando cercava di nasconderli dietro uno degli incantesimi di Alastra; lo aveva notato anche quando, una volta da soli in camera, avevano parlato di Teppei.
E tutto quello continuava a non avere senso anche nel momento in cui si decise a schiudere lentamente le palpebre.
Come aveva immaginato, il viso della sua fonte di benessere comparve davanti la pece delle proprie iridi. L’ingenuità che lo aveva colpito fin dalla prima volta che lo aveva visto trapelava ugualmente dall’espressione di Yuzo, anche se era profondamente sopita. Gli occhi nocciola erano nascosti dietro le palpebre chiuse, il sorriso luminoso era al sicuro a ridosso delle labbra leggermente aperte.
Avvertì il tepore del vento shurhùq spirare piano attorno a loro, ancora stretti nell’abbraccio in cui si erano addormentati. Sentì la sua mano mollemente appoggiata sul fianco e l’altro braccio sotto al collo, mentre le gambe, che dovevano aver intrecciato durante il sonno, lo tenevano bloccato in quella posizione.
Mamoru seguitò a osservarlo, nella penombra che i tenui raggi del primo mattino avevano creato riuscendo a infiltrarsi tra le imposte, respirando adagio, quasi col terrore di svegliarlo e sentirsi di nuovo con addosso la sensazione di essere stato colto a far qualcosa che non avrebbe dovuto anche se, effettivamente, non si era mosso né aveva fatto alcunché.
Ma nonostante l’intensità con cui lo stava fissando, quasi avesse potuto avere una rivelazione da un momento all’altro, non riusciva a capire.
Cosa aveva quel volante di tanto speciale rispetto a tutti gli altri Elementi d’Aria, anzi, rispetto a qualsiasi altra persona che aveva incontrato sul suo cammino? Cos’era che lo rendeva diverso tanto da non riuscire più a separarsene?
E lui perché si ostinava così disperatamente a cercare di capire, invece di lasciare che tutto finisse nel dimenticatoio delle cose inutili ai fini della missione e della sua stessa esistenza, come aveva fatto fino a quel momento ogni volta che qualche strana sensazione aveva intaccato la sua solita indifferenza?
In fondo… lui odiava quel volante! Era un dannato accalappia guai, sapeva solo farlo uscire dai gangheri e… e…
Mamoru fece scivolare lentamente la mano, che aveva lasciato appoggiata sul suo petto, verso l’addome, fino ad avvolgergli il fianco per sostare alla base della schiena. Piano lo attirò di più a sé quel tanto che bastava affinché le fronti si toccassero e i nasi si sfiorassero; il calore del suo respiro divenne l’ossigeno che inalò mentre richiudeva la pece all’interno delle fornaci, sospirando: “Perché proprio tu, Yuzo?” in un mormorio che rimase fiato senza suono.
Si riscosse solo quando sentì l’altro muoversi contro di sé. Aprì gli occhi di uno spiraglio, osservandone gli assestamenti.
Nel sonno, Yuzo ritrasse la mano che gli aveva lasciato sul fianco, rannicchiandosi contro di lui e a Mamoru sembrò alla ricerca di un rifugio, di un nido. Le gambe scivolarono contro le sue, carezzandole in movimenti che alla Fiamma parvero estremamente sensuali nella loro innocenza. Sorrise, quando l’altro sospirò soddisfatto e il fiato gli solleticò il collo nel punto in cui aveva nascosto il viso.
Le posizioni si erano invertite con una naturalezza sconosciuta. La sera prima, era stato Yuzo ad abbracciarlo per ripararlo dal freddo, era stato sul suo collo che lui aveva respirato e nascosto il viso contrito dall’ira riemersa assieme ai vecchi ricordi dell’infanzia. Ma ora, le braccia che avvolgevano e proteggevano erano quelle di Mamoru, il viso nascosto era quello di Yuzo e la Fiamma di Fyar si assopì nuovamente, sentendolo respirare sulla propria pelle.

