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Autore: Slytherin Nikla    24/07/2006    6 recensioni

« Ho bisogno di parlarti, Severus »

Iniziò così la mia fine; lo sai, vero?

Genere: Romantico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lily Evans, Severus Piton
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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« Ho bisogno di parlarti, Severus »

Iniziò così la mia fine; lo sai, vero? Per la prima volta nella mia vita ero felice, davvero felice, perché tu mi avevi sorriso. Durava da qualche tempo, ormai…

Da quel tuo primo sorriso avevamo iniziato a vederci spesso, ogni volta che la quantità di compiti ci permetteva di allontanarci dallo studio. Io, schivo ed evitato da tutti, invidiato e detestato miglior allievo della nobile casa di Serpeverde; tu, esuberante ed amata, migliore studentessa e brillante Prefetto dei Grifondoro.

Cosa avevamo in comune? Non so dirlo. Eppure, ricordi, la nostra vita ad Hogwarts era simile: tanto studio, nessuna inutile sciocchezza, ore trascorse in biblioteca. Mi è così doloroso, adesso, mettervi piede… Non posso impedirmi di pensare al tuo primo sorriso, proprio tra questi scaffali, sotto questa finestra. Senza che io facessi nulla, senza che parlassi, senza neppure averti guardata, tu sussurrasti il mio nome e mi sorridesti. A me, all’insignificante Severus Piton. Avevo creduto che si trattasse di uno scherzo, Lily, che tu per qualche assurdo motivo ti fossi prestata per uno stupido scherzo di quei quattro…E reagii male come solo io so fare.

Ma che notte trascorsi…! Non chiusi occhio neppure per un istante: qualsiasi cosa facessi, sia che fissassi il soffitto sia che premessi il viso sul cuscino imponendomi un sonno che non aveva alcuna intenzione di arrivare, il tuo sorriso era lì, imperterrito, piantato nella mia mente, a dimostrarmi che non lo avevi fatto per prenderti gioco di me.

Ti rincontrai in Biblioteca, il giorno seguente e quello dopo ancora, ma non osai rivolgerti la parola né guardarti: fosti tu, per la seconda volta, a prendere l’iniziativa. Improvvisamente avevi bisogno del libro che stavo consultando, e non ti facesti scrupolo a sederti accanto a me per leggere mentre leggevo anch’io. Di nuovo rimasi in silenzio, non ti rivolsi parola per l’intero pomeriggio, ma se tu sapessi cosa si agitava nel mio cuore!

Avevo bisogno di te, di sentirti vicina, ma non avevo il coraggio né di pensarlo né tantomeno di dirtelo… E per la terza volta fosti tu a venirmi incontro. L’unica partita di Quidditch che stavo andando a vedere, Corvonero contro Serpeverde… E tu ti parasti davanti a me con quei tuoi magnetici occhi verdi fissi nei miei.

« Ho bisogno di parlarti, Severus »

Era così bello, il mio austero nome, pronunciato da te! Mi sorridesti e qualcosa nel mio cuore parve sciogliersi, poi mi prendesti per mano e persi ogni briciola della mia famosa lucidità. Mi conducesti al limite della Foresta Proibita, e indicandomi un Thestral mi chiedesti se lo vedevo anch’io. Non mi desti il tempo di risponderti, che i tuoi occhi si riempirono di lacrime nel confessarmi che tuo padre era morto durante l’estate e non lo avevi detto ad anima viva nonostante fossero quattro mesi che la scuola era iniziata. Ti appoggiasti al mio petto e io esitai nell’abbracciarti, ma tu mi sussurrasti di farlo e ti circondai con le braccia tremanti… Ti dissi che li vedevo, che li vedevo da anni, da quando mia madre si era tolta la vita.

Tu mi prendesti il volto tra le mani, scostasti i miei capelli e li tenesti fermi con le dita… Poi avvicinasti il tuo viso al mio, lentamente, e mi baciasti. Sentivo il sapore delle tue lacrime che si mischiavano con le mie, e per un attimo credetti che sarebbe stato per sempre. Poi mi resi conto che non sarebbe mai potuto succedere, e mi allontanai da te; tu leggesti le mie paure, credo, perché quando mi sussurrasti che niente avrebbe mai potuto separarci eri seria come non ti avevo mai vista. Ti credetti, Lily, quel giorno e tutti i seguenti. Ti credetti per giorni, settimane, mesi. Ma alla fine i miei timori trovarono chi li facesse avverare. Mi aspettasti fuori dalla porta, alla fine della lezione di Trasfigurazione.

