Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Natalja_Aljona    02/12/2011    1 recensioni
Natal'ja vende fiammiferi e sogna la Rivoluzione.
Siberiana fin nelle ossa e nel sangue, nel cuore e nell'anima, nipote di uno dei capi dei Decabristi ed ultima erede della famiglia russa più temuta dallo zar, è quasi impazzita in prigione ma sa che non è finita.
Geórgos vive per la guerra e per il cielo di Sparta.
Nato durante la Guerra d'Indipendenza Greca e nipote del capo dei Kléftes, i briganti e i partigiani del Peloponneso, ogni notte spara alle stelle perché ha un conto in sospeso con gli Dei.
Feri è uno zingaro ungherese, il terzogenito di Kolnay Desztor, il criminale del secolo, e il più coraggioso dei suoi fratelli.
Legge il destino tra le linee della mano, e tre anni di galera e lavori forzati non sono bastati a fargli smettere di credere nel suo.
Nikolaj, ussaro polacco e pianista mancato, crede di aver perso tutto.
Sa che l'epilessia, i complessi d'inferiorità nei confronti del padre morto, l'ossessione per sua cugina e i suoi sogni infranti lo uccideranno, ma la sua morte vuole deciderla lui, e a ventidue anni s'impicca per disperazione e per vendetta.
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



Centoventisette

La prima sigaretta che ti fuma in bocca un po' di tosse

Where did you go?


Mia libertà, mia libertà

Quella ragazza che non ho fermato mai

Mia libertà, mia libertà

La prima sigaretta in bocca, i primi guai

(Mia Libertà, Claudio Baglioni)


-Tutto bene?-

I forradalmi annuirono, chi più convinto chi meno.

Jànos sorrise, allegro.

-Qualcuno vuole una castagna?-

Natal'ja si avvicinò, scompigliando affettuosamente i capelli al ragazzino.

-Sette, per favore-

Il giovane ungherese spalancò gli occhi, stringendosi al petto il cartoccio di castagne.

-Sette?-

Natal'ja scrollò le spalle, tranquilla.

-Ho fame-

Sbuffando Jànos le allungò il sacchetto, distogliendo dolorosamente lo sguardo dalle sue protette.

-Vacci piano, ragazzina-

-Eh, ma vacci piano anche tu, cavalletta. Mica avevi finito i soldi?-

Jànos sostenne il suo sguardo, impassibile.

-Ho rimediato una manciata di kopeki nelle tasche del giaccone di papà-

-Oh, in tal caso...-

Natal'ja lo guardò intensamente per qualche secondo, prima d'esordire, con una nonchalance sconcertante:

-Non è che ti è rimasto ancora qualcosa?-

-No- replicò gelidamente l'Ungherese, scrutandola sospettoso.

-Che ragazza, Santi Dei!- sospirò poco dopo, scuotendo la testa.

La piccola fiammiferaia gli schioccò un bacio su una guancia, sussurrandogli un "non fa niente" più indispettito che altro, facendolo sorridere.

-Almeno non bruciarli in sigarette, i kopeki rimasti!-

-E se lo fai, per carità, offrimene una!- gridò Lörinc, che, appollaiato sul muretto, aveva appena consumato l'ultima dannatissima sigaretta accesa con un fiammifero di Natal'ja.

-Pensa alle focacce, tu-

-Oh, ci penso, alle focacce, io, finché qualcuno non me le scrocca!-

-Diamine, Jàn, sei terribile, oggi!-

Natal'ja lo guardò malissimo, quasi dimentica dell'episodio delle castagne.

Era maledettamente assente, Jànos, quel giorno, un po' malinconico un po' arrabbiato, perso e deluso dai suoi pensieri, nei suoi pensieri.

Rispondeva male a tutti, e certo, gentile lui non lo era stato mai, ma con i suoi amici era piuttosto una sorta di adorabile guerrafondaio, pestifero ribelle, incantato teppistello, dolcissimo attaccabrighe.

Ma quel giorno se ne stava lì, su una catasta di giornali già sfogliati e consumati da letture speranzose e poi tradite, a fumare e a mangiare castagne, a guardar storto tutti nell'aria rude d'una Forradalom mai vista, con quel suo cipiglio angelico a cui avevano imparato a non credere proprio tutti i giorni, i ragazzi del quartiere.

-Me lo ricordo, io, come sorridevi quando c'era lui. Ti teneva la mano, lui, non smetteva un attimo di guardarti. Te la stringeva forte, la mano, e tu quasi tremavi nel sostenere il suo sguardo, perché spaccava tutto solo con gli occhi, lui.

