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Autore: Tinkerbell91    30/07/2006    1 recensioni
17 anni fa Lily Evans fece visita ad una donna per confidarle un segreto e farle una richiesta. La donna negò. Da allora quella donna non conservò nessun ricordo dell'accaduto, ma ad un tratto la verita si spalanca di fronte ai suoi occhi e Harry Potter si trova a fronteggiare una parte di sè che non conosceva...
Genere: Avventura, Sovrannaturale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry, Potter, Lily, Potter, Sibilla, Coomna, Tom, Riddle/Voldermort
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Fili di sogno


Una donna dai lunghi capelli rossi sedeva ad un tavolo, reggendosi la testa tra le mani. Sembrava affranta. Evidentemente c’era qualcosa che non andava… Sul suo volto si leggevano preoccupazione e timore, ma nulla dal suo atteggiamento faceva trasparire il perché.


Quando una voce, dall’atrio della piccola, accogliente casa nella quale si trovava, la chiamò, un sorriso si estese dalla bocca agli occhi della donna.


“Lily? Lily, ci sei?”


Alzandosi dal tavolo corse ad abbracciare l’uomo che era appena entrato, suo marito, James.


Solo le sue braccia le davano sicurezza, solo con lui si sentiva invulnerabile. Guardandola negli occhi, l’uomo sembrò scrutarla al di là di quelle iridi cristalline, dentro di lei, in profondità. 


“Hai avuto un’altra visione, amore mio?” domandò lui, angosciato, prendendole il volto tra le mani. Lei annuì.


“È stato orribile…” rispose Lily. Piano piano una lacrima fece capolino, scivolando sul suo volto e concludendo la sua corsa folle con un salto nel vuoto.


Lui la cullò, cercando di infonderle calore e di tranquillizzarla, ma la donna era troppo scossa per calmarsi. Aveva paura, questo era evidente. Temeva. Temeva per sé, per suo marito, ma soprattutto per suo figlio, Harry.


Gli anni erano passati, da quel giorno, e Harry Potter aveva ormai diciassette anni. Era un ragazzo particolare, senza dubbio, e per più di un motivo. Primo tra tutti perchè era il Sopravvissuto, l’unico che era riuscito a scampare ad un Anatema che uccide. 


Stava camminando nel Quartiere Generale dell’Ordine della Fenice, da solo, quando si imbatté una figura a lui familiare.


“Professoressa Cooman?!” esclamò. Era sorpreso di vedere la sua ex insegnate di Divinazione ed evidentemente lo dava a vedere, perché la donna,  rinvoltata come suo solito in una decina di scialli, quando finalmente riuscì a metterlo a fuoco, gli disse, con la solita aria mistica:


“Non essere tanto sorpreso, ragazzo mio. Era destino che io oggi venissi qui! Dimmi, piuttosto, dov’è la Professoressa McGranitt? Dovrei parlarle, se non ti dispiace…”


Harry, ormai abituato a scene come questa, si offrì di accompagnarla. Sentendosi stranamente osservato dalla donna, cercò di rompere l’imbarazzante silenzio facendo un po’ di conversazione, ma si sarebbe presto pentito di questa scelta…


Chiacchierarono per un po’ e si sa, una cosa tira l’altra, così senza sapere come, si ritrovarono a parlare dei primi anni in cui Sibilla Cooman aveva insegnato ad Hogwarts. In effetti il ragazzo non era proprio interessato al fiume di parole che la sua accompagnatrice gli rivolgeva, ma non era in grado di fermarla, una volta che si era imbarcata per quella strada.

Allo stremo della sopportazione le disse:

“Si vede che lei ama la sua materia, ma è anche piuttosto pericolosa, non so se se ne rende conto…” Non sapeva perché aveva detto proprio questa frase, forse perché sentiva che erano le parole giuste da dire in quel determinato momento, fatto sta che qualcosa cambiò nello sguardo della professoressa: non più trasognato, non più vago, non più assente. Quelle parole avevano risvegliato qualcosa in lei...


