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Autore: darkronin    03/12/2011    5 recensioni
Abbiamo sempre solo immaginato cosa possa aver pensato il Re dei Goblin di tutta l'avventura che vede Sarah protagonista nel risolvere il labirinto.
Ho voluto tentare di rendere concrete tutte le sfacettature e allusioni che lui -e gli altri personaggi- mostrano di questo mondo all'interno della storia originale.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Tela di diamante'
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7. Presa di coscienza

Ma... Sire...” protestò debolmente un Goblin.

Jareth era ritornato al suo palazzo. Buttando il mantello in un angolo della stanza era andato a prendere Toby che era, ormai, nuovamente sveglio. Lo cullava teneramente, quasi quel continuo ondeggiare, insieme alle carezze di cui lo riempiva, potesse lenire il suo malessere. Sì, lui stava male. Aveva lo stomaco e la gola chiusi. Era la prima volta che la rabbia gli faceva quell'effetto. La prima volta che lo faceva sentire così triste. Si sentiva solo. Era come se fosse stato abbandonato. Aveva agito, ancora una volta, sull'onda delle emozioni e aveva firmato la propria condanna. Aveva deciso di cacciare quella ragazza, che tanto lo confondeva, e così facendo aveva anche cacciato...cosa? Si era immaginato il castello improvvisamente ordinato e pulito, ricoperto di fiori e invaso da una tenera luce dorata. Ora, più che la solitudine temeva il persistere dello squallore a cui era ormai abituato. Affetto. Ecco a cosa aveva appena voltato le spalle: alla possibilità di provare e ricevere affetto.

Strinse a sé il bambino, perché gli passasse un po' del suo calore e della sua serenità. Era tornato al trono e vi si era rannicchiato: lo sentiva come una tana, un nido; si sentiva protetto in quella forma circolare e ovattata dal grande schienale. Sempre tenendo stretto il bambino, aveva fatto comparire una sfera da cui, immediatamente si era levato un feroce clangore metallico e le urla dei due fuggiaschi erano riecheggiate in tutta la sala, ammutolendo gli astanti. Osservava la scena immerso in uno stato catatonico senza realmente vedere la realtà. Quella che correva, rossa in volto per lo sforzo e col fiatone non era che un'umana, una concorrente qualunque. Non la sua Sarah. Sì, ormai, per quanto fosse passato poco tempo, la sentiva come sua. E se lei lo rifiutava, allora non sarebbe stata di nessun altro!

Al loro passaggio le luci si accendevano automaticamente. Le gambe lunghe della ragazza le consentivano una velocità che nani e Goblin potevano solo sognarsi. Aveva afferrato la sua guida per mano, cercando di tirarselo dietro, di passargli un po' di quel vantaggio. Ma il nano, con le sue gambette corte, spinto a una velocità non sua, incespicava frequentemente e cadde più d'una volta. Gli spazzini avanzavano inesorabili con le turbine a pieno regime.

Sire! La ragazza...” stava protestando il Goblin allarmato.

Gli spazzini...rischiano di stritolarla..” disse un altro

E allora?” il suo sguardo, come la sua voce, era gelido e piatto, privo di vitalità: non si stava divertendo né era eccitato dall'imminente massacro. Ma non era nemmeno dispiaciuto. E la sua corte con lui.

Ma...” cercarono di protestare quelli, non sapendo bene cosa dire.

Se muore è meglio per noi, no? Perché vi preoccupate tanto? Non siete contenti?” domandò indispettito

Ma...Sire... noi pensavamo che lei...che Voi...”

Cosa stai insinuando, immonda creatura? A me basta che questo bambino sopravviva e diventi mio erede. Nient'altro. Lei è solo un passatempo. Di cui mi sono già stancato, tra l'altro. E' terribilmente ripetitiva...” Ma cosa cercava di spiegare a uno stupido Goblin? Era impazzito per abbassarsi al loro livello e a litigarci? A lui, di Sarah, non importava nulla. Proprio così. Lei non si piegava a lui ma lo affrontava. Osava, addirittura, sfidarlo e umiliarlo correggendolo. Per non parlare di come lo avesse rifiutato più volte. Lui!

Per scherzo, lo ammetteva, aveva provato a sedurla, in modo molto blando. Non si era certo impegnato, si giustificò. Ma lei nicchiava comunque, faceva finta di nulla, lo trattava come se ogni suo comportamento non avesse altri scopi se non tentare di intimidirla. Tentare, perché sembravano sforzi vani.

