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Autore: Minnow19    07/12/2011    7 recensioni
"Avevo diciotto anni, lui anche. Eravamo giovani, ingenui. Lui beh, diciamo che non era il prototipo del ragazzo perfetto. Sfuggente, impegnato, spesso fuori città. Era un musicista. Eravamo migliori amici da quando eravamo piccoli, con lui ero cresciuta. Lui era l’amico a cui potevo dire tutto, quello da cui mi rifugiavo quando avevo il cuore spezzato, quello che mi proteggeva, quello che in un modo o nell’altro era sempre al mio fianco.
Lui era il mio tutto.
Una sera, andammo ad una festa.
“Sei il mio tutto, lo sai Styles, vero?”
“Ah sì? Beh, non poteva essere altrimenti.”
Mi sorrise, e ci guardammo negli occhi.
*Dedicata alla Chariot. Sei la migliore amica del mondo*
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Harry and Chariot

Chariot/Harry


Alla mia Chariot, la migliore amica del mondo. Grazie per esistere, per essere così come sei. Sei meravigliosa. 

 

Ero ai fornelli, intenta a preparare il pranzo. Stavo gettando la pasta nella pentola piena d’acqua bollente, quando sentii la porta della veranda che si sbatteva violentemente, e vidi mia figlia Sophie entrare in casa furiosa.
“E’ uno stronzo! Lo odio!” urlò quasi come se stesse parlando a se stessa.
Entrò a passo deciso in cucina, e si sedette al tavolo torturandosi le pellicine dell’indice della mano destra. Si mangiucchiava le unghie continuamente, tanto che lo smalto che le mettevo con pazienza finiva con lo scrostarsi in pochi giorni. Sophie aveva diciassette anni, e mi ricordava terribilmente me da giovane. Mi faceva paura guardarla a volte, mi sentivo addosso tutti gli anni che avevo. Aveva i capelli biondi, lisci e setosi, il viso ovale con poche lentiggini, la bocca sottile, il labbro inferiore leggermente pronunciato. Solo gli occhi non erano i miei. I suoi occhi erano azzurri, quasi color ghiaccio. Profondi e misteriosi, aggiungerei.
Sophie era seduta davanti a me, con uno sguardo triste, docile, spaventato, ma allo stesso tempo deciso e scontroso. Aveva le gambe incrociate nel grembo, i capelli raccolti in una crocchia, il trucco sbavato, ma a me sembrava comunque bellissima.
“Ciao tesoro” la salutai, sedendomi accanto a lei.
“Ho litigato con Tom.” Cominciò lei, per sfogarsi.
“Immaginavo..” risposi io, inumidendo un tovagliolo con un po’ d’acqua, e tentando di lavarle un po’ il viso, rigato da lunghe scie di mascara e matita nera.
“Non lo voglio più vedere! Questa volta è finita davvero!”
Mi sembrava di averla già sentita quella storia. Milioni di volte.
I ricordi erano potenti, erano ancora in grado di trascinarmi via dal presente. Ero pronta a ritornare nei panni di una diciottenne, a immergermi nuovamente in quel vortice pericoloso.
“Sai, una volta anche io sono entrata a casa mia in questo modo. E anche allora mia madre, come me oggi, mi ha ascoltato. Ma io posso fare di meglio. Vuoi sentire una storia?”
La vidi annuire leggermente.
Poi aggiunse: “Tutto pur di non pensare a quell’idiota.”
“Bene, cominciamo.
Avevo diciotto anni, lui anche. Eravamo giovani, ingenui. Lui beh, diciamo che non era il prototipo del ragazzo perfetto. Sfuggente, impegnato, spesso fuori città. Era un musicista. Eravamo migliori amici da quando eravamo piccoli, con lui ero cresciuta. Lui era l’amico a cui potevo dire tutto, quello da cui mi rifugiavo quando avevo il cuore spezzato, quello che mi proteggeva, quello che in un modo o nell’altro era sempre al mio fianco.
Lui era il mio tutto.
Una sera, andammo ad una festa.

