Autore:
(il nome che desiderate per il banner): lilyblack
Titolo:
Un racconto inedito
Personaggi:
Astoria Greengrass Arthur Weasley
Avvertimenti:
one shot
Genere:
slice of life, introspettivo
Rating:
Verde
Introduzione:
Astoria è una ragazza normale in una famiglia normale, ma di
normalità assolutamente diverse le une dalle altre. Astoria
è una
ragazza normale che ha uno scambio di battute assolutamente banale
con un uomo incontrato per caso ma che, da questo scorcio di vita ha
un'illuminazione tutta sua, confusionaria e potente, com'è
la sua
energia più intima.
NdA:
(facoltative)
ho scritto
quello che mi è venuto, con difficoltà che sai e
con poca
soddisfazione ç_ç non è da me, non mi
identifica come
'scrittrice', ma spero che nonti faccia schifo ugualmente XD .
p.s. questa storia va corretta, l'ho scritta di fretta e in un momento di buio. Sono consapevole degli errori, li correggerò al più presto.
-Un racconto Inedito-
Le
gocce sembravano scendere vischiose
come liquore, contro quel vetro che si faceva beffa di chi lo
osservava, aprendo oltre se stesso la vista su un mondo che parlava
di miriadi di attimi, ma nessuno di questo legato alla stagione in
cui si trovavano.
Aprile aveva aperto le sue braccia al mondo
oramai da tempo, si avviava alla morte, eppure le sue follie
metereologiche non sembravano avere intenzione di dedicarsi allo
stesso destino e il risultato era una giovane donna quasi con il
volto appoggiato al vetro, immobile, nell'evidente attesa di
qualcosa.
Il vento si spingeva beffardo oltre le finestre del Ministero, alzandosi poi in refoli e spifferi, fino a lasciare che i capelli della Ragazza alla finestra, lievemente sbilanciata in avanti, accarezzassero le spalle strette su loro stesse, ripiegate, indifese.
Era una contraddizione in termini, il nucleo in perenne divenire di qualcosa che tardava ancora a manifestarsi con una tenacia decisamente indelicata, tanto che tutti si chiedevano quando si sarebbe decisa ad abbandonare le insicurezze della sua mente, quegli istanti pensosi fermati nei suoi occhi, fissi oltre il vetro, per abbracciare la sicurezza tipica della sua famiglia.
Astoria,
non aveva decisamente nulla
della sua famiglia, delle donne di questa e men che meno di sua madre
e sua sorella.
I primi sentori di questa abissale differenza che
aveva segnato la sua infanzia, erano i colori del suo volto:
qualsiasi donna nel suo albero genealogico, aveva o i capelli biondi
o gli occhi verdi e, nel migliore dei casi, entrambi, mentre lei per
uno strano scherzo del destino era nata mora e con uno strano sguardo
color ambra che, a detta di alcuni, la faceva sembrare una gatta
spiritata.
Un groppo in gola e una lieve stretta allo stomaco
caratterizzavano le sue giornate e per quanto tentasse di essere
forte, risoluta e ambiziosa la sola cosa su cui riusciva a
focalizzare i pensieri, nei momenti cruciali della sua vita, era
l'immenso timore che provava al pensiero della morte, della fine, del
fallimento.
La morte di ogni cosa di bello che potesse creare nella vita, la fine della vita stessa e il fallimento di ogni progetto che per questa potesse fare erano i suoi incubi peggiori, i più frequenti, gli unici che ricorressero, di fatto, da sempre.
Stava per sposarsi, per ricominciare da zero e fuggire, lasciandosi alle spalle e sotto le scarpe, la sua famiglia e quanto avevano sempre detto di lei; poteva immaginare, per una volta, i loro sorrisi soddisfatti e orgogliosi, nel parlare di lei: Astoria Greengrass Malfoy.
Ricordava
ancora il momento in cui
aveva conosciuto Draco, era stato da Mielandia, durante uno di quei
soliti e noiosi weekend in cui non aveva molto da fare e provava il
forte istinto di tornare a scuola e studiare; Draco era stato una
ventata d'aria se non fresca, almeno meno stantia del normale ed era
iniziata una storia che, da li a qualche mese avrebbe portato ad un
matrimonio fondato su basi che lei stessa riteneva dubbie, di tanto
in tanto, ma al quale non avrebbe mai rinunciato.