Cominciava a dubitare del proprio fascino. Che fosse invecchiato? Che avesse perso ogni attrattiva? Trecento anni mortali erano forse così evidenti agli occhi degli umani?

Di sfuggita, vide Sarah notare la porta murata che nascondeva l'uscita di sicurezza secondaria e buttarsi a forzarla in un tentativo disperato di salvarsi.

Stava per schioccare le dita, per convocare una cortigiana per verificare se su altre donne, che non fossero Sarah, esercitava ancora un qualche ascendente. Si fermò, con le dita della mano libera sospese a mezz'aria, già unite tra loro, pronte allo schiocco, quando sentì le imprecazioni del nano.

Gli Spazzini e la Palude dell'Eterno Fetore...di certo hai destato il suo interesse”* Fu il tono nella voce del nano e il messaggio implicito che recava con sé a riportarlo coi piedi per terra. Sì, certo: quella ragazzetta aveva calamitato il suo interesse. Ma oltre a essere un'osservazione idiota e ovvia, si aggiungeva il fatto che quella scriteriata faceva di tutto per innervosirlo. Riempiva quella ragazzetta di “attenzioni” e allora? Cosa c'era di male? Era la prima preda dopo secoli: aveva pur il diritto di divertirsi un po' anche lui, no? Nella voce, però, gli aveva percepito una nota di gelosia, oltre al pesante sarcasmo. Il nano era geloso? Questa sì che era bella. Non solo era geloso, ma lo era di lui! Lui, il sommo, il bellissimo e potentissimo Jareth. Sperava forse di poter competere? Si riscosse in un attimo e un ghigno di sfida affiorò sulle sue labbra. Se era un'altra sfida, stavolta, era più che certo di vincere: non c'era partita.

Eppure la freddezza della ragazza lo inquietava e gli faceva temere un rivale tanto miserabile. Strizzò gli occhi. Era forse gelosia, la sua, nei confronti di Hoggle? Ghignò amaro “Non scherzare, Jareth” si disse. In un batter d'occhio era tornato di buon umore. La reticenza della ragazza non lo angosciava più: le donne erano strane creature, spesso negavano l'evidenza e in questo, talvolta, non erano diverse da certi uomini, si rimproverò. Se lei provava anche in minima parte attrazione per lui, per un qualunque aspetto di lui, egli l'avrebbe trasformata in un sentimento più forte. Doveva essere sua. E lei non poteva non essere attratta dalla sua bellezza, dalla sua forza, dal suo potere, paradossalmente dalla sua arroganza, dalla sua doppiezza o dal suo lato oscuro. Lui l'avrebbe incarcerata in quel regno, in un modo o nell'altro. L'aveva già deciso tempo prima, si ricordò. E lei si sarebbe innamorata. C'era riuscito quel principe imbecille, qualche secolo prima, non poteva riuscirci lui?

Jareth si rabbuiò. Certo...quel mentecatto peloso aveva avuto un sacco di tempo a sua disposizione, non tredici misere ore. Si accigliò. Sapeva di non poter prorogare il tempo del gioco. Ed era altrettanto consapevole che tredici ore, da lui stesso ridotte a meno di dieci, all'interno di un'esistenza ordinaria, non erano che un battito di ciglia. Doveva trovare un modo per rimanerle impresso più di qualunque altro avvenimento. Dieci ore...mezza giornata. A volte gli umani si dimenticavano vicende di mesi o addirittura anni, dimenticavano persone conosciute un'ora prima e fatti strazianti. Ma lui? Quanti secoli erano che vedeva gli umani affaccendarsi sulla Terra? Cosa sarebbero state per lui quelle dieci ore? Dieci ore né umane né magiche.

Stava già ragionando da perdente, si disse. Buttò la testa indietro, alzando gli occhi al soffitto. Indugiò ancora qualche minuto su quella prospettiva “Se dovesse finire così, anch'io me la dimenticherei in breve tempo. O no?” Non era più sicuro di nulla. Una manciata di misere ore l'avevano destabilizzato. Era solo un'umana, che diamine. Si sarebbero dimenticati a vicenda? La risposta era la più ovvia e banale: a meno che uno dei due, sempre in quella prospettiva assurda, non avesse mantenuto vivo il ricordo di quelle ore, nel giro di poco tempo, sarebbe stato come se nulla fosse successo. E altri secoli sarebbero trascorsi uguali ad altri già passati. No, si disse. Lui avrebbe ricordato. Nella sua noiosa vita, per quanto breve, sarebbe stato comunque un evento più che significativo. Magari lo avrebbe rivissuto mille volte, cambiandone ogni volta il finale, le sfumature: avrebbe finito per infiorettare il tutto, per meglio accettare il successivo distacco.

