Crossover
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Autore: Registe    10/12/2011    6 recensioni
Prima storia della serie "Il Ramingo e lo Stregone".
In una Galassia lontana lontana (ma neanche troppo) l'Impero cerca da anni di soffocare l'eroica Alleanza Ribelle, che ha il suo quartier generale nella bianca citta' di Minas Tirith, governata da Re Aragorn e dal suo primo ministro lo stregone Gandalf. I destini degli eroi e malvagi della Galassia si intrecceranno con quelli di abitanti di altri mondi, tra viaggi, magia, avventure, amore e comicita'.
In questa prima avventura sulla Galassia si affaccia l'ombra dei misteriosi membri dell'Organizzazione, un gruppo di studiosi dotati di straordinari poteri che rapisce delle persone allo scopo di portare a termine uno strano rito magico da loro chiamato "Invocazione Suprema"...
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anime/Manga, Film, Libri, Telefilm, Videogiochi
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Ramingo e lo Stregone'
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Capitolo 4 - Ostinazione


castle oblivion

Castello dell'Oblio, interno




Narratore: “Amici lettori, facciamo ora un passo indietro e vediamo cosa sta succedendo altrove mentre Zachar affronta i suoi ricordi nella prima Stanza della Memoria. Torniamo nella Galassia e voliamo a Coruscant, nel palazzo del nostro beneamato governatore… “


“…e comunque la risposta è sempre NO. Enne-o, te lo devo scrivere? O preferisci una grossa insegna al neon? Se vuoi ho un droide protocollare che può tradurtelo in sei milioni di lingue diverse!”
“Risparmiati il tuo sarcasmo da quattro soldi, Tarkin.” Un qualsiasi ammiraglio che avesse dato una risposta del genere al governatore Tarkin si sarebbe giocato all’istante la carriera e probabilmente anche la vita, ma Zam era un caso a parte. Lo era sempre stata. Lui poteva anche essere suo superiore nella scala gerarchica dell’Impero, ma lei aveva giurato fedeltà all’Imperatore in persona, non a quella massa di buffoni che erano i Signori Oscuri. Il governatore avrebbe fatto bene a tenerlo a mente. “Abbiamo fatto questo discorso mille volte. Non puoi impedirmi di vedere mio figlio.”
“Perché non lo dici a voce un po’ più alta già che ci sei?! Dovresti essere tu quella a cui importa.”
“Oh, certo, ora mi vorrai far credere di aver preso Neos con te per buon cuore. So bene che lo fai solo perché così io sono costretta a proteggere te e quegli idioti dei tuoi amici.”
Tarkin le regalò uno di quei suoi sorrisi che le facevano tanto venire voglia di prenderlo a pugni: “Situazione che è massimamente vantaggiosa per entrambi. Io tengo la tua preziosa progenie al sicuro dalle mire di papà Impe, e tu ci guardi le spalle dovesse sbucare Kaspar con uno dei suoi simpatici attentati. Ma se continui ad andare a trovare il bambino tutti i giorni prima o poi qualcuno inizierà a farsi domande, perciò vedi di tirare un freno al tuo istinto materno, grazie.”
La cosa più odiosa era che le parole di Tarkin, per quanto crudeli, contenevano un fondo non indifferente di verità. Zam sapeva cosa si diceva in giro: che Neos era figlio illegittimo del governatore Tarkin, e circa l’identità della madre scomparsa circolavano le più assurde e improbabili teorie. Voci fastidiose oltre che infondate, senza dubbio, ma se non altro inoffensive. Se invece si fosse cominciato a mormorare che la vera madre era lei….Neos aveva ereditato i suoi poteri, non c’erano dubbi, e l’Imperatore avrebbe fatto di tutto per mettere le mani sull’ultimo esponente della sua razza. Lo avrebbe trasformato in un’arma da guerra al suo servizio, come aveva fatto con lei….
Zam non avrebbe mai permesso che accadesse. Mai.
Amareggiata voltò le spalle a Tarkin, gettando uno sguardo distratto sul panorama fuori oltre la grande vetrata dell’ufficio del governatore. Grattacieli, traffico, luci, caos, Coruscant era tutta uguale. Neos le mancava terribilmente.
Mettere un freno all’istinto materno…solo un uomo potrebbe uscirsene con un’idiozia del genere.
L’uomo in questione stava blaterando qualcos’altro adesso, ma Zam non gli prestava più attenzione. La voce di lui non era altro che un fastidioso ronzio di sottofondo nella trama dei suoi pensieri.
Finché all’improvviso, troppo all’improvviso, il ronzio cessò, come tranciato di netto.
Zam si rese conto di non vedere più il riflesso di Tarkin nella vetrata e si voltò di scatto, colta tutto a un tratto da un’inquietudine inspiegabile.
Nella stanza non c’era traccia del governatore.
Così come in tutto il resto del palazzo.


