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Autore: Oducchan    06/12/2011    2 recensioni
Inghilterra si è dimenticato quale fosse, il suono del silenzio. Era abituato ad avere la casa piena di schiamazzi fin dall’alba dei tempi, fin da quando la suddetta altro che era una capanna macilenta che faticava a stare dritta sotto la pioggia. Attorno a lui c’è sempre stato rumore, che fosse stato il clangore delle armi o il più rassicurante borbottio cicalante di tanti individui all’opera, e anche nei periodi più cupi e tremendi solo non lo era mai stato.
Inghilterra si è talmente dimenticato quale fosse il suono del silenzio che ora, le stanze vuote, la cucina cheta, il salotto intonso, ne ha quasi timore.

Ma fortunatamente, l'ultimo fratello che si ritrova non ha ancora smesso di aver voglia di dargli fastidio.
[Francia, Inghilterra] [Menzionatissimi: Oc!Scozia, Oc!Galles, Oc!Irlanda del Nord e Oc!Irlanda]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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dove muore la notte

Dove muore la notte

 

 

Inghilterra si è dimenticato quale fosse, il suono del silenzio. Era abituato ad avere la casa piena di schiamazzi fin dall’alba dei tempi, fin da quando la suddetta altro che era una capanna macilenta che faticava a stare dritta sotto la pioggia. Attorno a lui c’è sempre stato rumore, che fosse stato il clangore delle armi o il più rassicurante borbottio cicalante di tanti individui all’opera, e anche nei periodi più cupi e tremendi solo non lo era mai stato. Perché in fondo quel qualcosa noto al mondo come Isolazionismo non era mai realmente esistito, non quando si ritrovava a condividere il tetto con un fratello scostumato, una sorella indisponente e un dio solo sa cosa taciturno e incomprensibile perennemente gravitanti attorno a lui, senza contare colonie e dipendenze che dell’Impero erano la sussistenza. Non c’è mai stato troppo spazio per la quiete, tra quelle mura.

Inghilterra si è talmente dimenticato quale fosse il suono del silenzio che ora, le stanze vuote, la cucina cheta, il salotto intonso, ne ha quasi timore. Ha già soppresso molte volte l’istinto di chiamare Scozia per ordinargli una commissione urgente, o di chiedere a Galles di smettere di borbottare –perché ormai è un riflesso a vuoto che si ritrova a compiere anche quando le suddette lamentele sono solo l’ombra di un ricordo. Addirittura non è riuscito a trattenersi dal cercare Erin per chiederle di aiutarlo con un paio di diavolerie informatiche che proprio non era in grado di risolvere – e s’è ritrovato a fissare il vuoto spaesato, quando non l’ha trovata al telefono intenta a parlare di nascosto con suo fratello.

Il suono del silenzio è strano, e anche inquietante. Gli pare di essere un estraneo in casa propria, e farebbe fatica, ora, ad ammettere di aver gioito alla notizia che, presto, sarebbe stato l’unico abitante, che il resto della famiglia aveva,  finalmente, ciascuno la sua dimora.

L’acqua bolle, e con mente assente Arthur cala le bustine, visto che ha finito le foglie da infusione e fuori diluvia e non ha l’animo di andare a comprarle. Una per ciascuna tazza più una per la teiera come da regola, pensa, distratto, e le osserva intingersi per poi colorare l’acqua di un bella tinta dorata che riesce a scaldargli il cuore per un attimo. Nonostante tutto certe cose non cambieranno mai, e adesso potrà finalmente godersi il suo Earl Grey in santa pace davanti al camino senza temere che qualcuno glielo rovesci sulle ginocchia.

Allunga la mano per prendere il suo mug e poter saggiare la bevanda, e poi spalanca gli occhi, meravigliato.

Accanto alla teiera, ci sono quattro tazze, non solo una. A mollo ci sono cinque bustine, non due.

Resta a fissarle per un tempo interminabile. Lotta contro l’istinto che gli sta per far gridare “Il the è pronto, marmaglia”, e poi contro lo sgradevole pizzicore che l’eccesso di vapore gli dà agli angoli degli occhi. Respira, deglutisce, stringe i pugni per dar qualcosa da fare alle sue dita che paiono, improvvisamente, un po’ troppo incerte sul da farsi, e poi con un sospiro decide di svuotare le tazze in eccesso e di buttar via le bustine di troppo, anche se sarebbe uno spreco.

