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Autore: lilyblack    04/12/2011    2 recensioni
Astoria è una ragazza normale in una famiglia normale, ma di normalità assolutamente diverse le une dalle altre.
Astoria è una ragazza ritenuta a tratti banale, che ha uno scambio di battute assolutamente anonimo per i contenuti, apparentemente, con un uomo incontrato per caso. Da questo scorcio di vita ha un'illuminazione tutta sua, confusionaria e potente, com'è la sua energia più intima.
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Questa storia è stata scritta per l'ultimo turno dello Storytelling, contest ancra in via di valutazione :D
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Arthur Weasley, Astoria Greengrass
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Autore: (il nome che desiderate per il banner): lilyblack
Titolo:  Un racconto inedito
Personaggi:  Astoria Greengrass Arthur Weasley
Avvertimenti:  one shot
Genere: slice of life, introspettivo
Rating:  Verde
Introduzione:  Astoria è una ragazza normale in una famiglia normale, ma di normalità assolutamente diverse le une dalle altre. Astoria è una ragazza normale che ha uno scambio di battute assolutamente banale con un uomo incontrato per caso ma che, da questo scorcio di vita ha un'illuminazione tutta sua, confusionaria e potente, com'è la sua energia più intima.
NdA: (facoltative)  ho scritto quello che mi è venuto, con difficoltà che sai e con poca soddisfazione ç_ç non è da me, non mi identifica come 'scrittrice', ma spero che nonti faccia schifo ugualmente XD . p.s. questa storia va corretta, l'ho scritta di fretta e in un momento di buio. Sono consapevole degli errori, li correggerò al più presto.




-Un racconto Inedito-


Le gocce sembravano scendere vischiose come liquore, contro quel vetro che si faceva beffa di chi lo osservava, aprendo oltre se stesso la vista su un mondo che parlava di miriadi di attimi, ma nessuno di questo legato alla stagione in cui si trovavano.
Aprile aveva aperto le sue braccia al mondo oramai da tempo, si avviava alla morte, eppure le sue follie metereologiche non sembravano avere intenzione di dedicarsi allo stesso destino e il risultato era una giovane donna quasi con il volto appoggiato al vetro, immobile, nell'evidente attesa di qualcosa.

Il vento si spingeva beffardo oltre le finestre del Ministero, alzandosi poi in refoli e spifferi, fino a lasciare che i capelli della Ragazza alla finestra, lievemente sbilanciata in avanti, accarezzassero le spalle strette su loro stesse, ripiegate, indifese.

Era una contraddizione in termini, il nucleo in perenne divenire di qualcosa che tardava ancora a manifestarsi con una tenacia decisamente indelicata, tanto che tutti si chiedevano quando si sarebbe decisa ad abbandonare le insicurezze della sua mente, quegli istanti pensosi fermati nei suoi occhi, fissi oltre il vetro, per abbracciare la sicurezza tipica della sua famiglia.

Astoria, non aveva decisamente nulla della sua famiglia, delle donne di questa e men che meno di sua madre e sua sorella.
I primi sentori di questa abissale differenza che aveva segnato la sua infanzia, erano i colori del suo volto: qualsiasi donna nel suo albero genealogico, aveva o i capelli biondi o gli occhi verdi e, nel migliore dei casi, entrambi, mentre lei per uno strano scherzo del destino era nata mora e con uno strano sguardo color ambra che, a detta di alcuni, la faceva sembrare una gatta spiritata.
Un groppo in gola e una lieve stretta allo stomaco caratterizzavano le sue giornate e per quanto tentasse di essere forte, risoluta e ambiziosa la sola cosa su cui riusciva a focalizzare i pensieri, nei momenti cruciali della sua vita, era l'immenso timore che provava al pensiero della morte, della fine, del fallimento.

La morte di ogni cosa di bello che potesse creare nella vita, la fine della vita stessa e il fallimento di ogni progetto che per questa potesse fare erano i suoi incubi peggiori, i più frequenti, gli unici che ricorressero, di fatto, da sempre.

Stava per sposarsi, per ricominciare da zero e fuggire, lasciandosi alle spalle e sotto le scarpe, la sua famiglia e quanto avevano sempre detto di lei; poteva immaginare, per una volta, i loro sorrisi soddisfatti e orgogliosi, nel parlare di lei: Astoria Greengrass Malfoy.

