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Autore: Stratovella    06/12/2011    2 recensioni
"[...] Reim tornò a posare gli occhi sul volto dell’amico che, rimasto fermo nella sua posizione, permetteva all’acqua piovana di cadere libera lungo il suo viso.
Era un’immagine colma allo stesso tempo di tristezza e di speranza, di prigionia e di libertà; di vita e di morte.
Le gocce di pioggia grondavano rapide lungo il suo viso come una valanga di lacrime lasciate cadere di proposito e senza alcuna esitazione."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Reim Lunettes, Xerxes Break
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dedico questa storia a moni93, per ringraziarla delle sue numerose recensioni e delle piacevoli chiacchierate via mail. Enjoy the story, enjoy the rain!

 

***

Enjoy the Rain

La donna percorreva il corridoio con aria affannata, tenendo sollevati due lembi del gonfio abito in pizzo che contraddistingueva  la servitù di casa Rainsworth. Ansiosa e preoccupata, scese di fretta la scalinata principale della magione, cercando disperatamente la nipote della duchessa, Lady Sharon.

Convinta di trovarla lì, fece ingresso nel salone, gridando il suo nome.

 

“Lady Sharon! Lady Sharon!”

 

Ma l’unica persona che vi trovò fu qualcuno di totalmente inaspettato.

Reim Lunettes se ne stava seduto su una poltrona con le gambe accavallate a leggere un giornale. Non appena vide la donna chiamare con urgenza la nobile ragazza, aggrottò le sopracciglia, domandandosi il motivo di tanto affanno.

Nel frattempo, la serva portò imbarazzata una mano alle labbra: era entrata all’improvviso nel salone e l’ultima cosa che poteva immaginarsi era vedere un nobile di un’altra casata sedere proprio lì, probabilmente in attesa che qualcuno lo ricevesse.

Immediatamente, la donna divenne rossa in volto, sentendosi umilmente in colpa per non averlo accolto a dovere.

 

S-signor Lunettes! Perdonate la mia maleducazione, non credevo di trovarvi qui!”

 

Reim chiuse il giornale e lo ripose sul tavolino davanti a lui. Non riuscì a trattenere un sorriso ironico nel sentire come la serva si scusava imbarazzata per la sua mancanza: gli sembrava di vedere se stesso.

 

“Non preoccuparti, sono qui da poco. Comunque, anch’io cerco Lady Sharon.”

 

Nell’udire quel nome, la donna si ricordò del motivo per cui si era recata lì. Mise da parte ogni altro pensiero e ritenne giusto avvertire anche il signor Lunettes di ciò che tanto l’aveva scossa.

 

“Sapete, ora che ci penso la signorina voleva recarsi a Pandora questo pomeriggio… Ma il punto è un altro: non trovo più il suo servo! E’ sparito, non è da nessuna parte!”

 

Reim sgranò gli occhi stupito dalle sue parole.

 

“Parli di Xerxes?”

 

La serva annuì, riassumendo lo sguardo ansioso e agitato di quando era entrata.

 

“Esatto! Ho il compito di badare a lui. Mi sono assentata due minuti e poi… Poi… Quando sono tornata non c’era più!”

 

Nel sentire quelle parole, il servo di casa Barma fu ancora più scosso. Non era normale che un uomo malato, per di più cieco, lasciasse la sua stanza e si allontanasse da solo dalla magione. Era vero: normalità e Xerxes Break non erano mai andati tanto a braccetto, ma nelle condizioni in cui si trovava, neanche il più matto dei matti avrebbe potuto percorrere più di dieci metri.

Mentre Reim meditava sulla situazione, la donna scaricava la tensione passeggiando avanti e indietro per la stanza.

 

“Non va bene… Non va bene! La signorina Sharon sarà furiosa! Se gli succedesse qualcosa potrei… Potrei… Aaahh! Non voglio pensarci!”

 

Volendo tranquillizzare entrambi, il servo di casa Barma cercò di mitigare la situazione.

 

“Un momento, non agitarti. Non può essere andato lontano. Hai controllato tutte le stanze della villa?”

 

La donna annuì in preda all’agitazione.

 

“Sì, dappertutto! L’ho cercato ovunque, ma di lui non ho trovato alcuna traccia! Sono disperata! Non credevo che se ne andasse, non pensavo avesse la forza di farlo! Oh, è tutta colpa mia! Non avrei dovuto allontanarmi, sono un disastro!”

