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Autore: Malvagiuo    09/12/2011    4 recensioni
Breve racconto thriller in quattro capitoli.
Un uomo penetra di notte all'interno di una casa immersa nel buio. E' determinato a compiere un efferato delitto, spinto dalla sua fede incrollabile e da un fanatismo che sfocia nella follia. Ma qual è la relazione tra questo misterioso assassino e la vittima? Perché è così determinato a fare scempio del suo corpo in maniera tanto brutale? Attraverso quattro capitoli, quattro storie all'apparenza scollegate, scoprite il mistero del cerchio di morte.
Genere: Drammatico, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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4
 
Richie Albertson parcheggiò lentamente a fianco del marciapiede che dava sul numero 6 di Wilson Street. Tirò il freno a mano e spense il motore.
«So come ti senti» mormorò, volgendo il capo dal lato del passeggero.
«A cosa ti riferisci?» chiese all’agente in uniforme accanto a sé, con voce piatta.
«È inutile che fingi. Non puoi far finta che questo sia un arresto come tutti gli altri».
«Questo è un arresto come tutti gli altri».
Richie sospirò.
«Mi prometti che niente andrà storto?»
La donna al suo fianco, una robusta ragazza di ventisei anni, lo guardò con espressione terribilmente seria.
«Niente che non occorra fare sarà fatto» promise lei.
Richie si accontentò di quelle parole. Non lo rassicuravano, non cancellarono l’aura di paura che attanagliava il suo cuore, ma dovette rassegnarsi al fatto che da una come Jean non avrebbe ottenuto niente di più. Quella semplice dichiarazione era già molto più di quanto si aspettasse.
Uscirono dalla vettura della polizia. Il loro era stato un arrivo silenzioso, a sirene spente. Nessuno, nei dintorni, si era accorto della loro presenza, per il momento. Imboccarono il vialetto con passo normale, senza dar segni di apprensione. Raggiunsero l’ingresso e Richie bussò.
La porta era aperta. I due poliziotti compresero che non era un segnale incoraggiante. Richie appoggiò d’istinto la mano destra sulla fondina della pistola. Con una leggera spinta, la porta si spalancò. Nessuno dei due si premurò di chiedere permesso. Entrarono e si richiusero la porta alle spalle.
«Signor Dewey?»
Nessuna risposta. Jean slacciò la fondina.
Un rumore sommesso al piano superiore, debole ma abbastanza nitido da essere percepito dalle orecchie vigili dei tutori dell’ordine. Non ebbero bisogno di guardarsi per capire che il loro uomo era lassù. Richie avanzò in direzione delle scale, ma qualcosa glielo impedì. Anni di servizio lo avevano abituato a procedere senza badare alla retroguardia, poiché Jean gli aveva sempre protetto il fondoschiena a dovere. Quel giorno non andò così. Quel giorno, la retroguardia non fece il suo dovere.
Il calcio della pistola di Jean si abbatté con violenza sulla nuca di Richie. Il vecchio agente di polizia, prossimo alla pensione, stramazzò a terra senza un lamento. La dimensione dell’incoscienza lo avrebbe accolto per le prossime due ore.
Jean si fermò un istante a osservare il corpo riverso a terra del collega.
«Te lo prometto, Richie. Non accadrà niente che non debba accadere».
Saliti i gradini, Jean si ritrovò al primo piano, dove non ebbe difficoltà a individuare la sorgente del rumore. La porta della camera da letto le era dinanzi, chiusa. La ragazza intuì che non avrebbe avuto bisogno di sfondarla per entrarvi. Il rumore non era altro che un mormorio incessante e ossessivo.
Senza ulteriori indugi, Jean penetrò nella camera e incontrò Paul Dewey. Era inginocchiato davanti al letto, le mani giunte in preghiera, i gomiti appoggiati sulle coperte, le palpebre serrate e le labbra impegnate in un inarrestabile movimento impercettibile. Le pareti della stanza erano ricoperte di icone sacre, cornici della Sacra Famiglia, raffigurazioni di Cristo e riproduzioni di dipinti rinascimentali con soggetti di culto. Jean si sentì a disagio, quella stessa sensazione che opprime il cuore quando ci si avventura in un luogo dove si è chiaramente estranei.
«La smetta, Dewey».
La litania di Paul Dewey terminò. Sembrava aspettarla.
«L’Angelo della Morte è qui. È arrivato per salvarmi».
«Non so di cosa stia parlando».
Jean si mantenne a debita distanza. Quell’uomo era pericoloso, non poteva concedergli l’occasione di prenderla di sorpresa.
«Tutti noi commettiamo peccati. Il seme di Satana alberga dentro di noi, e versare il nostro sangue in sacrificio è il solo modo per espiare. Per quanto gravoso sia il pegno, esso deve essere pagato...»
«Per questo ha ucciso Tommy Hambrook? Per pagare un pegno?»