Fu un vociare confuso e rumoroso che passò proprio davanti la porta della loro camera a svegliarlo di nuovo, e stavolta la luce all’interno della stanza era divenuta più intensa di prima.
Santa Maki, ma che diavolo di ore erano?!
Mamoru si mosse appena e notò che Yuzo stava ancora dormendo profondamente, mentre lo shurhùq era un sussurro tiepido sotto le coperte.
In quel momento, Mamoru realizzò ben due cose: la prima era che Yuzo fosse ancora a letto, quando, solitamente, era il più mattiniero dei quattro; la seconda era più che altro una domanda: com’era possibile che l’incantesimo fosse ancora attivo?
La Fiamma si tirò lentamente a sedere, sciogliendo l’abbraccio il più adagio concepibile per non svegliarlo. E per tutte le Dee che freddo che faceva fuori dalle coperte!
Rabbrividì, stringendosi nelle braccia, terribilmente tentato di rifugiarsi di nuovo sotto le coltri, quando un borbottio assonnato lo raggiunse.
“E’ già mattina?” In quel momento l’incantesimo cessò.
Mamoru si volse, inquadrando il volante che si stropicciava un occhio.
“T’ho svegliato?” domandò un po’ bruscamente, ma l’altro scosse il capo, regalandogli il primo sorriso della giornata.
“Spero tu non abbia avuto freddo, stanotte.”
“No” rispose laconico, osservando come gli sembrasse ancora stanco, nonostante avesse dormito più del solito. “Va tutto bene?”
Yuzo si stiracchiò, sprofondando il viso nel cuscino. “Sì, ho solo bisogno di qualche altro momento.”
Il sopracciglio della Fiamma si inarcò pericolosamente. “E’ perché hai usato l’incantesimo per tutta la notte, vero?” sbuffò con stizza, dissimulando un certo imbarazzo per la sua premura. “Sei il solito stupido volante. Non ce n’era bisogno.”
L’altro non se la prese e continuò a sorridere. Lentamente cercò di mettersi a sedere, notando solo allora come avesse bloccato Mamoru con le gambe.
“Oh, scusami” s’affrettò a lasciarlo libero, con espressione mortificata. “Non sono abituato a dormire con qualcuno, spero di non averti dato fastidio.”
“Ho dormito come un sasso, quindi, no, non mi hai dato noia.” Finse una certa indifferenza, tutto affinché la loro vicinanza non aumentasse anche di un solo millimetro. Però nel vedere ancora il suo sguardo leggermente velato, non riuscì a non chiedere, in quello stramaledetto atteggiamento da chioccia di cui non riusciva a liberarsi: “Sicuro di stare bene?”
“Sì, sì.” Il volante agitò una mano prima di crollare sulla spalla di Mamoru perché la stanza aveva preso a girare come una trottola. “…più o meno.”
La Fiamma sospirò.
“Sei un disastro.”
“Me l’hai già detto.”
“E allora perché perseveri?!”
La sua risata aveva un suono piacevole e Mamoru volse appena la coda dell’occhio.
“Perché se questi disastri servono per aiutare un compagno, allora li faccio volentieri.”
Diceva sul serio, Mamoru lo sapeva. Forse, la risposta al suo incomprensibilissimo ‘perché?’ era molto più semplice di quello che pensava.
“Tsk, volanti” borbottò. “E’ una delle vostre abilità?”
“Quale? Perseverare nel disastro?”
“No, stupido! Mi riferisco al saper lanciare incantesimi anche dormendo.”
Yuzo si sistemò meglio contro la sua spalla come fosse stato un cuscino, con disappunto della Fiamma. “Controllo dell’Inconscio. Posso fare in modo che lui mantenga vivo un incantesimo anche se non sono cosciente, ma è un comando che si impartisce da svegli.”
“Come con l’onice” rispose Mamoru senza pensarci e subito se ne pentì, sapendo quanto il volante fosse sensibile a quell’argomento.
“Te l’ha spiegato Hajime?”
“Sì, qualcosa.”
Yuzo sospirò. “Più o meno è così. L’incantesimo degli Evocatori agisce sull’inconscio degli Esecutori, anche se sono svegli. L’inconscio prende il sopravvento e ‘addormenta’ la coscienza agendo in totale autonomia sul corpo e, attraverso esso… distrugge.”
“Scusa, non avrei dovuto dirlo.”
“Va bene così, noi non ne abbiamo mai parlato ed è giusto che tu mi ponga delle domande, se ne hai.”
“Non volevo che ci pensassi di prima mattina.”
Yuzo rise divertito. “Così però sembra che ti preoccupi per me.”
Mamoru arrossì.
“Per niente! Ma come ti salta in testa?! Pensa a dormire ancora un po’ ché non ti reggi in piedi.”
“No, ma io sto-”
La Fiamma lo costrinse a stendersi. “Niente ‘ma’ è un mio ordine e noi due abbiamo un patto. Vedi di obbedire almeno a questo, volante. E poi, così mi fornisci anche una scusa credibile per mandare Teppei dal Doge.”
Mamoru gli lanciò praticamente la coperta sulla testa poi si mosse rapidamente per la stanza, cambiandosi in pochi minuti per non congelarsi e imponendo a sé stesso di farsi un bel bagno bollente prima di agire con il piano ‘Festa a sorpresa’.
Yuzo fece capolino da sotto le coltri.
“E’ vero! Oggi è il compleanno di Teppei, devo-”
“Dormire. Quando ti sarai ripreso farai tutto quello che vorrai, ma ora farai quello che ti dirò io. È chiaro?”
Il volante sospirò rassegnato, troppo stanco per controbattere, e si lasciò sprofondare nel morbido cuscino. “Va bene, va bene. Sei tu il capo.”
“Ecco, se non te lo ricordassi solo quando ti fa comodo, magari.” Ma Yuzo si era già addormentato e a lui non rimase che borbottare quello stizzito: “E ti pareva” mentre chiudeva la porta alle sue spalle.