Ricordava ancora il momento in cui aveva conosciuto Draco, era stato da Mielandia, durante uno di quei soliti e noiosi weekend in cui non aveva molto da fare e provava il forte istinto di tornare a scuola e studiare; Draco era stato una ventata d'aria se non fresca, almeno meno stantia del normale ed era iniziata una storia che, da li a qualche mese avrebbe portato ad un matrimonio fondato su basi che lei stessa riteneva dubbie, di tanto in tanto, ma al quale non avrebbe mai rinunciato.
Non riusciva a capire se fosse realmente innamorata di lui, legata a lui da fili e fili di amore e sangue, cucita alla sua vita e destinata a non strapparsi mai da li; decidere se essere innamorata di lui o arrendersi all'ipotesi che tra i due il più innamorato fosse lui, il ragazzo che tentava di redimersi dopo la guerra, era stata una delle guerre fra lei e sé stessa che non aveva ancora avuto una vincitrice, nonostante entrambe le parti in gioco fossero delle grandissime testarde.

Le gocce continuavano a scendere vischiose come liquore in quella pioggia d'aprile che poco aveva di poetico e molto di dannato e lei continuava ad essere ferma nel bel mezzo del nulla ministeriale, in compagnia solamente di uno scatolo di Tuttigusti+1 vuoto e di un signore dai capelli rossi che la fissava, oramai da tempo e che l'ultima volta che l'aveva spiato era molto più lontano.

Il rosso dei suoi capelli gli ricordava i tramonti estivi sulle costiere di Dover che si fermava sempre ad ammirare quando era nella residenza estiva dei suoi nonni, uno di quei tramonti che avrebbe voluto apparisse nel cielo innanzi ai suoi occhi in quell'istante e che, come il destino, continuava a sbeffeggiarsi della sua attesa.


' Non dovrebbe essere così accigliata a causa della pioggia, signorina...'


Quella voce calda e forse anche buffa, nel suo tentennare e nel vestirsi di un accento assolutamente estraneo al suo mondo, così cittadino e tipico del centro di Londra, la fece sentire per un attimo invasa ed innervosita, se possibile, anche più di quanto non lo era fino a qualche istante prima. Il mezzo metro che intercorreva fra lei e il resto del mondo era sempre stato uno spazio vitale e sacro, in cui difficilmente qualcuno riusciva ad entrare; refrattaria alle sorprese, agli abbracci improvvisi, durante il corso della sua giovane vita era diventata, a detta di molti, introversa e noiosa tanto che perfino il suo futuro sposo, la paragonava spesso ad un riccio, chiuso su se tesso.


' Non sono accigliata...'


La sua voce era leggera, sottile e se la pioggia fosse stata appena più forte, sarebbe stato difficile distinguere le sue parole.
Si ritrovò a cercare, con un impulso irrefrenabile, l'ennesima gelatina ma le unghie raschiarono contro il fondo di cartone decretando la triste fine del suo dolce appiglio. Le gelatine, di qualsiasi gusto schifoso esse fossero, erano il suo antistress grazie a quella consistenza gelatinosa che faceva si che ogni disagio, attraverso i denti, si sfogasse sulla malcapitata caramella; il tutto, a detta di Draco, contribuiva a renderla deliziosamente infantile ma, a detta di sua madre, contribuiva a renderla terribilmente tendente all'obesità. La sua vita era un continuo alternarsi di opposti punti di vista, come il suo e quello di quell'uomo che, oramai al suo fianco, continuava a parlare quasi incessantemente.


'Probabilmente la odia, potrei capirla sa, anche mia figlia odia la pioggia. Io le dico sempre che ci sono delle piogge primaverili delicate, in cui il cielo sembra piangere di gioia. Io amo, quelle piogge.'


Quelle parole, riuscirono in qualcosa che lei non pensava possibile: sorpassarono il rumore della pioggia e i messaggi catastrofici che inviava alla sua mente, giungendo dritto al cuore e alla sua memoria, dove quella stessa frase era rimbombata mille volte e mille ancora. Astoria amava la pioggia e aveva formulato più volte lei stessa, nell'intimità del suo diario, quello stesso pensiero.
Sorrise, il che avrebbe potuto costituire un miracolo data la giornata, ma nessuno che la conoscesse bene era li per testimoniarlo o registrarlo; sorrise ed annuì, passandosi una mano fra i capelli e allargando quei boccoli in parte artificiali che le rendevano i capelli ordinati, come tutto il suo aspetto esteriore.
Le bastò un semplice gesto per tornare più naturale, più serena, anche solo per lo spazio temporale di un battito di ciglia e fu così che sorrise anche quello strano uomo, che si era poggiato al muro e la guardava con degli occhi celesti incredibilmente dolci. Guardarlo in silenzio e pensare che non doveva essere male essere sua figlia fu solo il pensiero di un attimo, prima che la lingua diventasse più veloce della mente stessa e parlasse libera da ogni freno, da ogni inibizione.