Rimuginò ancora sul concetto. In realtà gli erano bastati pochi istanti per decretare che quella ragazza dovesse diventare la sua regina, quando qualche anno prima, ancora più acerba, l'aveva sentita. Aveva sentito la sua fede nel mondo magico. Rapito, era salito a controllare di chi si trattasse. E, per quanto giovane, l'aveva subito immaginata come una donna adulta. Pochi mesi per lui, un paio d'anni per lei ed ecco che si era presentata l'occasione per incontrarla, finalmente.

Pochi istanti, quella volta. E perché mai? Era un comportamento del tutto irrazionale e privo di futuro. Ma lui, come giustificazione, ora aveva il fatto di averla osservata a lungo, prima del richiamo. Quindi lui la conosceva. E sapeva che poteva essere quella giusta. Anche se, conoscerla e averci a che fare, non erano proprio la stessa cosa: aveva scoperto che era più snervante di quello che aveva pensato. Sbuffò offeso dalla propria inaudita leggerezza.

Tornò a guardare la sfera: Sarah e Hoggle stavano ormai uscendo dalle fogne dopo essere riusciti a schivare il massacro. Se non era certo lui, che la osservava e conosceva da tempo, dei propri sentimenti (se tali potevano definirsi), come poteva pretendere di farla innamorare, lei che l'aveva visto per la prima volta solo una manciata di ore prima? Doveva sperare in un colpo di fulmine? No, si disse. Quella era mera fascinazione, non sufficiente ai suoi scopi. E anche quello, in ogni caso, oltre a essere illusorio, non sarebbe durato. Doveva mirare a un sentimento saldo e duraturo se sperava di ottenere qualcosa di concreto. Le emozioni improvvise non portavano mai a nulla di buono. Ma questo si poteva ottenere solo lavorando sulle lunghe distanze.

Problemi, sempre problemi. Il ruolo di re era davvero stancante. Era un continuo elaborare strategie. Anche per cose come quella. Ma, si disse, la colpa era solo sua che era troppo esigente. O no? D'altronde lui era Jareth, il designato alla discendenza. Era Sarah quella che aspettava? Tutto sembrava dargli ragione: la tempistica come anche il nome della malcapitata**. Tutto sembrava rientrare nei piani anche se, a modo suo, aveva già trovato in Toby un modo per perpetrare il suo titolo. “Non si sa mai” borbottò tra sé. “Che sia o meno lei, meglio prevenire che curare” Ora aveva Toby e non intendeva perderlo. Sarah...l'avrebbe mai avuta?



Sarah e Hoggle erano sbucati da un anfora che non sembrava potesse affatto contenerli né essere collegata al sottosuolo. Si trovavano, ora, in una parte del labirinto molto ben curata: al di là delle siepi si scorgeva, distintamente il castello del re dei Goblin. In particolare, si ritrovavano in una specie di piazza in cui convergevano diverse strade siepate e al cui centro sembrava scaturire dal terreno quella che a Sarah sembrava essere una meridiana. Sotto di essa, una scalinata tortuosa scendeva in un altro giardinetto. Come a guardia di ogni apertura, si stagliavano gigantesche statue che a Sarah ricordavano ora un soldato, una contadinella, un fattore, un giullare: che fossero i lavori più importanti in quel regno? E allora perché non c'era alcun richiamo a quel dannatissimo re? Lui non contava nulla?

La sua attenzione fu deviata dalle parole del nano: da quel momento, ciascuno sarebbe andato per conto proprio. Si risentì per l'ennesimo tradimento. Ma il nano, tutto sommato, non era in torto. Avevano battibeccato come marito e moglie sulla possibilità di uscire dal labirinto e sulla generosità di lei nel donargli quella stupida cianfrusaglia. “Se non puoi portarmi al centro, dov'è il castello, portami fin dove puoi. Da lì me la caverò da sola.” aveva contrattato. E aveva dato per valida la non-risposta che le aveva dato quel furbetto, domandandole informazioni sul materiale. Prendendolo, non aveva mai confermato che l'avrebbe aiutata.