“Che strano, non sono ancora in piedi.” Teppei addentò un biscotto sfornato da poco, mentre restava con Hajime seduto a un tavolo della sala da pranzo.
L’ambiente era un via vai brulicante di gente, molto più rumoroso di quando erano arrivati la sera prima. L’oste e i suoi garzoni correvano lesti tra i tavoli quasi tutti occupati, servendo i clienti, e l’intera sala era satura di odori invitanti come pane, biscotti e minestre calde, perché il nuovo giorno, lì a Rhanka, sembrava preannunciarsi ugualmente freddo e insidioso.
Dalla sua posizione, sempre accanto al vetro, Teppei diede un’occhiata al cielo grigio che sembrava minacciare pioggia a ogni attimo.
“E se fossero già usciti?” propose a un tratto, voltandosi verso Hajime che però scosse il capo.
“Ne dubito, non si sarebbero mossi senza prima avvertirci.” E, quasi a leggerlo nel pensiero, Mamoru fece capolino sulla soglia della sala, cercando di individuarli. “Appunto, che ti avevo detto?” Il Tritone agitò una mano, attirandosi l’attenzione della Fiamma.
“Sì, ma Yuzo dov’è?” s’interrogò Teppei mentre l’Elemento di Fuoco prendeva posto sulla panca assieme a loro.
“Buongiorno” esordì l’ultimo arrivato, richiamando anche l’oste con un cenno.
Il tyrano ridacchiò. “Sonno profondo quest’oggi?”
“Già. Questo freddo fa poltrire più del necessario” accordò Mamoru, mentre il nerboruto proprietario della locanda si avvicinava a lui, pronto per prendere la nuova ordinazione. “Del tè bollente.”
“E Yuzo è già uscito?” stavolta fu Hajime a parlare, ma l’interpellato scosse il capo, esibendo un ghignetto ironico.
“Il volante è fuori combattimento. Sta ancora riposando, ne avrà per qualche oretta.”
Acqua e Terra lo guardarono con tanto d’occhi e un filo di preoccupazione, visto che erano reduci da degli eventi non proprio felici.
“Che è successo? Sta bene?” Si informò subito il Tritone, ma vedendo che l’altro continuava a ridacchiare, capì che non c’era nulla da temere.
“Sta benissimo, ha solo bisogno di dormire.”
Teppei non parve convinto. “Ma… e come mai?”
“Lunga storia” tagliò corto cambiando argomento prima di doversi mettere a dare spiegazioni che, invece, avrebbe preferito tenere per sé. “Quindi, visto che il volante per ora non si schioderà dal suo letto, sarai tu ad andare dal Doge, Teppei.”
“I-io?! Ma… ma io non sono un diplomatico! Non dovresti andarci tu, visto che sei il capo-missione?”
“Vuoi che ti ricordi cosa è successo l’unica volta che ho tentato di parlare con un Doge?” E non era andata affatto bene: era stato così indisponente che per poco non era stato cacciato dal palazzo. Per fortuna che Yuzo era riuscito a calmare le acque. Da allora, Mamoru aveva deciso che se era il volante il diplomatico, un motivo ci doveva pur essere e così non aveva più aperto bocca oltre il necessario in presenza dei Doge.
Teppei non demorse.
“E… e allora perché non Hajime?”
Mamoru sospirò, sentendosi fiero della sua perfidia perché aveva pensato anche a quello. “Rhanka è una città devota a Yukari, con un Elemento di Terra saranno molto più disponibili.”
Solo allora il tyrano parve convincersi, anche se non completamente. “Non credo di essere molto adatto a questo genere di cose.”
“Ma guarda che non devi fare nulla di eccezionale.” Hajime cercò di rassicurarlo. “Ti presenti al suo cospetto, gli mostri il permesso reale per convincerlo che è davvero il Re a mandarti e gli fai le solite domande di rito” concluse, poggiandogli la mano sulla spalla e rivolgendogli un sorriso. “Sono sicuro che farai tutto alla perfezione.”
“Io e Hajime ci occuperemo di indagare in città. Il volante si unirà a noi quando avrà finito il sonnellino.”
Teppei sospirò, consapevole che non avrebbe potuto fare altrimenti, così si alzò deciso ad avviarsi subito verso l’abitazione del Doge. La Fiamma gli passò il permesso firmato da Re Koudai che recava lo stemma degli Ozora impresso nella ceralacca.
“Allora… io vado” disse un’ultima volta il tyrano, scrutando i visi sorridenti del Tritone e della Fiamma, prima di lasciarseli definitivamente alle spalle.
Quando Teppei fu fuori dal loro raggio visivo, Hajime esclamò. “Ottima trovata quella di Yuzo.”
“Oh, ma il volante è davvero fuori uso” rimarcò invece Mamoru, che venne finalmente servito dall’oste. Inalò profondamente il caldo aroma del tè, sorridendo soddisfatto, e pescò un biscotto, addentandolo con gusto.
“Che cosa?!” sbottò l’altro, stavolta incredulo per davvero. “Ma che ha? Sei sicuro che stia bene?”
“Ti ho già detto che sta benissimo e che ha solo bisogno di riposarsi ancora un po’. Per pranzo sarà come nuovo.” Mamoru sospirò con condiscendenza senza nemmeno degnarlo di uno sguardo, in parte perché era preso dalla propria colazione e in parte perché sapeva che Hajime era un maledetto ficcanaso che sicuramente non si sarebbe accontentato di qualche risposta vaga come Teppei.
Infatti, il Tritone incalzò. “Ma… vuoi spiegarmi che è successo?”
“Ti ho già detto che è una lunga storia.”
“Ho tempo prima di muovermi.”
“Chi ha tempo, non aspetti tempo” concluse con un ironico sorriso per fargli capire che non si sarebbe sbottonato nemmeno sotto tortura, poi tornò a sbocconcellare biscotti, mentre, al riparo dal suo sguardo puntato sulla superficie ambrata e fumante del tè, Hajime affilava il proprio, con fare indagatore. Distese le labbra in un sorriso perfido e si rilassò contro lo schienale della panca.
“E quindi…” Il tono insinuante si attirò subito l’attenzione di Mamoru. “…non mi è dato sapere in quali interessanti attività notturne tu abbia tenuto impegnato il nostro Elemento d’Aria…”
La Fiamma lo fulminò con un’occhiata di puro fuoco, sibilando minacciosamente il suo nome. “Hajime…”
“Dovevano essere di sicuro stancanti se ha bisogno di tutto questo riposo.”
“Hajime.”
“E poi, visto che non vuoi parlarmene, doveva essere qualcosa di estremamente imbarazzante, come quella volta a Sundh-”
“Ha. Ji. Me.” Il biscotto che Mamoru stringeva tra le dita iniziò a bruciare.
“Dai, dai! Stavo scherzando, non ti scaldare!”
“Mettiti al lavoro, invece di perder tempo” ringhiò ancora la Fiamma e l’altro non se lo fece ripetere, lasciando subito la sala senza smettere di sghignazzare.
Rimasto solo, Mamoru sbuffò. Col mento appoggiato nella mano, osservò con occhio critico il biscotto ormai carbonizzato.
“Che spreco” borbottò.