'Anche io...ma devo sposarmi.'

'E ti rattrista?'


Botta e risposta e passare dal lei al tu, almeno per lui, fu una cosa naturale: in quello scricciolo di ragazza vedeva veramente sua figlia, la sua Ginny, quella creatura dai capelli fatti di luce che si era sposata da poco più di un mese. Sorrise a quel pensiero e forse sorrise anche a quella creatura delicata e complessa che era li, davanti a lui e tormentava con le unghie perfettamente curate un cartoncino di Tuttigusti+1, come se fosse la sua ancora di salvezza.
Chiunque lei fosse, qualsiasi cosa nascondesse la sua vita, in quel momento esprimeva poco più e poco meno di una grande tenerezza.

'No..è la pioggia sa, che mi fa paura e se fosse un presagio che tutto andrà male, e se fosse il segno che proprio il matrimonio non fa per me. E se fosse un messaggio del destino, che mi dice che è meglio che lascio perdere?'


Tenerezza, era sicuramente l'aggettivo che Arthur Weasley avrebbe affibbiato ad Astoria, dopo quella risposta più che mai, per quelle mani che si erano agitate in aria come portatrici di ansia pura, per quel modo goffo di rialzare da terra il cartoncino che aveva tra le mani, per quello sguardo di sfida e di scusa al tempo stesso che gli regalò, quando finalmente trovò il coraggio di fissarlo.
Parlare era qualcosa che le riusciva poco e non sempre bene, era una cosa palese, le si concentrava nella piega poco sicura delle labbra e nel fremere delle ciglia; a saperla leggere, Astoria era quasi un libro aperto di piccoli segni espressivi.

'Non ci sono 'e se', nell'amore e nel matrimonio...Se lo lasci dire da un uomo con sette figli. La vita coniugale è un racconto inedito, da viverlo prima di stenderlo righe su righe.Non si lasci vincere, aspetti di viverlo questo momento, solo dopo saprà rispondere alle sue domande...'


Le parole riuscirono a lavare via il mondo, ogni preoccupazione, ogni più piccola contrattura nel suo corpo come se fossero pulviscoli di polvere attaccati alle pareti in vetro delle finestre. Le parole fecero una piccola magia, come fossero una freccia imbevuta di Felix Felicis indirizzata dritta al cuore della giovane e arrivata implacabile all'obiettivo.

Il rilassarsi delle spalle con cui accolse quelle parole, fu rivelazione pura.
Astoria non si era minimamente resa conto di essere così tesa, fino a che la linea delle spalle non ritornò nella posizione che le spettava, riuscendo quasi ad aiutare il cuore e riprendere il suo ritmo, la giusta strada lungo quei binari sempre uguali che la aiutavano a rimanere in equilibrio, senza sbalzi, senza battiti troppo frenetici. Allungò le mani appena davanti a se, come ad accarezzare l'aria, agitando le dita come se con quel solo movimento potesse fare uno di quegli incantesimi non verbali in cui non era mai stata veramente brava.
Il concetto secondo il quale lei poteva scrivere il suo racconto, la sua vita, al di la di tutto, le piaceva : poteva stringere il pugno e sentire che in qualche modo li vi era un potere diverso da quello della pura magia, un potere addirittura più forte.

Parlò ancora, ma le sue parole furono sovrastate da un urlo proveniente alle sue spalle e tutto finì nello stesso tempo che l'ennesima goccia impiegò a cadere contro il vetro.


'Weasley!!!'
'Arrivo!!!'
'Arrivederci, signorina!'



Si risolse tutto in un turbinio di cappotti simil babbani, voci concitate e odore di archivio, quello che l'uomo si portava dietro, come se fosse stato chiuso per qualche ora in un posto umido e buio.

Conosceva l'uomo, conosceva i suoi figli come tutti oramai nel mondo magico e avrebbe quanto meno dovuto provare una punta di antipatia per tutto quello che rappresentava, una sorta di sentimento 'nobile' per provare ciò che era e da dove veniva. Riuscì solo ad arricciare gli angoli delle labbra e sorridere, di nuovo, come una bambina stupida mentre passo dopo passo, incurante della pioggia si avviò verso l'ingresso.
Lo scrociare che tanto l'aveva angosciata era oramai lontano, seppur ancora presente e ogni piccolo passo che la portava verso l'uscita era una parola in più; frasi su frasi ad ogni rintocco di tacchi, creavano quel racconto inedito che ora sentiva fra le dita, possibile e fattibile e che la rendeva forte, come non era stata mai.

Quando oramai uscì, la pioggia era diventata un pianto di gioia: il suo.

   
 
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