Serie TV > Glee
Segui la storia  |       
Autore: Noth    02/12/2011    10 recensioni
E le nostre bravate, te le ricordi, Kurt? Ogni memoria si è tatuata nella mia mente ed ancora oggi sorrido a pensarci. Arrivammo al St. Benedict lo stesso giorno. Due bambini di cinque anni, due cuccioli di uomo senza nessuna base su cui crescere. Abbiamo fatto affidamento solo l’uno sull’altro. Vicini di letto un po’ per fortuna un po’ per caso. Tu, con quel tuo vizio di succhiarti il pollice che non riuscivano a levarti ed io, con la mania di prendere due bastoncini e sbatacchiarli ovunque per creare del ritmo. Due bambini nati per restare assieme. Due bambini che si amarono ancora prima di sapere cosa questo voleva dire. Due bambini che il fato si è divertito ad allontanare ed avvicinare come due futili marionette peccatrici. Io e te. Ti ricordi, Kurt?
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Don't you remember?
-Capitolo 2-

canzone consigliata: http://www.youtube.com/watch?v=RiwKZUYMvaE








Ero abituato ad averti accanto, tanto che non avrei mai immaginato di trovarmi separato da te un giorno. Eravamo io e te, noi e le nostre avventure, noi e i nostri cuori che battevano all’impazzata ogni volta che ci sfioravamo.

Io e te che venivamo adottati da famiglie differenti.

Me lo ricordo ancora il dolore, proprio come uno strappo, come se avessi preso il cuore ed avessi tirato i ventricoli in due direzioni differenti.

Me ne ero accorto che a stare senza di te non ero capace. Proprio non ci riuscivo, per quanto mi sforzassi. Nemmeno l’allenamento poteva aiutarmi. Era quel genere di cose che fanno radici dentro di te come un cancro e per quante chemioterapie tu faccia non spariscono mai del tutto.

Te lo ricordi, Kurt?



 
***



 
« … Per questo siamo felici di annunciarvi che siete entrambi stati adottati! » squittì entusiasta la direttrice dell’orfanotrofio, congiungendo le mani e facendo un sorriso sollevato. Chissà da quanto tempo volevano liberarsi di noi.

« Intendete che… siamo stati addottati dalla stessa famiglia? » chiese Kurt, ingenuamente.

Le due badanti accanto alla direttrice scoppiarono a ridere quasi in contemporanea, guardandosi confuse.

« Ma no, sciocchini. » disse una, ricomponendosi in fretta.
« Nessuna famiglia adotta mai due bambini contemporaneamente. È già tanto che ne vogliano uno solo. » aggiunse l’altra e la direttrice annuì a sostegno delle loro parole.

Due famiglie diverse.

Chissà quanto lontane.

Due famiglie che avrebbero tenuto divisi entrambi. Sarebbe tutto finito. Il mio piccolo angolo di paradiso stava diventando una prateria immensa di inferno.
Non volevo  vivere lontano da Kurt.

« Bè, noi rifiutiamo. » risposi. « Sicuramente altri due ragazzini andranno altrettanto bene. »

La direttrice mi fulminò con lo sguardo, sporgendosi sulla scrivania e poggiandovi le mani.
« Non è una scelta che spetta a voi ragazzini. Le famiglie pagano per le adozioni ed è giusto che abbiano ciò che hanno acquistato, non vi pare equo? »

Strinsi con violenza i braccioli della sedia dove mi ero seduto, mentre la direttrice mi osservava con aria saccente. Volevo prendere per mano Kurt e correre fuori da quell’ufficio polveroso che odorava di thè e cannella.
« Ma se noi non vogliamo non possono prenderci! » esclamai, cercando di sprofondare nella sedia, odiando quell’atmosfera. Era una tortura e sentivo già il dolore della separazione.

Era una decisione sulla quale non avevamo voce in capitolo, le nostre vite avrebbero preso vie scelte da altri. Non saremmo stati padroni di amarci, mai.
« Possono. » mi zittì una delle due badanti. Mi imbronciai all’istante.

Kurt si mordicchiava il labbro con nervosismo, gli occhi lucidi per la frustrazione e dondolava le gambe da bambino. Non toccava a terra coi piedi e, anche in quella situazione, era adorabile come mai nessuno era stato.

Non potevano dividerci. Era come se fosse mio fratello. Era come se fosse… non sapevo cosa.

Nessuno dei due ebbe più il coraggio di ribattere.

« Dunque, Kurt, tu sei stato scelto dalla famiglia Norberg. È composta solo da un padre e da un figlio che ha più o meno la tua età, forse un po’ più grande. Sono abbastanza agiati ed abitano a… uhm, Fake Street, numero 34. »

Non capivo perché ci desse quelle informazioni, non sapevamo nulla della vita fuori dall’orfanotrofio. Era come se stesse parlando in un’altra lingua. Nulla
acquisiva senso, era come dover fingere di ascoltarla mentre il mio mondo si strappava come carta straccia e volava via trascinato da chissà quale vento.

