Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio!
Ricorda la storia  |      
Autore: Lou Asakura    10/12/2011    15 recensioni
«L’uomo che ti ama», spiegò, «ti bacia dolcemente mentre sussurra il tuo nome. L’uomo che ti ama ti accarezza i capelli e ti guarda negli occhi mentre fate l’amore. [...] Desidera te, e ti si stringe come se non volesse lasciarti mai. L’uomo che ti ama sente il tuo profumo su di sé e sa che non potrebbe farne a meno, e capisce che tu sei ciò che aspettava da una vita. Non c’è limite all’amore di quest’uomo».
[Quando Nami si cambia e s’infila nel letto, Nojiko non può fare a meno di notare il sangue sui vestiti e, constata con un brivido, sulla biancheria della sorella. E’ a quel punto che capisce. Ha quattordici anni, e Nami ne ha solo dodici, ma capisce.
Da quel giorno, e in quelli successivi, e per gli otto anni che verranno, Nami non riuscirà mai più a dormire da sola senza ripercorrere quei ricordi che le feriscono e le strappano il petto
].
«… Sanji-kun, tu mi ami?».
L’altro annuì. «Ti amo alla follia».
[Sanami, slightly Zorobin] [Mia personale visione del periodo che Nami ha trascorso con Arlong]
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nami, Sanji | Coppie: Sanji/Nami
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

L’uomo che ti ama.

L’uomo che ti ama ti bacia dolcemente mentre sussurra il tuo nome. Non c’è dolore con lui.

L’uomo che ti ama ti accarezza i capelli e ti guarda negli occhi mentre fate l’amore.  

L’uomo che ti ama desidera te, e ti si stringe come se non volesse lasciarti mai.

L’uomo che ti ama sente il tuo profumo su di sé e sa che non potrebbe farne a meno, e capisce che tu sei ciò che aspettava da una vita.

Non c’è limite all’amore di quest’uomo”.

 

Nami strinse le palpebre e si stiracchiò, sbattendo i piedi sulle fresche lenzuola bianche.

Amava la sensazione della pelle che sfregava contro la stoffa ruvida e s’insinuava tra le sue pieghe, amava muovere le dita dei piedi e strofinarle tra le lenzuola; forse poteva sembrare stupido, ma in qualche modo farlo la faceva sentire libera.

Guardò l’orologio, ed un po’ d’ansia prese a stringerle il petto. Erano già le dieci, e presto non avrebbe avuto più scuse; rassegnarsi e mettersi a dormire parevano le uniche opzioni contemplabili, tuttavia c’era sempre quel peso che gravava in un angolo del torace, accanto al cuore, ad impedirglielo.

Un peso che si portava dietro da più di otto anni, e del quale a nessuno aveva mai rivelato l’esistenza. Neppure a Nojiko, anche se era certa che la sorella avesse già intuito tutto:  difficile ignorare l’espressione che aveva in volto quando, da ragazzina, faceva ritorno a casa più lacera del solito e con gli indumenti strappati, gli occhi appannati di lacrime.

Scosse il capo con energia e lo tuffò sul cuscino, scacciando così i brutti pensieri. Non le andava di rievocare quell’orribile periodo, anche se, lo sapeva, sarebbe stato inevitabile.

A dire il vero, Nami avrebbe dovuto essere piuttosto felice per Robin a causa del suo improvviso avvicinamento a Zoro, e non negava di esserlo: tuttavia, il fatto che la compagna quella notte dormisse con lo spadaccino le risultava parecchio difficile da ignorare, ed il motivo pareva a lei stessa talmente stupido da non riuscire ad ammetterlo.

La verità era che, semplicemente, Nami odiava dormire da sola.

Lo odiava perché era da sola che aveva dormito, ad Arlong Park, quando non le era stato permesso far ritorno a casa. Chiusa in una stanza che puzzava di pesce e di marcio, raggomitolata in lenzuola ruvide e scure, la luna che la salutava dall’unico oblò, beffarda.

La cosa pazzesca era che, durante quelle notti, il miracolo era rimanerci, da sola. Nami tremava tutto il tempo, raggomitolata tra le lenzuola rancide, sperava di non udire il cigolio nefasto della porta che si spalancava. Quando la luce giungeva, e la notte scivolava via, piano, era una benedizione.

Il sole era cosi bello quando si portava via quella luna funesta.

Fu con questi pensieri in testa che Nami inaugurò la sua prima nottata da sola.

Si strinse nelle coperte, cosi come faceva da bambina, e si compiacque nel trovarle fresche e profumate, accoglienti come un rifugio. Questo non è Arlong Park, si disse con convinzione, questa è casa mia. I miei compagni sono a pochi metri da me e dormono tranquillamente. Riesco quasi a sentire il russare di Rufy. Va tutto bene.

