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Autore: Natalja_Aljona    08/12/2011    3 recensioni
Un ragazzo bello, tanto, un ladruncolo di libri e di cuori, sempre in giro col suo motorino e i suoi sogni, un teppistello che alla galera ci è abituato, ma innamorato, parrebbe.
Una ragazzina bionda e spettinata, una piccina di periferia, che il fumo e la polvere delle strade dissestate li respira tutti i giorni, ma con i suoi stivaletti di pelle blu arriva lontano, raggiunge anche lui.
Il pirata greco e la biondina slava, il filibustiere e la rivoluzionaria, l'antieroe e la sfuggente.
Poi c'è la banda degli ungheresi, mezzi matti e con la musica nell'anima, c'è un cugino chitarrista varsaviano fino allo sputo, c'è un amico bocciato sei volte e mezzo, e nonostante tutto dannatamente straordinario, c'è una bambina che ci prova, a far ragionare tutti quanti, e un po' ci riesce un po' alza gli occhi al cielo.
C'è il nonno rapinatore più patriottico che si possa immaginare e una madre ch'è la regina dei biscotti, ce ne sono, di storie da raccontare.
Tra assurdità e tenerezze, bande e promesse, ribellioni e batticuori, vizi e sorrisi, Grecia e Russia Siberiana, i ragazzi di Ali in gabbia, occhi selvaggi.
Dal tetralogo di Jànos Desztor:
1 - Natal'ja è bella, da morire, anche se non ha seno.
A lei sta bene così, e se il Greco fa problemi gli spacco la chitarra sulla testolina, promesso.
2 - E' bionda, tanto, e son belli, i suoi capelli, anche se temo che non se li sia mai tagliati in vita sua.
E vabbé, al massimo ci inciamperà, il Greco. Capita.
3 - Il vestito bianco le sta d'incanto, davvero.
Sarà l'unico buono che ha, ma con quello è favolosa, lo giuro sulla mia Fender.
4 - Non ci vuole molto per farla sorridere, my backstreet girl.
Certo, il Greco è un bastardo, me ne rendo conto, ma le cose sono straordinariamente semplici:
Se lei smette di ridere lo carbonizzo.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Lei coi capelli di sole sommersi

Io in mezzo ai mari che corsi

Lei sotto i suoi cieli inversi

(Due Universi, Claudio Baglioni)


Sparta, 16 Settembre 2011


Si svegliò presto, quel 16 Settembre, George.

Il suo ultimo giorno di sospensione gli si era bruciato tra le mani, e c'era ancora da cercare i libri sotto il letto, lasciar l'Iliade sul comodino, seppur con una fitta al cuore, e togliere quella benedetta scodella di yogurt greco dal casco del motorino.

Si svegliò ch'era ancora notte, per la verità.

Sbuffando si alzò, s'infilò la camicia al contrario sul pigiama e gli occhiali da sole -effetto della disastrosa miopia notturna, o follia relativamente momentanea-, finì lo yogurt greco, inciampò nell'Iliade, dopodiché uscì.

Appena uscito raggiunse, decisamente più pimpante, il motorino,e prima di salirvi riuscì a farselo cadere su un piede per ben due volte, poi si accorse d'aver lasciato le chiavi sotto il cuscino e sospirò, scrollando le spalle.

Dopo uno sbadiglio e l'essersi, chissà come, infilato il casco in un occhio, decise d'avviarsi dai Dounas a piedi.

Non era esattamente uno di quegli orari in cui ci si poteva presentare sotto casa altrui senza essere ghigliottinato, ma George nutriva discrete speranze nella famiglia in questione.


Theodorakis non era stato sospeso -non ancora, perlomeno, e rischiando la settima bocciatura gli conveniva poco-, ma giusto per non farlo andare da solo a Micene, magari col rischio di sbriciolarsi in moto contro la tomba d'Atreo, aveva rinunciato all'interrogazione di filosofia.

A Micene non c'era mai molto da fare: solo polvere, rovine, storia e leggenda.
S'era conservata meglio di Sparta, la città d'Agamennone, questo aveva dovuto riconoscerlo a malincuore, Gee.