Non riusciva a
capire se fosse realmente innamorata di lui, legata a lui da fili e
fili di amore e sangue, cucita alla sua vita e destinata a non
strapparsi mai da li; decidere se essere innamorata di lui o
arrendersi all'ipotesi che tra i due il più innamorato fosse
lui, il
ragazzo che tentava di redimersi dopo la guerra, era stata una delle
guerre fra lei e sé stessa che non aveva ancora avuto una
vincitrice, nonostante entrambe le parti in gioco fossero delle
grandissime testarde.
Le gocce continuavano a scendere vischiose come liquore in quella pioggia d'aprile che poco aveva di poetico e molto di dannato e lei continuava ad essere ferma nel bel mezzo del nulla ministeriale, in compagnia solamente di uno scatolo di Tuttigusti+1 vuoto e di un signore dai capelli rossi che la fissava, oramai da tempo e che l'ultima volta che l'aveva spiato era molto più lontano.
Il rosso dei suoi capelli gli ricordava i tramonti estivi sulle costiere di Dover che si fermava sempre ad ammirare quando era nella residenza estiva dei suoi nonni, uno di quei tramonti che avrebbe voluto apparisse nel cielo innanzi ai suoi occhi in quell'istante e che, come il destino, continuava a sbeffeggiarsi della sua attesa.
' Non dovrebbe essere così accigliata a causa della pioggia, signorina...'
Quella voce calda e forse anche buffa, nel suo tentennare e nel vestirsi di un accento assolutamente estraneo al suo mondo, così cittadino e tipico del centro di Londra, la fece sentire per un attimo invasa ed innervosita, se possibile, anche più di quanto non lo era fino a qualche istante prima. Il mezzo metro che intercorreva fra lei e il resto del mondo era sempre stato uno spazio vitale e sacro, in cui difficilmente qualcuno riusciva ad entrare; refrattaria alle sorprese, agli abbracci improvvisi, durante il corso della sua giovane vita era diventata, a detta di molti, introversa e noiosa tanto che perfino il suo futuro sposo, la paragonava spesso ad un riccio, chiuso su se tesso.
' Non sono accigliata...'
La
sua voce era leggera, sottile e se
la pioggia fosse stata appena più forte, sarebbe stato
difficile
distinguere le sue parole.
Si ritrovò a cercare, con un impulso
irrefrenabile, l'ennesima gelatina ma le unghie raschiarono contro il
fondo di cartone decretando la triste fine del suo dolce appiglio. Le
gelatine, di qualsiasi gusto schifoso esse fossero, erano il suo
antistress grazie a quella consistenza gelatinosa che faceva si che
ogni disagio, attraverso i denti, si sfogasse sulla malcapitata
caramella; il tutto, a detta di Draco, contribuiva a renderla
deliziosamente infantile ma, a detta di sua madre, contribuiva a
renderla terribilmente tendente all'obesità. La sua vita era
un
continuo alternarsi di opposti punti di vista, come il suo e quello
di quell'uomo che, oramai al suo fianco, continuava a parlare quasi
incessantemente.
'Probabilmente la odia, potrei capirla sa, anche mia figlia odia la pioggia. Io le dico sempre che ci sono delle piogge primaverili delicate, in cui il cielo sembra piangere di gioia. Io amo, quelle piogge.'
Quelle
parole, riuscirono in qualcosa
che lei non pensava possibile: sorpassarono il rumore della pioggia e
i messaggi catastrofici che inviava alla sua mente, giungendo dritto
al cuore e alla sua memoria, dove quella stessa frase era rimbombata
mille volte e mille ancora. Astoria amava la pioggia e aveva
formulato più volte lei stessa, nell'intimità del
suo diario,
quello stesso pensiero.
Sorrise, il che avrebbe potuto costituire
un miracolo data la giornata, ma nessuno che la conoscesse bene era
li per testimoniarlo o registrarlo; sorrise ed annuì,
passandosi una
mano fra i capelli e allargando quei boccoli in parte artificiali che
le rendevano i capelli ordinati, come tutto il suo aspetto esteriore.
Le bastò un semplice gesto per tornare più
naturale, più
serena, anche solo per lo spazio temporale di un battito di ciglia e
fu così che sorrise anche quello strano uomo, che si era
poggiato al
muro e la guardava con degli occhi celesti incredibilmente dolci.
Guardarlo in silenzio e pensare che non doveva essere male essere sua
figlia fu solo il pensiero di un attimo, prima che la lingua
diventasse più veloce della mente stessa e parlasse libera
da ogni
freno, da ogni inibizione.
'Anche io...ma devo sposarmi.'
'E ti rattrista?'