Ma tra pensarlo e il convincersene ce n’era, ed il battito frenetico del cuore non pareva volersi placare.

Forse avrebbe potuto trascorrere il tempo leggendo un libro, si disse, e fu proprio quando si apprestava a scendere dal letto che udì un debole bussare alla porta, lieve e garbato quasi come se chiunque fosse temesse di disturbarla. Paragonarlo al cigolio della porta e ai passi pesanti dei suoi ricordi fu quasi spontaneo, e la differenza tra i due la lasciò spiazzata.

«Avanti», disse incerta dopo essersi schiarita la voce, e non si stupì più di tanto nel vedere la testa biondo grano del cuoco di bordo far capolino dall’uscio. Dovevo aspettarmelo, si disse. Chi dei suoi compagni sapeva essere tanto premuroso oltre a lui…?

«Sanji-kun», lo salutò, rassicurata. Mai come in quel momento ringraziava della sua presenza.

Lui le sorrise mentre si incamminava verso il letto, trasportando un vassoio tra le mani. «Come sospettavo sei ancora sveglia, Nami-san. Ti ho portato qualcosa da bere, se ti va ~♥».

«Oh…grazie». Nami sapeva che non avrebbe dovuto più stupirsi per le premure del cuoco, ma in qualche modo il riusciva sempre a sorprenderla.

«Come sapevi che ero sveglia?», domandò, mentre lui le porgeva una tazza ricolma di qualcosa dall’odore delizioso.

«Ah…». Sanji si agitò con noncuranza una mano davanti al viso. «… Ho visto la luce accesa.»

Intanto, la rossa avvicinò le labbra alla tazza e ne sorseggiò il contenuto, apparentemente deliziata.

«Oh… ti piace? E’ the nero, il mio preferito. Se lasciato in infusione abbastanza a lungo diventa un ottimo rilassante. Ho pensato… beh, che potesse aiutarti a prender sonno».

A quel punto Nami sollevò gli occhi dalla tazza e li puntò in quelli del cuoco. «… E perché dovrei averne bisogno?», domandò, chiedendosi come avesse fatto ad intuirlo.

«Mh… è che Robin-chan non c’è, perciò ho pensato che fosse triste dormire da sola. Scusami… insomma, se mi sono sbagliato».

«Ah… n-no. Cioè, è un bel pensiero». Non sapeva davvero cosa dire. In condizioni normali, la sua risposta sarebbe stata qualcosa come “ooh, grazie! E adesso mi porteresti anche dei dolcetti, per favore?”, oppure “chi ti credi di essere, idiota pervertito? Va fuori”. Invece, riuscì solo a fissarlo nell’unico occhio, blu, e domandarsi cosa si agitasse al suo interno.

Mentre lei si perdeva in questi pensieri, il biondo rivolse uno sguardo alle lenzuola appallottolate in un angolo ed al cuscino ammaccato.

«Ehm, Nami-san… stavi facendo una lotta qui dentro, per caso?».

«Ah…». Anche lei gettò un’occhiata nervosa a lenzuola e cuscino. «… ehm, no. Diciamo uno sfogo».

«… Capisco. Se hai finito, riporto la tazza in cucina e ti lascio riposare».

Era questo che le piaceva di Sanji-kun; quando si comportava in maniera seria, sapeva essere la persona più premurosa e discreta del mondo. Un altro si sarebbe probabilmente ostinato ad indagare su cos’era che la turbasse, ma lui no. Lui la guardava negli occhi e capiva perfettamente se il messaggio fosse “insisti e chiedimi qualcosa” oppure “non osare dire altro. Vattene”.

Era per questo motivo, forse, che riusciva ad interpretare con tanta facilità i suoi ordini ancor prima che lei glieli impartisse.

A volte, quando la situazione pareva disperata, le bastava gridare “Sanji-kun, potresti…” ed ecco che lui già si fiondava verso il timone, con un entusiastico “Certo, Nami-san!”.

Sorrise, mentre il compagno la scrutava con aria interrogativa.

«Nami-san…?».

«Oh… ah, si. Ho finito. Era buonissimo come al solito», disse, porgendogli la tazza e chiedendosi che bisogno ci fosse di comportarsi in modo tanto gentile. Si trattava di Sanji-kun, dopotutto, il suo schiavetto pronto a gettarsi dal ponte della nave per lei. Lo pensò, ed un attimo dopo si sentì tremendamente in colpa; forse trattarlo con gentilezza una volta tanto non era cosi sbagliato.

