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Autore: F l a n    02/12/2011    4 recensioni
È una normalissima notte quella in cui Blaine trova una sorta di strano umanoide accasciato per terra, nel parco. Blaine ha sempre creduto nelle forme di vita extraterrestri, ma presto dovrà rendersi conto che Kurt Hummel non è semplicemente quello che lui crede "un Alieno" dalle sembianze umane.
Come farà Kurt Hummel a tornare da dov'è venuto?
E, precisamente, da dove proviene?
Un alternate Universe tendente allo sci-fi.
***
Estratto dal capitolo 2:
"Il ragazzo, o quello che era, si scostò velocemente da lui, per poi cadere nuovamente sulle ginocchia, evidentemente troppo debole per qualunque movimento.
“Chi sei?” chiese Blaine, avvicinandosi ancora a lui, ricevendo solo uno sguardo diffidente, contrariato. I suoi occhi blu brillarono.
Blaine tese una mano in avanti, ma l’altro si scostò ancora, camminando sulle ginocchia. Stranamente la sua tuta, pur essendo bianchissima, non era né sporca di terra né di erba. Blaine ne concluse che quello che stava indossando doveva essere un tessuto particolarmente speciale.
“Sei umano?” chiese ancora, accucciandosi su di lui, fino ad essere al pari del suo viso, “non voglio farti del male."
[Klaine scritta per il BigBangItalia]
Genere: Romantico, Science-fiction, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Finn Hudson, Kurt Hummel, Un po' tutti | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Note di inizio capitolo: Per ogni nota riguardante l'intera fanfic, vi rimando al primo capitolo. Per il resto, sappiate che per vostra gioia, in questo capitolo apparirà Kurt. Sarà molto strano e forse un po' OOC per i primi capitoli, ma penso ne capirete anche le motivazioni!
Voglio ringraziare tutti coloro che mi recensiscono, tutti coloro che mi seguono, la beta dell'intera fanfic ed infine coloro che  hanno inserito la fic tra le preferite e seguite. Questo progetto per me è davvero molto importante, e trovare entusiasmo da parte vostra non può che rendermi immensamente felice! Grazie di cuore!
Ed un grazie speciale a _Fireplace e hale y, le adoro e loro sanno perché <3

2. “In The Park”

Prima che Blaine potesse dire ‘a’ si scoprì fidanzato con Sean. Era successo quasi senza che se ne accorgesse, forse proprio perché nella sua mente aver ricevuto un bacio non significava aver bisogno di un impegno serissimo con quel tipo, tuttavia Sean sembrava non pensarla come lui ed essere anche piuttosto drastico, invece. Non avevano mai affrontato l’argomento, ma il giorno dopo il loro primo appuntamento lui si era presentato sotto casa sua senza alcun avvertimento e lo aveva spinto a scendere le scale per poi accoglierlo tra le sue braccia e baciarlo come se fosse la cosa più naturale del mondo. Ovviamente Blaine era rimasto secco e non in senso totalmente positivo.

Da quel momento in poi, comunque, Sean chiese sempre più spesso a Blaine di uscire, di accompagnarlo per negozi o, addirittura, di salire in camera sua.

Il giovane Anderson non aveva problemi a far salire un giovane ragazzo spacciandolo per un amico, ma dalle occhiate di sua madre era certo di non aver nascosto troppo bene la cosa, per cui provava sempre un certo imbarazzo mentre saliva le scale sotto la sua supervisione.
Ma il peggio, beh, il peggio era suo padre, perché Blaine non voleva assolutamente che lo venisse a sapere. Già accettava a fatica il fatto che fosse gay; se poi avesse scoperto che, per di più, aveva un ragazzo e lo portava nella camera della sua casa, Blaine avrebbe potuto segnare la fine dei suoi giorni, o perlomeno questa era l’impressione che aveva sempre avuto.
Passò una settimana prima che Blaine si decidesse a prendere coraggio e provare a mollare Sean. A Blaine tutto sommato il coraggio mancava troppe volte, non riusciva a dire di no, chinava la testa e annuiva sempre, anche quando qualcosa non gli andava particolarmente a genio. Ma decise che le cose dovevano cambiare, che non poteva continuare a stare con una persona che non amava, perché sapeva che le cose non sarebbero rimaste così per sempre, che c’era qualcos’altro oltre ai baci ed alle carezze sul volto e sul collo. E lui quel qualcos’altro non voleva farlo con lui. Era un bravo ragazzo ma no, non con lui. Non lo amava e per quanto Blaine non avesse grandi aspettative nei confronti dell’amore almeno beh, almeno quello, lo voleva fare con una persona che amava. Nessuno gli avrebbe più rubato niente dopo il primo bacio.

