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Autore: Alchbel    10/12/2011    13 recensioni
La storia si propone di ripercorrere con voi le tappe del rapporto tra Blaine e Kurt, soffermandosi sui pensieri che i due hanno avuto durante le canzoni che li hanno visti protagonisti... Verranno inoltre inseriti dei “missing moments” attraverso i quali si indagherà ancora sulle dinamiche del loro rapporto. Enjoy!
Genere: Introspettivo, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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~ KlaineSongs ~

 

 

 

 

22°_ Blackbird ~ Kurt

~ Quando gli aiuti giungono inaspettati e il latte caldo è la migliore cura a tutti i mali ~

 





 

Blackbird singing in the dead of night
Take these broken wings and learn to fly
All your life, You were only waiting for this moment to arise

 

Sento le lacrime bagnare di nuovo il mio viso pallido non appena le prime parole lasciano le mie labbra. Non avevo intenzione di piangere, ma in realtà credo che al momento sia la cosa migliore da fare e in ogni caso non ho la forza per tentare di fermarmi.

E allora lascio che il mio viso, i miei occhi mostrino ciò che provo senza pudore e me ne sto qui, al centro della sala, a cantare per Pavarotti, il dolore che mi spezza il cuore e gli sguardi pieni di triste cordoglio degli altri Usignoli – e di Blaine – che mi accarezzano con comprensione.

 

Non so se sia stupido o meno sentirsi tanto coinvolto: forse sarebbero in molti a prendermi per idiota o a giudicarmi infantile, eppure non m’importa. Non sanno quanto fossi legato a Pavarotti, quanto mi fossi confidato con lui ultimamente.

Sì, confidato: ho parlato con lui e ho cantato, mi sono sfogato quando le cose non andavano affatto bene ed ho gioito quando sembravano sistemarsi.

È stato un grande amico, sempre pronto a tirarmi su di morale con un fischio… Molti dicono che gli animali sono solo animali, ma sbagliano: alle volte si crea davvero un legame, una sorta di particolare empatia per cui avvertono, capiscono quando le cose non vanno.

 

Pavarotti era così: non so come facesse, ma sapeva perfettamente quanto il suo canto cristallino avrebbe potuto fare la differenza e tirarmi su di morale almeno un po’ – cosa di cui ultimamente ho avuto bisogno fin troppe volte.

Ed ora se n’è andato.

 

 

Blackbird singing in the dead of night
Take these sunken eyes and learn to see
All your life, you were only waiting for this moment to be free

 

Gli altri Usignoli cominciano ad accompagnare il mio canto con un sottofondo lieve e ritmato. Adoro davvero tanto la loro, la nostra capacità di mettere su un coro davvero emozionante in pochi istanti e senza preavviso.

È stato Blaine il primo ad attaccare, suggerendo l’idea al resto del gruppo.

 

Non mi è di certo sfuggito il suo sguardo, al limite dello spaventato, che mi ha rivolto quando sono entrato in modo quasi teatrale nella sala di ritrovo, col mio completo nero e l’aria sconvolta.

Per un attimo, lo confesso, ho provato l’istinto quasi irrefrenabile di gettarmi fra le sue braccia e piangere. Piangere per la morte del canarino, piangere per la nostra litigata, per tutte le nostre litigate, piangere per il freddo che ho sentito stanotte, lontano da lui…

 

Poi, fortunatamente, quel briciolo di orgoglio e reputazione da difendere che mi sono rimasti hanno avuto la meglio su tutto e sono rimasto lì a dare la triste notizia, prendendomi anche il lusso di lanciargli una frecciatina abbastanza fredda sul fatto che siamo sempre più “Blaine e suoi ragazzi” e meno “Gli Usignoli”.

Lui, però, non mi è sembrato aver accusato il colpo…

 

I suoi occhi non mi hanno lasciato per un attimo mentre ho pregato tutti di poter cantare questa canzone e c’era qualcosa in essi che mi ha turbato nel profondo, per quanto non ami ammetterlo. Era come spaventato. Come se si aspettasse qualcosa di brutto da un momento all’altro. Il modo in cui mi ha chiesto cosa fosse successo… mi ha tolto il fiato. C’era un’allarmata preoccupazione in quelle parole e di certo non per la triste sorte di Pavarotti – cosa per cui, tra l’altro, non aveva modo di farsi problemi, a meno che non nasconda poteri di preveggenza.