“E’ un’altra illusione…?”
“No, mia Invocatrice. Le illusioni si trovano solamente nelle Stanze della Memoria, e ora noi ne siamo usciti. Questa persona è il suo Intercessore, è qui per aiutarla nel suo cammino.”
Tarkin non credeva ai suoi occhi. Gli sembrava di trovarsi in un sogno. Un attimo prima stava parlando con Zam, e quello dopo…c’era stata una luce, una luce bianca e accecante che lo aveva costretto a chiudere gli occhi, e quando li aveva riaperti era lì, in quel posto assurdo. Forse era un sogno. O peggio, un qualche trucco di Kaspar. Già una volta quel mago da strapazzo aveva tentato di ucciderlo con una tattica del genere…
“Tarkin…sei tu?”
Non era affatto sicuro che quella davanti ai suoi occhi fosse la vera Daala e non l’esca di una trappola. A giudicare da come lo guardava, lei doveva nutrire gli stessi dubbi nei suoi confronti.
Forse fu proprio quello a convincerlo, alla fine. Lentamente mosse qualche passo verso di lei e le prese le mani tra le sue, come per sincerarsi che fosse reale. Una persona normale al loro posto non ci avrebbe nemmeno pensato, sarebbe corsa istintivamente a gettarsi tra le braccia dell’altro; ma loro erano troppo astuti, troppo sospettosi, e soprattutto avevano troppi nemici per permettersi di abbassare la guardia anche solo per un momento.
“Stai bene?” chiese lei. “Shandra…?”
“Non era con me quando…quando sono scomparso. Ti prego, dimmi che non c’è Kaspar dietro tutto questo.”
Erano mesi che non si sentivano: troppo rischioso anche sui canali protetti, l’Imperatore non doveva scoprire che Daala era ancora viva. Per quanto ne sapeva poteva essere successa qualsiasi cosa dall’ultima volta che l’aveva contattata.
“No, o almeno non credo…” rispose Daala, cedendo infine alla tentazione e abbracciandolo. “A meno che non abbia a che fare con l’Organizzazione o il Castello dell’Oblio. Il posto dove ci troviamo ora.” aggiunse, notando il suo sguardo confuso. “Speravo che i tuoi Servizi Segreti ne sapessero qualcosa…”
Tarkin si limitò a scuotere la testa, sciogliendosi delicatamente dall’abbraccio. La sua attenzione era stata catturata dalle due figure che li osservavano in silenzio, in un angolo di quella vasta stanza bianca. Una gli era familiare, e fu sollevato di vederla: traditrice o no, Mara era rimasta sempre un’amica di sua moglie, e li avrebbe protetti se necessario. L’altra invece…quel ragazzino dai capelli viola ricoperto di placche d’oro sembrava uscito dai cartoni animati che piacevano tanto a Shandra. Fu a lui che Daala si rivolse: “Mu, spiegagli tutto quello che hai già detto a noi.”
Bastarono poche parole per mandare Tarkin ai matti. Quella storia era semplicemente assurda, più inverosimile della trama di un romanzo di serie Z (Narratore: peggio, di una fanfiction di serie Z!), completamente campata in aria!
“Senti ragazzino, parliamoci chiaro e tondo, chi ti ha mandato qui?”
“L’ ho detto, signor Intercessore: i membri dell’Organizzazione, i saggi e potenti signori del Castello dell’Oblio.”
“Chi ti ha mandato qui DAVVERO. Kaspar? I Ribelli? CHI?!”
Il ragazzino sgranò gli occhi, intimorito: “Signore, è la verità…le giuro che è come ho detto, non è una trappola, i membri dell’Organizzazione non farebbero mai del male a nessuno, loro…”
“Però non si fanno problemi a rapire le persone, vedo!”
“…loro stanno cercando di salvare il nostro mondo, per questo…”
“Beh, se lo salvassero da soli. La tua storia non ha senso! Perché delle creature di un altro mondo dovrebbero volere proprio noi?”
“Credetemi, non c’era altra scelta.” Il ragazzino sospirò. La sua voce sembrava lo squittio di uno scoiattolo, e Tarkin pensò che se era davvero un servo di Kaspar era quasi più ridicolo del suo padrone. Probabilmente in tre potevano riuscire a metterlo ko ed estorcergli qualche informazione alla buona vecchia maniera…ma poi si rese conto che se una come Mara non lo aveva già fatto doveva esserci un motivo.
Meglio andarci piano.
“I membri dell’Organizzazione non vi avrebbero mai prelevati se non fosse necessario” continuò Mu. “Ma non sono stati loro a scegliervi. Sono poche le persone che hanno il potere di compiere l’Invocazione Suprema, ed è il Castello a decidere chi. Il Castello vi ha scelti.”