Il cuoco dovette pensarla allo stesso modo, perché il suo viso si illuminò mentre le prendeva la tazza dalle mani e la riponeva nuovamente sul vassoio.

«Allora, Nami-san… io vado. Fa sogni d’oro, mi raccomando».

La salutò agitando brevemente la mano, dopodiché si diresse verso la porta.

Ecco, si disse Nami. Trascorrere un po’ di tempo lontana dai suoi fantasmi era stato tanto bello quanto inaspettato, ma sapeva che non sarebbe durato a lungo. Sentiva già le coperte attirarla come un richiamo, nelle spire di un passato che non riusciva a scrollarsi di dosso.

No, si disse, non avrebbe trascorso un’altra notte del genere. Ora era cresciuta. Ora non era più sola.

«Sanji-kun?», chiamò, ed il cuoco si arrestò ormai sulla soglia.

«Dimmi, amore mio».

«Pensavo… giurami sull’All Blue che non ti farai strane idee, okay? Però, insomma, mi chiedevo…».

Si ritrovò suo malgrado ad arrossire mentre con le dita tormentava l’orlo del lenzuolo.

«… insomma, mi chiedevo se ti andrebbe di rimanere qui ancora un po’, solo perché non ho sonno e non mi va di dormire, e assolutamente senza doppi fini».

Enfatizzò sulle ultime parole e guardò l’espressione del cuoco trasfigurarsi lentamente da sorpresa a incredula a raggiante.

«Io, insomma… certo che si! Cioè, volevo dire… certo che mi va, Nami-san! Fa…farti compagnia, dico. Senza doppi fini e tutto il resto».

«… Precisamente», confermò lei, incrociando le braccia al petto.

«Io, beh… vado a sciacquare la tazza e torno subito, okay?».

Lei annuì ed un attimo dopo lo vide sparire oltre la porta, chiedendosi se avesse fatto la cosa giusta. Sanji era un compagno fedele, questo era vero, ma si trattava pur sempre di un uomo; un uomo piuttosto pervertito, poi, anche se dannatamente gentiluomo.

Si chiese se a Sanji-kun fosse mai passato per la testa qualcosa come fare l’amore con lei, e si domandò quante volte dovesse averci pensato.

L’aveva messo a disagio con la sua proposta? L’avrebbe costretto a passare la notte a starle accanto trattenendosi, o l’avrebbe spinto a far qualcosa di cui poi si sarebbe pentito?

Quando il cuoco fece ritorno nella camera illuminata, socchiudendo la porta appena tanto da passarci –per non far trapelare il freddo, di certo- Nami si sentì un enorme stupida.

Come poteva dubitare di uno tanto premuroso?

… Ma rimaneva un uomo, e Nami aveva visto fin troppi uomini apparentemente beneducati trasformarsi in bestie davanti a una donna.

Ma lui è Sanji-kun. E’ un compagno e un gentiluomo. Andrà tutto bene.

Tutti questi pensieri si avvicendavano nel suo cervello mentre Sanji si avvicinava al letto, incerto, domandosi quale fosse la prossima mossa. Starsene li in piedi lo faceva apparire goffo, mentre sedersi sul letto accanto a lei l’avrebbe reso sfacciato. Nell’incertezza, si piegò sulle ginocchia e schiacciò la schiena contro il letto, rannicchiandosi sul pavimento.

E adesso?

Nami-san stava seduta sul materasso con le gambe strette al petto, intenta a rimuginare riguardo qualcosa che lui non riusciva ad immaginare. Poi, all’improvviso, spostò gli occhi nocciola e li puntò nei suoi, come se volesse dire qualcosa. Aprì e chiuse le labbra più volte, dopodiché parve decidersi.

«Ecco… insomma, Sanji-kun, pensavo ad una cosa. Non so come mi sia venuto in mente di parlare di qualcosa del genere proprio con te, ma sappi che non ho secondi fini. Per cui rispondimi senza pensar male. Intesi?».

Il cuoco annuì, domandandosi quali altre sorprese gli riservasse quella serata già incredibile.

«Bene. Allora… qualcosa mi dice che tu sia l’unico su questa nave a cui io possa chiederlo. Insomma…» Prese fiato. «tu… hai mai fatto l’amore, Sanji-kun?».

Il biondo non ebbe problemi ad ammettere con sé stesso che si sarebbe aspettato qualunque domanda tranne quella.

«…Perché me lo chiedi?».

Nami sospirò, sperando che il compagno non si mettesse a fare lo stupido come suo solito. «…Non c’è un motivo particolare. Voglio solo sapere».

