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Autore: Noemix    01/12/2011    3 recensioni
QUESTA OS è ARRIVATA PRIMA AL CONTEST INDETTO DA SerenaEsse.
Tic Tac,
Tic Tac,
Tic Tac
Tic
Eccomi, guarda: ero io e camminavo inconsapevolmente verso il mio destino.
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Alice/Jasper
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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First Date
Nickname Autrice: Noemix


*First Date*

 

“Maledetti siano i vostri occhi:
m’hanno stregata e m’hanno diviso in due.
Una metà di me è vostra, l’altra metà è ancor essa vostra.
Vorrei poterla dir mia.
Ma se è mia, ne consegue ch’è vostra.
E così è tutto vostro.”


W. Shakespeare

 

 

 

 

 
Tic Tac,

Tic Tac,
Tic Tac
Tic

Eccomi, guarda: ero io e camminavo inconsapevolmente verso il mio destino.

Tic Tac,

Tic Tac
Tic

 Guarda: le luci di quel giorno erano flebili, terse d’umidità e mestizia.

Mira la pioggia che, forte, precipitava danzante giù dal cielo, inesorabile. Cadevano piccoli granelli di acqua ghiacciata, maestosi e saggi. Essi donavano dolcezza ai vespri invernali e serenità a chi, la sera, chiudeva gli occhi.
Mentre io, avvolto in un cappotto nero di velluto, attraversavo le strade deserte mentre la città si rimpiccioliva attendendo il Natale.
Le gocce si aiutavano, rallentavano il loro breve viaggio; si abbracciavano, si stringevano ed infine si accompagnavano nella pozza generata dalle compagne. Corro, il vento sferza il mio viso e qualche volta il ghiaccio che serrava l’asfalto tentava di farmi scivolare. Ovviamente non ci riusciva.
Non avevo ombra, non avevo anima, non avevo cuore. Semplicemente camminavo, percorrendo il viale che mi avrebbe accompagnato dinnanzi al mio destino.
Mi fermo.

Tic Tac

Tic

Alzai gli occhi al cielo, colmo d’infelicità. I piccoli cristalli mi bagnavano il viso, quali lacrime che non avrei mai più potuto versare.

Ne presi una con il dito, l’ammirai. Piccola ed imperfetta, percorreva il suo ultimo viaggio verso terra. Ero nel bel mezzo di una tormenta: non mi sentivo affatto a mio agio. Sapevo che se fossi restato fermo sotto la pioggia avrei attirato l’attenzione, così
raggiunsi la locanda in fondo alla strada, dalla quale sentivo giungere musica e voci altere che scherzavano liberamente.
Decisi di entrare per ripararmi: aprii la porta ed il campanellino sopra di questa trillò.
Senza badare alle occhiatacce provenienti dai vari tavoli, mi sedetti al bancone, tentando di apparire il più normale possibile. Poco dopo il barista mi porse un bicchierino di limoncello, offertomi da una giovane che era rimasta affascinata dal mio misterioso personaggio.
Fu allora che la vidi: una ragazza, una ragazza che mi fissava.
La donna più bella che avessi mai visto.
Avrà avuto all’incirca vent’anni,teneva le gambe incrociate, le mani pallide appoggiate delicatamente alle ginocchia, quasi fossero fatte di cristallo. Indossava uno splendido tubino nero che le valorizzava le forme e una pelliccia bianca. I suoi occhi erano color ambra, penetranti e caldi. Il volto era diafano e i capelli corvini, quali fossero fili di soffice erba.
Rimasi così affascinato da quella visione da non accorgermi che si stava avvicinando, danzando. Sembrava che volesse attaccarmi. Era l’unica interpretazione possibile, visto il mio passato. Ma sorrideva. E le emozione che stava provando non le avevo mai sentite prima. Mi guardava con aria dolce ma nel contempo severa. In pochi secondi me la ritrovai faccia a faccia, tanto da poterle sfiorare le labbra.
Erano carnose e gelide.
-Mi hai fatto aspettare tanto,parecchio- mi apostrofò la giovane,  appoggiandosi al bancone con aria saccente.
-Mi dispiace, signorina- risposi, facendole un inchino.
Lei sorrise dolcemente, dopodiché mi offrì la mano ed io la presi. Ci incamminammo verso una meta sconosciuta, una meta che non potevo conoscere.
La vita ci attendeva.