Un lampo sinistro baluginò nello sguardo allucinato dell’uomo.
«Quell’essere era il più immondo dei peccatori. Ho compiuto la volontà di Dio nell’eliminarlo».
«Confessa, dunque?»
«Confesso a Dio Onnipotente di aver compiuto la sua volontà».
«Mi basta. Perché l’ha fatto?»
Jean non ricevette risposta.
«Dov’è sua figlia?»
«Probabilmente con sua madre. Quella puttana».
«Mi dispiace turbare l’idillio della sua famiglia, ma sono qui per arrestarla».
«Non era mia figlia. Quella troia la concepì assieme a un altro. Non c’era sangue mio in lei. Tuttavia, non doveva essere versato. Per quanto impura, era anch’ella una creatura di Dio».
«Comincio a stancarmi delle sue farneticazioni. Mi dica dov’è sua figlia».
Paul la guardò per la prima volta. Lo sguardo era indecifrabile.
«È morta».
Un brivido scorse lungo la schiena di Jean. Comprese che quell’uomo, dopotutto, non stava farneticando.
«Ha ucciso sua figlia?»
«Non dica blasfemie in questa casa. Mary mi è stata portata via».
«Da chi? Chi gliel’ha portata via?»
«Quell’uomo. Quell’Hambrook».
D’un tratto, uno schema si delineò nella mente di Jean. Tommy Hambrook era stato trovato ucciso nella sua casa in Jefferson Street, con venti pugnalate disseminate su tutto il corpo. Le indagini avevano portato presto a Paul Dewey, le tracce lo avevano indicato come probabile colpevole fin dall’inizio. Tracce di pneumatici sull’asfalto, testimonianza di un vicino, sudore e capelli sul luogo del delitto che avrebbero inchiodato l’assassino dopo un’analisi comparativa del DNA.
Ma il caso Hambrook non era stato l’unico di omicidio in quei giorni. Il corpo carbonizzato di una ragazza, ancora non identificata, era stato trovato nei campi coltivati sulla strada per River Fields. Nessuno ne aveva denunciato la scomparsa, ma ora Jean apprendeva che il principale indiziato del caso Hambrook aveva perduto sua figlia, la quale aveva la stessa età che si presumeva avesse la vittima bruciata.
L’agente Jean Nalcott intuì che la sua vendetta sfumava, secondo dopo secondo. Il corpicino carbonizzato trovato vicino a River Fields apparteneva a Mary Dewey. Non aveva bisogno di perizie della Scientifica per esserne sicura. Il cadavere era il suo. Qualcuno l’aveva preceduta. E questo qualcuno, con buona probabilità, era – o meglio, era stato – Tommy Hambrook.
«Come può esser certo che Hambrook abbia davvero ucciso sua figlia?»
Dewey sospirò.
«Mary portava sempre con sé un crocifisso che le avevo donato io stesso. Hambrook l’aveva con sé».
«Come sarebbe a dire?»
«Il mio capo conosceva mia figlia, l’aveva vista tante volte, e conosceva quel crocifisso. L’ha visto nella macchina di Hambrook, e me l’ha subito comunicato».
«Di chi sta parlando?»
«Noah Robbers. Lavoro per lui al distributore sulla Nashville Road».
Jean rimase in silenzio. Doveva dirgli che cosa l’aveva spinta a tramortire il suo collega per trovarsi a tu per tu con Mary Dewey? No. Non v’era alcuna ragione. Non c’era motivo di comunicare a quel povero fanatico che la sua bastarda, poche ore prima di essere trasformata in un barbecue, aveva trovato la forza di uccidere sua sorella. Jane... che, a dirla tutta, non è che fosse questo stinco di santo. Sua sorella, in vita, era stata talmente ottusa da sfiorare il ritardo mentale, ma la mole le aveva sempre impedito di esser presa di mira come tale. Al contrario, si era evoluta in un’aguzzina della peggior specie. Ma questo a Paul Dewey non sarebbe importato minimamente. E, dopotutto, nemmeno a lei stessa. Una sorella era pur sempre una sorella. Perdonare chi gliel’aveva portata via non era ammissibile.
Tutto ciò che importava a Dewey era morto nell’attimo stesso in cui Tommy Hambrook aveva esalato l’ultimo respiro. Era superfluo chiedersi perché un individuo come lui non si fosse rivolto alla polizia per trovare la figlia. Dewey non viveva nella sua stessa dimensione. Non ragionava come lei, non agiva come lei.
O forse ?
Jean se lo chiese quando estrasse la pistola dalla fondina e la puntò verso il cranio dell’uomo inginocchiato di fronte a lei. Se lo chiese anche un attimo prima di premere il grilletto e inondare la stanza di sangue, tanto da ricoprire di chiazze rosse le icone della Sacra Famiglia e tutte quelle altre cose.
Stabilì che la risposta non aveva poi molta importanza.
“Scusa, Richie.”
Il cerchio di morte era chiuso.


Qui si chiude anche il mio racconto. Grazie a chiunque lo abbia seguito fino alla fine. Se avete apprezzato, spero che lascerete un commento. Sono intenzionato a migliorarlo, e ogni critica è più che ben accetta. Mi auguro di avervi regalato qualche minuto di intrattenimento ;) Alla prossima!




 
   
 
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