“Sei il mio tutto, lo sai Styles, vero?”
“Ah sì? Beh, non poteva essere altrimenti.”
Mi sorrise, e ci guardammo negli occhi.
“Cosa vuoi da bere?” mi domandò il bar man sorridendo.
“Havana Cola, grazie.” risposi senza pensarci.
“Ehi vacci piano con quella roba, lo sai come va a finire.” Sussurrò lui, come per farsi sentire solo da me.
“Oh, smettila! Non ero ubriaca.” Risposi. Ogni volta che dovevo bere qualcosa, tirava fuori quella vecchia storia. Secondo lui, ad una vecchia festa mi ero ubriacata. Ecco perché mi ero seduta su un tavolo a fissare il vuoto per un’ora. Non capiva che volevo solo stare un po’ tranquilla. Credo..
“Sì che lo eri, smettila di negarlo.”
“Basta!! Non hai di meglio da fare?”
“Fammici pensare.. NO!”
Presi il mio bicchiere e lo buttai giù in un sorso. Mi leccai le labbra e lo guardai soddisfatta.
“Visto? Sono ancora in piedi, no?”
“Per ora.”
Lo presi per mano e cominciammo a ballare come sempre. Scatenarsi alle feste era sempre stato il nostro forte. Perché quando eravamo assieme, portavamo con noi la vera festa.
Non ricordo bene come successe, forse bevemmo troppo, complici le luci psichedeliche, fatto sta che qualche ora dopo ci trovammo più vicini del solito. Sentivo il suo respiro sulla lingua, il suo naso sfiorava il mio.
Non so chi fece il primo passo, ma in pochi secondi le sue labbra si trovarono incollate alle mie, le mie mani si muovevano freneticamente tra i suoi capelli, nel tentativo di avvicinarlo a me, alla ricerca di quel contatto che mai avevamo sperimentato. Nessuno dei due riusciva ad allontanarsi dall’altro, e sentii il mio cuore battere all’impazzata dentro il mio petto. Provai una strana sensazione nel mio stomaco. Come se scoppiassero i fuochi d’artificio, sentivo uno strano calore. Mi sentii leggera, come se potessi volare nel cielo.
Capii che non sarei mai potuta tornare indietro dopo quel salto nel vuoto, che tutto sarebbe cambiato.
Mi allontanai da lui per riprendere fiato e ci guardammo negli occhi.
Nel suo sguardo vedevo paura, timore, insicurezza, ma anche affetto, ardore, e soprattutto incertezza. Vedevo ciò che lui vedeva riflesso nei miei occhi.
Ci guardammo a lungo, per non so quanto tempo, ma a me sembrò un’infinità. Come il ferro con un magnete, non riuscivamo a distogliere lo sguardo dall’altro, quasi non battevo ciglio.
“Io..” tentai di parlare, ma le parole mi morirono in gola.
“Scusa” mi anticipò lui.
Si voltò e se ne andò, lasciandomi sola.
Sola.

