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Autore: Isee1709    05/12/2011    0 recensioni
"...L'odore inconfondibile e inebriante, così forte e nocivo, non era possibile sbagliarsi; i colori si potevano quasi percepire nell'aria..." "...le spray correvano veloci e letali sul muro, ognuna padroneggiata con maestria e impertinenza, sembrava avessero vita propria. ..." "...camminarono contro il freddo e contro la tristezza, passarono svariati ponti gridando alla città il loro menefreghismo e la loro complicità..."
Premetto che questa è la prima volta in assoluto che pubblico qualcosa di mio. Queste parole girano e rigirano nella mia mente da un pezzo ormai; la storia si ispira a ciò che recentemente sta accadendo nella mia vita, una sorta di sogno ad occhi aperti. Perdonate la scarsa bravura.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quella notte l'aria alla stazione era più eccitante del solito, fredda e violenta come ci si aspetta da un febbraio paurosamente rigido, densa e dolorosa come sempre, c'era la loro traccia nell'aria.
L'odore inconfondibile e inebriante, così forte e nocivo, non era possibile sbagliarsi; i colori si potevano quasi percepire nell'aria, ognuno ben distinto e ognuno parte di quella fragranza che così pochi possono apprezzare. Era piuttosto tardi, molto più tardi del previsto e i binari, così come le banchine, erano completamente deserti, tutto intorno vi era solo un leggero silenzio. Solo prestando più attenzione e tendendo l'orecchio si poteva sentire quel rumore familiare e malizioso; le spray correvano veloci e letali sul muro, ognuna padroneggiata con maestria e impertinenza, sembrava avessero vita propria.

Sulla banchina più lontana e dimenticata dal mondo c'erano due figure esili e leggiadre, due ragazze di appena vent'anni, tanto simili quanto diverse tra di loro, non parlavano e non ridevano, ma bastava uno sguardo d'intesa tra di loro per esprimere mille parole. Una componeva elaborate coreografie con la bomboletta sulla parete, mentre l'altra stava accovacciata ad osservare interessata, entrambe incappucciate ed avvolte in pesanti e sformate sciarpe nere, solo gli occhi erano visibili.
Solo un paio d'ore dopo si allontanarono lentamente dal muro per osservare il lavoro quasi portato a termine, restarono un momento in osservazione, poi la ragazza con in mano la spray chiese in modo diretto
-come ti sembra?-
La risposta arrivò dopo qualche istante, dopo aver passeggiato svogliatamente avanti e indietro davanti alla macchia colorata l'altra disse
-è ok, puoi fare di meglio.-
-Lo so fa schifo non c'è bisogno di essere gentili, è che sono preoccupata, non siamo mai venute qui e non conosco la zona.-
Pochi secondi dopo aver pronunciato quest'ultima frase si sentì un inconfondibile risata maschile provenire da non molto lontano, chi se l'era lasciata scappare era appena dietro l'angolo. Le ragazze stettero un minuto immobili, come congelate dal freddo, cercando una qualche conferma a ciò che avevano appena sentito; un vociare spensierato si avvicinava inesorabilmente, era un indistinguibile miscuglio di voci, schiamazzi ed imprecazioni, dovevano essere almeno tre o quattro ragazzi. Ancora pochi istanti e le sarebbero stati addosso, le ragazze presero i loro zaini e le spray ancora piene e fuggirono via, correndo rapide e silenziose come ombre in quella fredda notte di febbraio.

Si lasciarono la stazione alle spalle, correndo come il vento, lasciando entrare l'aria ghiacciata nei polmoni, solo dopo due rampe di scale e molte strade dopo si fermarono per riprendere fiato, una accasciata su di un portone, l'altra immobile in mezzo alla strada, i loro petti si alzavano e si abbassavano ritmicamente, i loro sguardi erano spenti ed esausti. Rimasero in quelle posizioni per circa un quarto d'ora, dopo di che la “pittrice” mise un braccio attorno alla vita dell'amica e disse ridendo sotto la sciarpa
-Andiamo a bere, gli altri ci staranno aspettando.-
E si allontanarono così, in preda all'affanno e a qualche risata dettata dal panico. Attraversarono la piazza e raggiunsero il parcheggio semi deserto, la loro macchina l'avevano lasciata nell'angolo in alto a destra, il solito posto, vi montarono e si lasciarono la notte silenziosa alle spalle.

