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Autore: ilpunto    07/12/2011    2 recensioni
credo che un'auto prefazione sia una violenza al testo, alla speranza dell'autore. tuttavia quanto ho scritto è frutto di deduzione e dedizione: ho immaginato L molto prima del caso kira, L nella vita privata, i suoi legami, la sua emotività, l'ho fatto muovere a New York alle prese con l'attraente sensibilità di una ragazza.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Watari
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Ryuzaki chiuse delicatamente la porta dietro di sé, gran parte della notte era trascorsa; confuso si accovacciò sulla poltrona, bendisposto all'attesa dell'aurora covava una profonda riflessione nei confronti di se stesso, di Alice e di quanto si era appena concluso alle sue spalle.

Le labbra gli sembravano più morbide, il loro sapore e la loro consistenza gli apparivano diverse, le sfiorava esplorando le differenze che avvertiva e non scovava.

Com'era strano sentirsi e non riconoscersi, approssimarsi alla logica per poi perdere tutto nei pressi di un ricordo.

Gli rimaneva ostico comprendere quale sarebbe stata la migliore possibile reazione, indeciso se scappare e dimenticare, restare ed accettare che dentro lui si nascondesse una persona che ne desiderava un altra.

La natura del desiderio tale argomento si faceva magnete, catene logiche gli orbitavano attorno, sensazioni, volti e motivazioni di ciò che aveva conosciuto indirettamente, lati oscuri e piatti del suo lavoro adesso prendevano corpo, sensazione.

 

la mente di qualcuno abituato alle più strane bizzarrie della realtà si contorceva ora per un gesto più che ordinario. 

non vi erano ragioni da scovare e questo lo scosse profondamente, qual' era infine il pro della palpitante reminescenza?

ryuzaki capì come le emozioni sapessero a loro volere tingere i moti dell'esistenza, tingere parti dei corpi, gli oggetti, Alice gli aveva aperto un altro mondo, i suoi occhi incantati e candidi si aprivano per la prima volta, e quasi s'adirò con se stesso per non essere stato preparato ad un simile e comunissimo frangente. 

lontano dalle ansie di prestazione, inconsapevole che vi fossero i presupposti per cui in quella prima sera avrebbe potuto prendere ciò che sarebbe stato inaccessibile ai molti.

Ben impresso aveva lo scossone di quel calore e adesso quasi ne  avvertiva la mancanza; Si fece quindi prendere dai ricordi, analizzò ogni dettaglio che l'abile memoria riportava, come la marea fa delle conchiglie, lui era li ad attenderle; scoprì che esistono momenti perfetti e gratuiti. 

 

la bocca, I lampioni, i tasti del telecomando, il sale in gola, le dita di Alice sopra il tavolo, il contrabbasso, la scollatura, e di nuovo la bocca. La conferma si muoveva nel suo corpo che muto cambiava forma. 

Se solo avesse saputo cosa avrebbe succeduto quella pittoresca serata, non l'avrebbe lasciata rientrare, l'avrebbe indotta giocando, a restar con lui, l'avrebbe fatta accoccolare sopra le ginocchia, avrebbe palpato la via che fiduciosa le aveva aperto. 

Se solo.

 

La luce dall'altra stanza s’intrufolava, Quillsh appena sveglio, con il savoir faire inglese chiese d'entrare per poi sedersi accanto.

"come mai sveglio a quest'ora?"

"gli uomini anziani amano alzarsi prima dell'alba, l'ammirano di giorno in giorno, forse perchè temiamo che ognuna sia l'ultima; forse perchè dopo tanta vita fatta di persone, esperienze, di cose, è bello distrarsi davanti quello che non si è potuto veder prima."

"è un’ottima spiegazione."

Quillsh accese la tv. 

"niente da sgranocchiare?"

"certamente, vado, vedo e torno."

Dopo pochi minuti Quillsh tornò con un vassoio ricoperto di deliziosi pasticcini, poi la stanza venne immediatamente rischiarata dal muoversi sullo schermo.

"Laurence Olivier nell'Othello. "

"ottima performance."

"gli inglesi e Shakespeare..." canzonò monocorde Ryuzaki.

"beh per un quarto lo sei anche tu..."