Il re annuì compiaciuto al di là della sfera: appena scampati agli spazzini Hoggle aveva solo confermato di aver cercato di mettere lui, il sommo Jareth, fuori strada. Piccolo infingardo: come se non li avesse seguiti e spiati per tutto il tempo successivo. Li aveva visti mentre per poco non sfracellavano al suolo per via di un piolo marcio della scala di servizio***. Ora, per dispetto, Sarah aveva rubato il sacchetto dei gioielli del nano, non potendo sottrargli anche i talismani legati a una cintura che era imbrigliata alla casacca, tenendolo in ostaggio e costringendo, così, la creatura ad accompagnarla. La scenetta idilliaca gli dava quasi il voltastomaco. Tubavano e si punzecchiavano felici... La cosa non gli andava per niente a genio! Inoltre, con quello stupido gioco, Sarah aveva anche capito che lamentarsi continuamente davanti alle avversità della vita era una scorciatoia per non affrontare il problema. O la propria incapacità davanti allo stesso. “No, non è giusto...però è così che va..” Quel dannato nano era riuscito, in modo involontario, a farle capire quello che lui non era stato in grado. Si sentiva tremendamente frustrato.

Mentre lui rimuginava, la ragazza si era accorta che, accanto all'urna da cui erano usciti, dal nulla era comparsa una sedia gigante composta di libri di enormi dimensioni che, data la quantità di foglie morte ai piedi della gradinata, sembrava essere lì, invece, da secoli. Studiò rapidamente le scritte sulla costina di quei tomi, senza capire a cosa si riferissero: “Ogni cosa”, un libro sulle domande più curiose? “Tutto...è” era consumato nella parte centrale, forse perché fungeva da sedile, o almeno così sembrava ma era comunque impossibile capirne il contenuto; “Vol. IX”, un volume di enciclopedia?

Ed ecco il buon caro vecchio Saggio. Jareth sorrise nel vederlo avanzare lento e sbadato come sempre, curvo sotto il peso di chissà quale pensiero. Così distratto da dimenticare di essersi appuntato gli occhialetti tondi sulla fronte e da non accorgersi che rametti di qualche albero in fiore e piume bianche di chissà quale uccello gli si erano conficcati tra gli strati dell'abito consunto. Andò a sedersi con fatica e si avvide solo in seguito della presenza di quella strana coppia, quando lei andò a chiedergli aiuto. Quella ragazza aveva la curiosa abitudine di appoggiarsi a chiunque ma almeno, adesso, aveva imparato a chiedere e a non esigere suggerimenti.

Oh! Una fanciulla!” borbottò sorpreso. Di certo era stato troppo assorto per accorgersi dell'editto bandito in tutto il paese, in cui si informava la popolazione della presenza umana. Ma in un lampo, passata la sorpresa, aveva subito capito chi lei fosse e cosa ci facesse lì. Quindi aveva chiesto, sospettoso, rivolgendo la sua attenzione al suo accompagnatore “E quello chi è?”

Jareth sbuffò come se il vecchio saggio avesse appena fatto un'osservazione caustica su di lui, anziché sul nano. Sicuramente, pensò, si stava domandando come mai la ragazza non fosse sola, quando tutti i concorrenti a lei precedenti avevano schivato le creature dell'Underground con ribrezzo. E lo vedeva fremere per il desiderio di sapere se lui non fosse seccato da quell'intimità. Alzò lo sguardo dalla scena, infastidito. Tutti a farsi i fatti suoi, che diamine. “E poi...” si giustificò, quasi avesse realmente davanti il vecchio “...si tratta solo di una che è poco più di una bambina!” Cosa poteva interessargli se stringeva amicizie in quella manciata di ore? Non aveva mica l'esclusiva, né voleva averla, pensò mentendo anche a sé stesso. “Se solo avesse qualche anno in più...” borbottò tra sé passandosi una mano tra i capelli, nervoso. Quella scriteriata non poteva aspettare un paio di mesi, mesi dell'Underground, ovviamente, anni nel mondo umano, per invocarlo?

Un mio amico” rispose tutta sorridente lei, andando a poggiargli una mano sulla spalla a dimostrazione della loro intimità.