Così sabato sera si ritrovò al parco dove si incontravano di solito per una tranquilla passeggiata notturna, con la chiara intenzione di dire, finalmente, ciò che pensava a Sean. Cioè, non tutto ciò che pensava perché altrimenti sarebbe stato esageratamente demotivante.
Sean si diresse verso Blaine non appena lo vide, gli gettò le braccia al collo e lo baciò, come sempre. Il bacio era caldo, umido ed assolutamente sgradevole per il giovane Anderson.

“Ti devo parlare,” disse con voce appena un po’ tremula, non appena si staccarono. Sean si tirò indietro.
“Di cosa? Non mi piace questo tono.”
“Di noi, della nostra relazione.”
“Lo sapevo,” Sean strinse le labbra ed i pugni, mentre si sedevano sulla prima panchina disponibile.
“Io… io non ti amo,” Blaine fu schietto, diretto e molto meno delicato di quello che avrebbe voluto essere, “io… ho iniziato questa relazione perché pensavo potesse andare da qualche parte, sai, prendere una piega positiva per entrambi. Ma mi sono accorto che non stava andando come avrei voluto, che non provo assolutamente niente di più dell’amicizia per te. Credo… credo di aver sentito il bisogno di non rifiutarti solo perché sei mio amico e perché, al nostro primo appuntamento, mi hai strappato il primo bacio,” pronunciò quelle parole con una nota ben visibile di amarezza nella voce, senza che vi fosse troppo spessore o un’emozione positiva.
“Mi dispiace… Sean, ma credo di non voler stare con te e preferisco essere sincero piuttosto che prenderti in giro e… continuare a mandare avanti qualcosa che non potrebbe andare più in là del punto in cui siamo,” concluse, con voce tremula. Le sue mani erano umide e sudate ed il suo cervello si stava auto fustigando per le parole che aveva appena detto. Si sentiva in colpa, si sentiva parecchio in colpa.
Sean si tirò indietro, guardandolo con il dolore negli occhi, dolore che si trasformò in qualcosa di simile alla rabbia.
“Beh, lo immaginavo,” il suo tono era rassegnato, ma non mancava un pizzico di rancore, “sono stato troppo avventato. Ho dato per scontato che potessi piacerti. Non so come mai, forse perché con le donne ho sempre avuto successo e non mi hanno mai rifiutato, sono sempre stato io a mollare loro. Ma con le donne è sempre più facile.”
Blaine lo guardò un po’ sprezzante, “non sono cose carine da dire. Sarò anche gay ma…” e Blaine aveva ragione, era il tipico ragionamento maschilista, di uno che usava le donne solo per gettarle. Sapeva che Sean era bisessuale, ormai, ma che lo fosse solo perché con le donne era più facile, beh, non era né credibile, né rispettoso.
Dopo quell’affermazione l’altro ragazzo si alzò dalla panchina e lo guardò dall’alto, un po’ deluso, un po’ arrabbiato.
“Quindi ci lasciamo.”
“Sì,” annuì Blaine, con aria mesta.
“Mh. Non sai cosa ti perdi Anderson,” Sean allungò una mano verso di lui e la strinse, “non hai bisogno di un passaggio a casa, vero?”
“No, tranquillo, sono venuto con la macchina.”
“Allora ci becchiamo in giro,” il ragazzo si voltò di schiena e camminò lontano da lui, lasciandolo solo e perplesso su quella panchina. Una domanda che rimbombava nella mente di Blaine era perché non avesse detto altro, perché non si fosse davvero arrabbiato o perché avesse semplicemente lasciato la scena in quel modo.

