Nickname Autrice:
Noemix
*First Date*
“Maledetti
siano i vostri occhi:
m’hanno
stregata e m’hanno diviso in due.
Una metà di me
è vostra, l’altra metà è
ancor
essa vostra.
Vorrei poterla dir mia.
Ma
se è mia, ne consegue ch’è vostra.
E
così è tutto vostro.”
W. Shakespeare
Tic Tac,
Tic
Tac,
Tic Tac
Tic
Eccomi, guarda:
ero io e camminavo inconsapevolmente
verso il mio destino.
Tic
Tac,
Tic Tac
Tic
Guarda: le luci
di quel giorno erano flebili, terse
d’umidità e mestizia.
Mira la
pioggia che, forte, precipitava danzante giù
dal cielo, inesorabile. Cadevano piccoli granelli di acqua ghiacciata,
maestosi
e saggi. Essi donavano dolcezza ai vespri invernali e
serenità a chi, la sera,
chiudeva gli occhi.
Mentre
io, avvolto in un cappotto nero di velluto,
attraversavo le strade deserte mentre la città si
rimpiccioliva attendendo il
Natale.
Le gocce
si aiutavano, rallentavano il loro breve
viaggio; si abbracciavano, si stringevano ed infine si accompagnavano
nella
pozza generata dalle compagne. Corro, il vento sferza il mio viso e
qualche
volta il ghiaccio che serrava l’asfalto tentava di farmi
scivolare. Ovviamente
non ci riusciva.
Non
avevo ombra, non avevo anima, non avevo cuore.
Semplicemente camminavo, percorrendo il viale che mi avrebbe
accompagnato
dinnanzi al mio destino.
Mi fermo.
Tic
Tac
Tic
Alzai gli occhi
al cielo, colmo d’infelicità. I
piccoli cristalli mi bagnavano il viso, quali lacrime che non avrei mai
più
potuto versare.
Ne presi
una con il dito, l’ammirai. Piccola ed
imperfetta, percorreva il suo ultimo viaggio verso terra. Ero nel bel
mezzo di
una tormenta: non mi sentivo affatto a mio agio. Sapevo che se fossi
restato
fermo sotto la pioggia avrei attirato l’attenzione,
così
raggiunsi
la locanda in fondo alla strada, dalla
quale sentivo giungere musica e voci altere che scherzavano
liberamente.
Decisi
di entrare per ripararmi: aprii la porta ed
il campanellino sopra di questa trillò.
Senza
badare alle occhiatacce provenienti dai vari
tavoli, mi sedetti al bancone, tentando di apparire il più
normale possibile.
Poco dopo il barista mi porse un bicchierino di limoncello, offertomi
da una
giovane che era rimasta affascinata dal mio misterioso personaggio.
Fu
allora che la vidi: una ragazza, una ragazza
che mi fissava.
La donna
più bella che avessi mai visto.
Avrà
avuto all’incirca vent’anni,teneva le gambe
incrociate, le mani pallide appoggiate delicatamente alle ginocchia,
quasi
fossero fatte di cristallo. Indossava uno splendido tubino nero che le
valorizzava le forme e una pelliccia bianca. I suoi occhi erano color
ambra,
penetranti e caldi. Il volto era diafano e i capelli corvini, quali
fossero
fili di soffice erba.
Rimasi
così affascinato da quella visione da non
accorgermi che si stava avvicinando, danzando.
Sembrava che volesse attaccarmi. Era l’unica
interpretazione possibile,
visto il mio passato. Ma sorrideva. E le emozione che stava provando
non le
avevo mai sentite prima. Mi guardava con aria dolce ma nel contempo
severa. In
pochi secondi me la ritrovai faccia a faccia, tanto da poterle sfiorare
le
labbra.
Erano
carnose e gelide.
-Mi hai fatto
aspettare tanto,parecchio- mi apostrofò la
giovane, appoggiandosi
al bancone con aria saccente.
-Mi dispiace,
signorina- risposi, facendole un inchino.
Lei
sorrise dolcemente, dopodiché mi offrì la mano
ed io la presi. Ci incamminammo verso una meta sconosciuta, una meta
che non
potevo conoscere.
La vita
ci attendeva.
Ed ora eccomi
qui e guardami.
Ero
vestito tutto in ghingheri, con il mio smoking preferito
nero e bianco, i mocassini di vernice nuova e… aspettavo.