Era un pomeriggio afoso quando avevano chiesto di Sibilla Cooman, alla Testa di Porco. Quando ricevette il biglietto per prima cosa pensò ad uno sbaglio, ad un malinteso. Leggendolo, però, si era dovuta ricredere. C’era davvero qualcuno che voleva vedere lei. Vi era così scritto:

Gentile Sibilla Cooman,

la prego di non rifiutare la visita che ho intenzione di farle oggi pomeriggio. Avrei urgenza di discutere con lei di alcuni temi che mi stanno molto a cuore. Con la speranza di incontrarla presto, cordialmente,


L.E


Non aveva idea di che fosse il mittente misterioso di quell’ancor più misterioso biglietto, ma presto lo avrebbe saputo, stando a ciò che vi leggeva.


Poco dopo, infatti, qualcuno bussò alla porta della squallida camera d’albergo da lei occupata e quando aprì si ritrovò davanti una donna di qualche anno più giovane di lei, dai capelli rossi e dagli occhi di un’incredibile tonalità di verde.


“Perdoni il disturbo, ma ho bisogno di parlarle. Posso entrare?” disse la sconosciuta. Annuendo, Sibilla Cooman si scansò per farla passare e con un gesto della mano le fece segno di accomodarsi su uno sgabello in precario equilibrio sulle sue tre gambe.


“Il minimo che posso fare è offirle una tazza di te, mi pare…Ah, dimenticavo, chi è lei e cosa vuole da me?” domandò la donna, squadrando l’altra, un po’ sospettosa.


“Mi scusi, non mi sono nemmeno presentata. Io sono Lily Evans. Ho bisogno del suo aiuto”.


Così quella donna era la Evans…Sì, ne aveva sentito parlare. A quanto pare era una strega molto brillante, ma cosa voleva da lei? Queste erano le domande che assillavano la mente sempre più confusa della neo professoressa e ben presto avrebbe ricevuto una riposta.  


Poco dopo le due donne, entrambe assorte nei proprio pensieri, sorseggiavano una fumante tazza piena di liquido ambrato.


Parlarono molto, quel pomeriggio e fu così che Sibilla Cooman venne a saper che anche Lily Evans Vedeva. In modo diverso dal suo: improvviso, violento, inaspettato. Spesso durante il sonno. E il ricordo che queste visioni lasciavano in lei era sempre spiacevole, come un qualcosa che si preferirebbe dimenticare o non aver mai vissuto.


La giovane donna, appoggiando la tazza che reggeva tra la mani sul tavolo, alzò lo sguardo:


“C’è una cosa che mi sento in dovere di chiederle…Si tratta di mio figlio, Harry. Faccia in modo che non frequenti la sua classe quando avrà l’età giusta, la prego. Lo faccia per me, lui non deve avere le visioni che ho io, è pericoloso! Me lo prometta!” Lily era vicina alle lacrime e mentre implorava la donna seduta di fronte a lei si aggrappò alla sua veste, a mo’ di supplica.


“Che cosa? Mi sta chiedendo di impedire ad un giovane di sviluppare la sua Dote? Non sia mai! La Vista va accolta come un dono, non disprezzata! È giusto che ogni ragazzo che sceglie di frequentare il mio corso sia libero di farlo. Questa è la mia risposta. Ora può anche andarsene”


Lo sguardo della Cooman era furente. Come si permetteva quell’intrusa di dettare condizioni a Lei sulla Sua materia?


Dal canto suo Lily Evans non si era mossa. Possibile che la gente fosse così ottusa? Harry non avrebbe dovuto assolutamente coltivare quel “dono”! Non lo avrebbe potuto permettere a nessun costo. Si era andata a cacciare con le sue stesse mani in un guaio ben grosso: adesso la Cooman avrebbe preteso di avere Harry come studente, una volta che le aveva rivelato che poteva Vedere… Come sarebbe potuta uscire da quella situazione? Un modo c’era, in effetti…


: “Si vede che lei ama la sua materia, ma è anche piuttosto pericolosa, non so se se ne rende conto… -sussurrò con voce calma, ma che a mala pena celava la rabbia che provava , prima di estrarre la bacchetta dalla veste- Oblivion!  gridò.


Un lampo di luce abbagliò la stanza, colpendo la professoressa in pieno petto. L’incantesimo gettato da Lily era abbastanza potente da farlo dimenticare tutta la durata dell’incontro. Adesso toccava a Harry. Scongiurando il cielo perché il figlio non fosse interessato alla Divinazione, la giovane uscì dalla stanza e fu l’ultima volta che Sibilla Cooman la vide. Quella stessa notte Lily morì.