Insomma, sono cose che capitano.

Non fa neanche in tempo ad allungarsi ad aprire il rubinetto del lavello, che suona il campanello della porta d’ingresso, facendolo sobbalzare.

Non aspetta visite, per quel giorno. Il suo boss è già venuto la mattina, Sua Altezza di sicuro non si presenterebbe mai a quell’ora e il postino è già passato due volte. Diluvia, non può essere un passante, e le fatine del giardino non si sono nemmeno allarmate. Magari è Rhiannon che s’è scordata la spada di riserva su in soffitta. Oppure Kenneth che ha scoperto di aver lasciato il suo kilt preferito nel suo armadio – ha già controllato, non c’è niente. Perplesso, si dirige ad aprire.

Ancora più perplesso, si ritrova a fissare stralunato quel poco del viso di Francia che s’intravede tra un ombrello che sicuramente ha visto piogge migliori e uno spesso giro di sciarpa sotto il naso, un poco arrossato dal freddo. Francis restituisce lo sguardo, quasi stupito di trovarsi davanti proprio lui, ma si affretta ad incunearsi nel vano della porta prima che possa reagire per evitare di bagnarsi inutilmente e per prevenire un’eventuale porta chiusa in faccia. Poi, abbassa lo sguardo, sciogliendo un poco il nodo di lana, e pare indeciso sul da farsi.

-Non c’è… non c’è Scozia?-

Inghilterra batte le palpebre, forse iniziando a comprendere. Corruga un poco le spesse sopracciglia.

-No. Ha cambiato indirizzo, adesso sta più a nord. Edimburgo, se hai presente-

Non era esattamente sua intenzione rispondere sgarbatamente, ora che ci fa caso, ma le parole gli sono spuntate di bocca quasi spontanee,come ogni volta che la rana gli rivolge parola. Si vede che catalizza la sua acidità.

Francis però non sembra essersi accorto dell’apparente ostilità. Alza il capo, fissandolo come se lo vedesse per la prima volta, e poi occhieggia oltre l’ingresso.

-Cioè… sono già andati?- azzarda, con fare cauto e guardingo.

Non che Arthur stia capendo dove stia cercando di andare a parare quel vinofilo maniaco, né che cosa l’abbia spinto ad attraversare la Manica per presentarsi giusto davanti casa sua: solo, a sentirsi rivolgere quella particolare domanda proprio da lui, la cosa pare assumere in toto il suo peso e la sua prospettiva. Galles, Scozia e Irlanda del Nord hanno il loro Parlamento a Cardiff, Edimburgo e Belfast; Irlanda ( o Eire, o come cavolo si fa chiamare quello squinternato) è di là del Canale, America oltre l’Oceano, e il resto di quella cosa che non aveva mai osato chiamare famiglia sparsa per il mondo, lontano da lì.

È solo.

Deglutisce a vuoto, e poi annuisce, mesto. Vorrebbe rispondere che è quasi un a settimana e che, diamine!, sembra di stare in paradiso, niente più haggis a colazione, niente lame volanti a tutte le ore, niente più richieste strampalate, niente gonne e gambe al vento, niente più crinoline incastrate nelle porte o bollette del telefono astronomiche, e anche se comunque se li ritroverà tra capo e collo nel giro di qualche giorno, che alla fine la responsabilità di tutto il Regno è ancora sua e i conti spettano a lui, ha intenzione di godersi questa nuova situazione. Devolution, che bel suono ha in bocca. Solo che, stranamente, niente di tutto questo gli esce di gola e lui resta lì a guardare la rana che tenta di asciugarsi i capelli prima che, a suo dire, si gonfino per l’umidità, e quindi, per favore, che lo faccia entrare, suvvia. O almeno, è quello che gli sente dire, e la cosa lo infastidisce.

-Non ti ho mai visto con quei ciospi fuoriposto nemmeno quando avevamo un metro di fango alle caviglie –sbotta, innervosito. Francis lo fissa, le dita ancora tuffate tra le ciocche bionde, come se improvvisamente il mondo fosse uscito dai suoi binari, e poi ghigna, divertito. Il ghigno alla francese, quello che sembra saperla lunga e lo innervosisce perché a volte ci prende in pieno.