Di Sparta, ormai, eran rimaste solo le cicatrici.

A lui non importava, non per davvero: negli occhi George aveva la città ch'era stata, anche quando metteva gli occhiali.

A Brian George, il ragazzino Iliade - dipendente, poteva anche non credere nessuno, ma lui credeva in quello che voleva.

Credeva in Sparta, credeva in Natal'ja.
Credeva nel suo motorino, maledettamente, anche quando lasciava le chiavi sotto il cuscino e doveva rubar la bicicletta a Tìa.

Credeva anche in lei, tanto.

A Theodorakis, che davvero non poteva lasciarlo in banco da solo, l'anno seguente.

Anche a costo di farsi biondo e offrirsi in filosofia al posto suo, o di tradurgli Tucidide per tutta la notte, Dounas doveva passare l'anno.


-Theo! Tìa!-

Brian George sorrise, ravviandosi i capelli.

I suoi amici non avevano ancora dato segno di vita, ma presto gli avrebbero risposto.

-Tìa! Theo!-

-Disgraziato!-

-Delinquente!-

Il sorriso scomparve.

Il ragazzo fece tre passi indietro, non si poteva mai sapere.

Era notte fonda, era Sparta.

Era il grande Geórgos Zemekis, lui, ma nel buio avrebbero potuto scambiarlo per un pivello qualsiasi, e i compari di suo nonno non erano esattamente dei bravi ragazzi, specialmente a quell'ora.

-Per Zeus, chi grida a quest'ora?-

Certo, George se ne rendeva conto: non era esattamente nelle condizioni di poter avanzare, neanche soltanto formulare, una lamentela del genere, ma del resto era lui.

Gli altri, in genere, avevano due opzioni: o si rassegnavano, o gli tiravano qualcosa in testa.

I Dounas, altrettanto in genere, per quanto bene volessero all'originale nipote di Leonida, avevano una particolare predilizione per la seconda.

-Tìa, io glieli lancio! Glieli lancio, punto!-

-Papà, no! Voglio dire, è sia un disgraziato che un delinquente, Gee... Ma gli stivali di mamma no, che ha appena sostituito i tacchi!-

George perse circa due dita di colore e quasi tutta la baldanza, alla vista di Meletis Dounas, biondissimo e trentasettenne padre di famiglia, uno dei più inneggiati e temuti eroi della banda.

-Mel, mi serve tua figlia... Non è che ti disturbo, vero?-

Meletis Dounas, in quel preciso momento, considerò tre elementi.

- Mel. Manco si fosse chiamato Melanie. Lui!

- Mi serve tua figlia. Mi serve un aspirapolvere l'avrebbe detto con la medesima intonazione?

- Non è che ti disturbo, vero? Disturbo. Alle tre di notte. Faceva sul serio?

-Geórgos!- ringhiò, senza cessar di sventolare gli stivali di Eiréne in direzione del giovane idiota.

Poi, improvvisamente, si calmò.

Parve riflettere su qualcosa che lo turbava particolarmente, dopodiché si guardò intorno, circospetto.

Sorrise.

-Geórgos, senti. Io te la posso anche mandare, mia figlia -Theo no, ti spennerebbe più di quanto non farei io in questo momento-, ma tu... Ce l'hai, una sigaretta per Mel, vero?-

George non aveva mai amato gli sbalzi d'umore di Meletis Dounas come in quel momento.

Però... Però...

-Ehi, Gee! Dai, ce le hai, le sigarette, no?-

Stavolta era stata Tìa a parlare, speranzosa.

Brian George Gibson non usciva mai di casa senza sigarette.

Mai.

Poteva dimenticarsi pure le scarpe, ma le sigarette no.

E allora... Allora...

-Uhm... Beh. Sigarette. Direi. Dovrei. Spererei. Ma se le avrei...-

-Gee, il congiuntivo! Al'ja ti sparerebbe, hai presente?-

-Oh, non sarebbe mica l'unica. Cioè, le avrei finite, le sigarette, io-

Dimokratìa sgranò gli occhi.