 

A quel punto, Reim s’alzò dalla poltrona e s’avvicinò a lei, tenendo ferme le sue mani tremanti.

 

“Non preoccuparti, ti aiuterò nelle ricerche. Hai avvertito gli altri membri della servitù?”

 

S-Sì…

 

La serva rimase pietrificata dallo sguardo sicuro che vedeva attraverso le lenti dei suoi occhiali da vista.

Non era molto tempo che prestava servizio nella magione dei Rainsworth. Erano trascorsi appena pochi mesi da quando Lady Sharon l’aveva assunta come badante del suo servo, ma di storie riguardanti i nobili del posto ne aveva sentite eccome. Di Reim Lunettes si diceva che fosse un giovane timido e sbadato, che soleva starsene nel suo studio a lavorare come un matto per soddisfare le richieste del suo duca. Ma a vederlo da vicino, tutto ciò che le avevano raccontato sembrava non avere senso: nei suoi occhi splendeva una luce calda e confortante, che non aveva niente a che vedere con il freddo tremolio delle pupille di chi è timido e insicuro. Probabilmente, qualcosa doveva averlo cambiato… Forse, era accaduto qualcosa nella sua vita che lo aveva spinto a reagire in modo diverso di fronte ai problemi.

 

“Bene. Visto che non sembra essere da nessuna parte all’interno della villa, controllerò in giardino…

 

Riprese il servo di casa Barma, spostando lo sguardo sull’ampia finestra del salotto. Le sue sopracciglia s’inclinarono timorose nel vedere il cielo ricoperto da scuri nuvoloni che sembravano minacciar pioggia da un momento all’altro.

 

“… Sperando che non sia andato troppo lontano.”

 

Si congedò, indossando il soprabito scuro con cui era venuto.

 

“Speriamo che non si metta a piovere…

 

Pensò fra sé e sé, mentre camminava a passo svelto lungo il portico che incorniciava la magione.

Si guardava intorno, cercando con lo sguardo il suo caro, incosciente amico, che da sempre non faceva altro che riempirlo di preoccupazioni. I suoi occhi malinconici si spostavano da una parte all’altra, mentre nella mente riaffioravano i ricordi di tutte quelle volte che lo aveva cercato per fargli firmare quei documenti che costantemente abbandonava sulla sua scrivania, lasciando sopra di essi qualche caramella in segno di ringraziamento.

Era fatto così, Xerxes Break: scansava il dovere perché amava godersi la vita, senza buttar via quel poco tempo che aveva e che gli rimaneva. Sebbene cercasse di negarlo in tutti i modi, Reim aveva capito che la vita, Xerxes Break, l’amava come pochi.

Rimaneva tuttavia un dilemma il rapporto che quell’uomo aveva con la vita e con la morte. Si poteva dire che fosse al contempo innamorato della vita e ossessionato dalla morte, oppure che, al contrario, fosse la morte ad attirare il suo interesse, e la vita a ossessionarlo. Sì, perché spesso e volentieri Xerxes Break, più che cercare la vita, sembrava volersi procurare la morte. Anche quel giorno, che senza dir nulla era sparito dal suo letto per recarsi chissà dove, le sue deboli forze lo avevano condotto verso un luogo gelido e pieno di insidie trasparenti, che il suo occhio vacuo e sanguigno non vedeva.

 

Xerxes!”

 

Reim continuava a chiamare il suo nome, sentendo la preoccupazione crescergli sempre di più nel cuore. Percorreva l’area rettangolare e inalberata dell’immenso giardino, sentendo le prime gocce di pioggia picchiettare sul suo viso.

 

“Oh no…

 

In breve tempo, quel lieve e innocuo pizzichio si trasformò in una cascata di enormi gocce lapidanti, che s’intrisero nel tessuto del suo cappotto.

 

“Dannazione!”

 

Non aveva nemmeno l’ombrello, Reim. Nonostante l’apparente calma che aveva mostrato poc’anzi, in realtà la fretta di trovare l’amico era forte più di ogni altra cosa, e gli aveva persino fatto dimenticare di prendere le dovute precauzioni in caso di pioggia.

Si strinse nelle braccia, continuando a gridare.

 

Xerxes!”

 

Urlava, cercando d’individuare nell’atmosfera appannata una sagoma bianca, possibilmente viva o in movimento.