-Ah, Angleterre, e io che mi preoccupavo pure. Ma tu non cambi mai, vedo, e la cosa non può che farmi sospirare. Per fortuna c’è il tuo frere che pensa a te-

-Tu non sei…-

Ha già la risposta pronta. Tu non sei mio fratello, deficiente, di fratelli ne ho fin troppi e grazie, sono più che abbondanti, resta dove stai e non venire a darmi noia, anzi, tornatene a casa e fai un favore ad entrambi. Solo che si accorge che in tutte quelle parole, si nasconde, infida, una bugia colossale, talmente enorme che non può dirla lo stesso e far finta di nulla come al solito, no, oggi non potrebbe, non ce la farebbe. Boccheggia a vuoto, sentendo le guance arrossarsi inesorabili per la figura meschina, e poi tace, sospirando,e fa un passo indietro.

-Ho appena fatto il the – comunica, piatto. Ho tre tazze di troppo e tre bustine in disavanzo, aggiunge, mentalmente, e per fortuna la rana è sempre stata fantastica, a leggere i suoi silenzi.

-Oh, meraviglioso, avevo proprio voglia di qualcosa di caldo!- chioccia, anche se lo sanno perfettamente tutti e due che a Francia il the non è che garbi poi molto, preferisce di gran lunga un bel ristretto all’italiana e poi chiacchiere e sorrisi, ma il modo in cui lo dice e l’energia che ci mette e la naturalezza con cui avanza nell’ingresso e lascia la giacca sull’appendiabiti spiazzerebbe anche il peggiore dei misantropi.

-Che ne dici se poi ti sforno qualche biscotto? L’ultima volta ricordo di averti lasciato la farina, spero che tu non l’abbia buttata. Oppure, sai cosa, ti faccio le madeleine, con questo tempo ci vogliono proprio…-

E improvvisamente Inghilterra scopre che, mentre Francia continua a parlare e si fa strada in cucina rimboccandosi le maniche e iniziando a spalancare le scansie, il suono del silenzio è di nuovo sepolto da grida, insulti, borbottii, frecciatine, risate, strilli e schiocchi di baci e che può ancora ricacciarlo in un angolo sperduto di quella casa, sepolto dal profumo di frollini e da quel retrogusto di rose appena colte che gli ricorda di quando l’abbraccio della rana era il luogo più sicuro dove rifugiarsi, e dimenticarselo nuovamente, sapendo che,  forse, non ci sarà più bisogno di ascoltarlo.

 

 

Note a piè di pagina.

 

A cavallo tra il luglio e il settembre del 1998 sia la Scozia che il Galles che l’Irlanda del Nord ottennero la cosiddetta “Devoluzione dei Parlamenti”. In sostanza, ciascuna delle tre Nazioni possiede un Parlamento autonomo per legiferare sui provvedimenti da prendere sul proprio territorio.

L’Inghilterra, invece, resta “non devoluta”, ovvero per le decisioni di carattere territoriale si riunisce il Parlamento del Regno Unito in seduta non plenaria (ovvero sono presenti solo i parlamentari eletti in Inghilterra, per farla molto breve).

Ora, ovviamente il fatto che alla Devolution sia corrisposta un trasloco da casa delle suddette è una mia personale e opinabilissima interpretazione della cosa XD

Rammento, per chi ancora non lo sapesse XD, che Rhiannon, Kenneth ed Erin sono i nomi umani che ho scelto per Wales, Scotland e Northern Ireland. Sempre secondo la mia personale interpretazione dei fatti, Irlanda (o Eire) non è fratello in senso stretto di Iggy & Co, ma più probabilmente un cugino –non è chiaro nemmeno a loro. L’haggis è il pasticcio di rognoni tipico della Scozia, il kilt mi auguro lo sappiate, la crinolina serve a mantenere ampia la gonna di Galles e le telefonate “segrete” di Erin a Irlanda sono una (mal) trasposizione dei ben noti problemi dei rapporti irlandesi. E queste sono le note tecniche.

Per le note pratiche: il the viene preparato con le bustine solo ed unicamente per sottolinearne l’eccesso, la rana preferisce il caffè perché credo che nella realtà sia un dato di fatto e il fatto che la danna mi abbia convinto della cosa non c’entra un tubo, se non sapete cosa sono le madeleine leggete Proust che sicuramente è più bravo di me a spiegarlo (XD), i due pisquani restano i due pisquani e devo confessare che mi sono dilettata a scrivere la cosa qui.

 

Detto questo, porgo i miei omaggi, e mi dileguo. Grazie a chi vorrà lasciare la propria opinione, bella o brutta che sia ^^

   
 
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