Mentre camminava per le vie che l’avrebbero condotto al palazzo dogale, Teppei si concesse un attimo di sincerità a sé stesso ammettendo di aver mentito sia ad Hajime che a Mamoru.
Non era perché non si sentisse in grado di svolgere egregiamente un colloquio col Doge il vero problema; era proprio Rhanka. Quella città gli ricordava troppo Tyran perché si sentisse pienamente a suo agio.
In condizioni diverse, quando ancora ignorava il marcio su cui si reggeva l’ultima difesa elementale, magari sarebbe stato felicissimo di trovarsi lì, ma in quel momento e con la verità nel cuore non vedeva l’ora di lasciarsela alle spalle. Aveva come l’impressione di dover affrontare Tyran stessa e il confronto col ritorno alla vita di sempre e lui… non si sentiva ancora pronto per farlo.
Con un sospiro affranto abbassò lo sguardo all’acciottolato sotto i piedi. Per un momento, come già era avvenuto quella notte, pensò all’eventualità in cui il Principe non avesse approvato la sua futura richiesta di scioglimento dell’Ordine.
Ad Hajime aveva sempre mostrato una sconfinata fiducia e sicurezza nella riuscita della sua personale missione nella missione, ma al riparo dal suo sguardo, col buio delle tenebre a nascondere i pensieri, aveva vagliato anche l’opposta possibilità e le conseguenze che ne sarebbero seguite.
Sicuro, come il sole nel cielo e come aveva detto anche al Tritone, avrebbe lasciato Tyran e smesso di essere un Elemento. Non sarebbe mai riuscito a fingere con i compagni e i Magister che erano all’oscuro di tutto, ma, allo stesso modo: sarebbe riuscito a fingere con i suoi genitori? Perché lui lo aveva capito quasi subito: che fosse rimasto o fosse andato via, il segreto dell’Onice avrebbe dovuto continuare a restare tale per tutti. E con che faccia avrebbe potuto guardare suo padre negli occhi senza dirgli la verità? Il vero motivo dietro il suo abbandono? Gli avrebbe provocato un dispiacere immenso, senza contare che, non potendogli dire nulla, avrebbe potuto pensare che avesse mollato per codardia e lì, al dolore, si sarebbe sommata anche l’onta del disonore. E sua madre? Che avrebbe pensato di lui?
E zio Shiro e zia Arin?
Magister Sho diceva sempre che fasciarsi la testa prima di essersela rotta l’avrebbe fatta solo rompere prima, ma lui non riusciva a togliersi l’immagine della scuola, dei compagni e degli insegnanti che l’avrebbero visto come un codardo e un traditore. Si sentiva quasi schiacciare e soffocare da quegli sguardi che, almeno per ora, restavano solo nella sua testa.
E stare lì, a Rhanka, non faceva che confonderlo ancora di più, in quella sensazione contrastante di nostalgia e disagio. Piacevole la prima, spiacevole la seconda. Gli mancava Tyran, ma era felice di esserne lontano chilometri.
Teppei camminava affrontando il vento a viso aperto e senza indietreggiare; non era forte quanto lui e per spezzare una roccia ci voleva un lavorio continuo e lungo. Però la corrodeva, ne mangiava un pezzo alla volta, piano piano. Faceva meno male di un colpo secco, però prolungava l’agonia verso l’infinito.
D’intorno, la gente viveva il nuovo giorno avvolta in scialli e mantelli; capelli nascosti sotto cappelli pesanti per non soffrire troppo il freddo.
Si inoltrò per una stradina che permetteva di aggirare il centro pur conducendo comunque alla residenza dogale.
Lì trovò una vecchietta.
“Giovanotto!”
Teppei si fermò. Un po’ titubante si guardò intorno, ma c’era solo lui.
“Sì, sì, sto parlando con te. Vedi altri giovanotti in giro?”
La nonnina era piccola e infagottata, ricurva su un bastone nodoso intagliato direttamente in un grosso ramo. Era interamente vestita con colori scuri, nero e marrone; si riusciva a scorgere solo il viso grinzoso e l’attaccatura di capelli bianchi.
“Posso aiutarvi?”
“Ti prenderai un malanno se non ti copri per bene, lo sai, giovanotto?” disse agitando l’indice con sapienza. Teppei sorrise, grattandosi i ricci.
“Oh, non preoccupatevi, sono uno resistente.”
“Lo diceva anche mio nipote e ora è a letto con la febbre!”
“Ma io sono un Elemento di Terra, nonnina, non abbiate paura! Sono una roccia!” subito però si rese conto d’aver parlato troppo. Se Mamoru avesse saputo che si era lasciato sfuggire d’essere un Elemento, si sarebbe arrabbiato di sicuro, fissato com’era con la discrezione.
“Un Elemento? Oh, allora è proprio la Divina Yukari che ti manda, giovanotto!” sorrise la donna, mostrando qualche dente mancante. Le rughe profonde si arricciarono tutte, rendendola buffa. Poi, lo prese sottobraccio, guardandolo da sotto in su. “A causa del forte vento, il mio gattino è rimasto intrappolato sotto un muro di pietra che è crollato nella notte. Saresti così gentile da aiutarmi a riprenderlo?”