Sean era entrato tanto velocemente nella sua vita quanto se ne era andato, e forse era giusto così, ma era strano. Blaine era anche consapevole di aver perso uno dei pochi amici che aveva – i compagni della Dalton erano suoi amici, certo, però non lo conoscevano ancora bene quanto Sean.
Rimase per qualche minuto in più su quella panchina a fissare il vuoto davanti a sé, sarebbe stato bello che qualcosa adesso lo riscuotesse dalla naturale monotonia che stava per tornare nella sua vita.
Blaine sentì dei rumori provenire poco lontano da lui e si voltò di scatto. Era solo in mezzo a quel parco dalle luci soffuse e stranamente non si vedeva nessuno in giro, neanche qualche romantica coppietta alla ricerca d’intimità o qualche barbone accasciato su una panchina.
Si alzò e cominciò a camminare, indeciso su cosa fare. Uscire dal parco e tornare a casa o rimanere a vagare lì, alla ricerca di un qualche pensiero per riempire la mente? Il cuore di Blaine era diviso tra il senso di colpa per aver mollato Sean e la liberazione, certo era strano l’amore. Prima non lo vuoi, poi lo desideri, poi ti accorgi che è di troppo e quando decidi di liberartene il cuore sembra sempre troppo, estremamente leggero. Era sicuro che i baci di Sean non gli sarebbero mancati – Dio, si lavava i denti ogni volta che veniva baciato da lui, era normale? – ma forse la sua compagnia sì. In fin dei conti parlavano di tutto, giocavano all’x-box e guardavano film. Decisamente, la sua compagnia gli sarebbe mancata.
Blaine camminò fino al laghetto presente al centro del parco, si appoggiò alla ringhiera che lo circondava e fissò l’acqua che rifletteva la debolissima luce della luna e quella dei lampioni. La sua vita era quasi perfetta, eppure non era né felice né soddisfatto. Cosa se ne può fare una persona di una vita che non lo ripaga? A scuola andava bene, ma tutta quella storia con Sean lo aveva fatto riflettere; c’era un grosso buco nel suo cuore. Non era in grado di amare, forse?  Ci sono un sacco di persone che non amano, magari lui era tra quelle, magari sarebbe rimasto solo per tutta la vita, non sarebbe stato strano. O magari si sarebbe sposato con una ragazza, sarebbe stato padre anche solo per far piacere al proprio.
Sospirò, chinando il capo e chiudendo gli occhi. Quanta confusione per essere solo poco più che un ragazzino.
Un bagliore si rifletté nel lago, un bagliore che non apparteneva né ai lampioni né alla luce della luna, era estraneo, probabilmente artificiale. Si voltò di scatto per la seconda volta, notando che quella luce veniva dalla sua destra, e s’incamminò velocemente verso di essa. Blaine non era mai stato un cuor di leone, ma quella volta era particolarmente curioso, un po’ perché il suo istinto aveva agito da sé, un po’ perché era profondamente annoiato e malinconico e qualunque cosa sarebbe stata più interessante di quel laghetto.

Serpeggiò tra alberi, panchine, altalene e scivoli, fino a raggiungere la fonte del bagliore che si stava man mano affievolendo.

La visione che colpì i suoi occhi gli diede un’emozione forte, sconosciuta, una specie di forte ondata fresca che lo colpì all’altezza del petto, facendolo indietreggiare. Davanti ai suoi occhi c’era un ragazzo, ma non un ragazzo come tutti gli altri; era accovacciato a terra, con le ginocchia tirate al petto. Indossava una tuta aderente, bianca con alcune rifiniture argentee. Ma la cosa che colpì Blaine non fu il suo abbigliamento, bensì la sua pelle, i suoi occhi, i suoi lineamenti; aveva uno sguardo impaurito, le sue iridi erano azzurre e profonde, la sua carnagione era bianca, liscissima, quasi impossibile per essere umana, il suo volto era appuntito, così come le sue orecchie – non erano appuntite tanto quanto quelle degli elfi dei libri fantasy che Blaine leggeva, ma non erano neanche tonde come quelle di un umano comune.

Il ragazzo, o quello che era, si scostò velocemente da lui, per poi cadere nuovamente sulle ginocchia, evidentemente troppo debole per qualunque movimento.

“Chi sei?” chiese Blaine, avvicinandosi ancora a lui, ricevendo solo uno sguardo diffidente, contrariato. I suoi occhi blu brillarono.