Il cuoco le rivolse un’occhiata di sbieco, dopodiché si prese il tempo di rispondere accendendosi una sigaretta. La infilò tra le labbra con lentezza e si concesse un paio di tiri, dopodiché le labbra si piegarono in un sorriso.

«Mi prometti che non riderai?».

La rossa annuì, curiosa.

«Beh… mai fino in fondo. Forse tu mi considererai un pervertito o qualcosa del genere, ma sono contrario per principio a fare l’amore con una donna che non amo».

«Ma, Sanji-kun…» disse Nami, sorridendo suo malgrado. «tu ami tutte le donne».

«Ah… anche questo è vero», rise lui, espirando un’altra boccata di fumo. «Ma vedi, mi riferisco alla donna speciale che mi farà battere il cuore più delle altre. E’ una decisione necessaria, perché altrimenti rischierei di illudere una fanciulla alla quale non potrei donare altro che una notte d’amore. Capisci?».

…Ancora quella sua cavalleria.

«Mmm… più o meno. Lo sai, Sanji-kun? Ne esistono pochi di ragazzi come te».

«Aaah ~♥ E’ un complimento?».

«Non incominciare», fece Nami ridendo, e diede uno schiaffo sulla testa del compagno, che scoppiò a ridere di rimando.

E poi, d’improvviso, le lenzuola ammucchiate in un angolo le ricordarono il motivo di quell’impensabile conversazione notturna.

Prese di nuovo fiato, strinse il cuscino ammaccato tra le braccia.

«… Neh, Sanji-kun».

Lui le sorrise, come al solito. «Dimmi, principessa».

«Mi chiedevo… quindi, secondo te, non esiste il sesso senz’amore?».

Un altro tiro alla sigaretta, stavolta più intenso. «…No. Si tratterebbe di una forzatura».

«… E se dovesse succedere? Se si fosse costretti?». La voce di Nami s’infranse a metà della frase, e Sanji si voltò a guardarla. Stringeva forte il cuscino tra le braccia, e gli occhi si erano fatti improvvisamente vitrei.

«… In quel caso, sarebbe pura mostruosità. Ammazzerei chiunque dovesse osare fare una cosa del genere».

A quel punto fu troppo e, semplicemente, dopo otto anni Nami crollò.

«A me è successo», sillabò con voce atona. «Mi è successo quando avevo dodici anni».

 

Nami è tornata a casa prima, oggi.

Nojiko la vede correre scalza lungo il vialetto d’ingresso, nel cuore della notte, e corre ad accoglierla. Ma c’è qualcosa di diverso in sua sorella, lo nota sin dal primo sguardo.

I vestiti sono strappati e laceri in più punti, le braccia e le gambe sono coperte di graffi simili ad unghiate, c’è anche del sangue. Ma sono gli occhi di Nami, più di tutto, a gelarla.

Occhi immobili, appannati, nei quali stanno strette un miliardo di lacrime che si rifiutano di scendere.

«Nami… che è successo? Stai bene? Ti hanno fatto qualcosa?».

Lei la guarda per un attimo, con quei suoi occhi appannati e poi, inaspettatamente, sorride. Nojiko giura di non aver mai visto un sorriso cosi finto e spaventoso.

«Niente… non mi hanno fatto niente», risponde con voce che di allegro ha soltanto il tono, e fa per entrare in casa.

«Ma come… sei piena di ferite, Nami!».

«Ah, queste… siamo stati attaccati da alcuni pirati, ieri, ed io ho partecipato al combattimento. Non è niente di serio, sta tranquilla!».

Quando Nami si cambia e s’infila nel letto, Nojiko non può fare a meno di notare il sangue sui vestiti e, constata con un brivido, sulla biancheria della sorella. E’ a quel punto che capisce. Ha quattordici anni, e Nami ne ha solo dodici, ma capisce.

La sorella non le dice mai nulla, ma di tanto in tanto, durante gli anni successivi e con sempre più frequenza, fa ritorno a casa in quelle condizioni. Alle domande di Nojiko, semplicemente risponde “Ci hanno attaccati, ho combattuto bene stavolta, sai? Sono stati fieri di me”.

E poi si cambia, sempre, e si mette a letto senza un singhiozzo.

Ma da quel giorno, e in quelli successivi, e per gli otto anni che verranno, Nami non riuscirà mai più a dormire da sola senza ripercorrere quei ricordi che le feriscono e le strappano il petto.

 

… Non l’avrebbe mai detto, ma parlarne dopo otto anni fu come strapparsi un peso via dal petto.