 

 

Blackbird fly, blackbird fly
Into the light of the dark black night

 

Che fosse preoccupato per me?

Eppure non ne aveva motivo. Sono stato fin troppo gentile a lasciargli un messaggio, ieri, per fargli sapere che stavo bene e che ero solo tornato a casa dal momento che si era addormentato praticamente abbracciato a me.

È stato troppo. Lui non pensa mai alle conseguenze dei suoi gesti! O almeno, sembra che negli ultimi tempi non riesca a farlo con me.

 

Piangevo per lui, ieri. Ho pianto per lui così tante volte che ormai mi sembra difficile anche stargli accanto – ho paura di fare pace solo perché potrei essere di nuovo deluso. E quando ieri lui si è offerto di consolarmi, io mi sono stupidamente arreso all’idea di averlo accanto – anche se mai come vorrei davvero.

Ho già ringraziato il cielo un milione di volte per il fatto che non mi abbia chiesto il motivo di quelle lacrime: non avrei – e non ho tuttora – la forza e soprattutto la voglia di spiegargli che piangevo per lui. Insomma, possibile che non se ne sia accorto? Sa di piacermi, ma pare non si sia fatto più problemi di tanto e all’inizio la cosa mi andava anche bene – avevo troppa paura di perderlo – ma ora è insostenibile.

 

E ieri vederlo così, accanto a me, bellissimo e allo stesso tempo mai così distante, mi ha costretto a scappare. Ho preso il cappotto e Pavarotti e sono tornato a casa senza neanche pensarci, perché se lo avessi fatto, forse non mi sarei mosso ed avrei sofferto in silenzio.

Sono stufo di soffrire.

 

 

Blackbird fly, blackbird fly
Into the light of the dark black night
You were only waiting for this moment to arise
You were only waiting for this moment to arise

 

 

Mi sposto con lentezza superando il divano ed avvicinandomi al tavolo. Sento gli sguardi dei miei compagni seguirmi con supporto mentre le loro voci corali coprono il silenzio della mia pausa. Quando riprendo a cantare, nuove lacrime bagnano il mio viso.

 

Un pensiero tremendo mi scuote: che sia stata colpa mia? No, non parlo di Blaine, ma di Pavarotti. L’ho portato con me ieri: non ce la facevo a guidare da solo fino a Lima e la sua voce cristallina ha dato tregua al silenzio pieno di pensieri confusi che opprimeva la macchina. Eppure… pensandoci, i canarini sono animali molto sensibili… il cambiamento di ambiente, lo sbattimento per il viaggio o qualche altra cosa che probabilmente mi sfugge potrebbero avergli provocato un malessere e quindi la morte! L’ictus è solo una probabile spiegazione, plausibile perché spiegherebbe la sua improvvisa dipartita, ma nulla di più!

D’improvviso mi sento più male di quanto non stia già e non so neanche se questo sia possibile.

 

Resta il fatto che la canzone sta per finire e che speravo alleviasse almeno di un po’ la mia sofferenza, mentre, invece, pare solo averla aumentata.  

Quando il coro dipende le ultime note nella stanza non posso che pensare alle parole che ho cantato.

Vola, Pavarotti… io ora sono solo.

 

 

~∞~

 

 

 

Chiudo il libro di storia con un gesto secco e stizzito e vi poggio la testa sopra, distrutto. Non sono riuscito a studiare nulla e credo che ormai non abbia più senso provarci. La mia testa è altrove, certamente non focalizzata su date e battaglie memorabili.

 

Non ci stavo pensando, ad essere sincero – non particolarmente. È più che altro l’intero stato emotivo e non essersi spostato da lì, come se anche non pensandoci, anche cercando di distarmi, inconsciamente fossi sempre fermo lì. E questo, ovviamente, non mi permette di concludere molto.

 

Blaine. Possibile che non riesca a stare un attimo senza pensare – consciamente o meno – a lui? E più ci penso più sprofondo.