Tornai a casa a piedi da quella festa. Ogni singolo passo che facevo versavo una lacrima, ogni movimento portava ad una crepa in più nel mio cuore. Quella notte pioveva mentre tornavo a casa mia. Ero fradicia, ma poco mi importava che i vestiti si rovinassero. Con nervosismo sciolsi i capelli, che erano raccolti in una treccia fastidiosa, e lasciai che mi si appiccicassero al viso. Finii con i piedi dentro un’infinità di pozzanghere ma non ci feci caso, le scarpe si riempirono d’acqua, ma non riuscivo a fermarmi.
Arrivata davanti alla porta di casa, rimasi fuori, a fissare la maniglia per un’eternità. Sperando anche che lui arrivasse dietro di me e mi coprisse gli occhi con le mani, come era solito fare. Aspettai invano. Mi accasciai sugli scalini della veranda, scossa dai singhiozzi. Non capivo ancora tutto quel dolore che provavo, non riuscivo a sopportare l’idea di quel rifiuto. Speravo tanto che tornasse, che mi abbracciasse e mi promettesse che tutto sarebbe tornato come prima.
Ma sapevo che nulla sarebbe mai potuto tornare com’era dopo quello che era successo.
Mi alzai e tirai fuori le chiavi dalla borsetta, infilai quella giusta nella serratura, che poi sentii scattare.
Entrai in casa silenziosamente, i miei erano già a letto da un pezzo. Sfilai le scarpe dai piedi e salii le scale in punta di piedi per non svegliare nessuno. Entrai in camera mia, e cominciai a spogliarmi. In pochi secondi il vestito fu sul pavimento, assieme a tutto il resto. Sebbene fosse tremendamente tardi mi feci una doccia veloce, non mi piaceva la sensazione di tutta quella pioggia addosso.
Mentre l’acqua scivolava leggera sulla mia pelle, sperai con tutta me stessa che quella serata potesse andarsene come quell’acqua che vedevo percorrere il mio corpo. Eppure i ricordi erano ancora lì, indelebili, sembrava non volessero andarsene. Più cercavo di dimenticare, più quelli si facevano vivi nella mia mente. Chiusi l’acqua e mi avvolsi nell’accappatoio. Sfregai i capelli con l’asciugamano per toglierci un minimo di umidità, e poi mi misi addosso un paio di pantaloni della tuta che trovai sul pavimento e una canottiera. Cominciai a camminare nervosa su e giù per la stanza, il mio corpo non dava segni di stanchezza, e ben presto capii che avrei passato la notte insonne.
Mi sedetti sul letto, e mi voltai verso la finestra, che dava sul giardino. Ogni singola cosa che vidi, mi ricordò lui. Provai a chiudere gli occhi, ma il suo viso era sempre lì, incancellabile.
Afferrai l’i-pod dal comodino e mi diedi alla lettura di un libro, ma dopo diversi minuti mi accorsi di leggere la stessa frase dopo circa 150 tentativi, senza capire nulla della storia. Non riuscendo a dormire, presi un quaderno e una matita, e cominciai a fare un disegno. Mi era sempre piaciuto disegnare, e solitamente ero anche brava. Cominciai a fare un ritratto al mio piccolo orsetto di peluche, poggiato sul letto vicino a me, Mr. Lulo. Gettai il mio blocco sul pavimento appena notai che gli occhi dell’orsetto disegnati sulla carta stavano diventando quelli di Harry.
Fantastico, pensai. Persino l’orso sembrava Harry.
Mi rassegnai a passare la notte più lunga della mia vita quando sentii degli strani rumori provenienti dal giardino. Presi paura.