 

Xerxes!”

 

E un istante dopo, quando ogni speranza sembrava vana, ecco che vide qualcosa interferire con la natura circostante.

Ai piedi di un monumento marmoreo se ne stava seduto un uomo completamente vestito di bianco.

Reim si avvicinò, rendendo più nitida quell’immagine sbiadita.

Xerxes Break aveva gli occhi chiusi e lo sguardo puntato verso l’alto, e lasciava che la pioggia carezzasse il pallore del suo viso. Era accovacciato sull’erba e s’avvinghiava le ginocchia con le braccia. La sua espressione era serena.

 

Xerxes…

 

Reim emise un profondo sospiro, felice di vedere che l’amico stesse bene, ma comunque un po’ arrabbiato per ciò che aveva fatto.

Quando sentì la voce dell’amico chiamare il suo nome, Xerxes non ripose subito, ma il sorriso che aveva sulle labbra si allargò: era contento di avere compagnia.

La pioggia continuava a cadere incessante. Break era zuppo dalla testa ai piedi. Il suo pigiama bianco gli si appiccicava aderente alla pelle, formando grandi solchi di pieghe sulla stoffa.

Reim sospirò ancora, scuotendo la testa e guardando l’amico.

 

“Che ti è saltato in mente… Come hai fatto a venire fin qui?”

 

Xerxes sorrise ancora, e questa volta rispose.

 

“Con le gambe!”

 

Esclamò con tono divertito.

Reim socchiuse le palpebre, sentendo un brivido triste e malinconico invadergli il cuore.

Break sorrideva. Sorrideva e sembrava felice. Ma allora perché? Perché di fronte all’immagine così tranquilla dell’amico, Reim provava quell’immensa sensazione di tristezza e di dolore?

Sentì un groppo alla gola, ma non permise che dai suoi occhi uscisse nemmeno una lacrima.

 

Xerxes…

 

Il tempo non sembrava decidersi a migliorare, e il servo di casa Barma era sempre più preoccupato.

 

“Sei un matto… Lo sai?”

 

Disse, scuotendo la testa con aria rassegnata.

Break si concesse una risata alquanto divertita, e rispose ironico.

 

“Ah, davvero? E’ la prima volta che qualcuno me lo dice!”

 

Reim si portò una mano alla fronte, chiedendosi come facesse a scherzare in un momento come quello.

 

“Sta piovendo a dirotto, sarebbe meglio rientrare adesso o ci prenderemo una polmonite…

 

Break sorrise, affatto stupito dalla premura che l’amico gli riservava. Non si smentiva mai, Reim: ovunque fosse andato, in qualunque guaio si fosse cacciato, lui sarebbe venuto a salvarlo senza esitazioni. Ormai, Xerxes lo conosceva bene e non gli servivano ulteriori conferme per essere certo che Reim fosse, indubbiamente, il migliore amico che avesse mai avuto.

 

“Perché, invece di parlare tanto, non ti accomodi qui, accanto a me. Ho da raccontarti una storia molto interessante…

 

Aveva detto con tono tranquillo il servo di Lady Sharon.

Per un attimo, Reim fu indeciso se insistere e riportarlo in camera sua, oppure lasciare che volgesse lo sguardo al cielo ancora un po’, per sentire su di sé il tocco di quella natura che gli era tanto mancata.

Sospirò e, prediligendo la seconda opzione, si sedette sul fango vicino all’amico.

 

Dunque…

 

Dopo un po’, Xerxes riprese a parlare.

 

“Ero uscito per prendere una boccata d’aria, ma non mi ero accorto che il cielo fosse nuvoloso…

 

Nell’ironia delle sue parole, si manteneva costante quel sorriso calmo e sereno.

 

“… Mentre camminavo, a un certo punto sono caduto.”

 

Dopo quell’affermazione, Reim sgranò gli occhi allarmato. Ma non fece in tempo a pronunciare una sola parola, perché l’altro proseguì nella sua narrazione.

 

“Sono rimasto per un po’ sdraiato a terra cercando di rialzarmi, ma poi mi sono detto: ehi! Perché non approfittare della situazione per scrutare un po’ il cielo?

 

Il suo tono divertito capovolgeva la trama di una storia tragica in qualcosa di comico. Era incredibile la semplicità con cui Xerxes Break riusciva a camuffare qualcosa di brutto in qualcosa di bello: il suo talento nel fuggire alla realtà delle cose era unico e inimitabile.

