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Autore: Simostar1997    09/12/2011    1 recensioni
Il mistero, quello più incomprensibile, è che ci sia ancora qualcosa di comprensibile.
Albert Einstein.
... Preferisco iniziare questa storia con una grande frase. Una frase d'impatto, una frase che apra la mente e faccia allargare i nostri orizzonti: Una frase che ci faccia riflettere. Questo racconto sarà il mio primo SERIO che inizierò, e spero che sarete così pazienti e appassionati da seguirlo in tutta la sua complessità. Non ho capito neanchio la trama che avrà, se riuscirò a farla funzionare bene... Ma mi affido all'ispirazione e quel che sarà, sarà. Se la leggeste, mi fareste comunque un favore, e inutile dire che una critica sarebbe veramente gradita. E allora, buona lettura ♥
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Marlene si trovava in piedi e poggiata allo stipite della finestra, evitando di essere spintonata e allontanata dalla gente in fila ed impaziente.                                                                          

Le sue valigie pesanti ricadevano sulle ginocchia mentre, tra quel gesticolare frettoloso e l’ingorgo trascinante di parole,

si poteva notare lo sguardo fastidiosamente felice dei camerieri che strisciavano pimpanti sulle assi scricchiolanti del pavimento.

Ai loro movimenti aggraziati, una scia bianca contrastava con il resto del sudiciume sui tavolini e sulle sedie sverniciate,

un po’ una contraddizione in quel piccolo e stretto locale dell’Aereoporto chiamato ‘Tanta roba’.

Che era meglio perdersi e non tornare più?                                                                                                                        

Marlene rivolse un ultimo sguardo clemente all’orologio: L’eccitazione la pervase, facendola tremare.

Tra pochi minuti avrebbe conosciuto la sua nuova famiglia, quella che l’avrebbe ospitata per l’intero gemellaggio,

ed avrebbe fatto di tutto per rendersi piacevole.

Questa opportunità inoltre, avrebbe dato inizio anche ad un praticantato e le servivano proprio dei soldi.

Soprattutto alla sua famiglia a Bonn, i Friedrich:

In Germania, non venivano considerati dei benestanti e quindi allontanati, per futili motivi.

Dopo aver perso il lavoro per lacrisi poi, i suoi parenti erano caduti definitivamente in disgrazia

e ,se prima i soldi non c’erano, adesso persistevano debiti su debiti.

Era così umiliante per Marlene ripetere a sé stessa della sua condizione,

della condizione misera di vergognarsi del sangue del proprio sangue.                                     

Parlando si sè, riceveva solo la pietà e le occhiate sfuggenti degli altri.                      

“Sei tu Marlene Friedrich?”                                                                                                                                                

Una voce rassicurante e profonda sfiorò le orecchie di Marlene, facendole alzare gli occhi dal pavimento,

improvvisamente rossi ed ingrossati.

La figura di un uomo di circa cinquant’anni, vestito tutto d’un punto con guanti di seta e pantaloni rigati,

si stagliava dinanzi a lei con sguardo accattivante.                       

“S-si, sono io. Lei è..”  Cercò di domandare, con un flebile filo di voce.                                                                                

“Il signor Palombara, per servirla. Venga con me.”                                                                                                            

Marlene vide la sua mano tendersi con estrema gentilezza.

Decise di sfiorarla e stringerla e fu felice di averlo fatto,

perché notò un sorriso soddisfatto sul suo viso ruvido e stanco.


                                     * * *

In men che non si dica, si ritrovarono seduti ai posti di una Volvo metallizzata,

una macchina così lussuosa e costosa,  

che  aveva visto spesso in giro per le strade ma su cui non aveva mai osato salirci sopra.

Cercò di farsi piccola,  specchiandosi nei finestrini puliti e cristallizzati.

Non avrebbe potuto fare niente per migliorare il suo aspetto:

I capelli rossicci le ricadevano bagnati sulla spalla e

gli occhi allungati e cangianti, avevano preso la tonalità del cielo tempestoso, a furia di guardarlo.                                            

“Sai, mio nipote Luca sarà felicissimo di vederti.

Ci ha parlato tanto di te, scommetto che non sta nella pelle nel conoscerti e presentarti i suoi scalmanati amici. 

Quel giovanotto… Mi farà venire l’ulcera uno di questi giorni.“ 

Disse con voce chiara e sicura l’anziano signore, concedendo uno sguardo intimidatorio alla ragazza,

stretta nei suoi vestiti colorati e originali.   

Marlene cercò di attenersi ad un comportamento composto e di nascondere la sua faccia,


perdendosi nella visione delle strade di Roma nella bellezza surreale della notte.

La pioggia battente scalfiva la macchina come un turbine di schegge argentate,

mentre il senso di velocità e le ventate di aria fredda e secca non facevano che fortificarla.      

"Perchè?fa qualcosa di male?" 


“Oh no, è adorabile. Ma spesso, si mette a trafficare in cantina, smuovendo polvere… e cose che non gli appartengono.

Quindi suppongo, cara Marlene, che abbia capito anche tu che in quella stanza nessuno debba metterci piede.

Anche perché ti considero una persona intelligente.”                                                               

Non come mia figlia.

Un sussurro debole ed impercettibile si confuse con il rumore del traffico e dei passi indaffarati dei turisti.

Se fosse stata presa in una delle foto scattate nel momento, tutti avrebbero visto il suo volto scavato per la preoccupazione e l’inquietudine.

Le mancava la voce anche per una semplice domanda.

Che patetica, ci sono milioni di situazioni familiari difficili nel mondo.            

“Che è successo a sua figlia?”                                                                                                                                                   

Morta. In un brutto ed increscioso incidente.”

Come se fosse saltata d’un colpo la nota di un pianoforte, un silenzio sospeso ed assordante piombò su di loro.

Nessuno ebbe più voglia di parlare, mentre ci si destreggiava fra il buio e le stradine tortuose e dimenticate.

Quell’uomo che stava ancora davanti a lei, con la sua aurea di superiorità eseverità,

aveva parlato di quell’episodio senza lasciar trapelare nessuna emozione o banale dispiacere:

Anzi, la sua voce fredda, era diventata più dura e roca di prima.

Chissà se almeno i suoi occhi,lo specchio dell’anima, sarebbero diventati lucidi e acquosi.

La macchina rallentò, fino a fermarsi completamente.

Marlene si fece aprire lo sportello ed uscì, con le gambe instabili e che tremavano dall’emozione.

Voleva gridare ma si trattenne, facendo dei profondi respiri, per calmarsi.

Non voleva già farsi riconoscere per la sua goffaggine e la sua umiltà.                                                  

Era stranita: Non ebbe neanche tempo per guardarsi intorno, per realizzare e analizzare dove si trovasse, perchè

l’ unica cosa che le interessava era quella lucetta che splendeva nella finestra in cima al palazzo,

quella stanza preparata per darle solo il benvenuto a casa.

C’era qualcuno che l’aspettava e lei non lo avrebbe più fatto aspettare.

L’inizio della sua nuova avventura.









                                                                                                                                                                                                                                                                                                                       

          
                                                                                                           

  
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