 

Sono patetico: ottima conclusione. Che poi, è assurdo! Se, come ormai mi sto convincendo sempre più, lui non ricambia ciò che provo, non potrò stare in questo stato per sempre! Insomma devo pur riprendermi dalla cosa e andare avanti, come ho sempre fatto.

 

Ma non ho mai provato quello che sento per Blaine…

 

Mi maledico. Perché non mi dice subito quello che pensa e chiudiamo la questione una volta per tutte? Il dubbio, l’attesa mi stanno logorando.

 

Forse se non lo stessi palesemente evitando, ritirandomi a studiare in un angolino nascosto della biblioteca, lui mi avrebbe già parlato…

 

Ma chi voglio prendere in giro? Non mi sta cercando, è chiaro. Non ha nulla da dirmi, come sempre. Ed io sono l’unico che si sta facendo miliardi di problemi a riguardo.

 

Sbuffo, la stanchezza che mi irrita particolarmente e il pensiero di salire in camera che mi chiude lo stomaco: dovrei essere superiore, dovrei fregarmene ed andare avanti, ma non ci riesco, non ora… Non credo che salirò…

 

Neanche un attimo dopo, sto già attraversando il corridoio principale con una risoluzione che maschera la paura e i dubbi che ho in realtà e che rischia di crollare da un momento all’altro. Se solo provassi a pensare ancora un attimo, forse mi fermerei. Se incontrassi Blaine mentre scappo di nuovo

 

Rabbrividisco e accelero il passo, quasi fossi inseguito da qualcosa fino a che non incrocio la porta principale dell’edificio. Mi fermo. Mi sembra di essere davanti ad un bivio cruciale: se fuggo da lui ora, che cosa farò domani? E il giorno dopo? E tutti quelli che verranno fino al nostro chiarimento? Fuggirò ancora? Fuggirò da Blaine? Eppure la sola idea di restare, stanotte, mi toglie il fiato quasi più di tutte queste domande.

 

Azzero il cervello. Zittisco le voci nella mia testa e varco la sogna, l’aria fresca della sera che nonostante il tempo sia addolcito, mi punge il viso più di quando credessi. Metto le mani in tasca e mi stringo nelle spalle cercando di sembrare quanto più tranquillo e disinvolto possibile e sperando di non incontrare nessuno degli amici più stretti di Blaine – Wes e David in primis: sono certo che li avrà messi al corrente di tutto e l’ultima cosa di cui ho bisogno al momento è parlare dei nostri fatti privati con qualcun altro.

 

A quel pensiero mi blocco. Illuso io che penso ad un “nostro”! Illuso…? In fondo, tolto tutto il casino dovuto al fatto che provo qualcosa per lui, resta pur sempre la nostra amicizia: quella è sacra e non ha nulla a che fare con… no aspetta! La nostra amicizia non ha nulla a che fare con il rapporto che c’è tra noi? Ma mi rendo conto delle assurdità che sto dicendo?!

 

Sospiro. La confusione e la pazzia mi stanno ufficialmente prendendo. “Signor Hummel, la mia è una diagnosi definitiva ed irreversibile ed il colpevole è solo uno: Blaine Anderson”

 

È quasi istintivo per me ora voltare la testa verso la finestra della nostra camera che dà proprio sul cortile esterno della scuola. Ero certo, però, di averla chiuda prima di uscire: come mai ora invece è mezza spalancata? Non mi sembra il caso di…

Oh. I miei occhi improvvisamente incontrano quelli di Blaine, che si è appena sporto aprendone anche l’altra metà, e anche se distanti allargano la loro vista a tutto il viso cogliendone ogni dettaglio con estrema precisione. Il volto mi sembra spento, scuro nel suo innaturale ma lieve pallore e teso come non l’avevo mai visto prima.

 

Per un attimo l’istinto mi dice di nascondermi, di non farmi vedere da lui mentre vado via, ma sarebbe stupido e in ogni caso non da me fuggire in questo modo – Blaine, non mi hai cambiato fino a questo punto. O forse sì…? In fondo, sto comunque fuggendo…

 

Mi rendo perfettamente conto del momento in cui anche i suoi occhi, vacui e persi nell’orizzonte, mettono a fuoco la mia figura: colgo chiaramente la sorpresa allargarli e una strana, consapevole tristezza attraversarli, letale. Resta fermo li, il suo sguardo che non mi abbandona, ma non fa altro.