Ed ora eccomi qui e guardami.

Ero vestito tutto in ghingheri, con il mio smoking preferito nero e bianco, i mocassini di vernice nuova e… aspettavo.
Aspettavo ancora una volta di ripagare con l’amore il prezzo del destino.
Attendevo di poter rendere mia moglie fiera di me, appagata dalla vita che ci siamo costruiti. Desidervo risarcirla del modo in cui mi è apparsa, della sera in cui, prendendomi sotto braccio, mi aveva salvato.
Alice. Ecco qual era il nome di quella splendida donna.
Spesso mi ritrovavo a riflettere sul modo in cui il tempo era passato.
In appena un anno, la mia vita era completamente mutata. Solo qualche mese primo, non mi sarei mai riconosciuto.

Vi siete mai chiesti che cosa sia veramente il tempo?

Il tempo è la dimensione nella quale si concepisce e si misura il trascorrere degli eventi. Tutti gli eventi possono essere descritti in un tempo che può essere passato, presente o futuro.
Certo, questa può essere un’ottima definizione parlando dell’oggetto in modo scientifico. Ma per un’anima,ecco, per un’anima cosa significa la parola tempo?
Da neonati, un orologio biologico non è altro che un gioco, un cammino senza fine attraverso il quale raggiungere la fase della vita chiamata adolescenza.
E per il corpo, il tempo cosa può raffigurare? Certamente è un ottimo artista. Man mano che una persona cresce, sulla sua pelle compaiono delle linee che brutalmente vengono chiamate semplicemente “rughe”. Il tempo è, perciò, la vita in sé.
Delinea l’inizio e la fine dell’esistenza di un uomo. Tuttavia la nostra vita non avrebbe avuto un finale. Non avrei mai posseduto le rughe, avrei continuato semplicemente ad esistere, senza mai cambiare aspetto, senza mai crescere o veder morire coloro a cui volevo bene.
Mi sono spesso chiesta che cosa significasse per me tutto ciò. Ho sempre pensato che il mio orologio mi facesse perdere momenti che mai più si sarebbero ripresentati.
E… come si ferma il tempo?
Ebbene, non si può. Bisogna vivere ogni momento che ci capita durante la nostra esistenza. Un momento felice, tuttavia, è uno spazio di tempo che nessuno può rubarti. Ma io comanderò sul tempo. Ripeterò più e più volte esperienze che in una vita umana non si possono repiclare.

Ed io stavo vivendo uno di quegli istanti incredibili che capitano ogni migliaia di migliaia di secondi, minuti, ore, giorni.

Ero seduto su una poltrona, all’ingresso di casa Cullen, con un bouquet di fiori in mano: sterlizie ed orchidee, i suoi fiori preferiti. Nell’occhiello, invece, tenevo una piccola margherita bianca, per ricordarci di quanto possa essere semplice la nostra vita, nonostante tutto.
Da quando c’eravamo incontrati, io ed Alice non avevamo mai avuto un vero e proprio “primo appuntamento”, perciò dovevo assolutamente rimediare.
Erano circa le otto di sera quando un bagliore illuminò le scale di casa.
Era lei, in tutta la sua bellezza.
I suoi capelli erano lisci e morbidi come seta, gli occhi scintillavano dietro al mascara nero, le labbra erano rosse come il fuoco ardente e il suo corpo era avvolto in un abito da sera con strascico, intarsiato di perline nere e piume bianche.
Era meravigliosa.
Saltellò giù per le scale come fosse un angelo e poi mi prese la mano ghiacciata,stringendola a sé.
Ti amo- dissi semplicemente, mentre il mio cuore morto cercava di recuperare qualche battito.
Alice ridacchiò, con la sua solita risata cristallina pari a centinaia di campane argentine.