« Ho bisogno di parlarti, Severus »

Il tuo viso era teso, preoccupato, come se volessi parlarmi di qualcosa di estremamente grave. Sembravi… Triste, sì. E non capivo perché. Poi ti decidesti a spiegarmi, e mi resi subito conto che la mia vita era arrivata alla fine.

Parlasti di Tu-sai-Chi, dei Mangiamorte, tutte parole così strane in bocca a te… Quando ti domandai dove volessi arrivare reagisti malissimo. Mi accusasti, senza mezzi termini, di fare parte di quei maghi oscuri e crudeli che formavano la corte dell’uomo che si faceva chiamare Lord Voldemort.

Tentai di difendermi, di spiegarti che le tue informazioni erano errate, ma fu tutto inutile. Eri convinta che avessi tradito la tua fiducia e proprio per questo non potevi neppure ascoltare le mie parole. Perché io non ero un Mangiamorte, allora, non mi interessava nulla né di Lord Voldemort né tantomeno del fatto che altri della mia Casa avessero deciso di seguirlo… Ma qualcuno ti aveva convinto del contrario, e le mie possibilità di farti vedere la verità si infransero contro un muro di disgusto e disprezzo. Mi sussurrasti che avresti continuato ad amarmi, ma che non potevamo continuare a vederci. Il mio cuore si fermò e me ne andai senza dirti una parola.

Disperata, la tua voce chiamò un’altra volta il mio nome; non mi voltai neppure, per quanto il dolore mi scavasse dall’interno come un impietoso tarlo, e mi allontanai cercando di svuotare la mente di ogni ricordo di te. Non ci riuscii mai. Iniziai a frequentare di più quelli che fino a qualche tempo prima avevo considerato degli sciocchi utopisti, con il solo motivo che assecondavano la mia predisposizione per le Arti Oscure, tentando con ogni metodo di farti uscire dalla mia testa. La scuola finì e iniziò nuovamente, per il nostro ultimo anno, e dopo mesi di silenzio tu tornasti a cercarmi.

« Ho bisogno di parlarti, Severus »

Eri venuta a dirmi che avresti sposato James Potter, e io non reagii minimamente. Non un gesto, non una parola, nemmeno ti chiesi perché. Adesso sapevo chi ti aveva raccontato quelle menzogne sul mio conto, sapevo con che scopo te le aveva raccontate e sapevo perché gli avevi creduto. Nessuno poteva dubitare della parola di un Grifondoro, per quanto poco affidabile e notoriamente sciocco e vanesio. Dubitare di un Serpeverde del mio basso calibro invece era molto più semplice…

Mi chiedesti di capire, di comprenderti; dicesti che nonostante quella decisione il tuo cuore sarebbe sempre appartenuto a me e che James, per quanto gentile e premuroso, non sarebbe mai stato come me. Ti guardai con un odio che non avrei mai pensato di poter rivolgere verso di te, e solo quello mi impedì – con il mio orgoglio – di gridarti per quale stupido motivo allora avessi deciso di sposarlo. Non ti avrei lasciato nulla di me, ero più determinato che mai, nemmeno un ricordo sgradevole. Girai sui tacchi e me ne andai.

Diventai un Mangiamorte quella notte stessa, e il dolore fisico del Marchio Nero fu un balsamo per epurare le ferite della mia anima… Quando tornai a casa e mi guardai allo specchio, ero diverso. Adesso ero un assassino, un servo, uno schiavo, legato a filo doppio al mio padrone. Il Marchio sembrava fatto col carbone, sulla pelle bianchissima del mio braccio, e bruciava come se un fuoco eterno fosse stato appiccato alla mia carne.

Lo guardai con repulsione, e tu fosti il mio primo, unico pensiero. La mia vita era iniziata con te, con quel tuo lontano sorriso… Adesso che ero un Mangiamorte, essa era chiaramente finita: la mia fine veniva da te, ma non te ne portai biasimo… Al contrario, mi fu più semplice accettarla.

Perché tu, un giorno, mi avevi sorriso

  
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