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Autore: mortuaary    02/12/2011    0 recensioni
- Come si può soffrire e gioire dello stesso istante ?
La realtà in cui vive Katelynn si frantuma davanti ai suoi occhi senza che lei possa reagire. A sua insaputa, ciò che più desidera, l’attende dietro l’angolo.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Kaulitz, Tom Kaulitz, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Le auto sfrecciano veloci, lasciando dietro di loro scie infinite di pensieri non espressi, parole non dette, verità scoperte e orgoglio.
 
Giungiamo a destinazione: Nate, guardando distrattamente fuori dal finestrino, abbandona la mia mano stretta fino a pochi secondi prima, lasciandomi perplessa.
 
Nascondo i miei dubbi con un falso sorriso e scendo dall’auto, scortata dai miei bodyguard. I flash ci avvolgono, il mio nome è sulla bocca di tutti, ed anche quello di Nathan, che è pochi metri dietro.
 
Non appena entrata respiro sin da subito un clima di completa tensione, per quanto sia abituata a questo mondo, sento che il mio malessere non è dovuto all’agitazione di tutti per la sfilata, quanto a qualcosa di più. Sono sempre stata abbastanza sensitiva, ed il mio intuito difficilmente si è mai sbagliato, escluse rare eccezioni.
 
Mi giro, fingendomi distratta, verso Nate. Non mi degna neanche di uno sguardo, non mi spiego la motivazione. Mezzora fa aveva un sorriso che mi ha riempito il cuore, mentre ora è buio, quasi avesse ricevuto la notizia di una morte improvvisa di un suo caro.
 
-         Signorina Kate, prego, da questa parte. Le sono stati riservati i posti migliori. – Un ragazzo alto, in smoking, mi fa accomodare davanti alla passerella. Gli sorrido molto spontaneamente.
-         La ringrazio, non sa mica dove posso incontrare Den & Dan? – Chiedo.
-         Gli stilisti, ora come ora, sono impegnati nel backstage. Sono già stati avvertiti del suo arrivo e mi è stato riferito che, a fine sfilata, potrà aver accesso al backstage. – Mostra un sorriso smagliante che mi rassicura totalmente. Non ho mai ricevuto tanta educazione.
-         Perfetto, la ringrazio. – Ricambio il sorriso e mi volto, cercando lui.
-         Buona visione, signorina Katelynn. – Si congeda, attraversando le file di sedie in men che non si dica.
 
Nathan non c’è.
Non ho idea di dove sia, fino a poco fa lo udivo alle mie spalle.
Ho paura, stringo il ciondolo nelle mani, ingoiando quel rantolo che da minuti ormai fa un sali-scendi continuo per il mio esofago.
Le luci si spengono, la scritta ‘DSQUARED2’ brilla sullo sfondo come miriadi di lucciole che si rincorrono.
Respiro l’atmosfera di essere dall’altra parte, per una volta, guardando sfilare le meravigliose modelle. I capi che indossano mi lasciano basita poiché sono ancora più incredibili di quanto mi aspettassi.
 
Fra effetti grafici e musica suadente, la sfilata giunge al termine dopo circa una mezzoretta. Quando si riaccendono le luci, Nathan è affianco a me.
 
-         Dove sei stato ? Ti ho cercato ovunque. – Sussurro, inquieta.
-         Lui, con fare molto disinteressato e quasi irritato, mi guarda.
-         Sono sempre stato qui con te. – Risponde, con un filo di voce.
 
Ignoro questi stupidi dettagli ed avvenimenti che mi stanno solamente agitando e raggiungo D&D nel backstage.
 
-         Amore! Oh – mio – dio , sei incantevole. – Mi vengono incontro, abbracciandomi.
 
Li stringo a me quasi fossero dei. Anzi, lo sono.
 
-         Voi lo siete, ed il vostro lavoro. Siete riusciti anche questa volta a lasciarmi senza parole. – Ignoro del tutto Nate, che non si è degnato nemmeno di avvicinarsi a salutare e complimentarsi.
-         Quale capo ti è piaciuto di più ? – Domanda Den, mentre Dan mi offre un bicchiere di buono champagne.
-         Senza alcun dubbio quel tubino rosso fuoco di pelle, con cintura in vita. Per non parlare dei guanti a completare l’opera! – Euforica, ripenso alla meraviglia che avevo visto poco prima.
-         E’ tuo. – Rispondono all’unisono, ordinando di farlo portare immediatamente.
-         No, davvero, non ce n’è bisogno… - Non mi permettono di aggiungere altro, poiché mi passano il vestito incellofanato e mi ordinano di provarlo.
-         Senza dubbio, ti starà d’incanto. – Dan ricorda benissimo le sfilate precedenti, mentre sfilavo in passerella i suoi abiti e gli occhi di critica e fotografi rimanevano ipnotizzati per tutto il tempo.
 