L'anziano divideva la sua attenzione fra film e orizzonte, che a molti chilometri profetizzava l'alba, finché  chiese: " ti è piaciuto lo spettacolo?"

"si moltissimo, spero che non sia stata un’impresa trovare i biglietti…”.

l'inglese scosse il capo, conoscendolo ne avvertiva lo scompiglio. 

Il ragazzo restava serrato ma vedendo le pene d'amor del moro, indietreggiò le spalle, contestandone e deducendone la troppa ingenuità.

"è questo che può farti una donna?"

"Anche di peggio..."

Ryuzaki rimase sbigottito per poi capire l'umorismo britannico e la sua affermazione, di nuovo, la quarta parte dei suoi geni faceva cilecca.

il lungo e maestoso monologo del moro.

ma Quillsh rettificò:

"no, nulla di questa enfasi; tolgono solo un po’ di logica, di prontezza, nulla di più."

 

 

 

nello stesso momento il volto di Alice diventava tutt'uno con federa e cuscino; la scossa appena ricevuta, le grandi speranze sortirono gli effetti di un potente sonnifero ma, prima d' appisolarsi fra le soffici lenzuola, aveva sentito di aver dato e ricevuto quanto le era concesso; 

Totalmente inconsapevole che durante il suo profondo respirare, l'acuta mente di Ryuzaki faticava per non fantasticarla come Desdemona, nel non sentirla nel gusto fragola che si portava alle labbra; la stessa mente che non leggeva in chiave razionale la marea che di dentro lo dipingeva.  Alice si svegliò di primo pomeriggio;

mancato al suo quotidiano appello, il sole faceva del grigio l'omogeneo sfondo. 

 

Pigra si alzò dal letto, scompigliata si diresse verso la cucina dove Justine s' improvvisava cuoca, poco dopo confidando come il suo capo, Mr. Jones non aveva esitato nell'umiliarla davanti a tutto il suo studio fotografico trattandola come un'oggetto, nonostante fosse quadrata e precisa sul lavoro; la sua ambizione, contrariamente a quanto accadeva nel privato, l'aveva resa una figura stabile, di riferimento; a pensarci bene, era plausibile avere un così profondo sbalzo fra i due emisferi dell’esistenza; Mr.  Jones aveva dimenticato, o finto di dimenticare tutte le referenze della donna, che ora a suo vanto non tralasciava di chiarire, quindi considerandolo come una colossale impennata di testosterone.

"vedi, lo vedi!  Eccola la differenza! dai ad un uomo il potere e questo si mette sulla scrivania più alta con in mano una clave, e urla il capo sono io! ma la cosa peggiore è che lo fanno quel che fanno in maniera sottile, in modo da essere sempre nella terra di mezzo fra l'essere molesti e l'essere viscidi."

Alice ascoltò senza intervenire mentre assaggiava i biscotti, che seppur fatti per gioco avevano un ottima consistenza.

Di nuovo l'imbrunire, un po’ delusa nel non trovar niente in nessun dove, quel piccolo vuoto non le era affatto piaciuto: Svegliava in lei domande, dubbi. Stretta in una quasi invincibile morsa si chiese se era quello che avrebbe dovuto fare, se il suo avvicinarsi non fosse poi stato un fastidio.

"Sbaglio o ti piaceva questo mistero, l' imprevedibilità?" ma le suonava ostica, tale parola, adesso, l'aveva tinta di un suono strano, ne aveva storpiata la m, come se fosse quella la duna che non riusciva a superare, l'ostacolo immanente e insopportabile che nella sua mente innaffiava mostruose fantasie, il peggio, tutte le ipotesi negative andavano a ingrovigliarsi fra quei petali.

La coscienza imparziale con un pesante rintocco, costringeva i suoi occhi ancora pieni di speranza nel rivolgersi al telefono, come se, il bianco attrezzo potesse sotto pressione sbrigarsi a squillare.

 

Una settimana di completo silenzio da parte di Ryuzaki; la ragazza dalle ormai fievoli speranze, aveva, di rimando, deciso di uscire meno, evitava il grande parco e i luoghi dov' era possibile incontrarlo. Il suo scopo era evitare l'imbarazzo di rivederlo, tentava Alice di acquietare i pesanti rintocchi che la falsa ipotesi non evitava di suonare; se solo avesse saputo quale meravigliosa follia stava vivendo il ragazzo, non avrebbe esitato un istante a correre da lui.