Toc, toc, toc. Sembrava la grandine quando sbatteva sui vetri, solo più leggera. Mi avvicinai alla finestra che dava sul terrazzo e guardai fuori.

Lui era lì.
Afferrai una camicia che era gettata sul pavimento, infilai un paio di Ugg ai piedi e aprii il balcone per uscire. Saliva sempre in camera mia arrampicandosi su per la grondaia. Non feci a tempo a chiedermi se l’avrebbe fatto, che cominciò a salire. Era strano però, sembrava più scoordinato del solito. Non ci misi molto a capirne il motivo. Doveva aver bevuto ancora e ancora. Quasi scivolò, così gli allungai la mano, e con enorme fatica lo aiutai ad entrare in camera mia.
Era ubriaco fradicio.
“Scusa!! Scusa!! MI DISPIACE CHARIOT!! SCUSAMI!!” aveva cominciato ad urlare.
“Taci idiota, o sveglierai i miei!! Shhh!!”
Lo vidi portarsi un dito davanti alla bocca e mormorare una specie di ‘Shhh’ ridacchiando senza un vero motivo.
Non era per niente lucido. Era totalmente ubriaco e non si reggeva neanche in piedi. Era strano vederlo in quello stato, non l’avevo mai visto ridotto così.
“Chariot, mi viene da vomitare”
Non fece in tempo a pronunciare quelle parole che lo portai di corsa in bagno e lo vidi chinarsi verso il water e svuotare lo stomaco in pochi secondi. Aveva il viso tutto sudato, i capelli gli si erano appiccicati sulla fronte e aveva lo sguardo malinconico, infelice.
“Mi.. mi dispiace..” Sussurrò con voce rauca per poi vomitare di nuovo, un’altra volta. Riempii un bicchiere d’acqua e glielo porsi così che si sciacquasse la bocca.
“Non preoccuparti.. Lo sai che ci sono sempre, no?” Già. Povera scema che si era innamorata del suo migliore amico e lo seguiva ovunque come un cagnolino.
“Non intendevo per questo” disse indicandosi. “Cioè.. anche.. Ma.. Scusami. Per prima ecco. Mi dispiace. Non dovevo lasciarti lì così dopo quello che ho fatto.”
“Non preoccuparti, possiamo fare finta che non sia successo e..”
“Non posso fare finta che non sia successo Chariot..” mi interruppe guardandomi dritto negli occhi. Mi penetrò con quel suo sguardo di ghiaccio, mi sentii come inchiodata al muro, navigavo nel verde dei suoi occhi, mi perdevo in essi, osservando estasiata le piccole pagliuzze grigiastre che galleggiavano su quel mare verde e cristallino.
Non riuscì a finire di parlare perché girò la testa di scatto e vomitò di nuovo. Ancora e ancora. Era esausto. La sua fronte era imperlata di sudore. Gli tirai indietro i capelli, che ricadevano sul suo bel viso, e rimasi lì ad aspettare che finisse. Dopo qualche minuto, si alzò da terra barcollante. Lo aiutai a sciacquarsi il viso, gli diedi un altro bicchiere d’acqua e poi gli diedi una mano per farlo cambiare, era fradicio. Presi un paio di pantaloni della tuta e una felpa di mio padre e lui li indossò al volo. Lo accompagnai fino al mio letto.
“Dormi qui, io mi sistemo per terra.” sospirai rassegnata.
“No, stai con me!!” Harry mi prese per un braccio e mi immobilizzò nella sua forte stretta. Mi strinse al suo petto. Mormorò qualche parola, riconobbi a malapena un ‘Mi dispiace tanto’, e poi si addormentò. Cullata dal battito del suo cuore, che stava lentamente ritornando regolare, mi abbandonai al sonno.