Non sono il Capitano, io. E tu... Tu non sorridi più così-

Fu un attimo.

Natal'ja si morse il labbro inferiore fino a farsi male, fulminandolo con lo sguardo.

Poi diede un calcio alla catasta di giornali, afferrando il ragazzino per la collottola e rubandogli la sigaretta dalle labbra.

La guardava alquanto allucinato, lui.

Non aveva mai fumato in vita sua, Natal'ja.
Solo una volta con Gee, qualche mese prima, a Sparta.

-Dio, ha tredici anni...- borbottò Lörinc all'orecchio di Isaakij, che rabbrividì.

-Ma pare che il suo fidanzato abbia cominciato a undici- aggiunse, turbato.

-Oh, anch'io!- sorrise il ragazzo delle focacce, ora decisamente più nostalgico che preoccupato.

-Io ne ho quasi otto, e di quelle cose non mi fido- replicò il piccolo praghese, scuotendo con forza la testa.

-Ma fai bene, Isaakij, Dio se fai bene...- approvò pacatamente Lörinc, acchiappando un fiammifero -o per meglio dire rubandolo dalla riserva di Alja- e accendendosi, appunto, un'altra di quelle cose.

Non pareva dare segni di vita, Natal'ja.

Non tossiva, non le lacrimavano gli occhi.

Non sembrava neanche particolarmente allegra, però.

All'improvviso strinse la mano di Jànos, e biascicò lentamente:

-Aei...on o ome...ato...etta...cidenti!-

Il ragazzo strabuzzò gli occhi, confuso.

-Prego?-

-Avrebbe, non sa come, ingoiato la sigaretta, accidenti! E cerca di capire le persone mentre si strozzano, tu. Suvvia, Jàn, un po' di praticità!- gli sputacchiò in faccia Lörinc, balzando in piedi.

-Ah...-

-Si parlava mica di praticità, tesoro mio?- ricordò Lörinc ad uno stordito ungherese, per poi avvicinarsi ad Alja e strattonarla per un braccio.

-Coraggio, Al, sputala!-

-A ero i uartela i accia, ero!-

-Come?- domandò di nuovo Jànos, guadagnandosi un calcio negli stinchi prima da parte di Lörinc, poi dalla stella sconvolta Natal'ja.

-Ha detto che spera di sputarmela in faccia, davvero!-

-E farebbe bene, diamine!- rise il ragazzo, sorridendo alla biondissima rivoluzionaria sciroccata, che per tutta risposta gli sputò in faccia quel che rimaneva della sigaretta.

Lörinc le mise una mano sulla spalla, guardandola serio.

-Vuoi ingoiarla di nuovo e sputarla in faccia a me?-

-Che il diavolo ti porti, Lörinc Csarabàs!-

-Ehi, piccina...-

Natal'ja si voltò di scatto verso Jànos, i begli occhi fiammeggianti.

-Come l'hai trovata?-

La ragazzina grugnì, scuotendo la testa, esasperata.

Indigesta, l'aveva trovata.

-Oh, Alja, Alja, che belli i tuoi occhi color del fumo!-

-Sparati, Jàn-

-Prima lasciami fumare un'ultima sigaretta!-

-Eh, Alja, Alja... E' spiritoso, stamattina, il Desztor numero quattro!- sorrise Lörinc, sperando, possibilmente, di non beccarsi un pugno in un occhio.

-Cristo, George fuma come un turco...-

-Ed è greco, quindi non glielo dire mai!-

-Ti fossi sparato quando te l'avevo chiesto, Szöcske!-


Spenta anche l'ultima risata, tornò la quiete, a Forradalom.

Jànos si decise, finalmente, a smettere di sgranocchiare caldarroste, rivolgendosi a quella che ormai era la sua banda.

-Ehi, ragazzi... Che Rivoluzione volete fare, oggi?-

-A parte insegnare ad Alja a fumare?-

L'Ungherese batté una pacca sulla spalla al ragazzo delle focacce, sorridendo.

-Si capisce!-

-Dobbiamo recuperare Hajnal- ricordò Alja, incupendosi.

-"Liberare" fa molto più eroico, Al, credimi-

-E non esistono gli eroi sucidi, no?-

-Natal'ja...-

-Che c'è?-

Jànos aveva smesso all'istante di scherzare.

-Con chi l'hai lasciata, ora, mia sorella?-

-Tìa... Starà provando a parlarle dalla finestra, a rassicurarla con lo sguardo... Io sono corsa qui-

-Con la Spartana, intendi?- domandò Isaakij Keresztely, incuriosito.