“Ma certo, dov’è?”
La vecchina lo guidò dietro un’abitazione oramai abbandonata. Il muro che delimitava il perimetro era venuto giù e da sotto il cumulo di resti si sentiva un tenue miagolio.
“Povero, povero micetto. Sarà tutto infreddolito. La notte fa freddo qui, lo sai?”
“Adesso ci penso io, lasciate fare a me!”
Teppei afferrò i pezzi di roccia con una strabiliante facilità, nemmeno fossero fatti di cartone. Li gettò da un lato e dall’altro in modo che non potessero più creare pericolo. Tra la polvere, emerse una testolina pelosa.
“Eccoti qui!” Il tyrano lo prese per la collottola e lo porse alla vecchina che batté le mani, felice.
Il gattino scrollò il pelo, acciambellandosi tra le braccia della donna. A casa lo avrebbe aspettato un bel piattino di latte caldo.
“Oh, grazie, mio caro. Grazie mille. Se non ci foste voi Elementi, come faremmo noi povere vecchiette piene di acciacchi? Non abbiamo mica la forza di un tempo.” Piano, dalla borsa che portava appesa al braccio, estrasse una lunga sciarpa di lana; gli fece cenno di abbassarsi e gliela mise attorno al collo. “Così non ti prenderai il raffreddore, giovanotto.”
Teppei guardò quel regalo inaspettato e sorrise, profondendosi in un inchino. “Grazie mille, nonnina.”
“E fai attenzione, mi raccomando” salutò la donna, allontanandosi un passettino alla volta sorreggendosi al bastone.
Il tyrano si sentì soddisfatto di sé stesso: quella poteva dirsi una classica missione da Minister, anche se era ancora solo uno studente. Però doveva ammettere che era stato divertente, aveva salvato una vita e aveva reso felice una simpatica vecchietta. Con un gesto convinto, annodò meglio la sciarpa e riprese il percorso verso il palazzo del Doge.
Il viottolo correva lungo la zona più rurale della città e costeggiava il torrente che, tagliando Rhanka, si dirigeva verso quote più basse.
Teppei ne guardò il rapido scorrere. Quelle acque dovevano essere gelate, ad Hajime sarebbero di sicuro piaciute.
Più avanti, presso il ponte che collegava le due sponde e portava nelle campagne aperte fuori dal centro urbano, il giovane scorse un gruppo di uomini impegnati a lavorare alacremente, mentre altri, con carretti al seguito, discutevano col capomastro e due soldati della Guardia Cittadina.
“Ma io devo passare! Ho le vacche da mungere! Chi lo farà se non ci penso io? L’altro ponte è troppo lontano e stretto, col carro farei fatica e non riusciremmo nemmeno a passarci in due! Tulée ha addirittura le capre…”
“Mi dispiace, ma il transito è vietato, qui. Il ponte è troppo pericoloso, al momento. Stiamo cercando di fare il possibile per stabilizzarlo, ma attraversarlo con dei carri o, peggio ancora, con del bestiame, sarebbe rischioso. Non posso permettervi di farlo.” Il soldato più alto in grado aveva parlato con tono deciso ma i pastori presero a rispondere tutti insieme.
Teppei si avvicinò, incuriosito dagli schiamazzi. Si fermò accanto un anziano appoggiato a un lungo bastone grezzo che usava per guidare le sue greggi. Un grosso cane dal pelo bianco gli restava accucciato ai piedi.
“C’è qualche problema?” domandò l’Elemento e il pastore sospirò.
“Ci sono sempre problemi, ragazzo. Da che è iniziata la guerra, molti dei nostri giovani sono partiti per raggiungere la Capitale, per arruolarsi tra le fila della Guardia Cittadina, e noi siamo rimasti a corto di manovalanza.” Accennò col capo in direzione del gruppetto di capre che pascolava libero all’altra sponda del corso d’acqua. “Io devo andare a recuperare le mie bestie, ma col ponte pericolante non ci fanno passare. Questa non ci voleva proprio, senza contare che il Minister di Terra è stato chiamato d’urgenza da un villaggio vicino, a causa di una frana…”
Teppei allungò il collo per vedere i muratori alle prese con i lavori, ma l’acqua era gelida e rendeva tutto più lento e difficile. Indeciso, diede una rapida occhiata al castello dogale le cui torri svettavano in lontananza e poi di nuovo al ponte. Il suo spirito buonista prevalse. Se Mamoru l’avesse saputo, gli avrebbe di sicuro detto che il volante l’aveva contagiato, così decise che l’avrebbe tenuto per sé.
Raggiunse il cuore della protesta e si attirò l’attenzione dei contendenti.
“Perdonate l’intromissione, ma forse potrei esservi d’aiuto: sono un Elemento di Terra.”
Il vociare confuso si interruppe e gli sguardi di tutti si puntarono su di lui.
Il pastore che aveva fretta di andare a mungere il bestiame sgranò gli occhi, speranzoso. “Davvero ci potresti aiutare, figliolo?”