 

Io sento chiaramente il mio cuore spezzarsi; abbasso la testa e chiudo gli occhi per un attimo, le prime lacrime che si intrecciano alle mie ciglia, pezzi di ciò che sono che cadono nel nulla, rumore di cocci infranti sul pavimento.

 

Volto le spalle all’edificio e continuo a camminare quasi per inerzia fino a che non mi accorgo di essere arrivato alla mia macchina. In realtà vorrei essere già a casa, sul mio letto, lontano da tutto, libero di potermi sfogare e forse anche di poter ragionare con una lucidità che ora mi pare irraggiungibile.

 

 

*

 

 

Il viaggio verso Lima non mi è mai parso tanto apatico – non sento nulla, non provo nulla, come se fossi in stand by, in attesa di poter lasciare che tutto mi cada addosso una volta che sarò al sicuro tra le mura di casa. Una bomba ad orologeria il cui conto alla rovescia, però, non si è ancora concluso. Non voglio neanche pensare a quando succederà.

 

Non voglio pensare.

 

Il rumore della radio mi giunge in lontananza, come se fosse in un’altra stanza e neanche riesco a fare attenzione a quello che sta trasmettendo: l’ho accesa solo per zittire il silenzio della macchina. Ieri c’era Pavarotti, stasera sono solo e mi è parso impossibile anche solo immaginare un simile viaggio senza nulla che impedisse al silenzio di opprimermi.

 

Dopo un tempo che non sono riuscito a concepire e che non potrei in alcun modo calcolare – che ore erano quando ho lasciato la Dalton? Ed ora? – riconosco la strada in cui sono cresciuto e, quasi come un’oasi nel deserto, scorgo casa mia, le luci della cucina accese. Sarà ora di cena?

 

Sospiro, parcheggiando la macchina davanti al vialetto e resto per un attimo ancora seduto, le mani che non hanno lasciato il volante e il rumore della radio che sovrasta ogni cosa. 

 

E se mi facessero delle domande? E’ la seconda sera consecutiva che passo fuori dalla Dalton, mio padre me ne chiederà sicuramente il motivo!

 

“Non riesco a stare in stanza con Blaine senza sapere cosa pensa realmente di noi

 

Gli risponderei questo? Ma certo! E poi potrei benissimo scavarmi la fossa! Senza pala, troppo comodo: a mani nude, appena uscite da una delle manicure più precise che io abbia mai visto – e questo è tutto dire.

 

Mi lascio scappare un sorriso, non so se di stanchezza o altro ed esco dalla macchina con lentezza: non credo che risponderò alle loro domande, quindi è inutile farsi problemi su come rispondere.

 

Busso e aspetto con le mani in tasca e la testa bassa; quando mi aprono, il volto sorpreso di mio padre mi accoglie sulla porta.

 

«Kurt…»

 

Io lo guardo senza sapere cosa fare. L’attimo dopo sono tra le sue braccia, il volto nascosto nell’incavo del suo collo e l’odore familiare del suo dopobarba che mi invade le narici quasi con gioia. Trattengo le lacrime a stento.

 

«Ciao, papà» dico contro la sua maglietta, stringendolo più forte.

 

Forse lo farò preoccupare, ma improvvisamente, solo vedendolo, mi sento meglio. Almeno per un po’.

 

«Kurt…? È successo qualcosa…? Che hai?» mi chiede prevedibilmente, al che scuoto la testa.

 

«Va tutto bene» mento «Sono solo felice di vederti. Posso… posso restare qui anche stanotte?»

 

Lui mi prende per le spalle e mi costringe ad allontanarmi così che possa guardarlo in volto.

 

«Mi pare di avertelo detto dal giorno in cui sei andato alla Dalton: questa è sempre casa tua! Non devi mai più azzardarti a chiedere se puoi restare qui!»

 

Lo sguardo serio che mi rivolge per un attimo mi lascia interdetto; poi mio padre con un sorriso si fa da parte e mi lascia entrare. Non vedo casa solo da ieri, ma mi pare sia una vita. In cucina Carole e Finn mi accolgono con un sorrisone ed io sento di voler fare così tante cose insieme – ridere, piangere, abbracciarli, sfogarmi per tutto quello che sta succedendo – ma semplicemente non ne ho la forza.