-Dimokratìa Hélèna Dounas, proprio lei-

Una scintilla d'inquietudine passò negli occhi di Jànos Desztor.

-Helga?-

-E' a Tobol'sk dalla nonna, credo-

-Ma Kirill Dolokov è in città, ne sono sicuro. Mi ha pestato un piede proprio mentre stavo venendo qua, e non s'è manco sognato di chiedermi scusa, naturalmente- intervenne il biondo praghese, pensieroso.

-Sì, e mi ha comprato un trancio di focaccia!-

-L'ha pagato? Suvvia, Lörinc, non ti sopravvalutare!-

Csarabàs sbuffò, guardando storto il campione di briscola del quartiere.

-Kirill che rapporto ha con la nonna?- chiese Szöcske, assorto.

-L'adora!- quasi gridò Alja, che cominciava a capire.

-Ma allora...-

-Allora non è a Tobol'sk, la nonna!-

-Pel cielo, Isaakij, che diamine hai capito? Certo ch'è a Tobol'sk, nonna Dolokova, e per il momento ce la lasciamo, non è lei che ci serve, ora. Ma se Kirill l'adora e i Dolokov vanno a trovarla... Che motivo avrebbe di restare in città?-

-Avrà avuto qualcos'altro da fare...-

-Pestare i piedi al Praghese e rubare tranci di focaccia?-

Natal'ja, ormai con le lacrime agli occhi, si rivolse a Jànos, il quale, invece, pareva aver ritrovato la baldanza.

-Sono tutti impazziti, vero?-

Il ragazzino scosse la testa, carezzando piano una mano della piccola fiammiferaia.

-Dove vive Hell? Rifletti, scricciolo-

Natal'ja sgranò gli occhi, confusa.

-A Palazzo Dolokov, lo sai benissimo-

-Noi eravamo a Palazzo Dolokov, poco fa...-

-E sulla parete...-

Gli occhi della giovinetta s'illuminarono.

-I nostri nomi...-

I nomi dei ragazzi di Forradalom.


-Natal'ja!-

Avevano fatto giusto un paio di sazhen', quando una ragazzina bionda e dai lineamenti esotici si precipitò loro incontro, inquieta.

-Eccola, la Spartana- commentò Lörinc, con un mezzo sorriso non esattamente cordiale.

Dimokratìa gli lanciò un'occhiataccia, ma subito dopo tornò a cercare lo sguardo della fiammiferaia, che, ancora confusa, aspettava.

-Era Helga, vero?-

-Tìa...chi?-

Tremava, adesso, la voce di Alja.

-Quella che ancora non mi avevi presentato...voglio dire, delle ragazze. Quella bellissima che cercava di cancellare il nome...dell'Ungherese-

-Anch'io sono ungherese, bellina. Qualcosa in contrario?-

Natal'ja sgranò gli occhi, strattonando il giovane Desztor per una manica del giaccone.

-Che accidenti ti prende, Jàn?-

Il ragazzino probabilmente era riuscito a tradurre solo l'ultima parola del discorso, appunto, hungarian, magyar.

Lo conoscevano poco, l'inglese, i forradalmi, cui la straordinaria versatilità per le lingue slave sarebbe servita ben poco, davanti a un anglosassone.

-Dio mio, sei più etnocentrico di Gee!-

Tìa fece un passo indietro, impressionata, quando Alja le tradusse ciò che aveva rinfacciato all'Ungherese.

Del canto suo, la fiammiferaia sorrise, scrollando le spalle.

-Inquietante, vero? Ma Santo Cielo, tu non li potevi proprio conoscere in un momento migliore, i miei ragazzi, eh?-

La piccola greca sbatté le palpebre, studiando l'espressione corrucciata di Jànos.

-Secondo me sarebbero stati inquietanti lo stesso, Al-

-In effetti...-

Notando i sorrisi delle due ragazze, però, Jànos andò su tutte le furie.

-Mi történt Helga, Alja?- sussurrò, afferrando la dirimpettaia per un polso.

-Ma parlano sempre come se stessero masticando un mattone, gli Ungheresi?- domandò innocentemente Tìa, spalancando gli occhioni grigioverdi.

-Mit mondott, Spártai?-

-Jànos!-

Natal'ja si divincolò, incredula.

-Che ne diresti di ritornare alla civiltà?-

Poi scosse la testa, un poco più comprensiva.