 

“Così, mi sono appoggiato qui e ho alzato lo sguardo verso l’alto, proprio così; proprio come sto facendo ora!”

 

Il tono vivo delle sue parole metteva in rilievo la felicità che provava anche solo per la consapevolezza che, seppur cieco, il suo sguardo era ora volto all’etere, e non a un insignificante soffitto bianco, cielo fasullo delle sue giornate.

Le sue palpebre ancora chiuse si beavano del vento che dolcemente carezzava il suo corpo, pungendolo di un brivido freddo, ma non fastidioso. Era bellissima la sensazione dell’aria leggera che invadeva il suo viso; il profumo dell’erba bagnata e dell’acqua piovana andava ad espandersi nei suoi polmoni come una cura, purificando il suo petto malato e facendogli dimenticare ogni brutto pensiero.

Reim lo osservava, accorgendosi del suo profondo e rilassato inspirare ed espirare. Sembrava sereno, e per niente turbato dal pensiero della pioggia.

Ah, giusto: la pioggia. Il servo di casa Barma si era perso così tanto nel contemplare la sua immagine, che aveva dimenticato quanto fosse importante portarlo via di lì il prima possibile.

 

Xerxes…

 

Sussurrò il suo nome con aria dispiaciuta. Aveva capito che Break desiderava essere lì più di ogni altra cosa e che, evidentemente, non sopportava l’idea di starsene chiuso nella sua stanza. Tuttavia, il rischio che correva nel lasciarsi colpire da quelle gocce sempre più fitte e veloci era troppo grande.

 

Xerxes, dovremmo…

 

“Ascolta, Reim.”

 

Reim voleva convincerlo a rientrare, ma le sue intenzioni furono bloccate dalle parole di Break.

 

“Volgi lo sguardo al cielo e chiudi gli occhi.”

 

Fu quello che Xerxes gli intimò di fare, rimanendo immobile nella sua posizione.

Inizialmente, Reim rimase fermo. Ma non passò molto tempo prima che riuscisse a capire quanto fosse importante assecondare il suo amico. Sì, perché anche se la pioggia continuava a cadere su di loro, bagnando i loro capelli e intridendo i loro corpi come spugne, una sola cosa rimaneva certa: in quel momento, nei pochi minuti di quella scena che poteva sembrare tanto banale quanto effimera, quello che avvolgeva l’animo di entrambi era un incredibile, incomparabile senso di libertà.

E Xerxes quella libertà l’aveva cercata per due vite intere. Non era bastata una sola esistenza per raggiungere quel senso di pace e ora, l’ultima cosa che Reim voleva fare era privarlo di quella meta tanto agognata, costringendolo a tornare in un posto che lui detestava.

Già, perché se il calore di un letto è davvero il posto più sicuro che ci sia, allora non si sentirebbe alcun bisogno di evadere, ma si rimarrebbe lì, ad attendere pazienti il termine dei giorni. Se da una parte una stanza calda offre la possibilità di riparo dalle intemperie dell’inverno, dall’altra non vi è alcuna chance di respirare i sapori della natura, e ci si sente chiusi, e abbandonati, e soli.

Invece, malgrado la pioggia fosse nemica dei deboli come lui, essa rimaneva, per Xerxes , l’unica vera prova di trovarsi sotto a un cielo vero che, anche se non poteva vedere, riusciva a godersi senza il bisogno di guardare.

 

“Lo stai facendo, Reim?”

 

Break volle accertarsi che l’amico avesse accolto la sua proposta.

Così, Reim eseguì e, puntato lo sguardo al cielo, chiuse gli occhi e si tolse gli occhiali.

 

“Sì.”

 

Rispose, sentendo il suo viso riempirsi di fitte gocce di pioggia.

 

“Sai, Reim…

 

Dopo un po’, Xerxes riprese a parlare.

 

“A me piace tanto la pioggia.”

 

Disse, con un tono allo stesso tempo sereno e malinconico.

 

Sì… Lo so.”

 

Rispose Reim, avvertendo anche lui un certo senso di malinconia nel cuore.

Nel frattempo, Break emise un sospiro più profondo e andò avanti nel suo discorso.

 

“Mi sento… Così pulito quando mi cade addosso.”