“Sì certo, addossiamo la responsabilità sul Castello! Come se un edificio fosse in grado di intendere e di volere!”
“Lo è.”
Un brivido salì lungo la schiena di Tarkin, che perse la sua consueta risposta pronta. Improvvisamente si sentiva osservato, e non solo da Mara, Mu e Daala, ma da qualcos’altro, una presenza invisibile, qualcosa che era tutto intorno a lui e in nessun posto in particolare.
Sta solo cercando di suggestionarmi! Non devo mostrargli che ho paura.
La spiegazione di Mu non era finita: “Anche se non del tutto, purtroppo. Lo spirito del Castello è addormentato. Con l’Invocazione Suprema potremo risvegliarlo totalmente, e con il suo potere i membri dell’Organizzazione sconfiggeranno il Grande Satana Baan.”
“Il Grande Satana…cosa?!”
“Il demone che ha conquistato il nostro mondo.” c’era tristezza ora nella voce di Mu, una tristezza che dilagò fino agli occhi, spegnendo ogni luce sul suo volto liscio e infantile.
“Suvvia, ogni mondo ha il suo tiranno.” Tarkin alzò le spalle, simulando una sicurezza che non provava. “Il mio consiglio è: passate dalla sua parte e sarete tutti più felici. E ora riportaci indietro. Subito.”
“Non posso”. Lo squittio di uno scoiattolo, ma uno scoiattolo molto determinato.
“Almeno lui sì però” intervenne Daala. “E’ me di cui avete bisogno. Puoi riportare Tarkin indietro, ce la farò anche senza di lui.”
Lo scoiattolo non voleva sentire ragioni: “Anche l’Intercessore è fondamentale. La magia del Castello lo ha fatto venire qui, ma sono stati i suoi sentimenti a chiamarlo, mia Invocatrice. I membri dell’Organizzazione avevano previsto che sarebbe successo, dopo la prima Prova. E’ un aiuto che il Castello vuole darle, una prova che non è malvagio come voi credete.”
Tarkin però non stava seguendo più le parole della loro guida. Si era appena reso conto di una cosa.
“I membri dell’Organizzazione hanno bisogno del potere di questa…Invocazione Suprema. Quindi non sono poi così potenti come dici.”
“I membri dell’Organizzazione sono saggi e…”
“…e hanno bisogno di noi.” Tarkin sorrise, mentre l’altro lo fissava con uno sguardo sempre più confuso. “Nel nostro mondo di solito per ottenere una cosa bisogna offrirne un’altra in cambio. Cos’ hanno i tuoi padroni da offrire a noi?”
Lo aveva preso in contropiede. Mu balbettò qualcosa di incoerente, chiaramente spiazzato dalla domanda. Poteva darsi che nemmeno Mara fosse in grado di torcere un capello a quel ragazzino misterioso, ma c’erano tanti modi per minacciare una persona. Negarle la propria collaborazione era uno di quelli.
“Lei non capisce…” disse infine Mu, una sfumatura di disperazione nella voce. “Il nostro mondo ha bisogno di aiuto, non…”
“Risposta sbagliata. Temo che tu ci abbia confuso con i Ribelli.”
Mara a dire il vero era una ribelle, ma si guardò bene dal proferire parola.
“I miei padroni vi riporteranno indietro una volta finito tutto.”
“Di nuovo risposta sbagliata. Perché non vengono loro a parlare con noi?”
A questa domanda Mu non seppe rispondere.
“Forse perché non esistono? Ragazzino farai bene a dirmi la verità se non vuoi fare una brutta fine quando i miei amici ci troveranno.”
“Certo che esistono! Ci osservano sempre, ci guidano da lontano…” Mu abbassò lo sguardo, la voce ridotta a un mormorio: “Ed è vero, hanno bisogno di voi. Abbiamo bisogno di voi. Siete la nostra unica speranza.”
“Tarkin…” Daala osservava il ragazzino con un misto di stupore e pietà. “L’unica cosa che possiamo fare è andare avanti. Temo che non abbiamo altra scelta.”
“Oh sì che ce l’abbiamo.” Con deliberata lentezza Tarkin si sedette sul pavimento bianco, mettendosi comodo con le gambe incrociate e la schiena appoggiata a una parete. Poi trafisse Mu con una di quelle occhiate che mandavano i soldati imperiali a eseguire i suoi ordini a gambe levate e con il cuore in gola.
“Dì ai tuoi padroni che finché non scenderanno dall’Olimpo per trattare con noi possono scordarsi l’Invocazione Suprema.”