Quei graffi ce li aveva ancora li, incisi sulle braccia, sulle gambe e sulla schiena, e sapeva che non sarebbero mai andati via. Stavano li a ricordarle di ciò che era accaduto, stavano li come un monito.

Gli uomini possono solo ferirti. Ti vogliono solo per il loro piacere.

Ed era in questo che aveva creduto, Nami, fino a quando quella ciurma di pazzi non si era fatta strada all’interno del suo cuore, mostrandole quanto invece gli esseri umani potessero rivelarsi buoni e premurosi. Ma c’erano cose, si disse, che neppure loro sarebbero stati capaci di cancellare. Cose che tutto il loro affetto non avrebbero potuto oscurare, perché esisteva un solo uomo al mondo in grado di mostrarle cosa fosse l’amore, e Nami non sapeva se crederci.

Sperarci, quello si. Non aveva mai smesso.

Fu il rumore di qualcosa di pesante che si abbatteva sul pavimento a ridestarla dai suoi pensieri.

Un attimo dopo si rivolse verso Sanji-kun, che stava ancora rannicchiato sul pavimento, le spalle scosse da profondi tremiti e le dita strette in pugni cosi serrati da sbiancare le nocche.

«Sanji-kun… le tue mani. Ti farai male», sussurrò, scrollandolo lievemente.

Il biondo non rispose e sbatté un pugno sul terreno, con cosi tanta forza che Nami temette davvero per le amate mani del compagno. Fu in quel momento che notò una sorta di lamiera di ferro in un angolo, e capì cosa fosse stato il rumore di poco prima: quello che era stato un vassoio d’alluminio adesso era una sorta di lastra tutta ammaccata.

«Sanji-kun, smettila», ripeté, scrollandolo stavolta con più energia. «Ti farai male davvero alle mani se continui cosi! Cosa farai se non potrai più cucinare, eh?».

Questo parve finalmente scuotere il cuoco, che sollevò il capo con estrema lentezza e si fissò le dita arrossate, senza dire una parola.

Fu a quel punto che alcune gocce trasparenti presero a piovergli sui palmi delle mani, e la navigatrice si accorse con sgomento che il compagno stava piangendo.

«Fare questo a una donna…», singhiozzò a volume inudibile. «Quei mostri… quei fottuti mostri di merda… la mia Nami-san…».

Nami non seppe dire perché, ma provò un’immensa tenerezza mista a gratitudine e capì che Sanji-kun aveva preso il suo macigno e se l’era caricato sulle spalle, da vero gentiluomo qual’era, e adesso ne stava sopportando tutto il peso.

Proprio lui, che odiava che un capello venisse torto a una donna. Proprio lui se l’era preso sulle spalle, e adesso soffriva disperatamente.

A quel punto Nami mandò tutto al diavolo e si appoggiò alla schiena del compagno, quasi volesse sorreggerlo. Chiuse gli occhi e rimase cosi, ad udire il ritmo dei suoi singhiozzi soffocati che lentamente andavano calmandosi, passando una mano tra i capelli biondi e sottili e domandandosi come avessero fatto le cose a finire in quel modo.

Fu solo dopo qualche manciata di minuti che il respiro del cuoco si regolarizzò definitivamente, ed a quel punto Nami si staccò da lui con lentezza, percependo tutto il peso che lentamente tornava a gravarle sulla schiena. Sapeva che non sarebbe bastato cosi poco a mandarlo via. Otto anni erano fottutamente lunghi.

«…Eri una bambina». La voce di Sanji, più roca e strascicata del solito, la sorprese.

«Si».

«Ti hanno costretta. Ti hanno ferita».

«Si».

«Li ammazzo».

Una risata senz’allegria. «Ci ha già pensato Rufy, no?».

«…Già. Ma adesso ho voglia di prenderli a calci nel culo uno ad uno».

Nami sospirò mentre stringeva nuovamente il cuscino al petto.

«…Grazie».

Lui annuì, tornando a fissarsi le mani ancora arrossate.

«Tu ti meriti felicità, non dolore.», sussurrò. «Nessuna donna si merita il dolore. Quei bastardi invece si.»

«… Peccato che non tutti gli uomini la pensino come te, Sanji-kun. Come voi».

«…Mi fanno schifo».

«… Lo so».

Si guardarono negli occhi a vicenda, complici di quel segreto che adesso li legava e che gravava sulle loro schiene.

Arrivati a quel punto, tanto valeva andare fino in fondo.

«Lo sai, Sanji-kun? Tutti quanti dicono che fare l’amore sia una cosa meravigliosa, ma io non credo. Tutte le volte… non ho mai sentito nulla. Fa solo male».