Blaine tese una mano in avanti, ma l’altro si scostò ancora, camminando sulle ginocchia. Stranamente la sua tuta, pur essendo bianchissima, non era né sporca di terra né di erba. Blaine ne concluse che quello che stava indossando doveva essere un tessuto particolarmente speciale.

“Sei umano?” chiese ancora, accucciandosi su di lui, fino ad essere al pari del suo viso, “non voglio farti del male,” allungò una mano verso la sua spalla, sfiorandola lievemente, ma l’altro si ritrasse un’altra volta.

Per assurdo, Blaine non aveva mai escluso l’esistenza di altre specie sul pianeta che potessero somigliare agli umani ma non lo fossero, anzi. A lui piacevano la fantascienza ed il fantasy, di conseguenza aveva anche una propria opinione riguardo a creature mistiche ed esseri speciali, ed aveva capito fin da subito che quello che gli si presentava davanti non poteva essere un umano come tutti gli altri. La sua pelle era troppo diversa e le sue orecchie gli ricordavano quelle di un personaggio di un telefilm che amava – Star Trek, il vulcaniano Mr.Spock.

“Non voglio farti del male,” aggiunse, stavolta riuscendo a sfiorare la sua spalla. Indubbiamente era molto debole, troppo debole per correre via da lui. Blaine era certo che se avesse potuto lo avrebbe fatto.
“Non toccarmi,”Blaine sentì quelle parole rimbombare nella testa, sicuro che le sue labbra non si fossero neanche mosse. Aveva sentito quella voce nella… nella sua testa. Era una voce graziosa, leggera ma anche estremamente debole.
“Sai la mia lingua?” L’altro non rispose alla sua domanda, annuì soltanto, rivolgendo poi gli occhi al cielo, come alla ricerca di qualcosa.
“Chi stai cercando?”
“Non farmi altre domande,” ancora, quella voce era ancora nella sua testa. Ora ne era sicuro, l’altro non aveva mosso le labbra neanche per prender fiato, erano serrate, chiuse.
“Hai bisogno di una mano, sei debole,” insistette Blaine, protendendo la mano verso di lui ancora una volta, sperando che non si tirasse indietro, “io voglio aiutarti…” aggiunse, toccandogli il braccio e ricevendo un’occhiataccia; tuttavia l’altro non si mosse di un millimetro, rimanendo sotto il suo tocco con uno sguardo aggressivo che si trasformava lentamente in rassegnato, troppo debole per reagire.
“D’accordo,”soffiò ancora, nella sua mente. Pochi attimi dopo quella risposta si accasciò a terra, lasciano Blaine completamente basito. Sembrava svenuto o probabilmente era caduto addormentato, ma viste le poche forze che doveva aver in corpo era quasi sicuramente svenuto.
Blaine si guardò intorno, un po’ preso da un vago senso di panico. Che diavolo doveva fare? In fin dei conti era… qualcosa, forse nemmeno un essere umano e non poteva portarlo a casa o perlomeno non poteva farsi vedere con un ragazzo tra le braccia, svenuto e con indosso una tutina aderente. Ma non poteva neanche lasciarlo lì al suo destino; in fondo che male poteva fare? Soffermandosi sui suoi lineamenti e sulla sua espressione da addormentato sembrava davvero una creatura estremamente bella e innocente. Certo, lo sguardo di poco prima di innocente aveva ben poco.
Si passò una mano sul volto, esasperato, rivolgendo gli occhi al cielo e maledicendo stelle, luna ed ogni cosa nell’universo; la sua vita era sempre così dannatamente strana.
“Okay, okay. Calmo Blaine, rifletti…” passò una mano sul braccio dell’essere, poi prese il suo polso, cercandone il battito cardiaco. Non c’era battito cardiaco. Spalancò gli occhi sorpreso, com’era possibile che non avesse battito cardiaco? Era… morto? Il panico scese su di lui quasi immediatamente. Ora che aveva lasciato le impronte sulla sua pelle lo avrebbero accusato di omicidio; eppure, riflettendoci, Blaine sapeva che non poteva esser morto. Se la sua tesi era giusta e se i libri di fantascienza gli avevano insegnato qualcosa, sapeva che gli alieni – sempre se poteva chiamarlo alieno, - avevano un organismo e proprietà diverse rispetto a quelle basilari degli umani. Per cui era molto probabile che il cuore fosse situato da un’altra parte del suo corpo, o magari proprio non aveva un cuore ed il suo sangue veniva pompato diversamente nelle vene. O magari era un cyborg. Vista la pelle così candida e perfetta a Blaine non sarebbe sembrato troppo strano; si sedette per terra a meditare. Qualunque cosa fosse doveva portarlo assolutamente via di lì ed era più che evidente che avesse davvero bisogno di aiuto.