Mi accompagnano rapidi nel loro camerini e, sfilando il mio abito, mi preparo psicologicamente ad indossare uno dei capi più belli che la storia della moda abbia mai conosciuto.
Lo infilo in un attimo. E’ pronto. E’ perfetto.
 
-         Cosa ti avevo detto, mh? – Mi guardano entrambi esterrefatti.
-         Ragazzi, io vi amo, vi amo davvero. – Li abbraccio, ben sapendo che sarebbe trascorso molto tempo prima di rivederli nuovamente.
 
Mollata la stretta, entrambi mi sussurrano di voltarmi.
Senza pensarci due volte ma soprattutto con molta leggerezza, mi giro, ed i miei occhi avvisano il mio istinto che anche stavolta aveva avuto ragione. Ciò che vedo mi sconvolge. Totalmente.
 
Nathan cinge una modella per un fianco, le sorride, sorrisi che raramente illuminavano il suo volto. Nei suoi occhi leggo malizia, una voglia irrefrenabile di mollare il freno e far si che il suo istinto animalesco e rozzo abbia la meglio.
 
Un velo oscura i miei occhi, le gambe si fanno fragili, per poco non ho un malore. Non poteva, insomma, lo aveva promesso.
Lo aveva promesso ed io, come una stupida, ci ero cascata.
 
Den e Dan, prendendomi per un braccio ciascuno, mi accompagnano nel privé, indignati. Non ha avuto il minimo rispetto, né di me né di loro. Lo guardo schifata mentre mi allontano e noto che si è accorto della mia reazione, sta cercando di congedarsi salutando la bionda, Anne, probabilmente per raggiungermi.  
 
Anne. Pft. Avevo avuto il cosiddetto “onore” di sfilare con lei, anni fa. Mi ha sempre guardata con rivalità, quasi mi stesse sfidando.
La sua invidia nei miei confronti era palese, che volesse impossessarsi di ciò che è mio?
 
-         Come mai, fra tutte le modelle che potete avere, proprio lei? – Chiedo titubante, mentre mi appare un flashback della sfilata.
-         Era l’unica taglia “grande” che potevamo avere. Per il capo di perle, dovevamo scegliere un corpo che potesse valorizzarlo. –
-         Non intendevamo però scatenare alcuna sfida fra voi due. – Aggiunge con voce pacata Dan. Li guardo, tranquillizzandoli.
-         Piuttosto, spiegaci un po’ che cos’è questa storia. Che irrispettoso è diventato Nathan? L’ultima volta che ci siamo sentiti mi avevi detto che eravate un po’ in crisi e mi avevi accennato alcune stronzate che aveva combinato, ma non immaginavo fosse arrivato a tanto! –
-         Non lo aveva mai fatto, non davanti ai miei occhi almeno. – E’ tutto ciò che riesco a dire, con un misero filo di voce.
I gemelli non insistono vedendo che non sono ancora lucida per affrontare l’argomento. Per di più, Nate, ci tronca nel bel mezzo della conversazione, irrompendo nel privè.
 
-         Katelynn, dobbiamo andare. – Ordina, guardandomi dritta negli occhi. – Oh, bella sfilata ragazzi. Complimenti. – Con fare molto falso e quasi di superiorità, saluta Den e Dan.
-         Adesso arrivo. – Rispondo a mezza voce, mentre cerco un appiglio negli occhi dei gemelli, quasi potessero salvarmi.
-         Muoviti. – Sussurra fermo al mio orecchio, fingendosi innocente.
 
Non appena si allontana, stringo forte i miei ragazzi salutandoli.
Raggiungo velocemente l’auto trovando Nate già seduto ad aspettarmi, evidentemente irrequieto.
 

 
Senza avere il coraggio di aprir bocca, il viaggio prosegue in totale silenzio e in aria di completa instabilità.
 
Raggiungiamo l’hotel, il tempo di preparare le valigie e farsi una doccia veloce, che l’aereo per Mosca ci aspetta.
Mi chiudo a chiave in bagno, preparando la doccia idromassaggio ed estraggo il cellulare dalla borsa. Chiamo Irina, la mia migliore amica, per confermarle che sarei andata al party al quale mi – anzi, ci – aveva inviato settimane fa. Nathan è nell’altra stanza, sicuramente pronto ad origliare la mia telefonata.
 
-         Irina. – Sussurro, quasi volessi nascondere la telefonata a Nate.
-         Amore, ciao. Come stai? Ho visto degli scatti di poco fa, sono già in rete. Sembravi spenta. E’ successo qualcosa ? – La sua voce, per quanto allarmata, è un tuffo al cuore. Mi manca.
-         Avrò modo di raccontarti stasera alla tua festa, dettagli inclusi. –
-         Devo preoccuparmi ? – Per quanto cerchi di non peggiorare la situazione, un singhiozzo mi è scappato ed è giunto alle sue orecchie.
-         No, no, va tutto bene. Stai tranquilla. – Fingo, almeno per adesso.
-         Non vedo l’ora di averti fra le mie braccia. – Avverto ciò che prova.
-         Non vorrei mai lasciarti andare via, lo sai. A stasera, Amore. – La saluto, preferendo darmi una mossa onde evitare inutili discussioni.
 