Una versione più anziana della professoressa Cooman giaceva riversa sul freddo pavimento del Quartier Generale, scossa da brividi incontrollabili. Aveva appena rivisto, ricordato…quel giorno. Diciassette anni fa la madre di Harry Potter le aveva chiesto di non accettare il figlio al proprio corso. Sembrava decisamente importante per lei…Perché tutto questo?


Ne parlò a Harry. Gli raccontò tutto, dal principio. Forse lui avrebbe fatto luce su questo mistero che aveva cominciato ad interessarla, ma venne delusa. Harry, di visioni, non aveva. O almeno fino ad allora.

Successe tutto quella notte. Il ragazzo stava pensando a ciò che la Cooman gli aveva appena rivelato riguardo suo madre, comodamente disteso nel letto, quando il sonno prese il sopravvento su di lui, trascinandolo nei meandri della sua mente e tra le spire di una visione che avrebbe cambiato radicalmente il corso delle cose.


Era tutto buio. Harry era parte dell’oscurità e l’oscurità faceva parte di lui. All’improvviso, una voce. Sussurrava, sibilava, si rivolgeva a lui. Voleva lui. Harry cominciò a sentire una morsa allo stomaco. Si faceva sempre più vicina, sempre più vicina. Aveva paura. Una mano lo afferrò per il collo, una mano fattasi improvvisamente reale, molto più reale di un sogno.


“Harry Potter, ti devo ringraziare” era Voldemort. “Tu stesso mi hai condotto a te, ti sei portato all’autodistruzione da solo. Complimenti. Hai fatto esattamente ciò che tua madre temeva che facessi. Per questo non voleva farti sapere che eri un Veggente, ma alla fine tutto è andato secondo i piani… I miei, naturalmente. Se tu non avessi mai saputo di poter creare questo collegamento tra la tua mente e la mia, come aveva fatto tua madre, io non sarei mai riuscito a penetrare nel tuo subconscio…e a ucciderti. Anche Lily ha avuto un incontro simile al tuo, una volta. È stata fortunata, però, non la volevo uccidere, solo ammonire. In questo caso è diverso…”


Rise. Trovava molto divertente l’intera situazione. Ironica, perfino. Il suo volto un tempo tanto attraente era deformato da una smorfia che lo rendeva ancora più ripugnate del solito.


Lo scaraventò sul duro pavimento inconsistente, tessuto con fili di sogno, mentre con una mano cercava qualcosa nel mantello che avvolgeva il suo lungo corpo affusolato. Una piuma. Una piuma di fenice. Gliela consegnò, con un ghigno soddisfatto sul volto.


“Questa è l’anima della bacchetta di tua madre. L’ho conservata tutti questi anni…in attesa…per darla a te.”


Lanciò la piuma, che sospinta da un vento improvviso atterrò tra le mani del giovane che cominciava a sentire le lacrime scorrergli sul volto, calde e morbide nel gelido freddo che aveva invaso la sua mente. 


“Non voglio essere qui, non voglio essere qui, voglio andarmene, voglio svegliarmi, fa che sia solo un sogno, ti prego, ti prego…” mormorava lui, dondolandosi convulsamente avanti e indietro.


Voldemort puntò la bacchetta contro di lui. Harry chiuse gli occhi, singhiozzando ormai apertamente,  desiderando con tutto il cuore di svegliarsi e aspettando di sentire le ultime parole della sua vita, ma…quelle parole non vennero mai.


Aprì gli occhi e si ritrovò nel letto, come se niente fosse successo. Sul suo comodino, però, la piuma di fenice. La forza della sua stessa mente aveva avuto la meglio.


Harry Potter era un Veggente. Stava a lui, alla sua abilità, al suo ingegno, alla sua esperienza, adesso, volgere questa situazione a proprio vantaggio…

La maniera di distruggere Voldemort una volta per tutte si era presentata a lui su di un piatto d’argento. Doveva solo sfruttarla.

La maniera di distruggere Voldemort una volta per tutte si era presentata a lui su di un piatto d’argento. Doveva solo sfruttarla.

FINE

  
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