“Non gioite troppo presto, vi prego.” Si intromise il soldato, rivolgendogli poi lo sguardo. A guardarlo da vicino, Teppei si accorse che era più giovane di quello che sembrava. Era proprio vero: i soldati più esperti erano stati richiamati a Raskal, punto di incontro anche dei volontari. Ormai, l’Armata Reale doveva già essersi mossa per raggiungere il fronte Nord.
“Vieni da Tyran, hai detto? Che livello sei?”
“Sesto, signore.”
Il soldato sospirò. “Sei sicuro di poter fare qualcosa?”
“Certo. Posso stabilizzarlo, almeno in maniera provvisoria, in modo che le persone possano transitare e, contemporaneamente, i lavoratori continuare a sistemarlo.”
“Può reggere per almeno due-tre giorni?” Il mantello della guardia svolazzò a una folata più forte. “Il Minister di Terra sarà di ritorno per quella data.”
“Anche di più!” annuì Teppei, sorridendo al soldato. Quest’ultimo sembrò rilassarsi e gli fece cenno di avvicinarsi al ponte, per poter operare meglio.
Il tyrano scrocchiò le dita. Era una specie di rituale che compiva ogni volta che doveva entrare in azione. Entrò nel torrente, ma gli stivali lo protessero dal freddo; per fortuna il livello delle acque arrivava solo fino al polpaccio. Afferrò una delle lunghissime travi in metallo con cui avrebbero dovuto rinforzare la struttura del ponte e la sollevò con la sola forza fisica.
I manovali lo guardarono con tanto d’occhi: e pensare che per riuscire a portarla fin lì, c’erano voluti quattro di loro e molta fatica.
Teppei la sistemò sotto l’arco, incastrandola alla perfezione. Ripeté l’operazione anche con le altre, aiutandosi con la telecinesi, quando necessario, per stabilizzare alcune delle rocce della volta.
Di sicuro, ora il capomastro e i suoi uomini avrebbero potuto lavorare più agilmente, visto che aveva fatto metà dell’opera. Poi, al suo ritorno, il Minister avrebbe dato gli ultimi ritocchi.
I pastori potevano di nuovo tornare a transitare.
“Ecco fatto.” Teppei si ripulì le mani, raggiungendo la riva. “Adesso non dovreste avere problemi.”
Un coro di assensi si levò entusiasta da parte di tutti, lavoratori e pastori.
“Yukari ti benedica, figliolo! Grazie dell’aiuto!”
“Meno male che ci siete voi, Elementi, ad accorrere in caso di bisogno.”
“Saranno decisivi anche nella guerra, ne sono sicuro!”
“Con loro ad aiutare il Re e l’Armata, gli scontri finiranno in un batter d’occhio!”
“Ahahaha! Gamo e i suoi scapperanno a gambe levate!”
Teppei si grattò la nuca, imbarazzato. Gli uomini lì attorno parlavano con una sicurezza che nemmeno loro, proprio gli Elementi che avrebbero dovuto salvare il pianeta, avevano fino in fondo. Erano fiduciosi, una fiducia che lui, invece, sembrava aver perduto.
“Adesso non esagerate.” Li ammonì il soldato, bonariamente. “E occupatevi del vostro bestiame. La guerra non è mica una cosa così semplice da risolvere.”
I pastori borbottarono, dandogli del menagramo e del pessimista. Poi risero e si misero finalmente in marcia per riprendere la loro quotidianità. Quando si furono allontanati, il miliziano rivolse un sorriso a Teppei.
“Grazie per averci aiutato, ci sei stato davvero utile.”
“Il piacere è stato mio.”
“Non sei di queste parti, vero? Rhanka non è molto grande e non mi sembra ci siano altri Elementi oltre al nostro Minister.”
Il tyrano annuì. “Vengo dalla Capitale, devo parlare col Doge.”
“Se vuoi ti possiamo dare noi un passaggio a cavallo, così farai prima.”
“Ma non vorrei farvi perdere tempo…”
Il giovane uomo rise, dandogli una leggera pacca sulla spalla. “Figurati. Si tratterà solo di pochi minuti, non preoccuparti.” Fece cenno al suo compagno d’armi e tutti e tre si mossero per raggiungere le cavalcature. Teppei montò alle spalle del soldato.
Dalla via laterale, tornarono a dirigersi verso il centro: a cavallo ci avrebbero messo di meno e il via vai di gente non sarebbe stato un problema.
“Spero che tu sia dotato di pazienza” affermò il soldato, d’un tratto. “Il Doge ha sempre molte persone con cui conferire. Rhanka sarà anche piccola, ma i problemi fioccano di continuo.”
L’idea di dover aspettare non allettò molto il tyrano che continuava a non sentirsi a suo agio nel dover affrontare un Doge.
“Non importa, aspetterò.”
“Spero non sia nulla di grave, se ti mandano addirittura da Raskal; ma con la guerra alle porte, mi viene da pensare tutto e il suo contrario.”
“Non vorrei sembrare scortese, ma purtroppo sono informazioni riservate…”
Il soldato scosse il capo. “Scusami tu, sono stato indiscreto. Capisco bene quale sia la tua posizione.”
Mentre i cavalli si muovevano a passo svelto lungo la strada, Teppei si guardò attorno.
“E’ per la guerra che ci sono così pochi miliziani, in giro?” Ne aveva già avuto il sentore quando aveva visto il suo compagno di sella giù al torrente, ma girando per il centro ne aveva avuto la conferma: non ne aveva contati nemmeno una decina.