Non stava facendo un buon lavoro. Sarebbero già dovuti entrare nella prossima Stanza, ma non c’era verso di convincere quell’Intercessore testardo. Mu sospirò: non voleva deludere i suoi padroni. Tra poco sicuramente Auron sarebbe uscito dalla prima Stanza con la sua lnvocatrice…padron Vexen aveva detto che era molto, molto importante che i due gruppi non si incontrassero mai, perciò Mu aveva fatto spostare la sua Invocatrice e gli altri dall’anticamera tra la prima e la seconda Stanza, chiudendoli in un’altra delle infinite stanze bianche del Castello dell’Oblio. Neanche quella piccola operazione era stata semplice, perché l’Intercessore rifiutava categoricamente di muoversi: alla fine aveva dovuto aprire un portale sotto i loro piedi. Per un attimo aveva considerato l’idea di farli riapparire direttamente nella seconda Stanza, ma l’aveva scartata subito: se l’Intercessore non voleva muoversi sarebbero rimasti bloccati lì dentro, e cosa ancora peggiore avrebbero ostacolato anche il gruppo di Auron. Almeno uno di loro doveva arrivare fino alla fine….
La verità era che l’Intercessore gli faceva paura. Una paura tremenda. Quello sguardo…gli pareva quasi di sentirselo bruciare sulla pelle, persino ora che aveva lasciato il gruppo indietro.
Da qualche minuto si trovava di fronte alla porta del laboratorio di padron Vexen, ma ancora non si decideva a entrare. L’aveva già disturbato una volta, e per un motivo futile, non voleva che lui pensasse…
“Che fai lì Mu, la bella statuina?”.
La voce lo colse di sorpresa, facendolo sobbalzare.
“Pa…padrona Larxen! Non l’avevo vista, mi scusi!”.
“Una bella statuina tutta d’oro, per di più”. Padrona Larxen soffocò una risatina, muovendo qualche passo verso di lui. C’era un’innata grazia felina in ogni suo gesto, anche il più piccolo, e questo soltanto bastava a dare un’idea di quanto fosse temibile. Padron Vexen diceva sempre che dovevano stare attenti con lei, perché era imprevedibile e incostante, e padron Vexen non sbagliava mai. Dopotutto era il più saggio e il più potente tra i membri dell’Organizzazione.
“Io comunque ti consiglio di non entrare. Il nostro caro Vexen è al lavoro, come al solito, e sai quanto rompe se lo disturbi.” Sul viso di Larxen apparve una smorfia che la fece sembrare una bambina. Era una dei più giovani tra i suoi padroni, e l’unica donna. “Ma se c’è qualche problema puoi chiedere a me.”
“Il fatto è che l’Intercessore… si rifiuta di proseguire finché non avrà parlato con uno di voi.”
Inaspettatamente padrona Larxen scoppiò a ridere, come se Mu avesse fatto una battuta irresistibile: “Oddei ma questo qui sta proprio fuori! Parlare con noi! Ma chi si crede di essere?!”
“Beh, forse…” Mu pensò che valeva la pena provare, anche se credeva già di sapere la risposta. “…forse sono semplicemente spaventati, è normale che lo siano, sicuramente le vostre parole possono rassicurarli molto di più di quelle di un’umile guida come me…”
Padrona Larxen aveva smesso di ridere, e gli scoccò un’occhiata divertita con i suoi grandi occhi verde acqua: “Beh, ma se le cose stanno così, allora significa che tu sei inutile.” Si sollevò in punta di piedi e gli sfiorò la punta del naso con l’indice, sussurrando con voce suadente: “E tu non vuoi essere inutile, vero?”
Aveva ragione. Che cosa gli era preso? La missione era la cosa più importante, non poteva permettersi di farsi ostacolare da scrupoli, o peggio da sciocche paure. C’era così tanto in gioco, e i membri dell’Organizzazione si erano fidati di lui per quell’incarico così importante, lo avevano scelto…
“Padrona Larxen, mi perdoni!” esclamò. “Io…io farò del mio meglio, lo prometto. Mi dispiace se l’ho disturbata inutilmente.”
Lei gli rivolse un sorriso smagliante: “Bravo ragazzo.”
Con queste parole padrona Larxen schioccò le dita e sparì, avvolta dalle tenebre di un portale oscuro. Mu rimase solo con i suoi dubbi, e soprattutto con il pensiero ben poco consolante che gli toccava di nuovo fare i conti con quella palla al piede del suo Intercessore.
  
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