*

La mattina seguente mi svegliai presto. Non so come, mi liberai dall’abbraccio di Harry, che non mi aveva mollato un attimo, e andai in bagno a lavarmi i denti. Scesi a fare colazione, la casa era deserta, i miei dovevano essere usciti. Presi una tazza di tea fumante e dei biscotti, e uscii in veranda. Mi sedetti su un divanetto e cominciai a sfogliare il quotidiano che aveva appena portato il postino, sebbene non riuscissi a concentrarmi totalmente. Inzuppai un biscotto nel tea e lo avvicinai alla bocca per mangiarlo.
Tra quanto cavolo si sveglierà? Mi chiesi. Dovevamo ancora parlare. Stupida, stupida Chariot. Perché cavolo l’hai baciato?! Dicevo tra me e me, nervosamente.

Avevo rovinato tutto. La nostra bellissima amicizia, tutto quello che avevamo condiviso era gettato via per sempre. Ma quanto ero idiota? L'aria mattutina cominciò a farsi più pungente del solito e così mi strinsi nella mia camicia di flanella, mentre sulla mia pelle si formavano i brividi. Ero vestita troppo leggera, ma non era proprio una novità.
Non dovetti aspettare molto, Harry scese poco dopo interrompendo i miei pensieri contorti. Aveva i capelli arruffati, gli occhi solcati da occhiaie scure ed evidenti, del dentifricio sul naso e un colorito un po’ pallido, ma ai miei occhi restava sempre meraviglioso. Arrivava dalla cucina stringendo tra le mani un altro pacchetto di biscotti e il cartone del latte. Posò tutto sul tavolino e si sedette accanto a me, stranamente silenzioso. Il mio cuore cominciò a battere all’impazzata.
“Dobbiamo parlare, lo sai?” pronunciò quelle quattro parole velocemente, e abbassò lo sguardo con rassegnazione.
“Senti.. lo so bene che quello che è successo potrebbe rovinare tutto. Possiamo tranquillamente far finta che non sia successo e..”
“Fammi un favore, chiudi la bocca!” esclamò lui spazientito. Tacqui basita. Mai, e dico mai, Harry mi era sembrato così nervoso. Lui era sempre stato quello che non si faceva problemi a scaricare una ragazza, era sempre stato sincero con me, mi aveva sempre detto quello che pensava. Non capivo il motivo del suo comportamento.
“Io.. Non posso fare finta che non sia successo..” buttò lì, come se niente fosse.
“Harry, io..”
“No! Tu stai zitta e mi fai finire, perché sennò non riuscirò mai a concludere questo stupido e imbarazzante discorso.”
“O-Ok..” risposi titubante per poi tacere.
“Chariot, tu.. Tu ci sei sempre stata. Quando da bambini cadevo e mi sbucciavo un ginocchio, tu eri sempre lì che mi bendavi e mi riempivi di cerottini colorati. Quando qualcuno mi spezzava il cuore tu eri lì a rimettere assieme i pezzi. Quando ero malato, eri l’unica che veniva a casa mia e litigava con mia madre per vedermi. Quando non studiavo per le verifiche tu eri sempre pronta a suggerirmi tutto. Non c’è un momento, in tutta la mia vita, in cui io non mi ricordi di te. Ci sei sempre stata, sempre.
La tua presenza è sempre stata fondamentale, l’ho spesso data per scontata, anche se non avrei dovuto farlo. Mi sento un po’ stupido a dirtelo così, quando pensavo a come dirtelo non ero di certo reduce da una sbornia colossale. Ma tu sei tutto ciò che vedo. Sei l’unica che voglio vedere sempre, quando sono felice e quando sono triste. Quando sono un vincente e quando sono un perdente. Sei l’unica a cui posso dire qualsiasi cosa. Sei parte di me praticamente da sempre, e io non sono più in grado di immaginarmi senza di te. Chiudo gli occhi, e tu sei subito lì, con il tuo bel sorriso e i tuoi occhi scuri. Sei l’unica persona al mondo con cui voglio condividere la felicità e la tristezza.
Ieri sera.. ti ho baciato è vero. Ma non l’ho fatto perché ero ubriaco, l’ho fatto perché volevo farlo, perché sento il ridicolo bisogno di starti accanto in ogni modo possibile. Ho bisogno che tu sia mia e di nessun altro. Non potrei amarti più di così. Io ti amo Chariot. Mi sono innamorato della mia migliore amica. Non hai idea di quante volte me lo sia rimproverato, di quante volte abbia cercato di fare finta di niente. Ma non ce la faccio, io.. ti amo. Ecco, l’ho detto.”
Era paonazzo in viso, agitava le mani nervosamente, per poi arricciarsi una ciocca di capelli tra le dita. Era bello, dio, se era bello. E stava dicendo quelle cose a me. Io che credevo di non interessargli, io che mi ero data della stupida per essermi innamorata di lui.
“Io sono.. senza parole.” Non sapevo bene che altro dire. Le parole vorticavano nella mia mente, in modo confuso, non riuscivo a costruire frasi di senso compiuto. La sua presenza mi dava alla testa.
“Senti.. lo sapevo ok? L’ho sempre saputo di aver fatto una cazzata ad innamorarmi di te, quindi non serve che tu dica niente, cercherò di starti accanto come prima, ok? Mi basta solo che tu non mi lasci solo. Posso gestirlo e..”
“Styles?” lo interruppi sorridendo. Perché diamine doveva essere così stupido?
“Mmh?” rispose lui alzando lo sguardo.
“Ti hanno ma detto quanto sei coglione?” alla faccia del romanticismo.
“A volte.. ma non vedo come questo possa..”
Non gli lasciai il tempo di finire. Annullai la distanza che c’era tra di noi posando le mie labbra sulle sue, ponendo fine a quel tormento. Con il cuore che batteva a mille gli sfiorai i capelli e lo strinsi a me, decisa a non lasciarmelo scappare. Mi allontanai poco dopo, per riprendere fiato.
“Allora, di’, ti basta come risposta?” domandai sorridendo sulle sue labbra.
“Mmh, insomma, forse ho bisogno di qualche altro bacio.. Sai, per esserne proprio sicuro..” Era e sarebbe stato sempre il solito.
“Quanto sei scemo!” risposi prima di baciarlo di nuovo.
“Ah, Styles?” aggiunsi. Mi fissò attentamente. Avrei giurato di aver sentito il mio cuore fermarsi nel momento in cui i suoi occhi brillanti incrociarono i miei.
“Ti amo anch’io.”
Fu semplice, mi domandai perché non glielo avessi detto prima. Il modo in cui mi guardò quando capì ciò che gli avevo detto, il modo in cui mi prese tra le braccia e mi fece volteggiare in giardino, il modo in cui mi ripeté di amarmi sopra ogni cosa. Tutto mi faceva capire che in fondo anche lui era l’unica cosa che io ero in grado di vedere.