«… Questo perché ciò che ti hanno costretta a fare era tutt’altro, tesoro mio. E’ la cosa più lontana dall’amore e dall’essere umani».

«Ma… ho paura. Se anche un giorno io dovessi amare un uomo, probabilmente non riuscirei mai ad andare fino in fondo. Quelle immagini continuerebbero a starmi in testa per tutto il tempo».

Sanji le strinse una mano e prese a carezzarle il palmo con delicatezza.

«…Se sarà l’uomo giusto, capirà. L’uomo che ti ama saprà esattamente ciò che tu desideri, e tu sarai ciò che lui desidera, ed a quel punto non ci sarà spazio per altro. Quelle immagini semplicemente spariranno dalla tua testa, e non torneranno più».

Nami si chiese come Sanji facesse ad essere sempre cosi dannatamente rassicurante.

«…Me ne parli, Sanji-kun?», sussurrò. «Dell’uomo che mi ama?».

Lui le sorrise con calore mentre intensificava la presa sulla sua mano.

«L’uomo che ti ama», spiegò, «ti bacia dolcemente mentre sussurra il tuo nome. Non c’è dolore con lui. L’uomo che ti ama ti accarezza i capelli e ti guarda negli occhi mentre fate l’amore.  L’uomo che ti ama desidera te, e ti si stringe come se non volesse lasciarti mai. L’uomo che ti ama sente il tuo profumo su di sé e sa che non potrebbe farne a meno, e capisce che tu sei ciò che aspettava da una vita. Non c’è limite all’amore di quest’uomo».

Nami lo ascoltò con attenzione, chiedendosi come mai quelle parole le apparissero tanto vere e giuste.

Forse era quella notte, forse era la mano di lui che l’accarezzava, o forse era Sanji-kun e la sua voce cosi calda e cosi rassicurante. Forse fu tutto questo, ma all’improvviso anche Nami capì. Capì e fu certa che il peso che si portava sulle spalle l’avrebbe abbandonato li, quella notte, perché adesso le cose erano cambiate.

Adesso c’era quella mano che la stringeva, e come aveva fatto a non accorgersene prima?

Rimaneva solo un’unica cosa da fare.

«… Sanji-kun, tu mi ami?».

L’altro annuì. «Ti amo alla follia».

Con una fitta al cuore, Nami fu certa che fosse ciò che voleva sentirsi dire. Raccolse tutto il coraggio che aveva mentre sperava intensamente di star facendo la cosa giusta.

La stretta salda e rassicurante sulle sue dita le suggerì che non avrebbe potuto far una scelta migliore.

«Se è cosi… se mi ami, allora mostramelo, per favore». Guardò il biondo negli occhi, tentando di comunicargli quanto tutto quello fosse fondamentale per lei. «Mostrami com’è che fa l’uomo che mi ama».

All’inizio Sanji non capì. O meglio, si rifiutò di credere a ciò che le sue orecchie avevano appena udito. Nami-san gli stava forse chiedendo…?

Gli costò uno sforzo immane riuscire a mettere in fila un paio di parole.

«…Non… no, non credo di potere, Nami-san. Non voglio che tu cerchi di farlo solo per liberarti. Ti sentiresti ancora peggio, dopo, e non mi va di vederti rammaricartene, e… perché io?».

Lei gli sorrise, sforzandosi di non arrossire. «Perché sei Sanji-kun. Perché mi fido di te. Perché mi ami sinceramente, e non mi faresti mai del male».

«Ma…». Sanji si passò una mano tra i capelli, in imbarazzo. «Fare l’amore non dev’essere un obbligo, Nami-san. Devi farlo solo se te la senti, altrimenti non mi sentirei tanto diverso da quei bastardi».

A quel punto, Nami abbassò lo sguardo. Avrebbe tentato di persuaderlo un’ultima volta, dopodiché si sarebbe convinta a lasciar perdere quella follia. Con un sorriso si rese conto di quanto suonasse strana e ridicola a sé stessa la proposta che aveva fatto al cuoco, e le tornò in mente ciò che lei in persona aveva detto appena un’ora prima, “solo per farmi compagnia e senza doppi fini”. Chi avrebbe mai immaginato che sarebbe andata cosi, con lei che finiva per fare proposte non proprio opportune al compagno?

«… Pensavo solamente che… insomma, avresti potuto essere solo tu, Sanji-kun. Tu sei dolce e premuroso, e penseresti di certo a me». Non seppe dirsi perché, ma per qualche motivo quella proposta folle continuava a non sembrarle del tutto sbagliata.