 

Il servo di casa Barma lo ascoltava attentamente, sentendo le sue parole mischiarsi con il fruscio incessante della pioggia.

Xerxes smise di parlare per un po’, poi entrò più nello specifico del suo pensiero.

 

“La pioggia… Ha un effetto particolare su di me.”

 

Fece una pausa, poi proseguì.

 

“Quest’acqua non viene dalla terra, viene dal cielo.”

 

In quel momento, Reim schiuse lievemente gli occhi, per poi serrarli ancora un attimo dopo. Dove voleva arrivare con quelle parole?

 

“L’acqua che viene dalla terra non è come quella che viene dal cielo.”

 

Spiegò ancora Break.

 

“L’acqua che viene dalla terra è sporca e contaminata, e non può purificarti come fa l’acqua del cielo.”

 

Sorrise, schiudendo l’occhio vacuo all’etere grigio.

 

“E’ per questo che il cielo è azzurro e la terra è marrone, sai?”

 

Disse, con un tono dal sapore divertito, ma non ironico.

Reim si domandò quale fosse il vero significato di quel discorso, ma si limitò a rimanere in silenzio, lasciando che fosse l’altro a dire la prossima.

 

“Quello che mi domando… E’ se allo sporco della terra sia concessa la purezza del cielo, un giorno.”

 

 Il servo di casa Barma sentì un brivido colpirlo al petto. Aveva ottenuto la sua risposta, e ora, si ritrovava a dover lottare contro le lacrime che insistenti spingevano nei suoi occhi, bisognose di percorrere la pelle giovane del suo viso.

Era stato anche fin troppo bravo fino ad ora, Reim. Si era imposto di non agitarsi troppo nel momento in cui aveva scoperto che l’amico era sparito dalla sua stanza, ed era riuscito a non perdersi d’animo quando lo aveva cercato in mezzo alla pioggia, concedendosi solo il lecito timore che le sue condizioni potessero aggravarsi. Ma ora, ora che la speranza di una vita ultraterrena era uscita dalle labbra di Break, il servo di casa Barma non ci riusciva proprio a trattenersi dal versare le lacrime.

Non aveva mai sentito Xerxes parlare di concetti di carattere religioso come la possibilità che ci fosse qualcosa dopo la morte o che comunque non si smetta di vivere del tutto una volta abbandonato il proprio corpo. Tutto quel discorso lo aveva completamente sconvolto: mai nel corso di quella forte amicizia aveva visto in Xerxes Break uno spiraglio di speranza. Solitamente, Break era una persona estremamente negativa. Rideva e scherzava sui problemi perché non aveva altri mezzi per allontanare il dolore. Non li aveva, perché l’ottimismo era per lui la creatura più estranea. Così, per non destare la preoccupazione di chi gli voleva bene, la tattica che preferiva adottare era una pungente e lacerante autoironia, che lo vedeva parlare serenamente del suo destino, come se l’idea di morire non lo toccasse minimamente.

Ora che ci pensava, Reim s’accorse che era da parecchio tempo che Break non scherzava più. C’era stato un periodo in cui Lady Sharon lo rimproverava sempre perché, sebbene fosse conscio di avere anche il diabete, insisteva nel mangiare dolci e caramelle, quasi come in segno di provocazione nei confronti della morte che voleva prenderlo con sé; quasi come se stesse dicendo: hai visto, morte? Tu vuoi intimorirmi, ma io sono più forte!.

Però, negli ultimi tempi, quando la malattia lo aveva costretto a letto, la voglia di giocare sembrava essere svanita: nessuna battuta ironica, nessun gesto d’indifferenza; nessun dolcetto sul comò. Alla fine, Xerxes Break, stava davvero cadendo vittima della morte? Stava davvero cedendo a quella stessa morte di cui si era preso gioco per anni?

Improvvisamente, mentre tratteneva i singhiozzi di un pianto silenzioso e soffocato, Reim sentì la mano di Xerxes stringere la sua.

Schiuse gli occhi, voltando lo sguardo verso l’amico, anch’egli girato verso di lui, a puntarlo con la sua vacua pupilla.

 

“Non piangere, Reim.”

 

Il servo di casa Barma rimase basito. Era vero, da quando era diventato cieco il suo udito si era sviluppato molto, ma Reim era sicuro di non aver emesso neanche un suono. Dunque, come aveva fatto a capire che stava piangendo?