 

-È… è… è fantastico!- singhiozzò la mia bellissima principessa.-Ho tentato il più possibile di non vedere che cosa mi avevi preparato, ma presa dalla curiosità avevo sbirciato un pochino… è splendido.- disse, voltandosi verso di me.
-Sono contenta che ti piaccia. È da tempo che volevo portarti qui.- affermai, abbracciandola da dietro: percepivo la sua gioia. Alice appoggiò dolcemente il capo alla mia spalla e si lasciò cullare, mentre la neve scendeva dolcemente sul suo viso e le tingevano i capelli di un bianco così candido, da farla sembrare canuta!
L’oceano si stendeva dinnanzi a noi: era immenso, spazioso, profondo e nero, come non l’avevo mai visto. Mia moglie mi aveva confidato, poco tempo prima, che non aveva mai avuto l’occasione di tuffarsi in mare di notte, men che meno durante una burrasca. Così, per il nostro primo appuntamento, avevo deciso di portarla lì, sporgendoci su uno scoglio molto alto e sferzato da una nebbia sempre più pressante.
Alice cominciò a spogliarsi, togliendosi il cappotto e le spalline del vestito; poi si tolse i tacchi alti e si abbassò l’abito, sinuoso e morbido. Poi fu il turno dell’intimo e… la sua bellezza mi lasciò senza fiato. Mi svestì rapidamente e la baciai, nel modo più romantico e dolce che potessi. In seguito, lei  si sporse e cademmo giù, nel vuoto, in un abbraccio perpetuo. Le acque marine ci avvolsero e con esse, milioni di pesci che sfrecciavano lontani da noi, come per lasciarci un po’ in intimità, solo noi due.
La nostra era una danza senza fine, un ballo incantevole,solo fra me e lei. Con le sue lunghe dita affusolate, disegnava piccoli cerchi nell’acqua; piroettava, ogni tanto emergeva come un delfino e poi si rituffava in acqua, portandomi con sé in quel dolce sogno.  I suoi occhi color topazio mi guardarono magnetici e io non potei fare a meno di sfiorargli le labbra perfette con le dita incerte. I miei polpastrelli indugiarono piano sulla sua bocca turgida che di riflesso si schiuse impercettibilmente. Un nodo di piacere mi aggrovigliava il basso ventre. Non riuscii a resistere oltre, agguantai le sue labbra, baciandola con passione arroventata.
Le accarezzai dolcemente capelli dietro la nuca;ero talmente eccitato che la mia lingua si fece subito strada trovando la sua, altrettanto frenetica e impaziente.  La situazione diventa sempre più infuocata, così soffiai qualche bollicina verso di lei, immergendomi nel piacere. 
-Oh Alice- sussurrai. Lei gemette e senza volerlo emisi un ringhio basso e gutturale. L’amavo. L’amavo con ogni singola spora presente nel mio corpo.
L’amavo talmente tanto da riuscire a percepire qualche battito proveniente dal mio cuore addormentato. Probabilmente vide che cosa sarebbe accaduto da lì a poco perché cominciò una lotta senza fine: Alice aveva voglia di giocare.
Iniziai ad inseguirla come un pescecane fa con le sue prede. Quatto quatto mi avvicinai a lei e poi… balzai! Affondammo nell’acqua scura quanto un cherubino nero. Ci intrecciammo, ci avvinghiammo l’un l’altra ed infine, facemmo l’amore. Era così bello sentire il suo calore invadermi. Il momento migliore era quando lei si preparava ad accogliermi, il momento in cui ci sfioravamo, ci toccavamo ed infine ci completavamo. Ogni volta era un’emozione.
Infine, quando la nostra passione si era affievolita, emergemmo nuovamente. Il suo sguardo era colmo di felicità. Emanava allegria. Percepivo la sua serenità, il suo desiderio… il suo amore. Era la prima volta che ero riuscito a comprendere pienamente che cosa fosse l’amore.

Dopo aver risalito lo scoglio, ci asciugammo e rivestimmo.

-La sorpresa non è ancora terminata, gioiello mio- dissi, baciandole il capo.
-Lo so- rispose, semplicemente.
-Lo so che lo sai- ribattei io, facendole l’occhialino.
Così salimmo nell’auto rossa fiammante di Rosalie ed attraversammo la contea, fino a raggiungere il parco divertimento di Orlando. Quest’ultimo stava ormai chiudendo data l’ora tarda, ma Alice non sapeva che avevo noleggiato ogni attrazione per lei. Quella notte, sarebbe stata la regina del castello di Disney World!
-Lo sapevo- dichiarò, in modo saccente.
-Uffa Alice! Non si riesce mai a sorprenderti!- brontolai. Lei mi baciò una mano.
-La vera sorpresa sei tu, amore.- mi disse, girando garbatamente la fede nuziale che portavo al dito.
Dietro di essa v’era scritto: Alice & Jasper.
Per sempre.

 

  
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