 

«Tesoro, cosa vuoi che ti prepari per cena?» mi chiede Carole amorevole.

 

«Oh, no, non ho fame… sono solo un po’ stanco… Andrò in camera mia, grazie» le sorrido, prima di salire le scale ed entrare in camera.

 

Ogni cosa è come l’ho lasciata ieri e sul letto la trapunta blu crea una strana atmosfera di tranquillità a tutta la stanza. Amo il blu, amo l’effetto che ha su di me, riesce a mettermi di buon umore o almeno a placare il mio tormento.

 

Trascinando i piedi, riesco a  gettarmi sul morbido materasso quasi fossi un perso morto. Metto con difficoltà le cuffie dell’i-pod e seleziono una playlist lenta e rilassante: voglio solo riposare con calma e senza pensieri negativi almeno per una notte.

 

Chiudo gli occhi e sento lentamente la stanchezza e il sonno prendere il sopravvento su tutto – o quasi. Il pensiero di Blaine, i suoi occhi distrutti, il dolore al petto che ho provato nel vederlo così non sembrano essersi affievoliti, ma anzi, ora hanno maggiori possibilità di ossessionarmi, nonostante la musica. Non vorrei pensarci.. ci stavo riuscendo… Almeno una notte, solo una notte senza tutti quei dubbi ad incasinarmi i pensieri, solo…

 

Qualcosa mi prende la spalla, strappandomi con spavento alla nuova spirale di dolore che mi stava avvolgendo. Spalanco gli occhi con allarme e mi volto fino ad incontrare il viso di Finn, il suo accattivante mezzo sorrisetto che lo illumina.

 

«Non volevo spaventarti» si scusa sedendosi sul letto.

 

Anche io mi metto seduto e noto sul comodino due tazze di latte fumante. Oh, Finn…

 

«Mi chiedevo… insomma di solito eri tu a portarmi il latte caldo quando volevi parlarmi – me l’ha detto Rachel – e allora ho pensato che stavolta potevamo fare a cambio…»

 

Bene. Vuole parlarmi. Ed io che mi ero illuso che non ci sarebbero state domande!

 

«Di cosa vuoi parlare?» chiedo – psicologia inversa: se sembro sicuro di me e disinvolto magari non scaverà a fondo e uscirò da questa spiacevole situazione con meno problemi di quelli che prevedo al momento.

 

«Dimmelo tu! Che hai?»

 

Spero di non essere impallidito. Da quando Finn è tanto perspicace?

 

«Nulla» provo a mentire «Sono solo stanco, ve l’ho detto»

 

Mio fratello mi guarda con occhi taglienti e gelidi: ha capito che lo sto prendendo in giro! Non so se essere più spaventato dalla sua perspicacia da picchi storici o per il fatto che non si arrenderà facilmente.

 

«Sono sbalordito» sussurro cercando di sviare il discorso su altro, ma lui non molla.

 

«Non attacca, Kurt. Ieri non mi sono accorto che eri tornato a casa fino a che non ti ho trovato in cucina, di notte, a prendere dell’acqua e per poco non crepavo per lo spavento! Ora sei di nuovo qui per la notte. Deve esserci qualcosa che non va»

 

«Non posso sentire semplicemente la mancanza della mia famiglia?» ribatto offeso.

 

«No. Cioè, certo che puoi… Ma.. Quello che intendevo è che non è per questo che sei qui. Mi dici che problemi hai?»

 

Sospiro abbassando lo sguardo. Non so neanche da dove partire per spiegargli i miei problemi con Blaine. E poi… non è che sia a mio agio al cento per cento nel parlare di ragazzi con Finn.

 

«Kurt!»

 

La sua mano si poggia con una forte stretta sulla mia spalla ed io sussulto per quel contatto improvviso. Ritrovando i suoi occhi vi leggo spavento.

 

«Non ti staranno dando fastidio anche alla Dalton! Tutti mi hanno detto che lì c’è tolleranza zero contro il bullismo, ma magari si sbagliano… magari, invece, ti stanno infastidendo anche lì e tu ti senti più al sicuro a dormire a casa! Chi è, Kurt? Voglio sapere subito il suo nome! Non ho fatto nulla contro Karofsky, ma stavolta non la passa liscia, chiunque sia!»