«Ma…». Sanji le poggiò entrambe le mani sulle spalle, guardandola negli occhi. «non devi scegliere qualcuno per forza adesso, Nami-san. Un giorno, potresti trovare un uomo che ti amerà quanto me, e…». Il solo pensiero della sua Nami-san insieme ad un altro uomo gli fece attorcigliare lo stomaco, e per un attimo fu costretto a distogliere lo sguardo. «…Insomma, e poi io potrei deluderti. Forse non sono l’uomo che immagini, no? Dopotutto sono un pervertito».

Lei scosse il capo con veemenza.

«… Io ho deciso, Sanji-kun. Voglio che sia tu. Mi fido di te, razza d’idiota».

Qualcosa nella fermezza che udì nella sua voce costrinse Sanji a guardarla nuovamente negli occhi, ed erano i soliti occhi di Nami-san, fieri e ricolmi di determinazione. Non erano gli occhi di una persona debole.

Sapeva cosa stava facendo, e si fidava di lui completamente. Non si erano forse capiti sempre al primo sguardo, loro due?

A quel punto sbuffò, arruffandosi i capelli. «…Hai vinto tu, come al solito».

Nami gli sorrise, e fu in quel momento che di colpo arrivò l’imbarazzo. Non paura, quella no. Sanji-kun l’aveva sempre aiutata e protetta. Era sempre stato li per lei, durante tutti quegli anni, e di certo non l’avrebbe delusa.

«Ehm… solo una cosa, Sanji-kun», disse, con una vocina minuscola.

«Tutto ciò che vuoi, principessa».

«… Spegneresti la luce?».

Lui annuì ridendo, e con un fare che aveva qualcosa di solenne premette l’interruttore sul muro, precipitando la stanza nell’oscurità. Un attimo dopo, ci fu una specie di sfregamento e una luce lieve illuminò la stanza. Nami sbatté più volte gli occhi nel tentativo di vedere qualcosa, ed un attimo dopo individuò Sanji-kun, che le sorrideva tenendo in mano la candela che prima stava sul comodino. La ripose al suo posto con estrema cura, dopodiché spense con la suola delle scarpe la sigaretta che con tutta probabilità aveva utilizzato per accendere lo stoppino.  

E adesso?

Nami rimase per un attimo immobile a fissare il buio, tentando di abituare gli occhi all’oscurità, quando all’improvviso sentì il letto cigolare sotto il peso di qualcuno che vi si stava arrampicando. Un attimo dopo, Sanji-kun era affianco a lei.

La spinse con dolcezza verso il cuscino, che ripose al suo posto, dopodiché sbrogliò il complicato groviglio di coperte che stavano in un angolo e distese il lenzuolo a coprire la compagna, per poi insinuarvisi lui stesso. Nami lo sentì premere contro il suo corpo, e si domandò da quanto tempo l’odore di Sanji-kun le apparisse cosi bello e rassicurante.

Per cominciare, il biondo le passò un braccio intorno al corpo e l’attirò a sé; voleva che si abituasse alla sua presenza pian piano, che l’accettasse con naturalezza. Fu solo quando udì le braccia di lei ricambiare la stretta che si scostò, e col cuore che scoppiava in petto poggiò le labbra su quelle della ragazza. Cominciò a muoversi piano, mentre le dita di lei gli scorrevano tra i capelli, le accarezzò le labbra con le sue più e più volte, tenendo a bada l’ondata di emozioni che minacciava di sopraffarlo. Quanto tempo era che desiderava baciarla? Avrebbe voluto non smettere mai, e quando lei schiuse le labbra l’assecondò, carezzandole la lingua con la propria. Fu quando si staccarono per riprendere fiato che decise di andare oltre, e si scostò per guardare la compagna negli occhi, ormai abituati all’oscurità. Lei annuì come per dargli il permesso. A quel punto Sanji fece scivolare una mano sotto la stoffa sottile della canotta, sollevandola pian piano fino a sfilarla del tutto. Notò con un sorriso i brividi che avevano attraversato la schiena della compagna al tocco delle sue mani sulla pelle, ed a quel punto seppe che lei lo voleva, e fu certo di star facendo la cosa giusta.

Con la consueta delicatezza rimosse anche il pantaloncino striminzito che l’altra indossava, mentre lei con lieve imbarazzo si dedicava ai bottoni della sua camicia. Se la sfilò dalle maniche un attimo dopo, e sentì il freddo pungergli la pelle. Tirò un’altra coperta ad avvolgerli, poi abbracciò la ragazza e lei ricambiò.

«… Tutto a posto?», le sussurrò in un orecchio.

Lei annuì, piano. «Ho avuto ragione a fidarmi di te».

