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Autore: MrBadCath    10/12/2011    3 recensioni
Come tributo alla morte di Freddie abbiamo deciso di non optare per il solito dramma con Roger o David che si gettano sul cadavere in lacrime, ma di proporre qualcosa di divertente, qualcosa più nello stile di vita del nostro Mercury. Vivo. Divertente. Stravagante. Grandioso.
Ed ecco a voi QueenWeek, una serie di sette racconti noti, rivisitati da noi in forma di flashfic. Sette modi per riavere Freddie in vita qui con noi. Come strappare l'idolo alla morte.
Felice anniversario di morte, Freddie. Alla tua salute.
Ed ecco a voi la programmazione della Sagra di Freddie:
giovedì 24/11/2011 – La Bella Addormentata nel Bosco
venerdì 2/12/2011- Biancaneve
sabato 10/12/2011 - Pinocchio
domenica 18/12/2011 - Twilight
lunedì 26/12/2011- Pocahontas
martedì 3/1/2012– Harry Potter
mercoledì 11/1/2012– Cappuccetto Rosso
Genere: Comico, Commedia, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sorpresa, Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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“Ti chiamerò Pinocchio!”.

Con la frenesia che appartiene solo a chi brama di vedere la propria opera completa, Mastro Johnetto scolpì l'angolo della bocca nel legno che stava modellando come della creta con i suoi attrezzi da falegname.

Il burattino cacciò fuor di sé una splendida voce aprendo la bocca inaspettatamente, siccome secondo la logica dell'ebanista il legno non era vivo: “DIROLELELEEE”.

Lo ripeté una seconda volta.

“Suvvia figliolo, non mi fare addolorare appena costruito!” il Mastro si passò una mano sulla fronte, togliendo uno strato fino di segatura.

La sua preghiera, purtroppo, non fu ascoltata.

Dal primo giorno in cui il pupazzo fu dotato di gambe su cui muoversi, non ne fece una giusta, si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato, con la persona sbagliata!

Dapprima intralciò la strada di un brutto ceffo, un certo Norman Sheffield che si faceva chiamare “Mangiafuoco” nel night club in cui lavorava, per strane pratiche che amava eseguire, (alle autrici di questa storia poco chiare). Successivamente con il gatto (a lui i gatti piacevano, ma quello... Proprio no!) e la volpe, che gli fregarono tutti i soldi.  


Pinocchio non si era impegnato affinché le sorti e quelle del su' babbo migliorassero, purtroppo non poteva contare sulle sue doti teatrali per guadagnare qualche quattrino... Una parte del suo corpo, ogni qual volta usciva una bugia dalle labbra, si allungava.

E a lui lungo lungo non piaceva per niente!

Perché oltre ad attirare sguardi indiscreti, era terribilmente scomodo.

La fata Biondina, offesa di ricevere poche attenzioni e stanca delle menzogne di Pinocchio (avrebbe approfittato volentieri dell'effetto che avevano su di lui, se non fosse stata innamorata della sua vicina di casa, secondo la leggenda, Megan Fox).

Il burattino promise alla Fata Biondina che non avrebbe più mentito, guardandola con i suoi occhi neri e profondi, più adatti a un bambino vero che a lui

Lei, tenendo in mano due bacchette di noce, perché una, secondo lei, era troppo retrò, lo perdonò, sottolineando che sarebbe stata l'ultima volta.


Ma, si sa, la tentazione e l'incoscienza, nell'età puerile sono più forti della ragione, così Pinocchio fu persuaso dagli amici a marinare la scuola, ma a seguito di una bravata fu inseguito dal temibile “Death on Four Legs” il cane poliziotto (e antidroga, sfortunatamente per il burattino), più feroce e veloce del mondo delle fiabe.

Nonostante questo quadrupede fosse così ben dotato nella corsa, non sapeva nuotare: per poco non affogò quando Pinocchio si buttò nell'acqua. Il burattino, armato di buon cuore, lo portò fino a riva; sappiamo tutti che se il legno non galleggiasse, il piccolo ragazzo sarebbe sul fondo assieme alla sabbia.

Tempo dopo, quando Pinocchio cominciò a studiare seriamente e diventò il primo della classe, la fata Biondina, fiera di lui, organizzò una colazione coi fiocchi con le sue due bacchette di noce americano, a cui il suo diletto avrebbe potuto invitare chi meglio credeva.

Secondo Lucignolo, uno degli invitati, era molto più interessante andare a visitare Il Paese dei Finocchi, riuscì a convincere il festeggiato. Lì, dopo aver giocato... Va be', diciamo così, il burattino tornò dalla Fata Biondina, chiedendo l'ennesima volta ennesimo perdono. Gli fu concesso.

Un'altra volta sbagliò, ma non si trovò delle orecchie da ciuco sul capo: cadde in mare aperto e un pesce pecora lo inghiottì, quello fu il peggiore dei mali. Sarebbe potuto rimanere incastrato fra i suoi lunghi e ricci capelli o poteva essere aspirato dal suo enorme naso, che puntualmente creava disagi ai pirati, perché le loro navi venivano inghiottite dai disastrosi maremoti dovuti agli starnuti, più frequenti nei periodi freddi.

Quando fu dentro l'enorme pesce, Pinocchio si guardò attorno, vide qualcosa di inaspettato...

“Babbino mio!” esclamò gioioso, saltando in braccio al vecchio Johnnetto

Io non capisco perché devo fare sempre la parte del vecchio! Io in questo tribute nemmeno ci volevo stare!” pensò adirato il bassista/falegname, “Oh, figlio mio, come mi sei mancato!” esclamò.

Successivamente, un po' perché il legno non era ben digeribile, un po' perché Johnnetto non rientrava nella data di scadenza, il temibile pesce pecora si sentì male e li fece uscire.

Il dove e il come non sono ancora chiari... Beata ignoranza.

Però, padre e figlio, tornarono a casa mano nella mano.

Il burattino cominciò a lavorare sodo per far sì che il suo malato e vecchio padre potesse almeno far colazione la mattina.

 

Il vassoio cadde a terra rumorosamente, il rame si lamentò, e, se Pinocchio non fosse stato esterrefatto com'era, si sarebbe spaventato talmente l'impatto era stato fragoroso.

Prima le unghie, poi i polpastrelli; i piedi, le caviglie; gli occhi e il viso: la Fata Biondina aveva mantenuto la promessa che gli aveva fatto!

“Babbo! Babbino!”

Ma che vuole mo' sto regazzino? Io nun ce la posso fa!” pensò scocciato il falegname, con un accento romano piuttosto strano. Quando guardò il suo figliolo in carne e ossa, si commosse e lo abbracciò più stretto di quanto avesse mai fatto in vita sua.

“Babbino ora che sono un bambino vero non stringermi così tanto, oppure mi rompi qualche osso!”.
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La storia appartiene a Carlo Collodi, a lui tutti i diritti.

 

 

   
 
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