Mmm” aveva rimuginato il vecchio immerso in chissà quali pensieri “E dimmi...” continuò sorvolando su quella affermazione “...cosa posso fare per te?” Ancora una volta, Sarah aveva posto la domanda nel modo meno chiaro possibile. Era fortunata che il Saggio, in quanto tale, fosse abbastanza elastico da capire i suoi processi mentali e le sue necessità “Diciamo che tu vuoi arrivare al castello..” la corresse quello. Sarah non sembrava notare la differenza tra quello che diceva lei e la modalità in cui veniva costantemente corretta. In compenso, ci pensava il cappello parlante a dar voce alle perplessità della ragazza in un misto tra ammirazione e presa in giro. “Dunque, fanciulla...” continuò imperterrito il vecchio chinandosi all'altezza della ragazza per poterne osservare gli occhi smeraldini da dietro le sopracciglia bianche cespugliose. “La strada in cui avanzi, a volte, è quella per cui torni indietro.” **** Sarah accoglieva grata qualunque informazione, rimuginando su di esse con dovizia. Hoggle, al contrario, sembrava esasperato e, come, il cappello stesso, pensava che quel vecchio fosse mezzo matto. Il Saggio continuò senza badare minimamente nessuno dei due, concedendo tutta la sua attenzione solo alla viaggiatrice “Molto spesso, infatti, signorina, ci sembra di non approdare a niente. Ed è così, infatti.”

Dopo quella breve spiegazione, il Saggio crollò addormentato. Il suo cappello pregò i viandanti di offrire un piccolo obolo per il servizio reso. Dopo un primo momento di esitazione, in cui la ragazza si sarebbe sbarazzata volentieri degli averi del nano, decise che non era corretto: l'informazione serviva a lei ed era giusto che fosse lei a pagare, sacrificando l'anellino d'oro giallo con topazio rossastro lasciatole in eredità da sua madre. Esitò un attimo e alla fine lo lasciò scivolare nella cassettina. Si portò subito le mani dietro la schiena, quasi avesse fatto una marachella di cui non si pentiva. Da un lato era uno dei pochi oggetti lasciatole da sua madre; ma era, appunto, un oggetto: i ricordi li custodiva dentro di sé. Dall'altro canto, pensò che tutto sommato, se la madre l'aveva abbandonata, anche lei poteva fare lo stesso, almeno fisicamente e materialmente: era certa di essere comunque una parte importante della sua vita. E se non lo fosse stato avrebbe imparato a farsene una ragione. Come aveva detto poco prima a Hoggle “E' così che va”. E per quanto un legame possa essere saldo, col tempo finisce per sbiadire lasciando dietro di sé, nel migliore dei casi, nostalgia e perfezione. Forse addirittura una madre può dimenticare la propria figlia e una figlia la madre. Sospirò tra sé, udendo a mala pena le recriminazioni del suo accompagnatore, il quale avrebbe voluto per sé quel ninnolo. L'avrebbe scoperto solo crescendo. E chi poteva sapere se, col tempo, avrebbe dimenticato anche quell'esperienza. Quello strano mondo cominciava a piacerle.

Si riscosse per immergersi in nuovi pensieri. Cosa le aveva detto il saggio, prima che i suoi piedi prendessero una direzione per conto loro? “La strada in cui avanzi, a volte, è quella per cui torni indietro.” Cosa stava facendo lei in quel momento? Stava avanzando per strappare suo fratello dalle grinfie del mago e tornare alla situazione di partenza, prima della sua invocazione. Che avvertimento poteva mai essere? Era la constatazione di quello che stava facendo? O la stava avvisando che, più si avvicinava, più l'avrebbe perso? O ancora, più cercava di cacciare il mago, più finiva nella sua rete? Scosse la testa, confusa. Perché mai avrebbe dovuto pensare a lui in quei termini? L'unico uomo che, fino a quel momento, avesse destato il suo interesse, si era rivelato essere il peggior farabutto sulla faccia della terra e le aveva strappato sua madre.

Si accigliò a quel pensiero. Non è che trovava, nella figura del farabutto, un fascino perverso?

No, forse il saggio le aveva detto semplicemente che, più si affronta un problema, anche se a un certo punto sembra di essersi impantanati e lontani, in realtà si sta arrivando alla soluzione dello stesso: i momenti di pausa servono per riflettere, per riposarsi e per trovare una nuova prospettiva da cui osservare il problema.

Ed era quello che stava facendo: stava imparando a capire quel mondo assurdo.