Aspettavo
ancora una volta di ripagare con l’amore
il prezzo del destino.
Attendevo
di poter rendere mia moglie fiera di me,
appagata dalla vita che ci siamo costruiti. Desidervo risarcirla del
modo in
cui mi è apparsa, della sera in cui, prendendomi sotto
braccio, mi aveva
salvato.
Alice. Ecco qual era
il nome di quella splendida donna.
Spesso
mi ritrovavo a riflettere sul modo in cui il
tempo era passato.
In
appena un anno, la mia vita era completamente
mutata. Solo qualche mese primo, non mi sarei mai riconosciuto.
Vi
siete mai chiesti che cosa sia veramente il tempo?
Certo,
questa può essere un’ottima
definizione parlando dell’oggetto in modo scientifico. Ma per
un’anima,ecco,
per un’anima cosa significa la parola tempo?
Da
neonati, un orologio biologico non è altro
che un gioco, un cammino senza fine attraverso il quale raggiungere la
fase
della vita chiamata adolescenza.
E
per il corpo, il tempo cosa può
raffigurare? Certamente è un ottimo artista. Man mano che
una persona cresce,
sulla sua pelle compaiono delle linee che brutalmente vengono chiamate
semplicemente “rughe”. Il tempo è,
perciò, la vita in sé.
Delinea
l’inizio e la fine dell’esistenza di
un uomo. Tuttavia la nostra vita non avrebbe avuto un finale. Non avrei
mai posseduto
le rughe, avrei continuato semplicemente ad esistere, senza mai
cambiare
aspetto, senza mai crescere o veder morire coloro a cui volevo bene.
Mi
sono spesso chiesta che cosa significasse
per me tutto ciò. Ho sempre pensato che il mio orologio mi
facesse perdere
momenti che mai più si sarebbero ripresentati.
E…
come si ferma il tempo?
Ebbene,
non si può. Bisogna vivere ogni
momento che ci capita durante la nostra esistenza. Un momento felice,
tuttavia,
è uno spazio di tempo che nessuno può rubarti. Ma
io comanderò sul tempo.
Ripeterò più e più volte esperienze
che in una vita umana non si possono
repiclare.
Ed io stavo
vivendo uno di quegli istanti
incredibili che capitano ogni migliaia di migliaia di secondi, minuti,
ore,
giorni.
Ero
seduto su una poltrona, all’ingresso di casa
Cullen, con un bouquet di fiori in mano: sterlizie ed orchidee, i suoi
fiori
preferiti. Nell’occhiello, invece, tenevo una piccola
margherita bianca, per
ricordarci di quanto possa essere semplice la nostra vita, nonostante
tutto.
Da
quando c’eravamo incontrati, io ed Alice non
avevamo mai avuto un vero e proprio “primo
appuntamento”, perciò dovevo
assolutamente rimediare.
Erano
circa le otto di sera quando un bagliore
illuminò le scale di casa.
Era lei,
in tutta la sua bellezza.
I suoi
capelli erano lisci e morbidi come seta, gli
occhi scintillavano dietro al mascara nero, le labbra erano rosse come
il fuoco
ardente e il suo corpo era avvolto in un abito da sera con strascico,
intarsiato di perline nere e piume bianche.
Era
meravigliosa.
Saltellò
giù per le scale come fosse un angelo e poi
mi prese la mano ghiacciata,stringendola a sé.
–Ti amo-
dissi semplicemente, mentre il mio cuore morto cercava di recuperare
qualche
battito.
Alice
ridacchiò, con la sua solita risata
cristallina pari a centinaia di campane argentine.
-È…
è… è fantastico!-
singhiozzò la mia bellissima
principessa.-Ho tentato il più possibile di non vedere che
cosa mi avevi
preparato, ma presa dalla curiosità avevo sbirciato un
pochino… è splendido.-
disse, voltandosi verso di me.
-Sono
contenta che ti piaccia. È da tempo che volevo
portarti qui.- affermai, abbracciandola da dietro: percepivo la sua
gioia. Alice
appoggiò dolcemente il capo alla mia spalla e si
lasciò cullare, mentre la neve
scendeva dolcemente sul suo viso e le tingevano i capelli di un bianco
così
candido, da farla sembrare canuta!