Botta
e risposta e passare dal lei al
tu, almeno per lui, fu una cosa naturale: in quello scricciolo di
ragazza vedeva veramente sua figlia, la sua Ginny, quella creatura
dai capelli fatti di luce che si era sposata da poco più di
un mese.
Sorrise a quel pensiero e forse sorrise anche a quella creatura
delicata e complessa che era li, davanti a lui e tormentava con le
unghie perfettamente curate un cartoncino di Tuttigusti+1, come se
fosse la sua ancora di salvezza.
Chiunque lei fosse, qualsiasi
cosa nascondesse la sua vita, in quel momento esprimeva poco
più e
poco meno di una grande tenerezza.
'No..è la pioggia sa, che mi fa paura e se fosse un presagio che tutto andrà male, e se fosse il segno che proprio il matrimonio non fa per me. E se fosse un messaggio del destino, che mi dice che è meglio che lascio perdere?'
Tenerezza,
era sicuramente l'aggettivo
che Arthur Weasley avrebbe affibbiato ad Astoria, dopo quella
risposta più che mai, per quelle mani che si erano agitate
in aria
come portatrici di ansia pura, per quel modo goffo di rialzare da
terra il cartoncino che aveva tra le mani, per quello sguardo di
sfida e di scusa al tempo stesso che gli regalò, quando
finalmente
trovò il coraggio di fissarlo.
Parlare era qualcosa che le
riusciva poco e non sempre bene, era una cosa palese, le si
concentrava nella piega poco sicura delle labbra e nel fremere delle
ciglia; a saperla leggere, Astoria era quasi un libro aperto di
piccoli segni espressivi.
'Non ci sono 'e se', nell'amore e nel matrimonio...Se lo lasci dire da un uomo con sette figli. La vita coniugale è un racconto inedito, da viverlo prima di stenderlo righe su righe.Non si lasci vincere, aspetti di viverlo questo momento, solo dopo saprà rispondere alle sue domande...'
Le parole riuscirono a lavare via
il mondo, ogni preoccupazione, ogni più piccola contrattura
nel suo
corpo come se fossero pulviscoli di polvere attaccati alle pareti in
vetro delle finestre. Le parole fecero una piccola magia, come
fossero una freccia imbevuta di Felix Felicis indirizzata dritta al
cuore della giovane e arrivata implacabile all'obiettivo.
Il
rilassarsi delle spalle con cui
accolse quelle parole, fu rivelazione pura.
Astoria non si era
minimamente resa conto di essere così tesa, fino a che la
linea
delle spalle non ritornò nella posizione che le spettava,
riuscendo
quasi ad aiutare il cuore e riprendere il suo ritmo, la giusta strada
lungo quei binari sempre uguali che la aiutavano a rimanere in
equilibrio, senza sbalzi, senza battiti troppo frenetici.
Allungò
le mani appena davanti a se, come ad accarezzare l'aria, agitando le
dita come se con quel solo movimento potesse fare uno di quegli
incantesimi non verbali in cui non era mai stata veramente brava.
Il
concetto secondo il quale lei poteva scrivere il suo racconto, la sua
vita, al di la di tutto, le piaceva : poteva stringere il pugno e
sentire che in qualche modo li vi era un potere diverso da quello
della pura magia, un potere addirittura più forte.
Parlò ancora, ma le sue parole furono sovrastate da un urlo proveniente alle sue spalle e tutto finì nello stesso tempo che l'ennesima goccia impiegò a cadere contro il vetro.
'Weasley!!!'
'Arrivo!!!'
'Arrivederci, signorina!'
Si risolse tutto in un turbinio di cappotti simil babbani, voci concitate e odore di archivio, quello che l'uomo si portava dietro, come se fosse stato chiuso per qualche ora in un posto umido e buio.
Conosceva
l'uomo, conosceva i suoi
figli come tutti oramai nel mondo magico e avrebbe quanto meno dovuto
provare una punta di antipatia per tutto quello che rappresentava,
una sorta di sentimento 'nobile' per provare ciò che era e
da dove
veniva. Riuscì solo ad arricciare gli angoli delle labbra e
sorridere, di nuovo, come una bambina stupida mentre passo dopo
passo, incurante della pioggia si avviò verso l'ingresso.
Lo
scrociare che tanto l'aveva angosciata era oramai lontano, seppur
ancora presente e ogni piccolo passo che la portava verso l'uscita
era una parola in più; frasi su frasi ad ogni rintocco di
tacchi,
creavano quel racconto inedito che ora sentiva fra le dita, possibile
e fattibile e che la rendeva forte, come non era stata mai.
Quando oramai uscì, la pioggia era diventata un pianto di gioia: il suo.