Sanji sorrise compiaciuto e la baciò sulla fronte, per poi scendere fino alle labbra ed arrestarsi sul collo, che baciò ed accarezzò per qualche minuto, dopodiché con una mano tentò di slacciarle il reggiseno senza ottenere risultati. Nami emise uno sbuffo divertito e l’aiutò, rossa in viso, stringendo gli occhi quando percepì le mani di lui sfiorarla e le labbra baciarle i seni con dolcezza.  

«Senti niente, Nami-san?», sussurrò il biondo alzando gli occhi.

«Certo che si, idiota» sibilò lei arrossendo, e l’altro scoppiò a ridere.

«Beh, almeno è un passo avanti».

Nami fu costretta ad ammettere che aveva ragione. Non era come le altre volte, si disse, non c’era dolore, solo immensa e disarmante dolcezza. Ne fu ancora più certa quando Sanji-kun prese a baciarle ed accarezzarle ogni centimetro di pelle, insistendo sui graffi quasi invisibili che ancora le solcavano la carne, la baciò dalla fronte fino alla punta dei piedi, e Nami fu certa che lo facesse per cancellare da lei ogni traccia d’impurità, per farla rinascere sotto il tocco delle sue mani ed annullare qualsiasi sofferenza o dolore che l’avessero ferita.  

E, per la prima volta, sentì su di sé tutto l’amore di Sanji-kun. Lo percepì distintamente sulla propria pelle, avvolgerla come un rifugio e scaldarla al suo interno, lo sentì crollarle addosso come una valanga, una gigantesca valanga d’amore solo e soltanto per lei, perché era quello il tipo d’amore di Sanji-kun: un amore assoluto e disarmante, che annullava tutto il resto, e come avrebbe potuto ripensare alle immagini del suo passato in un momento del genere?

Semplicemente, le lasciò andare.

Le lasciò andare e poi non ci fu altro che Sanji-kun. Quella divenne la sua prima volta, Sanji-kun il suo primo amore, le mani di lui le uniche e sole che l’avevano mai sfiorata. Guarì, semplicemente. Guarì avvolta da un intenso quanto confortante sentore di tabacco, guarì accarezzata da un paio di labbra ruvide e desiderose, ma imbevute di tenerezza.

Guarì ogni volta che lui le sussurrava tutto a posto? mentre l’amava sempre più intensamente. Guarì quando lui, mentre la possedeva piano, con passione mista a dolcezza, le sussurrava in un orecchio “ti amo, ti amo, ti amo”. Guarì mentre le diceva che era bellissima, riverso su di lei, entrambi stretti l’uno all’altra avvolti dalle coperte, guarì e basta, accarezzata dalle mani ruvide e dolci dell’uomo che l’amava.

E da quel momento, Nami l’amò.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo dell’autrice.

Era da una vita che avevo in mente questa fanfic, e sono davvero felice di essere riuscita a portarla a termine. Rappresenta molto per me, perché per la prima volta sono riuscita a scrivere di un tema serio come lo stupro. E’ un passo avanti, dimostra che non sono in grado di parlare di sole stupidaggini XD.

Sulla fanfic posso dire… che stranamente mi piace parecchio. Ho dei dubbi, però, sull’OOC di Nami. Non farebbe mai una proposta del genere a Sanji, temo XD Spero solo di essere riuscita a giustificarla col “contesto” della storia. Riguardo Arlong, invece, ho sempre pensato che lui e i suoi avessero approfittato di Nami anche in un altro senso. Sto cominciando ad odiarlo è__è Per fortuna che Rufy l’ha menato come si deve XD. Invece, parlando di Sanji-kun… anche nei suoi confronti ho paura di essere sforata in un leggero OOC quando scoppia a “piangere”, perché non mi sembra il tipo. Però prendetelo come un pianto di pura rabbia, come sfogo dell’ira verso qualcuno che ha non solo ferito ed umiliato una donna, cosa che lui non può tollerare, ma per di più una compagna, la sua Nami-san.

Spero di avervi spiegato tutto T__T.

In definitiva, sono davvero fiera di questa fanfic –una volta tanto xD-. Ah, e c’è quel leggero tocco di ZoRobin e di nakamaship che in una mia fanfic non può mancare mai u_u. Spero davvero davvero che vi sia piaciuta e__e. Se al mondo tutti gli uomini fossero come i Mugiwara, probabilmente sarebbe un posto migliore.

Detto questo (vi rendete conto? Un angolo autore serio!) vi lascio e vi do appuntamento alla prossima ff, che detto sinceramente non ho idea di quale sia XD. Alla prossima T^T

   
 
Leggi le 15 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio! / Vai alla pagina dell'autore: Lou Asakura