L’oceano
si stendeva dinnanzi a noi: era immenso,
spazioso, profondo e nero, come non l’avevo mai visto. Mia
moglie mi aveva
confidato, poco tempo prima, che non aveva mai avuto
l’occasione di tuffarsi in
mare di notte, men che meno durante una burrasca. Così, per
il nostro primo
appuntamento, avevo deciso di portarla lì, sporgendoci su
uno scoglio molto
alto e sferzato da una nebbia sempre più pressante.
Alice
cominciò a spogliarsi, togliendosi il cappotto
e le spalline del vestito; poi si tolse i tacchi alti e si
abbassò l’abito,
sinuoso e morbido. Poi fu il turno dell’intimo e…
la sua bellezza mi lasciò
senza fiato. Mi svestì rapidamente e la baciai, nel modo
più romantico e dolce
che potessi. In seguito, lei si sporse e cademmo
giù, nel vuoto, in un
abbraccio perpetuo. Le acque marine ci avvolsero e con esse, milioni di
pesci
che sfrecciavano lontani da noi, come per lasciarci un po’ in
intimità, solo
noi due.
La
nostra era una danza senza fine, un ballo incantevole,solo
fra me e lei.
Con le sue lunghe dita affusolate, disegnava piccoli cerchi
nell’acqua; piroettava, ogni tanto emergeva come un delfino e
poi si rituffava
in acqua, portandomi con sé in quel dolce sogno. I
suoi
occhi color topazio mi guardarono magnetici e io non potei fare a meno
di sfiorargli
le labbra perfette con le dita incerte. I miei polpastrelli indugiarono
piano sulla sua bocca turgida che di riflesso si schiuse
impercettibilmente. Un nodo di piacere mi aggrovigliava
il basso ventre. Non
riuscii a resistere oltre, agguantai le sue labbra, baciandola
con passione arroventata.
Le
accarezzai dolcemente capelli dietro la nuca;ero talmente
eccitato che la mia lingua si fece subito strada trovando la sua,
altrettanto
frenetica e impaziente. La situazione diventa sempre
più infuocata, così soffiai
qualche bollicina verso di lei, immergendomi nel piacere.
-Oh Alice- sussurrai. Lei
gemette e senza
volerlo emisi un ringhio basso e gutturale. L’amavo.
L’amavo con ogni singola
spora presente nel mio corpo.
L’amavo
talmente tanto da riuscire a percepire qualche battito
proveniente dal mio cuore addormentato. Probabilmente vide che cosa
sarebbe
accaduto da lì a poco perché cominciò
una lotta senza fine: Alice aveva voglia di giocare.
Iniziai
ad inseguirla come un pescecane fa con le
sue prede. Quatto quatto mi avvicinai a lei e poi… balzai!
Affondammo
nell’acqua scura quanto un cherubino nero. Ci intrecciammo,
ci avvinghiammo
l’un l’altra ed infine, facemmo l’amore.
Era così bello sentire il suo calore
invadermi. Il momento migliore era quando lei si preparava ad
accogliermi, il
momento in cui ci sfioravamo, ci toccavamo ed infine ci completavamo.
Ogni
volta era un’emozione.
Infine,
quando la nostra passione si era
affievolita, emergemmo nuovamente. Il suo sguardo era colmo di
felicità.
Emanava allegria. Percepivo la sua serenità, il suo
desiderio… il suo amore.
Era la prima volta che ero
riuscito a comprendere pienamente che cosa fosse l’amore.
Dopo aver
risalito lo scoglio, ci asciugammo e
rivestimmo.
-La
sorpresa non è ancora terminata, gioiello mio-
dissi, baciandole il capo.
-Lo so-
rispose, semplicemente.
-Lo so
che lo sai- ribattei io, facendole
l’occhialino.
Così
salimmo nell’auto rossa fiammante di Rosalie ed
attraversammo la contea, fino a raggiungere il parco divertimento di
Orlando.
Quest’ultimo stava ormai chiudendo data l’ora
tarda, ma Alice non sapeva che
avevo noleggiato ogni attrazione per lei. Quella notte, sarebbe stata
la regina
del castello di Disney World!
-Lo
sapevo- dichiarò, in modo saccente.
-Uffa
Alice! Non si riesce mai a sorprenderti!-
brontolai. Lei mi baciò una mano.
-La vera
sorpresa sei tu, amore.- mi disse, girando
garbatamente la fede nuziale che portavo al dito.
Dietro
di essa v’era scritto: Alice & Jasper.
Per
sempre.