-Per favore-

Non aveva mai avuto tanti sbalzi d'umore, quel benedetto magyar, ma ad Helga...ad Helga ci teneva, lui.

Forse non l'avrebbe ammesso subito, forse avrebbe faticato a spiegarlo.

Aveva cercato di non perdere la testa per sua sorella, reclusa in camera da quella mattina, pensando che, in fondo, Feri era un ragazzo intelligente, per quanto impulsivo.

Ad Hajnalka voleva bene, non le avrebbe mai fatto del male.

Era preoccupato ma non sconvolto, ci provava, perlomeno, a prendere in mano la situazione.

Adesso, più che la testa, aveva perso il controllo.

Natal'ja strinse la mano all'amica, capendo ch'era arrivato il momento di domandarglielo.

-Perché mi chiedevi di Helga, Tìa?-

-Feri... Feri l'ha vista-

Fu allora che le tornò in mente le ultime parole della ragazzina, le parole prima di “Ungherese”-

-Helga stava cancellando il suo nome?! Il suo nome sulla parete di Palazzo Dolokov...lo stava cancellando?-

Dimokratìa annuì, reclinando il capino.

-E lui... Un po' come suo fratello, ecco. Ha perso il controllo-

La fiammiferaia scosse la testa, con il cuore che le batteva forte.

Non voleva saperlo, non voleva.

Ma Helga, la sua amica Helga...

La sua migliore amica, nonostante tutto.

E Feri, il suo Capitano, il suo quasi - eroe...

L'avrebbe perdonato sempre, qualsiasi cosa avesse fatto.

-Cos'è successo, di preciso?-

-Le ha tirato un pugno e se n'è andato. Verso quell'altro quartiere di cui mi avevi parlato, oltre il confine di Forradalom...-

La scena a cui aveva appena assistito, il sorriso triste della biondina siberiana, a Tìa ricordò lo schiaffò di George a Cynthia in riva all'Eurota, la delusione e la rabbia di quando lo era venuta a sapere.

Il male che le fecero quelle parole, le lacrime agli occhi e la fitta al cuore, Natal'ja li mandò giù con la saliva, cercando il buio degli occhi di Jànos, l'antica allegria dei suoi ragazzi, la mano tesa della piccina greca.

Sorrise a Tìa, sorrise a Jànos, sorrise a Lörinc e a Isaakij.

Tacevano tutti, aspettavano lei.

Le sue parole, anche solo il suo pianto.

L'ultimo sussurro che i forradalmi le attribuirono dopo averla sentita spiegare con quanta voce ancora le era rimasta la situazione di Helga, fu più fragile d'un singhiozzo.

-Feri è andato a Shtorm-

Poi si allontanò a passi svelti sulla neve, scomparendo poco dopo nella sconfinata steppa siberiana.


Mi tengo la tua rabbia, se ti pare

La mia, ti giuro, l'ho lasciata andare

(Mi Tengo, Laura Pausini)



Note


La prima sigaretta che ti fuma in bocca un po' di tosse: Avrai, Claudio Baglioni.

Where did you go: Dove sei andato, Moon is Up, The Rolling Stones.

Magyar (ungherese): Ungherese.

Mi történt Helga, Alja? (ungherese): Cos'è successo ad Helga, Alja?

Mit mondott, Spártai? (ungherese): Cos'hai detto, Spartana?

Sazhen': Unità di misura russa, equivalente a circa due metri.


Bene, che dire di questo capitolo?

Pare il trionfo dei “bravi ragazzi”, all'inizio, ma la prima (o quasi, dato che ci aveva già provato con Gee) sigaretta di Alja era una scena che non potevo non scrivere, davvero.

La prima parte del capitolo, diciamo, è un po' il ritorno dei forradalmi, quei forradalmi che conosciamo noi, anche se senza Feri.

Quelli delle battute senza senso e delle castagne calde, quelli che a volte sono seri, ma finché possono ridere ridono.

E poi...poi c'è Helga.

C'è Feri, Feri che raramente deluderà i suoi amici, la sua Alja, come questa volta.

E cos'è andato a fare a Shtorm?

Tìa ha incontrato per la prima volta i ragazzi di Forradalom, e non è che l'abbia accolta a braccia aperte, Jànos, il nuovo Capitano -ma le vere e proprie “rielezioni” dei forradalmi saranno nel prossimo capitolo-, ma si può dire che sia il momento sbagliato per molti, questo.

E Alja... Alja dov'è andata, adesso?


A presto! ;)

Marty









  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Natalja_Aljona