“Ahimé, sì, purtroppo. Ogni dogato ha dovuto sacrificare le proprie difese di circa il trenta/quaranta per cento degli uomini; sono stati tutti inviati al fronte, scortati da alti funzionari facenti le veci dei Doge.” Il giovane girò interamente il volto per riuscire a scorgere il viso dell’Elemento. “Visto che vieni dalla Capitale, per caso hai qualche notizia? Sai se l’Armata Reale si è già mossa?”
“Mi dispiace, ma sono partito molto prima che le forze di difesa si mettessero in marcia. Da un mese era cominciata l’adunata.”
Il soldato, che doveva avere al massimo cinque anni in più di lui, sospirò con una certa afflizione, tornando a guardare in avanti.
“Sì, capisco. Perdona la mia curiosità, il fatto è che mio fratello minore è nel gruppo partito da Rhanka.”
Teppei aggrottò le sopracciglia. Nella mente realizzò come la guerra fosse anche e soprattutto quello: separazione. Dalla famiglia, dalla propria città e dagli amici. Si lasciava tutto alle spalle per andare ad affrontare un destino di cui non si conosceva l’esito.
Anche il cammino elementale iniziava con una separazione, però non era per sempre e il destino era chiaro. La separazione diveniva unione, gli amici lasciati non erano perduti, ma si sommavano agli altri che si sarebbero incontrati sul proprio cammino. Amici con cui imparare a difendersi e a combattere… ma per cosa, se gli ideali su cui tutto era costruito non erano che di cartapesta? Per cosa valeva la pena tirare dritto e continuare a lottare affinché i pilastri che reggevano Elementia potessero tornare nuovamente di roccia indistruttibile?
“Sai, forse i pastori l’hanno fatta troppo facile, ma in parte sono d’accordo con loro.”
Il giovane lo strappò al suo continuo pensare che non sembrava trovare una via d’uscita.
“Noi soldati ci mettiamo la forza e le armi, l’astuzia di una buona strategia, il valore… ma contro Gamo e i suoi, contro il Nero, di sicuro non sarà sufficiente. Per questo la gente fa affidamento su di voi, perché oltre a tutto quello che abbiamo anche noi, voi portate la magia che è la più grande speranza del nostro pianeta. Voi siete la Speranza di Elementia.”
La speranza? Loro? Con tutti gli inganni e le menzogne?
“La gente crede in voi, per questo continua a vivere giorno dopo giorno nonostante la consapevolezza che il mondo possa finire anche domani. Il popolo sa che le Dee non vi lasceranno mai da soli e non vogliono essere da meno, dandovi tutto il supporto morale di cui avete bisogno. Dandovi la loro fiducia. E anche io.” Poi ridacchiò. “Ma meglio se non mi faccio sentire da mio fratello, è un tipo molto permaloso!”
Anche Teppei sorrise, però le sue parole rimasero lì, bloccate nella testa.
Loro erano la speranza, la fede e la fiducia delle persone.
Nonostante tutto, nonostante il male che si annidava da mille anni nella loro storia.
Gente come quel soldato, come quei pastori, come quella vecchina, che non sapevano niente dell’Ordine dell’Onice e avrebbero continuato a ignorarne l’esistenza probabilmente fino alla morte, credevano in loro nella maniera più pura possibile. Per loro, gli Elementi erano davvero uomini senza macchia. E fino a poco fa, anche lui pensava la stessa cosa. Tutti i suoi compagni di scuola lo pensavano e così gli altri Elementi sparsi da Alastra ad Agadir, da Tyran a Fyar.
Loro, che combattevano senza conoscere la verità, continuavano a essere puri come la neve che cadeva sul Trono di Yukari.
Non tutte le fondamenta erano marce, dopotutto.
Il miliziano fermò il cavallo nei pressi del muro di cinta che delimitava la proprietà del Doge.
“Ah, perdonami! Devo averti annoiato con tutte le mie chiacchiere. Siamo arrivati, quello è l’ingresso del palazzo.”
Teppei smontò con un agile salto e, sollevando il capo, rivolse un largo sorriso al giovane della Guardia Cittadina.
“Ti ringrazio per le tue parole: la fiducia che riponete in noi è anche la nostra forza. Sono sicuro che, quando tutto questo sarà finito, tuo fratello tornerà a casa.”
Il soldato ricambiò il sorriso, accennando col capo. Tirò le briglie e indirizzò nuovamente il cavallo verso la città. “Non ti ho nemmeno chiesto come ti chiami.” Si rese conto, all’ultimo momento.
“Teppei Kisugi, da Tyran.”
“Io sono Seisuke Kano(1). E’ stato un piacere conoscerti, magari un giorno ci rincontreremo. Abbi cura di te, Elemento della Divina Yukari.”
Il tyrano rimase a osservare la sua schiena, dove la cappa con il simbolo degli Ozora oscillava rabbiosamente al vento.
In quel movimento, deciso e fiero, in quel simbolo che riuniva i popoli della loro fetta di pianeta, Teppei capì che la domanda non era ‘per cosa’ tirare dritto, ma ‘per chi’. Ed era per loro.
Improvvisamente, non si sentì più a disagio nel dover parlare col Doge.