« Tu, invece, Blaine sei stato adottato dai Damian. Una famiglia molto più numerosa, vedo dal fascicolo che sono una coppia non troppo giovane con due gemelle femmine di due anni più piccole di te. E vivono a… Oh, che cosa divertente! » esclamò la direttrice. « La parta opposte della città! » e scoppiò in una risata divertita, subito imitata dalle due donne al suo fianco. I suoi capelli bianchi non si muovevano nemmeno, tanto erano fissati, ed i denti che spuntavano da quelle grottesche labbra rosa acceso erano terribili da fissare.

Volevo mettermi a piangere e a gridare. Che senso avrebbe mai avuto la mia vita ora?

« Domani verranno a prendervi, abbiamo già concordato ed hanno già pagato. Ora tornate nella vostra stanza, preparate i fagotti e dormite. Domani inizia la vostra nuova vita. E ora via. » ci liquidò con un gesto della mano.

Apatici in maniera spaventosa venimmo spinti dalle due donne fuori dall’ufficio e ci accompagnarono fino alla nostra stanza. Come se avessimo potuto andare da qualsiasi altra parte.

Ci distendemmo a letto, a pancia sotto, e sentii Kurt scoppiare a piangere. Si raggomitolò su se stesso e pianse come se fosse morto qualcuno. Io stavo con gli occhi spalancati e mi rifiutavo di singhiozzare. Guardavo la sua schiena, dato che aveva deciso di darmi le spalle, con le lacrime che mi scorrevano sul
viso. Ero arrabbiato, stavo immobile ed esse fluivano via da me.

Avevo freddo e avevo voglia di Kurt. Mi alzai e strusciai i piedi, infilati in dei calzini bucati, sul pavimento freddo. Mi distesi accanto a lui e rimanemmo schiena contro schiena.

Lui non la smetteva di piangere. Era come se non riuscisse a fermarsi, come se oramai fosse caduto in un burrone che non aveva fine e non potesse stoppare la sua caduta.

Gli presi la mano che teneva in grembo e lui se la appoggiò al petto.

« Non voglio andare via. » singhiozzò, assumendo quel tono da bambino capriccioso che aveva sempre quando piangeva.

Gli diedi una stretta alla mano.
« Andrà tutto bene. Vedrai che… che ci troveremo. Non saranno poi tanto lontane le case, no? » cercai di rassicurarlo, non credendoci neanche un po’. Era come se dovessi cedere il mio unico compagno di giochi. Mi accompagnava da una vita, era come se dovessi cedere la via vita. Avrei voluto bloccare quell’istante. Avrei voluto fermare tutto e restare lì, infreddolito, a strusciare i miei piedi contro quelli ugualmente gelidi di Kurt. A pensarci, l’escursione termica, in quel periodo, era assurda.

« Non è vero. Non voglio lasciarti, non so nemmeno come si fa a stare senza di te. » piagnucolò, tirando su col naso.
« Imparerai. Imparerò anch’io. Ma… non è un addio, Kurt. » sussurrai, girandomi e mettendomi contro la sua fronte. Era come essere abbracciati ad un peluche.

Era normale essere innamorati del proprio peluche?
A quell’età non lo capivo nemmeno, ma d’altra parte i sentimenti non si capiscono, si sentono e basta.

Si girò anche lui per guardarmi dritto in faccia, occhi negli occhi.
« Mi mancherai tantissimo. » gli dissi, mordendomi il labbro per non scoppiare di nuovo a piangere. Dovevo essere forte. Un bambino forte.
Però non lo ero, fingevo di esserlo per entrambi.

« Posso restare qua con te questa notte? » gli chiesi, abbassando lo sguardo. Lo abbassò anche lui, le sue ciglia lunghe gli carezzavano le guance rosee e morbide.

« Voglio che resti. Voglio ricordarmi come profumi. » mormorò tra sé, come se stesse rispondendo a se stesso e non a me. Non capivamo che quelle frasi volevano dire molto di più.

Le dicevamo perché non c’era altro da dire e non ci era stato insegnato cosa era giusto e cosa non lo era.
Appoggiò la fronte sulla mia e chiuse gli occhi, lasciandomi lì, a sopportare una notte in cui non avrei mai dormito, a stringere le coperte con le mani nella speranza di smettere di sentire quel dolore spaccarmi il cuore in due.






















----------------------------------------------------------------------------
Spazio Autrice:
Allora, bentornati al secondo capitolo della storia.
Allora, un po' triste no? Ma d'altra parte i bambini sono spesso sottovalutati.
Mi sono sorpresa di come ho scritto questo capitolo, sul serio.

Vorrei dedicarlo a Francesca che compie gli anni.
Doppio regalo tesoro, tutto per te.
Buon Compleanno!

Spero che vi piaccia, ogni recensione o commento è ben accetto.


Vostra,
{noth
   
 
Leggi le 10 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Glee / Vai alla pagina dell'autore: Noth