Frozen
Gli occhi di Nico Robin sono quanto di più diverso esista da quelli di un’altra
comune bambina. Quando Aokiji li vede per la prima volta, sono illuminati dallo
scintillio delle fiamme che ardono sulle macerie di Ohara,
lucidi e stanchi, le sopracciglia contratte e piegate su due palpebre umide di
lacrime.
Osservano il mondo straniati, la consapevolezza che si fa strada in un cervello
di bambina troppo lentamente rispetto all’intensità dell’incendio, ciò che
resta di una città ridente e laboriosa, oltre ad un lago. Un lago dove più di
mille libri galleggiano e sprofondano nelle acque, ma nessuno lo sa, nessuno che sia vivo lo sa, neanche
Robin, che improvvisamente ne porta tutto il peso sulle esili spalle infreddolite.
Sono azzurri, gli occhi di questa piccola minaccia che neppure capisce di
esserlo. Azzurri e spalancati, le pupille dilatate alla vista dell’inferno nel
quale è stata catapultata. Aokiji vi nota unicamente timore e smarrimento,
insieme ad una scintilla di speranza che, ad un bambino, come si porta via?
Quel loro fare curioso e disarmante, quella loro visione della vita, anche
quelli le sarebbero stati sottratti?
Nico Olvia è morta, e Robin lo sa.
La bambina non chiama la mamma, non implora e non urla. Raggomitolata su se
stessa geme sommessamente, scossa dal pianto.
Ci sarebbe mica qualcuno a sentirla, nel caso urlasse? Qualcuno verrebbe a
salvarla? O la ucciderebbero, un’altra supersite in meno di una popolazione che
lei non ha ancora capito cosa avesse sbagliato?
Adesso Nico Robin osserva Aokiji con i suoi occhi azzurri lucidi e illuminati
di rossastro dalle fiamme ardenti.
C’è qualcosa nello sguardo che non ha mai visto prima, che lo scruta mentre
avanza lungo la spiaggia e l’incuriosisce.
La bambina non è più spaventata, ma sembra stranamente consapevole.
La lastra creata che percorre l’oceano partendo dalla riva non la
entusiasma, ma contribuisce a creare uno squarcio nelle fiamme che costituivano
il mondo ai suoi occhi.
Improvvisamente non è più il calore dell’incendio ad illuminarle lo sguardo, ma
qualcosa di più freddo e scostante, una scheggia di ghiaccio duro e gelido, un
azzurro color cielo condensato in un iceberg inaccogliente.
E non si scioglie più, neanche per un istante. Robin non chiede, non dice, non
domanda. Obbedisce, mestamente. Sa troppo poco in confronto a ciò che la
aspetta d’ora in poi, ma capisce, immagina, solo quello.
Mentre la bambina percorre la via da lui designata, Aokiji ode distintamente
una risata soffocata dalle lacrime e, in silenzio, piange un compagno ucciso,
da lui stesso, per una giustizia che forse avrebbe dovuto mettere in dubbio
almeno una volta.
Aokiji pensa che Nico Robin morirà a breve. La bambina ha già una fama
piuttosto elevata in ogni parte del mondo, e non v’è modo che possa sfuggire.
Invece fugge, Robin. Le sembra che la sua vita sia sempre stata una fuga, da
quel giorno.
Prima dell’incendio non c’è nulla, dopo non ha ancora trovato nessuno, sa solo
che deve scappare, perché se si addormenta qualcuno verrà a prenderla e la
getterà in prigione. Lo sa perché ne ha sentito parlare; due uomini discutevano
riguardo un oggetto – lei, un oggetto da
barattare in cambio di soldi – e sostenevano che in un certo posto c’era
una prigione che l’avrebbe ospitata, fino al momento in cui l’avrebbero uccisa.
Robin non vuole essere uccisa.
Morire non è contemplato, ma vivere fa paura.
Resta solo un sogno in qualche libro rubato, stretto saldamente tra le dita
infreddolite, un’ eredità da portare sulle spalle e nel cuore, che pesa quanto
una condanna a morte e il dolore dell’addio.
E un riso sommesso che puntualmente si perde tra gli sbuffi del vento
impetuoso.
E’ totalmente
scomparsa, oramai, la curiosità e la speranza di bambina che aveva visto la
prima volta. Tempo per sperare non ce n’è, bisogna unicamente mostrarsi forti e
superare, ancora una volta, quel gruppo di persone che nascondono dietro
bisbigli nervosi un usuale desiderio omicida.
I sorrisi non danno certezze, le rassicurazioni non servono a nulla, il tepore
di un letto non basta a riscaldare.
Gli occhi di Nico Robin ora non sono altro che ghiaccio.
Osservandoli, Aokiji non vede che il giorno in cui l’ha incontrata per la prima
volta, e la lotta tra fuoco e gelo nel cuore troppo piccolo di una bambina
della quale non ha, dopotutto, pietà alcuna.
Continua a spiarla da lontano, mentre la piccola che ora è una ragazza fa
capolino di tanto in tanto nelle cronache, qualcuno urla di averla vista e
tenta di acciuffarla, ma Aokiji ormai ha capito che nessuno riuscirà.
E si domanda, dentro di sé, se ha fatto bene a mantenerla in vita. E se è
giusto, a dispetto di ogni razionalità, continuare a proteggerla, ogni volta.
Sauro, tu conosci la risposta?
Nico Robin è scomparsa. Aokiji non ha sua notizie da due o tre anni, e in giro
trapela la diceria che sia morta. L’ammiraglio sa che la ragazza è
semplicemente nascosta, da qualche parte, ora che è adulta e può difendersi.