 

Guardo gli occhi scuri di Finn che brillano in un modo che ho visto pochissime volte. La mano libera si è stretta attorno ad un lembo della trapunta e lo sta stringendo forte. Io sento di arrossire, ma sorrido sincero all’affetto che traspare limpido da quei gesti.

 

«No, no, Finn! Tranquillo: non c’è nessuno che mi infastidisce a scuola! E’ tutto a posto lì: è davvero a tolleranza zero!» lo rassicuro e vedo i suoi lineamenti rilassarsi di colpo ed un sospiro lasciare le sue labbra.

 

«Allora qual è il problema, Kurt…? Avanti, con me puoi parlare!» mi incita con una dolcezza che mostra spesso in realtà e che adoro.

 

Credo sia questo che mi spinge a far cadere ogni barriera e a lasciare che la verità scivoli fuori con semplicità.

 

 

 

«Blaine» sussurro distogliendo lo sguardo e sento i suoi occhi trafiggermi: ovvio che aspetti che vada avanti «È da un po’ che non facciamo altro che litigare e chiederci scusa… Ma stavolta non abbiamo fatto ancora pace ed io non so come affrontarlo»

 

«Oh…»

 

Quel monosillabo conferma il fatto che né io né lui siamo proprio a nostro agio a parlare di un simile argomento, ma con sorpresa Finn non demorde.

 

«Ha fatto qualcosa di tanto grave da non meritare il perdono?» chiede discreto.

 

«No! Cioè… non è così grave…»

 

«E allora perché non avete ancora chiarito?»

 

Io lo guardo con un gesto di scatto. Ha colto nel segno. Di nuovo. Finn.

 

«È… complicato…» comincio e il suo sguardo è un imperativo ad andare avanti «Non è neanche questa litigata in particolare il problema. Il punto è che… io… si è rotto qualcosa, Finn… Chiamalo feeling, chiamalo “essere sulla stessa lunghezza d’onda” o come vuoi tu… Ma non c’è più.. e mi sembra che ad ogni parola ci allontaniamo sempre di più… Lo sto perdendo»

 

Ormai non provo più neanche a nascondere quello che sento…

 

«Gli vuoi bene…» constata lui, con uno dei suoi mezzi sorrisi «C’è da capire se gli vuoi così bene»

 

Stavolta sono io a guardarlo interrogativo.

 

«Ma sì…» riprende un po’ imbarazzato «Insomma, cosa senti per lui? E non parlo delle solite cose stupide come il cuore che pare fermarsi o il fatto che non riesci a staccare occhi e testa da lui. Parlo di quando vorresti fare un milione di cose insieme e allo stesso tempo nulla, perché lui riesce a metterti in subbuglio completo; parlo di quando con lui il mondo è migliore e senza di lui un inferno completo; quando ti rendi conto che sul serio non potresti farne a meno»

 

Io non stacco gli occhi da quelli di mio fratello. Parla per esperienza, lo so. E sono quasi certo di sapere anche a chi si riferisce. Ma io… io provo questo per Blaine?

Non ho bisogno di domandarmelo neanche una volta.

 

«Finn, mi stai chiedendo se sono innamorato di Blaine?» sussurro con voce tremante.

 

«Lo sei?»

 

Lo sento di nuovo, in questo preciso momento: come prima, alla vista dell’Usignolo alla finestra della nostra stanza, sento il cuori spezzarsi – la verità è troppo forte. Non sono più in grado di trattenerla, non sono più in grado di trattenere le lacrime o la voglia di sentire il calore di un corpo che mi abbraccia – il suo mi manca terribilmente. Mi lancio tra le braccia di Finn quasi con disperazione e lui mi stringe a sé con un trasporto in cui non osavo sperare.

 

«Sì» gemo tra i singhiozzi «Lo amo. Sento di non aver mai provato un simile sentimento prima e mi chiedo cosa sarò quando tutto questo verrà strozzato da un suo “no”. Non ce la faccio, Finn»

 

Sento la grande mano di mio fratello accarezzarmi la schiena con inaspettata delicatezza mentre le mie lacrime bagnano la sua felpa scura. Lascia che mi sfoghi, che lasci passare tutto il dolore e la voglia di gridare al mondo tutto quello che non va. Io farfuglio frasi sconnesse ed impastate dal tremore delle labbra e continuo a fare la stessa domanda.