Alla fine, protese le braccia verso di lui e cercò di sollevarlo; considerando che era tarda sera forse i suoi erano già a dormire, sarebbe sgattaiolato in casa cercando di far il meno rumore possibile, lo avrebbe portato in camera e il mattino dopo avrebbe aspettato che i suoi andassero a lavoro per farlo uscire. A Blaine sembrava la soluzione più logica.
Lo prese tra le braccia, accorgendosi con non troppa sorpresa che pesava effettivamente pochissimo. Si soffermò per qualche minuto sui suoi lineamenti e sul suo corpo; era realmente una creatura di rara bellezza – sì, unacreatura, perché ormai Blaine escludeva totalmente la possibilità che potesse essere umano.

Fortunatamente nel parco non incontrò nessuno, incrociare anche solo qualche coppietta o peggio ancora pattuglie di controllo sarebbe stato un grosso ostacolo per lui, avrebbero potuto pensare che lo avesse ucciso o chissà che. Arrivò alla macchina e lo depose sui sedili posteriori, facendo attenzione a distenderlo senza fargli prendere inutili botte contro qualcosa, infine chiuse la portiera e si mise al posto di guida. Ad ogni semaforo che incontrava sulla strada, Blaine buttava un occhio indietro, guardando lo strano passeggero che aveva deciso di ‘salvare’, chissà da quanto non mangiava, era davvero magrissimo.

Parcheggiò la macchina nel garage di casa sua con una discreta ansia, era mezzanotte e mezza e sperava davvero che i suoi non fossero ancora svegli. Scese dalla vettura, decidendo prima di controllare come poter entrare senza far rumore e poi di recuperare l’ospite.

Per sua fortuna, aprendo la porta di casa constatò che, come aveva ben pensato, i suoi genitori dovevano ormai esser a letto da un pezzo. La lasciò aperta per non fare ulteriore confusione e tornò a recuperare il passeggero ancora in macchina.
Lo prese nuovamente tra le braccia, e chiuse con il telecomando le portiere dell’auto, fino ad arrivare – anche se con un po’ di sforzo – in casa. Si chiuse la porta alle spalle con un piede, sperando che non facesse troppo rumore e poi salì le scale più in silenzio possibile e con il cuore in gola. Non osava pensare se lo avesse trovato suo padre in una situazione del genere. Avrebbe potuto dichiarare la sua morte seduta stante.
Quando lo adagiò sul letto gli sembrò una vera e propria conquista, aveva sudato freddo con la paura nel cuore che qualcuno potesse scoprirlo. Prima di uscire dalla camera per cambiarsi si sedette sul letto a fissarlo. Era davvero strano, mistico, irreale. E se non si fosse più svegliato? E se lo avesse attaccato? E se fosse fuggito mentre lui dormiva? La testa di Blaine cominciò a riempirsi di domande che non avevano risposte e paure; l’unica cosa che poteva fare, però, era augurarsi che nessuna delle sue previsione si avverasse.

Afferrò un pigiama e s’incamminò silenziosamente verso il bagno per cambiarsi; quella notte avrebbe dovuto dormire sul pavimento, sarebbe stato ottimo prepararsi anche una coperta.


Note di fine capitolo: Spero che l'apparizione di Kurt non vi abbia delusi. Mi rendo conto che per adesso è tutto un po' strano, ma tra qualche capitolo riuscirete a trovare un senso ad ogni cosa scritta, ed ad ogni stranezza.
Se avete domande, affermazioni, complimenti o magari accorgimenti, non esitate a farmelo sapere!
Il prossimo aggiornamento dovrebbe avvenire venerdì prossimo o sabato, giusto perché aggiornare di domenica non me gusta particolarmente!
   
 
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