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Autore: AngelOfSnow    07/12/2011    2 recensioni
Lascio che l’arco scivoli soave vicino il ponticello, e le mie dita vaghino con maestria sulla tastiera lasciando che l’anima dello strumento rilasciasse nell’aria armoniose note. Inesorabilmente, mi colmo dell’infinita tristezza presente nel mio cuore, facendola traboccare da ogni angolo e lascio che il violino traducesse quel male dove affogo giorno dopo giorno, in una liberazione.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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When I play, I can hear your “voice”…



 

Veloce, evito che le luci calde mi accechino camminando a schiena dritta e osservata come un qualcosa di eccezionale da più di quattrocento individui. Solo per lui....
Decisa compio il movimento che dall’infanzia mi ha accompagnata, quell’unico gesto che avevo perfezionato nel tempo e nella costanza degli studi, quello stesso gesto che mi aveva portata a conoscere lui, prima come nemico, poi come amante...
Tra le mie mani il violino freme con smania: vuole cominciare per poter sentire il fratello. Io solo per lui, il mio amore.
Il pubblico mi squadra con il fiato sospeso: tutti desiderano poter ascoltare la creazione di un cuore affranto.
Lascio che l’arco scivoli soave vicino il ponticello, e le mie dita vaghino con maestria sulla tastiera lasciando che l’anima dello strumento rilasciasse nell’aria armoniose note. Inesorabilmente, mi colmo dell’infinita tristezza presente nel mio cuore, facendola traboccare da ogni angolo e lascio che il violino traducesse quel male dove affogo giorno dopo giorno, in una liberazione.
Con ardore la melodia diventa incalzante, rabbiosa. Con un secco movimento, mi fermo dando così modo a mia cognata, seduta davanti un pianoforte a coda, di prender parte alla melodia. Le dita della giovane ragazza toccano tasti brillanti, in confronto alle mie, per cercare di consolarmi, trasportarmi in quell’angolo di eterna gioia e luce: anche se aveva perduto un fratello, continuava a vivere con forza.
Sono convinta che nessuno mi potesse aiutare, non più e, il mio fianco, sarebbe rimasto colmo solo di lui.
Riprendo in mano la musica, dissonando e attaccando quel pezzo di “paradiso” con la mia frustrazione. Le dita oramai non le sento più, sento solo come vogliano scappare dall’angoscia di averlo perduto, mentre l’arco, instancabile, attacca le corde cercando di aggredirle e, per la seconda volta, mi fermo, aspettando il mio turno.
Quando mi fermo questa volta, non c’è soltanto il pianoforte a risuonare, ma bensì l’orchestra formata da tutti i suoi amici e colleghi, che riprendono il tema con gentilezza e dolcezza proprio come lui.

Io, ancora ferma, chiudo gli occhi al suo viso virile ma dolce, agli occhi neri che brillavano quando incontravano i miei di amore e di ardore quando incontravano uno spartito musicale. Ripenso anche al giorno in cui ci eravamo affermati come musicisti di grande fama e successo: ma eravamo rivali. Due rivali che si erano incrociati ad un concorso di fama mondiale con 20 anni di età ciascuno. Due rivali che si sfidavano da capi diversi del mondo facendosi beffe l’uno dell’altra o viceversa, e poi...
Ripenso alla notte, in cui mi si era dichiarato suonando la canzone appositamente scritta per me... io ero presente a quel concerto immobile ed innamorata. Si, avevo cominciato ad amare il mio rivale senza potermene rendere davvero conto... era sceso dal palco con lo strumento in mano solo per chiedermi di divenire sua.
Sua per sempre, ed io avevo accettato fino a quando in nostri respiri divennero corti, e il pubblico in sala cominciò a battere le mani. L’ho onorato sempre, fino ad ora, io sono solo a lui, ora e per sempre non ci sarebbe mai stato uomo alcuno se non Michele.
Lui, che è stato il mio rivale, il mio amore ed il mio tutto.
Se mi concentro posso sentirlo suonare; posso sentire il contro canto creato dal gemello del mio violino, risuonare gioioso ed esuberante. Lo stesso Stradivari seppellito con il suo freddo e marmoreo corpo, nella speranza che con esso, il proprio padrone tornasse ad ardere di passione.
Riapro gli occhi sugli spalti dell’Auditorium e lascio che il mio “canto” riprendesse con rassegnazione e struggente dolore...
Ed è proprio in questo momento che lo vedo e lo sento: bello come lo ricordavo e bravo, con gli occhi accesi di passione e amore, perché lui mi osservava mentre suonava.
Sulle mie note stava suonando la nostra melodia: la stessa con cui mi si era dichiarato. Una lacrima mi scivola sulla nera e lucida mentoniera.
Sapevo che la musica ci avrebbe delicatamente uniti ancora una volta e proprio per questo, avevo lasciato che l’orchestra suonasse fortissimo, senza distinzione di primi, secondi o terzi: tutti l’avrebbero salutato. La musica dice:

“Michele, siamo qui per te...per salutarti”

E lui sorride emozionato senza lasciare andare lo strumento, ma poi, il ricordo di quell’incidente in mare mi riporta con i piedi per terra in modo violento: è morto in mare annegato perché trascinato dalle correnti marine.
L’orchestra si ferma lasciando a me, l’ultimo giro prima di finire e reprimo le lacrime al pensiero di doverlo lasciare: era durato troppo poco, tre ore non bastavano a colmare tre anni di assenza. No, non sarebbero mai bastate.
Nulla è eterno ma, per me, lui sarebbe divenuto tale.

Invento un nuovo canto sul momento, lasciando molti sorpresi, intriso di amore e tristezza cercando di comunicargli quanto sia stato importante:

“Amore mio, tu sarai l’unico, il solo... il mio amore e il mio rivale in eterno. Nessuno ci dividerà, e sapremo che la musica parlerà per noi, canterà se lo desideri...adesso ti sento, sento il tuo “canto” e in cuor mio non vorrei masi smettere di sentirlo. Ti amo”

Avrei voluto urlarlo ma, appena scosto l’arco dal violino e osservo il pubblico, gli applausi scoppiano potenti mentre più di quattrocento persone si alzano in piedi commosse. Piango quando nostra figlia, di appena 6 anni, sale sul palco consegnandomi un mazzo di rose bianche e blu: i suoi ed i miei fiori preferiti. Appoggio il violino al pianoforte e la prendo n braccio stringendola forte a me mentre la sua risata comincia a risanare il vuoto nel mio petto. Poi la rimetto giù e le accarezzo i morbidi e lisci capelli nocciola, mentre lei mi chiede di abbassarmi alla sua altezza per dirmi qualcosa, facendomi ritrovare con i suoi occhi, identici a quelli del mio defunto marito e pieni della stessa dolcezza.
<< Amore della mamma...dimmi. >>
<< Mamma, sai, mentre suonavi ho visto papà! Era bellissimo, tu l’hai visto? >>
La tiro a me nascondendo le mie lacrime, poi decisa, la prendo in braccio osservando il pubblico sorridendo appena.
<< Si amore mio, l’ho visto, e tutte queste persone hanno udito il suo “canto”...>>
<< “Canto”? >>
Annuisco lasciando che alcune lacrime mi bagnino il viso prima di risponderle.
<< Daphne, papà voleva parlaci mentre suonava...>>
La prendo in braccio mente lei diviene pensierosa.
<< Allora... papà era contento! >>
<< Si, papà era contento. >>

   
 
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