Sophie mi guardava sognante.
“Oh mamma!! Perché non me l’hai mai raccontato!! È una storia bellissima!! Non sapevo che papà fosse il tuo migliore amico! Non avete mai litigato da allora?”
“Scherzi?! I litigi erano all’ordine del giorno, ma proprio perché ci amavamo tanto, riuscivamo a fare sempre pace. Sempre e comunque. Siamo arrivati a non parlarci per mesi, ma c’eravamo sempre l’uno per l’altro.”
Suonò il campanello. Aprii immediatamente, sapevo già chi era.
“Sai, credo che chiamerò Tom. Forse una seconda chance se la merita.” Si pronunciò Sophie, per poi volatilizzarsi in camera sua. Cominciai a scolare la pasta, che era pronta, e la misi nei piatti con del sugo. Stavo per girarmi quando due mani mi presero per i fianchi, e sentii le sue labbra morbide che mi baciavano il collo. Brividi. Solo brividi.
“Ben tornato!!” esclamai felice.
“Ciao amore! Mi sei mancata..” disse lui, mostrandomi il suo meraviglioso sorriso, completo di quelle adorabili fossette che lo facevano sembrare ancora un ragazzino.
“Com’è andato il sound check?”
“Bene, non vediamo l’ora che arrivi domani sera, sarà un concerto bellissimo!”
“Ne sono certa!”
“Vieni?”
“Me ne sono mai persa uno?”
Lo vidi sorridere­. Mi inchiodò al muro con il suo sguardo, che aveva lo stesso colore dell’oceano.
Sei tutto ciò che vedo.
E finalmente, lo baciai nuovamente.

Tomlinson's Carrot

Buona sera, buona sera a tutte. Eccomi con una nuova shot. In questi giorni scrivo tantissimo, sappiate che sono piena di idee!! Il mio unico problema, chi mi conosce lo sa, è che inizio un sacco di cose ma quelle che concludo sono poche, ecco perché per ora mi dedico solo alle shot, anche se muoio dalla voglia di scrivere una bella long. Come dicono? Chi vivrà vedrà? Boh.
Torniamo a noi. Questa shot farà venire il diabete da quanto è dolce!! Mi scuso se vi siete sentite male durante la lettura, vi pagherò io i farmaci (?). Ok, scleri a parte, per la prima volta devo dire che sono abbastanza contenta di questa shot. Non mi dispiace, ecco:)
Come avete letto su, è dedicata alla mia migliore amica, nonchè famosa moglie di Harry Styles (?), la Chariot ovvero @Charliee_e su twitter.

Sei la persona migliore che conosca, ci sei sempre per me, sei lì che mi consigli, mi sgridi, mi prendi a cazzotti quando serve, mi fai capire cos'è giusto o cosa non lo è. Sei una sorella. Litighiamo, abbiamo idee diverse su TUTTO, ma ci vogliamo lo stesso un mondo di bene. Ti voglio bene, davvero.
Un applauso va ovviamente fatto anche ai One Direction, una delle poche cose che ci accumunano. E a Harry Styles, il primo che ti ha fatto letteralmente perdere la testa, Chariot:)

Ok, dopo questo luuuungo poema che ai lettori probabilmente non interessa voglio specificare una cosa. Mi hanno fatto notare che c'è una storia di Agata dove la protagonista si chiama Charlotte, detta Chariot. Volevo solo dire che l'idea non è copiata, ma io chiamo davvero la mia amica Chariot, non so, chiedete a lei per conferma. Insomma, dato che già una volta mi è arrivata una recensione dove una ragazza mi ha detto di aver copiato una storia di Agata (anche se non era vero), ci tenevo a specificare.
Detto ciò mi dileguo, che a voi di sicuro non interessa sto poema.

Un ringraziamento speciale a Sarah, Mari, Becky e Andreea! Siete belle ragazze, sappiatelo:) Non vedo l'ora che arrivi giugno!
Spero vi sia piaciuta la storia, se vi va, recensite!

Un bacione a tutti!!
Juls

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P.S. IL BANNER E' STATO FATTO DA QUELLA GENIACCIA DI SARAH, ALIAS DEMSMUFFIN. TI VOGLIO BENE AMORE :) SEI BELLAAA <3
   
 
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