 

Cosa prova per me Blaine?

 

Quando sono relativamente calmo e le mie spalle non sono più in preda agli scatti dei singhiozzi, Finn mi lascia andare, guardandomi negli occhi.

 

«Ascolta, Kurt: so quanto possa essere difficile, ma l’unica cosa che puoi fare al momento e parlargli. Chiarisci tutto, sii diretto, chiedigli cosa prova»

 

Io scuoto la testa: non ne ho la forza.

 

«So che non sopporterei un rifiuto» spiego.

 

«E invece hai la forza di resistere in questo stato ancora per molto? Guardati, Kurt! È la seconda volta che scappi dalla Dalton! E poi.. credo che il chiarimento farà bene ad entrambi in ogni caso»

 

«Come potrà farmi bene un rifiuto, Finn?» piagnucolo, stendendomi a metà sul letto e poggiando la testa sul cuscino.

 

«Perché se succederà, smetterai di stare male ed andrai avanti! Non puoi farti ridurre così, da nessuno»

 

In effetti, non è la prima volta che mi spaventa il potere, la capacità di farmi stare bene o male che Blaine ha su di me. Sospiro. Gli parlerò. Appena troverò il momento adatto, gli parlerò… per quanto ora non ne sembri del tutto convinto, credo che Finn abbia ragione.

 

«E fino a che non avrò chiarito…?»

 

«A parte che devi farlo quanto prima» quasi sembra minacciarmi «Fino a quel momento… sii semplicemente te stesso. Non portargli inutile rancore, non essere acido e non aggravare il tutto. Ma ti ripeto, prima è meglio è»

 

Da quando Finn è un pozzo di saggezza e ottimi consigli…? Lo guardo con affetto.

 

«Stasera mi sembri un vecchio filosofo» mi complimento «Sai anche dirmi quando credi sia di preciso il momento migliore per parlare con Blaine?»

 

Lui sfoggia un nuovo sorrisetto ed io già so cosa sta per rispondere.

 

«Te ne accorgerai solo quando arriverà» fa sibillino ed io alzo gli occhi al cielo.

 

«In tutto questo» riprende lui, lanciando uno sguardo al mio comodino «Abbiamo completamente dimenticato il latte! Ormai sarà freddo!» si rammarica.

 

«Tranquillo» sorrido io – troppe volte nella stessa serata «Il latte caldo ha svolto alla perfezione il suo compito»

 

Finn mi stringe un’ultima volta la spalla con affetto e poi mi lascia, salutandomi con un sorriso.

 

«Emh… Kurt, se hai bisogno, sai dov’è la mia camera: non esitare a svegliarmi» mi raccomanda.

 

«Grazie, Finn. Di tutto»

 

Lui strizza un occhio e lascia la stanza. Io ancora sorrido: sarei perso senza di lui e mi rendo conto che non è la prima volta. Finn è il fratello migliore che possa avere. L’unico che vorrei.

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTE:

 

Ok, prima che qualcuno di voi mi/ci uccida per l’enorme, imperdonabile ritardo con cui postiamo, ci scusiamo infinitamente! Impegni vari (alcuni piacevoli, altri meno) hanno sottratto tempo alla storia, ma ci stiamo rimettendo in gareggiata!  *Alchimista alza un pugno in segno di coraggio*

Ehm… se poi volete ammazzare me per l’altissima dose di angst che ho riservato a Kurt, nonostante quello scorso sia stato IL capitolo e tutti voi vi aspettavate un bacio… *Alchimista non sa come proseguire e tenta di nascondersi dietro Pachelbel* abbiate ancora un po’ di pazienza: garantisco che sarà pienamente ripagata u.u

Ci teniamo poi a ringraziare le stupende 17 persone che hanno recensito lo scorso capitolo *-* e tutte quelle che ancora mettono la storia tra preferite/seguite/ricordate: siete la nostra forza e in nostro orgoglio!!!

A presto (promesso)

 

-*Alchbel ♥

   
 
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