[1]SEISUKE KANO: questa è una piccola Guest Star! ;PPPPP Chi ha letto l’altra opera di Takahashi-sensei, “Hungry Heart” (che io consiglio vivamente! Esiste anche l'anime, che io non ho ancora visto, ma il manga è strabello! *_*), avrà capito subito chi è. E soprattutto chi è il suo ‘fratellino’ XDDDD
:) Ce lo vedevo bene Seisuke in questo ruolo e allora ho voluto lasciare un piccolo omaggino. :D (Fratellone Seisuke: *clicca qui* e quella testaccia del suo fratellino, Kyosuke XD: *clicca qui*)


 

…Il Giardino Elementale…

Awwwww, scena da letto bis! XD
\O/ Mi piacciono, è più forte di me!!!
La fermata a Rhanka continua. Mi sembrava giusto approfondire il discorso riguardante la delusione di Teppei per la scoperta dell’Ordine. Lui è quello che ne è rimasto più scottato e non potevo liquidare la cosa solo all’ambito del capitolo 9. Doveva trovare un nuovo ‘motivo’ per poter credere in quello che faceva, avrebbe dovuto fare e farà, una volta che la missione sarà finita. :3 doveva recuperare fiducia, e chi meglio del popolo che, in qualità di Elemento, deve proteggere avrebbe potuto aiutarlo? :333333

Grazie mille a tutti coloro che continuano a seguire questa storia! :*


Galleria di Fanart (nessuna aggiunta)

- Elementia: Fanart

Enciclopedia Elementale (nessuna aggiunta):

1) Enciclopedia Elementale – Volume Primo: Le Scuole Elementali e l’AlfaOmega

  • Capitolo 1: La Scuola di Tyran
  • Capitolo 2: La Scuola di Alastra
  • Capitolo 3: La Scuola di Fyar
  • Capitolo 4: La Scuola di Agadir
  • Capitolo 5: Gli Stregoni dell’AlfaOmega


  • 2) Enciclopedia Elementale – Volume Secondo: Elementia: storia e caratteristiche

  • Capitolo 1: La Storia
  • Capitolo 2: La Magia in Elementia
  • Capitolo 3: Le Divinità di Elementia


  • 3) Enciclopedia Elementale - Volume Terzo: Cicli di Studio e Titoli

  • Capitolo 1: Cicli di Studio
  • Capitolo 2: Titoli


  • 4) Enciclopedia Elementale - Volume Quarto: Gli Ozora ed i Gamo

  • Capitolo 1: La faida tra gli Ozora ed i Gamo
  • Capitolo 2: L'Armata Reale della famiglia Ozora
  • Capitolo 3: Le Legioni della famiglia Gamo


  • 5) Enciclopedia Elementale - Volume Quinto: Classi Magiche e Professioni

  • Capitolo 1: Elementi e Sacerdotesse Elementali
  • Capitolo 2: Erboristi e Stregoni
  • Capitolo 3: Naturalisti e Alchimisti


  • 6) Enciclopedia Elementale - Volume Sesto: Il Calendario Elementale

  • Capitolo 1: Generalità
  • Capitolo 2: Mesi
  • Capitolo 3: Festività (pagg 1 e 2)

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