 

Il pomeriggio seguente.

 Alice impegnata a stendere il multicolore bucato in terrazzo. 

L'aria fresca per la pioggia di ieri, quasi voleva delicatamente scusare la pallida presenza di sole.

il diabolico marchingegno dai più,chiamato asciugatrice, non le andava proprio a genio, quindi alla vecchia maniera incorniciò uno spicchio di cielo, che le sembrò suo.

Il bianco delle lenzuola dava un tono casto alle prime ore del pomeriggio, la biancheria colorata, come uno sciame vivace si rincorreva, da una molletta all'altra. 

l'aroma di Marsiglia, dava al suo agire qualcosa di antico e operoso, si immaginò lavandaia, le mani, il sapone, i fiumiciattoli, il verde intorno; rossa in volto per la fatica ma al contempo ristorata dal fresco dei vestiti bagnati, dal loro profumo, bucolica metropolitana. 

"è davvero un gran peccato che i newyorkesi abbiano perso quest'abitudine" considerò seduta sulla sdraio: "quante cose conoscerebbero di loro stessi, delle proprie radici, quello che mi aspetta è una vita lontana dalle azioni più semplici. chissà come potrebbe esser stato vivere sapendo di dover lavare a mano i miei abiti, non poterlo fare in casa, e infatti il farlo in casa cambia tutto il concetto del luogo d'appartenenza dei luoghi, lavare gli abiti con altra gente, come le saune turche, uomini che si lavano con altri uomini, i simposi dell'antica grecia, le saune in Giappone, dove fra il gelo e i fiori di ciliegio, donne e uomini si rilasando assieme, godendo del tepore dei vapori." guardò le lenzuola divenire vele. 

si sporse dal davanzale, controllò passivamente lo snodarsi della vita. 

si perdeva in sguardi fugaci quì e la, gruppi di giovanissime vestite tutte di nero, uomini e donne, uomini anziani, quelli in tailleur, passeggini, quelli col cane al guinzaglio, chi al telefono, chi ascoltava musica, colori, espressioni, tutto perfettamente amalgamato, e nel magma variopinto intravide Ryuzaki che, dall'angolo si dirigeva a passo paziente verso il suo palazzo; si accucciò sperando che la meta fosse proprio il suo portone; quindi con il sedere sulle mattonelle, silente aspettò. 

Dopo una decina di secondi il telefono squillava: "signorina, la sta aspettando il ragazzo della settimana scorsa, dice di dirle che lei sapeva che stesse arrivando, quindi è pregata di scendere." il messaggio dalla sgarbata galanteria del moro fece credere ad Alice che una bugia e l'intuizione di Bruce fossero la miglior scappatoia a quella situazione: "sono Justine, Alice non è in casa, pensavo l'avessi vista uscire." 

 "Mi perdoni signorina Summers, l'ho scambiata per la sua amica, si l'ho vista uscire, ma la persona che ho davanti mi ha chiesto ugualmente di chiamarla." concluse il complice.

"le suggerisco di lasciare un messaggio." disse poi Bruce rivolgendo l'iride nera alla scapigliata testa che aveva davanti.

mentre le affusolate dita di Ryuzaki si muovevano sul bianco del foglio Bruce rimase come incantato; scrutava scettico quel groviglio di stranezza, scrutava curioso di sapere quale fosse stato il contatto fra lui e lei. 

Alice tremante era di nuovo appostata in terrazzo, lo vide allontanarsi, si fiondò sul telefono 

"Bruce c'è qualche messaggio per me?"

"O signore dammi la forza." sussurro ridendo dall'altra parte del filo.

 " Mi scusi anticipatamente per ciò che sto per dirle, ma se desiderava delle notizie perché non è scesa a prenderle?"il sarcasmo ilare e distaccato di un volto noto e una vita anonima; 

Alice con un lungo silenzio passò parola. 

"c'è un pacchetto ad attenderla."

"ok, scendo."

Nello scendere i piani con l'ascensore la giovane donna simulava perfetta serenità ma avvertiva distintamente il sapore di un dono prezioso; di nuovo bambina corse per l'enfasi di una coccarda. 

