Chapter 4.
Ordinary People.
Certe
cose non cambiano mai.
Certi
dettagli finiscono per rimanere in circolazione nella vita di ogni giorno
e continuano a
ripetersi all’infinito, senza mai evolversi. Senza mai cambiare.
Non i
bambini, però.
Tutti i
bambini prima o poi crescono.
Tutti
tranne uno una.
Da Car(o)line Pan.
“Sei tornata!”
Caroline Forbes scoppiò a ridere, abbracciando Bonnie
con slancio.
“Dieci anni, Caroline. Dio, sono passati dieci anni!” aggiunse poi la
donna, separandosi dall’abbraccio.
“E non sei cambiata per niente.” commentò Caroline;
Bonnie le rivolse un’occhiata scettica.
“Forse un pochino?” si corresse la vampira sorridendo
all’aria matura, da donna adulta che il viso dell’amica emanava.
Bonnie scosse il capo, ancora sorridente.
“Entra, dai!” la incitò, guidandola lungo l’ingresso
per poi raggiungere il soggiorno.
“Da quanto sei tornata?”
Caroline cercò di guadagnare tempo guardandosi
intorno. Il suo sguardo vagò incuriosito per la stanza, attirato da piccoli
particolari che rendevano quell’ambiente ben diverso da quello che per anni
aveva associato a Bonnie.
A destare maggiormente il suo interesse, furono le
foto appese alle pareti; ce n’erano davvero tante, foto di quelli che dovevano
essere i suoi due figli da bambini. Era il genere di cosa che Caroline si era
immaginata tante volte di trovare in casa di Elena, più che in quella di
Bonnie.
“Da un po’.” ammise infine, mentre la padrona di casa
le faceva cenno di sedersi.
“Ma avevo voglia di stare un
po’ per conto mio prima di incontrare tutti voi.”
“Tua madre ti ha accennato al fatto che questo non è
esattamente il momento migliore per…”
“So tutto dello sceriffo, sì. So che ha dei sospetti
riguardo le famiglie fondatrici, ma non sono
preoccupata.” aggiunse, con un guizzo divertito nello sguardo.
“Credo di essere in grado di cavarmela da sola,
ormai.”
Bonnie ricambiò il sorriso, tendendo la mano per
stringere quella dell’amica.
“Stefan è qui con te?”
La vampira scosse il capo.
“è con Damon. Abbiamo pensato entrambi che era
arrivata l’ora di prenderci cura delle nostre famiglie; almeno per un po’.”
“Katherine?” domandò ancora Bonnie, inarcando un
sopracciglio.
“Da qualche parte a fare baldoria, credo. L’ultima
volta che ho sentito Damon, non era già più con lui.”
Spiegò, prima di focalizzare la sua attenzione su una
delle foto incorniciate alla parete..
Sorrise con tenerezza all’immagine di due bambini che
facevano le boccacce abbracciati a un pupazzo di neve.
“Raccontami qualcosa tu.” Propose, tornando a guardare
Bonnie.
“Come vanno le cose qui a Mystic Falls? Com’è… Avere una famiglia?”. Aggiunse,
riuscendo a concedersi un sorriso.
L’amica si strinse nelle spalle.
“Più o meno è rimasto tutto
come dieci anni fa. Siamo una normale famiglia americana con l’ossessione per
il caffè e le cene a base di toast. Ho un lavoro normale, una casa normale… Dei figli normali…”
“…figli con dei normali
genitori separati.”
Caroline si voltò in direzione delle scale, per
osservare la ragazza che aveva appena fatto ingresso in soggiorno.
“Ciao!” esclamò con voce allegra. L’adolescente le
rivolse un’occhiata indagatrice, mentre si affrettava a indossare il giubbotto.
“Ciao.” rispose, afferrando la borsa che aveva
appoggiato sull’ultimo gradino delle scale prima di avvicinarsi alle due donne.
“Mia figlia Autumn.”
la presentò Bonnie, scoccandole
un’occhiata contrariata.
“Che ha una linguaccia tremenda.”
“Ci siamo già incontrate una volta, ma forse non te lo
ricordi.” spiegò Caroline, sollevandosi dal divano per avvicinarsi alla
ragazza.
Autumn aggrottò le sopracciglia con aria perplessa;
somigliava meno a Bonnie di quanto la vampira ricordasse. I capelli scuri della
giovane erano lunghi e ondulati. Molto più mossi rispetto a quanto non lo fossero mai stati quelli della madre alla sua età.
Anche nei lineamenti, Caroline riconobbe in
Autumn qualcosa di diverso rispetto a Bonnie; gli occhi, però, li aveva presi da lei.
“Caroline è la figlia di una mia vecchia amica.” spiegò
Bonnie alla figlia, alzandosi anche lei dal divano.
“Caroline come Caroline Lockwood?” ripetè
la ragazza tendendo la mano per stringere quella che la vampira le stava
porgendo. Non si accorse dell’improvviso irrigidirsi della sconosciuta al
pronunciare di quelle parole.
Caroline le strinse la mano, sorridendole con
dolcezza.
“Piacere di conoscerti.”