 

“L’aria intorno a te è umida.”

 

Gli occhi di Reim si spalancarono. Il sudore del forte senso di tristezza che lo aveva colpito un istante prima di versare le lacrime aveva creato intorno a lui una barriera di vapore caldo, e Xerxes se n’era accorto.

Break strinse più forte la sua mano e lo intimò di compiere una nuova azione.

 

“Metti da parte tutto… E goditi la pioggia.”

 

Dopo pochi secondi, Reim ricambiò la stretta e tornò a volgere lo sguardo verso l’alto.

Si tenevano per mano, lasciandosi bagnare dal pianto del cielo, in cerca di una pura sensazione di pace che servisse a scaldargli il cuore.

Fu solo dopo un po’, che Reim tornò a posare gli occhi sul volto dell’amico che, rimasto fermo nella sua posizione, permetteva all’acqua piovana di cadere libera lungo il suo viso.

Era un’immagine colma allo stesso tempo di tristezza e di speranza, di prigionia e di libertà; di vita e di morte.

Le gocce di pioggia grondavano rapide lungo il suo viso come una valanga di lacrime lasciate cadere di proposito e senza alcuna esitazione.

Nella candida visione di quell’immagine mai stata così pura, Reim avvertì un fremito nel cuore, che lo spinse in un istante a pronunciare parole prima dette che pensate.

 

“Tu sì.”

 

Affermò con una grande convinzione, nel tono e nello sguardo.

Xerxes si girò verso di lui, non avendo ben chiaro il significato della sua affermazione.

 

“Tu ci diventerai un giorno… Come la pioggia.”

 

Quando il suo primo giorno di morte sarebbe arrivato, Xerxes sarebbe stato puro come la pioggia che cadeva dal cielo, lavando via le colpe di chi rimaneva in terra. Era questo, il pensiero di Reim.

Quando si rese conto delle parole dell’amico, Break rimase per un attimo immobile con l’occhio puntato su di lui. Pian piano, sul suo viso s’allargò un sorriso dolce e affettuoso.

 

Grazie…

 

Con le sopracciglia inclinate in un’espressione malinconica, ma in realtà profondamente felice nel sentire quelle parole, Xerxes ringraziò l’amico a lui più caro, regalandogli l’emozione di un occhio commosso, ma non prossimo al pianto.

Un istante dopo, s’avvicinò col volto allo sguardo di Reim e, guardandolo con un’espressione un po’ scherzosa che l’uomo non vedeva da tempo, schiuse le labbra, sussurrando qualcos’altro.

 

“… Mi fido, eh.”

 

Il servo di casa Barma rise scuotendo la testa di fronte a quella sua affermazione. Come spesso era accaduto negli anni più vivi della loro amicizia, Xerxes lo aveva ancora una volta caricato di un’importante responsabilità.

 

“Se non sarò Saprò a chi far piovere in testa.”

 

Aggiunse poi Break, concedendosi anche lui una lieve risata.

Reim sorrise e, lentamente, le nuvole che avevano sino ad allora ricoperto il cielo si dissiparono, lasciando spazio alla luce del sole e al cessar della pioggia.

Il servo di casa Barma s’alzò in piedi e aiutò il suo amico a fare lo stesso.

S’incamminarono pian piano verso la grande magione. Break stringeva forte il tessuto dei vestiti di Reim, che lo aiutava a tenersi in piedi tenendogli le spalle.

Xerxes sorrideva, rievocando nella sua mente il bellissimo pensiero che Reim gli aveva sussurrato. Adesso, era quasi felice di tornare a casa.

 

 

***

 

Angolo dell’autrice

 

Avete enjoyato la pioggia?

A parte gli scherzi, è proprio vero che quando l’ispirazione coglie, non c’è niente da fare. In questi giorni sono molto occupata, e l’ultima cosa che immaginavo di fare era scrivere una nuova storia. Mi ci sono voluti due mesi per completare l’ultima, che sono riuscita bene o male a portare a termine l’altro pomeriggio, impuntandomi sul fatto che non potevo lasciarla incompiuta. Invece questa… Questa l’ho scritta tra ieri e oggi, partendo a battere i tasti come una matta. Non ci ho messo moltissimo a scriverla, eppure mi soddisfa più di tante altre che ho scritto. Strana la vita, eh?

 

Un bacio,

 

La vostra Strato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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