Un cd, George Gershwin, i grattacieli di Manhattan in copertina, due biglietti per un tributo, un recapito telefonico"

che strano contenuto per un presente, era un qualcosa che lei amava, Gershwin, era il luogo dove si erano incontrari: Manhattan, era la promessa di un nuovo incontro, e la libertà di poterlo cercare, quasi le sembrava un kit salvavita emotivo;  quindi ebbe l'impressione che tutte le componenti a lei destinate, fossero in realtà indizi; perchè lui le aveva lasciato un pacco? e sopratutto la settimana di completo silenzio?

fissò il telefono pronta a cedere, seppur consapevole di dover far passare un’altra oretta, Ryuzaki avrebbe capito subito il piccolo complotto. 

Si attaccò agli stimoli del salotto, sfogliò riviste, si diede allo zapping, un gelato, una sigaretta, un paio di minuti di storia sul canale sette e due di soap sul due, cinque di talk show, uno di pubblicità. Quell'attesa era terribile come un prurito e stuzzicante come una carezza. 

Attenta compose il numero, la cornetta si faceva sempre più fredda rispetto alla mano; uno squillo; il battito del suo cuore;  due squilli, ora si distingueva dagli altri rumori nella stanza; il terzo.

In lei si faceva spazio la tentazione di riattaccare. 

Lo scricchiolio della serratura indicò l'arrivo di un nuovo rumore e di Justine, Alice si girò di scatto spaventata.

il quarto squillo.

"pronto?" rispose un anziano accento finemente inglese, mentre Alice gesticolava a Justine l'importanza della telefonata.

"salve, stavo cercando Ryuzaki." pigolò titubante.

Justine sprofondò sulla poltrona e gesticolando giocò a prevedere il futuro nel portacenere.

"certamente, glielo passo." un velo di britannica formalità.

"sì?"

"Ryuzaki?" la voce tradì lo scompiglio mentre Justine si fermò. 

"Alice." fece lui perplesso  "sono contento che tu mi abbia chiamato. A dir la verità supponevo tutt'altro, pensavo non volessi parlarmi, perchè non ha molto senso dire che non si è a casa per non sapere quello che ho da dire e poi telefonare dopo un ora."

Alice si sentiva bollata; "come ha fatto a capire?" ma rimase in ascolto, silenziosa. 

"allora ti è piaciuto, Alice?"

"cosa?"

"il pacchetto che ti ho lasciato."

"già, non ci stavo pensando,comunque moltissimo." lei sorrise. 

"da ciò ne deduco che accetti?"

Alice lo tenne per una manciata di secondi in attesa, nei quali Ryuzaki poté scoprire l'impazienza, una piccola parte di lui, si rivolse indisciplinata ad un ente superiore e sconosciuto.

"credo proprio di si;  solo non c'è scritto né il giorno né l'ora."

La voce profonda rise, "Perdonami, i biglietti che hai non sono gli originali ma ottime copie, cui ho fatto togliere data, perché mi chiamassi."

" malieu." disse lei, lui dall'altro capo sorrise, guardando come sapevano evolversi le emozioni, tutto in quella voce telefonica era Alice, tranne che la sua immagine, reazioni reciproche di gradimento e insofferenza non erano trasmesse che da un onda di suono nella cornetta, il suo respirare, le pieghe dei suoi toni di voce erano i soli veicoli di tutte le altre emozioni che avrebbe desiderato toccare.

"il concerto è stasera, alle 9. 30" riprese.

"va bene."

"vuoi che ti venga a prendere?"

"si."

“ un ora prima come l'altra volta?"

"si"

 La cornetta di Ryuzaki s' abbassò repentina.

Quillsh diresse uno sguardo verso il giovane che esprimeva un altro nuovo sentimento fissando l'aggeggio bianco.

“ ho provveduto che questo numero di telefono abbia quattro livelli di codifica. Ho ritenuto che per una conversazione comune siano più che sufficienti; in qualunque caso, questo numero ce l’ha soltanto lei.” si giustificò senza richiesta.

“sì, credo che possa andare.” Asserì l’anziano soddisfatto.

 

  
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