Meletis lasciò cadere gli stivali della moglie dalla finestra.

Come Eiréne non si fosse ancora svegliata, poi, non era ben chiaro a nessuno di loro.

Ma non se lo chiedevano, in quel momento.

George era il più sconvolto di tutti, forse.

-Mi... Mi dispiace! Io... Negozi aperti, ora...?-

-Te lo auguro, Geórgos!-


-Gee, non lo prendiamo, il motorino?-

-E no, Tìa, no che non lo prendiamo. Ho lasciato le chiavi sotto il cuscino, sai com'è...-

Sbarrò gli occhi, la ragazzina.

-Che, ti servono le chiavi? A te? Veramente?-

-Purtroppo sì, sciocchina-

Dimokratìa gli mollò un leggero scappellotto, guardandolo male.

-Sciocchina lo dirai alla tua cocorita, eh!-

-Eh, vedremo. Vedremo se avrò mai una cocorita, voglio dire. Tu come la chiameresti?-

Ma me lo sta chiedendo davvero?

La piccola Dounas avrebbe avuto un bell'inquietarsi, quella notte.

-Natal'ja- affermò, sorridendo.

-Natal'ja- ripeté lui, sognante.

-E' un bel nome, però. Voglio dire, anche se non ci fosse lei. Anche se noi, io non l'avessi mai conosciuta-

Gli tremava la voce, quasi, nel dar vita ad elucubrazioni notturne ancor più surreali del solito.

-Gee, se non ci fosse lei, se noi, tu non l'avessi mai conosciuta... Saresti ancora ad Atene, al Nuovo Museo dell'Acropoli, nella macchina per la restaurazione delle Cariatidi. Che poi, Dio... Come diamine t'è venuto in mente di entrarci? Cioè, già mi chiedo perché nessuno, eccetto la sottoscritta, abbia avuto il buonsenso di fermarti, però... I tuoi neuroncini ibernati si dovranno anche riprendere, prima o poi-

-Appunto. Ma volevo vedere come funzionava...da vicino-

-Signore, c'era il video! Ci sei pure andato a sbattere, se ricordi-

-Eh, ma era bello... Bello tanto. Secondo te, se Al'ja si pettinasse come una Cariatide...-

-George!-

Rideva, Dimokratìa.

Che caso disperato, e che bel caso disperato era, quel suo George!

-Ró̱ti̱sa t’astéria ti tha gínei me mas...- s'era messo a cantarellare nel frattempo, saltando sulla bicicletta di Tìa.

-Sakis?- gli domandò lei, riconoscendo le parole di Emena Thes, di Sakis Rouvas.

Lui inarcò un sopracciglio, annuendo.

-Ovviamente-

-Sai, a proposito di Rouvas... Mia zoí mazí, hai presente? E' la vostra canzone, tua e di Al'ja. Davvero!-

-La vita insieme- mormorò lui, pensieroso.

-Che bello, però...-

-Tanto tanto, Gee. Diglielo, prima o poi. Diglielo, che la vuoi sposare, che non te ne frega niente, dei suoi undici anni e dei tuoi quindici anni, degli scalmanati ungheresi, di...tante cose. Tu vivi per lei!-

-Beh. Sì, diciamo di sì. Teoricamente sì. Ma io...-

-Tu taci, adesso. Non è vero, Gee?-

Il ragazzo annuì, con un mezzo sorriso.

-Sì. Meglio così-


E adesso erano lì, in riva all'Eurota.

Tìa s'era addormentata, George guardava il fiume e non capiva, ma era bella, tanto, l'atmosfera che c'era lì.

Sfiorò con un dito i capelli della bambina, pensieroso.

Poi la strattonò un poco per una manica, illuminandosi improvvisamente.

-Tìa?-

Lei aprì gli occhi, infastidita.

-Cretino?-

-Ci verresti, in Russia con me?-




Note


Questo capitolo è per Francesca, punto.

Non faccio commenti, stavolta.

Li lascio a voi. ;)


A presto!

Marty

  
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