 
Mentre la cromoterapia rilassa ogni mia cellula, vengo distratta da un improvviso rumore. E’ la porta, a pochi metri dal box doccia, che sta tentando di aprirsi senza, ovviamente, riuscirci.
Avverto brontolare Nathan dall’altra parte di essa.
 
Silenzio.
Non ho intenzione di parlargli o chiarire, non ho nulla da chiarire ! Quello che ha sbagliato è lui, non io.
Lo sento cadere a terra, mentre le sue spalle sbattono contro la porta.
Scoppia in un pianto soffocato, respirando a fatica.
Non provo pietà, né compassione, dopo tutto ciò che mi ha fatto.
Non provo proprio nulla, è questo il fatto. Non c’è rancore, non c’è odio, non c’è amore. O meglio, non c’è più lo stesso amore di prima.
 
Ripenso a stamattina, alla sorpresa, al ciondolo. Ho il magone, mentre lo fisso brillare riflettendo la poca luce esterna sul soffitto, creando mille sfaccettature da forme curiosi ed interessanti.
 
-         Aprimi, per favore. Ti chiedo scusa. – Lo sento respirare affannosamente, mentre spinge nuovamente la maniglia.
 
Non rispondo. Chiudo l’acqua ed esco dal box doccia, infilandomi l’accappatoio e stendendomi affianco alla vasca da bagno.
 
-         Aprimi. – Ripete, quasi urlando fra le lacrime.
 
Davanti agli occhi mi scorrono scene di momenti lontani e non, trascorsi insieme, fra risate e lacrime. Appaiono anche gli scandali, le litigate, le percosse, le conversazioni scoperte o riferite. Sorgono il mio dolore, il mio pianto sviscerato, la mia agonia, il mio perdono.
 
-         Ti prego. – La sua mano cerca la mia, divisa da quella porta.
Ascolto il suo pianto, ripensando a tutte le volte che lui aveva ignorato il mio. Mi alzo, ed in punta di piedi raggiungo la porta, aprendola.
 
Lo trovo lì, ai miei piedi, con gli occhi rossi e delle lacrime che non hanno ancora terminato il loro percorso. La sua voce è smorzata, ma riesce ugualmente a trovare la forza – ma soprattutto il coraggio – di parlarmi. Lo ascolto, in silenzio, mentre si scusa in mille modi.
I soliti modi.
 
-         So cosa ti affligge, riconosco di aver sbagliato. Non so cosa mi è preso. –
 
Quella frase. E’ ciò che fa scatenare la scintilla.
 
-         L’ho sentito dire fin troppe volte, sai? –
-         Lo so, lo so, scusami. – Un altro singhiozzo sfugge al suo controllo – E’ solo che non so spiegare davvero questo distacco fra noi, così improvviso. A volte penso che non ci amiamo allo stesso modo. –
-         L’amore non si può pesare, ognuno ama diversamente. –
-         Con ciò confermi la mia supposizione, huh ? –
-         Taci. Dopo due anni certe cose non dovresti nemmeno pensarle.
-         Dopo tutto quello che ci è stato, dopo tutto quello che ti ho dato. –
 
Abbasso lo sguardo ed estraggo una sigaretta, ben fregandomene di ciò che avrebbe detto e/o pensato di tale gesto.
 
-         E’ solo che sei strana in questo periodo, sembro non rientrare più fra le tue priorità. Cambi umore ogni secondo e per di più non stai nemmeno bene, ti rifiuti di mangiare e ogni giorno rimetti a causa di tutto l’alcool che bevi, mischiato a quella porcheria che hai in mano. –
 
Non dico nulla. Faccio un ultimo tiro, prima di spegnere la sigaretta e vestirmi.
 
-         Tu sei sempre stato la mia priorità, e questo non è cambiato.
 
Mi vesto velocemente, mentre attendo una sua qualsiasi reazione.
Si alza, mi guarda negli occhi e mi prende per mano. Accarezza le sue labbra con le mie, finendo col baciarmi.
Un bacio che sa delle sue lacrime, del suo dolore, non del mio stavolta.
 
-         Ti prego Amore, scusami. – Sussurra, respirando sulle mie labbra.
Non rispondo ma accenno un sorriso di approvazione, dopodiché ci prepariamo entrambi e velocemente raggiungiamo la nostra auto, dove son presenti già tutte le valigie, pronte ad accompagnarci nel nostro viaggio per Mosca.
 
Mosca, la capitale della mia patria. Quanto mi manca.
Per un attimo fantastico su come andrà la festa di stasera, mancano appena sei ore. Vedrò Irina, lei, l’unica.
 
Con questo pensiero mi addormento sulla spalla di Nathan che, con gli occhi velati di dubbi infondati, osserva il sole tramontare al di fuori dell’oblo.

   
 
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