* La versione italiana è velata da una certa gelosia e da una punta di sarcasmo “Certo che ti sta riempiendo di attenzioni”. In inglese è una constatazione anche un po' seccata: “You sure got his attention”: di certo hai la sua attenzione: attenzione e interesse non sono necessariamente qualcosa di romantico ma spesso identificano proprio una curiosità malevola. Lei è semplicemente emersa dalla folla grigia (di concorrenti, di donne, scegliete voi) con le conseguenze del caso. Il libro strizza più l'occhio alla nostra traduzione: “Deve avere un'alta opinione di te” “Dev'essersi fatto delle idee ben strane”

**Da notare che nei film, in particolar modo questo film, per tutti i rimandi espliciti sull'importanza della parola e sul -nulla è come appare-, i nomi dei protagonisti, solitamente sono esplicativi della loro funzione. Quindi abbiamo: Jareth, la discendenza (nome di origine ebraica: uno dei discendenti di Adamo. Ricordo brevemente la genealogia in questione: dopo Caino e Abele, nacque un terzo figlio, Set. [“Dopo la nascita di Set, Adamo visse altri ottocento anni ed ebbe ancora figli e figlie”] In ordine, quindi: Adamo-Set-Enos-Kenan-Maalaleel-Iared-Enoc-Matusalemme-Lamech-Noé. Ecco, si dovrebbe intendere Iared come si usa “Matusalemme” per dire Vecchio. E, in pratica, chissene frega di Caino e Abele: tutti discenderebbero da Set essendo che, oltre Noè e figli, il resto dell'umanità, secondo il mito biblico, fu spazzato via. E' una variante di Iered, insieme a Jarod, Jarred, Jarrod, Jerrod, Jerred, Yered, Yared, Iered. Volendo c'è la somiglianza con Sir Gareth, della tavola rotonda, nipote di Artù e che verrà ucciso da Lancillotto, altro nome che ricorre nel film. Era canzonato per le sue belle mani (!), in quanto nobile sotto copertura che serviva in cucina senza voler rivelare la propria identità. Ancora l'antico Garrett, sostituito nel tempo da Gerald, sovrano/dominio della lancia, o Gerard, lancia coraggiosa/la forza della lancia. Ancora, può essere una citazione di Benedetto Gareth, 1450-1514, noto per le sue doti di oratore, di letterato colto e di musicista,. Scrisse in questi anni un canzoniere in volgare catalano sul modello petrarchesco dedicato ad una donna di nome Luna, intitolato l'Endymione che venne pubblicato a Napoli da Caneto nel 1506. Ho segnalato questa possibile corrispondenza perché, sebbene sia trattato da molti, anche qui torna il tema lunare, che a me sembra strisciare qua e là. Luna e Sole: vedrete cosa vi riservo per la fine.); Sarah, la principessa (nome ebraico che deriva dall'egiziano figlia del dio Sole/Ra. Ecco di nuovo il dettaglio) e, infine, Tobia, il gradito al Signore (chi sarà mai il Signore, in questo caso?). Inoltre, sul tema “biblico”, che ai registi piace tanto infilare qua e là un po' ovunque, torneremo sulla famosa scena finale (amarmi, temermi e fare ciò che io ti dico).

*** Osservate bene: è uno dei tanti cammei: il volto di David Bowie compare sulla destra nel momento in cui viene inquadrato il piolo che precipita a terra. E' la stessa immagine che troveremo anche più avanti.

**** “The way foward is sometimes the way back.” o “La strada che è a monte è talvolta la strada che è a valle”. Nel libro, Sarah trova la soluzione di questa rivelazione nel camminare come un gambero. Non ho capito da dove sia saltata fuori.





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Bene, eccoci qua con quest'ennesimo capitolo. Su, non temete..la parte con la pesca (che il pc mi ha appena gentilmente cancellato) arriverà presto!

Sono stata un po' -tanto- vaga nella parte del saggio ma mi sembrava di diventare pedante nel descrivere la scena passo passo. Spero vi sia piaciuto lo stesso.

Volevo solo avvisarvi che dalla prossima volta, anziché aggiornare il sabato, lo farò il lunedì: per motivi pratici preferisco dedicarmi alla correzione del capitolo la domenica/lunedì sera, così da non rischiare di passare tutto il tempo, che invece dovrei dedicare a lavorare, sul pc... abbiate pazienza per un paio di settimane!

Dunque, a presto!

   
 
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