Intanto, la Flotta dei Sette continua a fare baldoria lungo la Rotta Maggiore,
e cresce il suo odio nei loro confronti. Sembra che Crocodile
si sia trasformato in un eroe nazionale, e che aiuti la popolazione nel
fronteggiare i pirati.
Un’altra seccatura; Un moccioso dall’aria stupida e sognante si aggira nelle
acque dell’Est Blue e fa a botte con altri suoi simili. Si dice indossi un
cappello di Paglia e sia dotato di straordinarie capacità.
Nico Robin ha
nuovamente tradito.
Dopo aver compiuto un crudele eccidio e aver provocato il crollo di un’intera
nazione, ha scelto la fuga e il tradimento, com’è solita fare, ormai, da vent’anni.
L’ha fatto con lucidità e senza alcun rimorso.
Aokiji sa che gli è nuovamente sfuggita, ma non ha in programma di far nulla
per ostacolarla.
Il sogno di quella donna è stato sepolto insieme a del sangue che fuoriesce
dalle ferite – il simbolo della sua solitudine, ancora una volta – e a delle
mura che crollano al suolo.
Aokiji ancora una volta osserva da lontano una vita che va in pezzi, senza
domandarsi se sia giusto o sbagliato.
Osserva un’espressione disillusa farsi strada sul volto stanco e provato della
ricercata.
E pensa di aver congelato, prima di ogni altra cosa, il suo cuore, tanti anni
prima.
Nico Robin è felice.
Aokiji se ne accorge con estremo stupore, e la esamina dopo tanti anni.
Insieme al suo corpo slanciato e formoso, il suo volto è cambiato radicalmente;
nascoste da lunghi ciuffi scuri, due sopracciglia distese incorniciano un’espressione
rilassata. Al suo fianco, sei pirati rumorosi fanno baldoria a bordo di una
piccola caravella.
Niente più domande, niente più lacrime, unicamente uno sguardo fiero che s’incrina
nel vedere l’ammiraglio dopo tanti anni.
Robin non sa, ancora.
Non immagina che una segreta associazione di assassini s’è insediata, da ormai
tanti anni, in un’isola della Rotta Maggiore, alla ricerca di ciò che lei ha
già scoperto. Non immagina che il segreto da lei negato a Crocodile
è qualcosa di trascendentale importanza per un giovane carpentiere il cui
passato è stato distrutto, proprio come il suo.
E Aokiji sa già che la ucciderà, non ora, ma che lo farà, quando arriverà il
momento.
Vuole solamente godersi lo spettacolo di quella bambina che ha salvato ed è
diventata donna, con le sue forze, e tenta inutilmente di vivere al meglio che
può.
Poi quel ragazzino fastidioso s’intromette, e per la prima volta Aokiji non sa
cosa fare.
Aokiji ha già rinunciato ad ucciderla e ora Nico Robin piange mentre si dirige
verso il suo, autoimposto, patibolo.
Rufy e gli altri stanno venendo a salvarla. La voce
del capitano che urla e si fa strada per raggiungerla le basta come epitaffio.
Ripercorre mentalmente ogni istante della sua esistenza. Altri avrebbero
pensato ho vissuto una bella vita.
Lei non può. Lei non ha mai vissuto realmente.
Il dolore è troppo e c’è ben poco da rimpiangere.
Ha scelto di realizzare un proprio desiderio piuttosto che continuare a vivere.
Ha deciso lei, per una volta, ha compiuto qualcosa di suo per salvare degli
affetti.
Dopotutto, è felice perché ha qualcuno da lasciare indietro.
Qualcuno a cui rivolgere i propri pensieri, le proprie scuse bloccate in gola e
morte lì, perché sul treno dove si trova c’è unicamente colui che la sta
conducendo alla fine di ogni cosa.
In fondo, non merita di vivere. Lei, la portatrice di disgrazie, il demonio, è
meglio che riposi per sempre sul fondo dell’oceano piuttosto che arrechi danni
a chi le sta intorno, ancora una volta, incapace di portare avanti il suo
compito e di realizzare le aspettative di un’intera popolazione.
Mamma, Ohara,
il vostro sogno muore con me.
Le pareti dell’altra torre crollano a causa dei fendenti di tre spade
pulsanti e insanguinate, ch’hanno fatto strage pur di vincere.
Le chiavi tintinnano in una mano sudata e stanca, attendendo di essere riunite
e condurre alla libertà.
Una bandiera brucia e si consuma, una dichiarazione di guerra che lava via vent’anni
di sofferenze.
Un uomo dissanguato giace tra le macerie, il corpo ustionato e le membra
totalmente in fiamme.
Un latrato bestiale si leva nell’aria, seguito dal fragore delle onde e lo
spostamento dell’acqua che, in seguito al tuffo, si agita.
Un’esplosione che assomiglia allo scoppio di una bomba strappa la prigioniera dalle
mani dei nemici.
Un urlo straziante e liberatorio giunge da molto lontano, si fa strada tra lo scoppio
dei cannoni e le urla dei combattenti, e una voce familiare e accogliente
rassicura e invita a tornare indietro insieme.
Un’improvvisa sensazione giunge, insieme alla gioia, trasportando con sé calore
e sicurezza, alla quale ci si può abbandonare a bordo di una nave che sa di
casa.
Infine Robin può far festa e ridere, per la prima volta, guardando al futuro e
ad un sogno che ancora si porta dietro.
Aokiji, invece, cosa sia giusto o sbagliato, per una volta, se l’è domandato.
Ma dopo vent’anni, ancora non trova risposta.
E si rende solamente conto che forse non costa poi tanto lasciare in vita quella
donna ancora un po’.
- Angolo Autore -
Niente. Non so cosa dire. Cos’èèèè. Aiutatemi.
Bah, spero vi piaccia, a me no.
Ah, povera Robin. In fondo è una vittima innocente *patpat*.