Solo quando erano ormai sul raccordo si decisero a levarsi i cappucci e le sciarpe, si liberarono da quegli strati in eccesso per dare spazio a due magliette eleganti e sfacciate allo stesso tempo; la ragazza alla guida era veramente troppo magra, con lunghi e lisci capelli corvini, due occhi a mandorla e una carnagione abbronzata, portava una maglietta a tratti trasparente di una bianco candido sopra a dei leggings di pelle. L'amica era quasi l'opposto, uno spruzzo di lentiggini su di una carnagione rosea, dei morbidi e ribelli capelli dorati lunghi sino alle spalle, mossi al punto giusto, un top di pizzo nero, jeans scoloriti ed attillati, ai piedi le sue inseparabili sneakers a stivaletto.
Gli occhi nocciola di quest'ultima fissavano il paesaggio monotono fuori dal finestrino, il petto ancora tremava per la corsa improvvisa che si erano trovate ad eseguire poco prima. Dopo parecchi minuti di silenzio e dopo parecchie traccie del loro cd preferito la mora si voltò verso l'amica, un leggero ghigno sul volto
–Che poi non credo fossero poliziotti quelli alla stazione.-

 

Non arrivarono a Trastevere prima delle due, e nonostante l'ora il quartiere era vivo e frizzante come ogni sera. Parcheggiarono sul lungo Tevere e scesero rapidamente dalla macchina, solo pochi metri le separavano dal loro pub preferito. La bionda prese a camminare felice verso l'ingresso quando la voce squillante ed impertinente dell'amica la distrasse
-Silvia che fai lo lasci qua il telefono?-

Il pub era pieno come al solito, si riusciva a malapena a camminare vicino al bancone e solo e rigorosamente tirando spallate a tutti gli ubriachi assetati e molesti, le loro amiche le stavano aspettando ad un tavolo al centro della sala, erano stanche e probabilmente anche seccate:
-Era ora! Ma è mai possibile che riuscite a fare ogni giorno più tardi?-
Disse una ragazza molto alta con ampi ricci rosso scuro,
-Hai ragione Giù, come al solito è tutta colpa di Nora che non veniva a bere se prima non faceva un pezzo alla stazione.-
La ragazza chiamata in causa fece una smorfia svogliata e biascicò un qualcosa che sembrava un “ma non rompete..”

Passarono una buona ora e mezza a ridere e bere drink su drink, non pensando a niente tranne che al presente, raccontarono alle amiche la loro disavventura di prima alla stazione e vennero severamente rimproverate per essersi recate da sole in un posto che non conoscevano bene a quell'ora. Nora e Silvia si scambiarono un'occhiata divertita, d'intesa.
Più ridevano ad alta voce e più il locale si faceva silenzioso, si stava rapidamente svuotando e le ragazze non si erano accorte di aver fatto ancora una volta le quattro del mattino fuori a bere, Silvia pensò alla ramanzina che l'indomani le avrebbe rifilato sua madre sull'importanza di dover studiare e di doversi costruire un futuro; Nora pensò a che cosa avrebbe mangiato per colazione. Uscirono dal locale canticchiando spensierate, salutarono le amiche e fecero una passeggiata per smaltire l'acohol, avanzavano dritte davanti a loro, costeggiando il fiume e ridendo delle loro bizzarre sventure; camminarono contro il freddo e contro la tristezza, passarono svariati ponti gridando alla città il loro menefreghismo e la loro complicità. Solo verso le sei di mattina ripresero il controllo di loro stesse e solo a quell'ora si voltarono verso la luce accecante e tenue del Sole, l'alba sul Tevere era qualcosa di magico, tutta la pietra bianca che fasciava quelle acque si tingeva per pochi istanti di rosso, mentre il cielo azzurro contrastava quella potenza.
-Stiamo in cima al mondo Chans.-
disse Silvia con gli occhi brillanti di vitalità.
-E durerà per sempre.- Fu la concisa risposta della mora che si appoggiava esausta sulla spalla dell'amica; una macchina corse veloce sulla strada accanto a loro, qualche ragazzo che tornava a casa da una notte folle con gli amici e che magari non vedeva l'ora di raggiungere la sua donna, o per lo meno le sue lenzuola; oppure qualche ragazzo che aveva passato una nottata di quelle che vorresti dimenticare per sempre. Non sapevano i trascorsi di quel ragazzo che alle sei di mattina correva veloce sul lungo Tevere, ma lo ringraziarono, perchè lo stereo della sua macchina suonava
I remember sfacciatamente, ed era tutto ciò di cui le due amiche avevano bisogno.

  
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