In quel momento, qualcosa di insolito
accadde ad Autumn. La sua mano si sganciò istintivamente da quella di Caroline
e si affrettò a recuperare la borsa. Una sensazione strana, d’inquietudine, la
spinse ad arretrare.
“Devo andare.”
Annunciò infine sistemandosi il colletto del cappotto
per poi allontanarsi in direzione dell’ingresso.
“Sono in ritardo per la partita.”
“Autumn!”
Bonnie la richiamò con aria irritata.
“Ha un caratteraccio.” borbottò infine, quando
entrambe avvertirono il rumore della porta che si apriva e si chiudeva.
“Purtroppo l’ha preso da me.”
“E…Ha preso anche qualcos altro, da te?” chiese Caroline lentamente, quasi
non si sentisse più sicura di poter trattare determinati argomenti con lei.
Bonnie denegò con il capo.
“No. A quanto pare, no. E meno male, perché non credo
che sarebbe facile per lei venire a compromessi con una faccenda simile. è scettica come suo padre.”
“Aspetta un momento…”
Solo in quel momento le vennero in mente le parole che
Autumn aveva pronunciato facendo ingresso in soggiorno.
“Tua figlia ha parlato di … Tu e David avete divorziato?”
“Separati.” la corresse Bonnie a labbra strette.
“Io e David siamo separati. Lui vive a Richmond, ora. Assieme a Julian.”
“Mi dispiace.” commentò Caroline, rattristata. Bonnie
sospirò.
“Come ti dicevo, una normale
famiglia americana.” commentò, con un
pizzico di amarezza nel tono di voce. Tornò a sedersi sul divano e il suo
sguardo cadde sulla stessa fotografia che Caroline aveva osservato a lungo poco
prima.
“Mio figlio è come me.” ammise infine, tornando a
guardare Caroline.
“Il che è strano, visto che
generalmente la magia salta una generazione.”
“Come l’ha presa?” Domandò stupita la vampira.
“Fin troppo bene.”
Bonnie si accigliò.
“Ad essere sincera ho cercato
di tenerlo il più lontano possibile da tutto quanto, finché ho potuto.
Crescendo, però, ha incominciato a porsi delle domande e verso gli ultimi anni
delle superiori era diventato pressappoco impossibile tenerlo lontano da quello
che gli stava succedendo. Gli ho raccontato alcune cose per evitare che si
sentisse a disagio con se stesso, ma mi sono comunque opposta all’idea di
insegnargli più del dovuto. Voglio per Julian una vita normale. Così come la voglio per Autumn.”
“Posso capirlo.” Commentò,
Caroline annuendo. Bonnie sospirò un’ultima volta, prima di tornare a
sorridere.
“Sei già andata a trovare Elena e Matt?” domandò con
aria decisamente più rilassata rispetto a prima.
L’amica scosse il capo.
“Volevo passare, ma non erano in casa. Sono passata
anche da Jeremy mentre venivo qui, ma non c’era
neanche lui.”
“Sono tutti alla partita di hockey. È lì che stava
andando anche Autumn: dovresti farci un salto.”
Commentò poi rivolgendosi all’amica.
“Credo…” E qui, il suo tono
di voce si fece d’un tratto esitante, proprio come era
successo a Caroline quando aveva tirato in ballo la questione ‘magia’. “Credo
che ci sarà anche Tyler.”
Caroline scosse il capo con aria poco convinta.
“Un’altra volta, magari.” Commentò, rivolgendole un
sorriso rilassato.
Quando poi, una mezz’oretta più tardi, si trovò a
percorrere le tribune che circondavano il campo da hockey, si trovò a maledirsi
in silenzio per non essere stata in grado di dare retta alle proprie parole.
***
“Sei pronto?”
Caroline Lockwood bussò sulla spalla del migliore
amico. Xander sorrise, facendole spazio sulla panchina.
“Pronto a piazzare almeno un paio di puck in rete.
Anche se…” aggiunse, abbassando il tono di voce e
avvicinandosi con il capo a Caroline . “Quello lì un po’ di paura me la fa,
diciamocelo.” Ammise accennando con il capo a un ragazzone in divisa che stava
scrutando gli avversari con aria scontrosa.
Caroline lo indicò con il dito.
“Quello grosso almeno quanto la jeep di papà?”
“Non indicare!” la riprese Xander, abbassandole la
mano. “Vuoi che l’uomo jeep mi spalmi a terra alla prima occasione?” aggiunse
con una smorfia.
Caroline rise.
“Andrà tutto alla grande, Xander bello.” annunciò
seria porgendogli il casco. Il ragazzo se lo inserì, nascondendo così il
sorrisetto divertito sul suo volto.
“Me lo tieni tu, questo?” domandò poi, sfilandosi
l’anello di famiglia e porgendolo all’amica.
In quel momento, la melodia assordante informò
Caroline che era arrivato il momento di raggiungere le tribune.
“Ci vediamo all’intervallo!” gli gridò in un orecchio
mentre le prime cheerleader entravano in scena,
sorridendo agli applausi dei presenti.
Xander sollevò il pollice in direzione dell’amica e si
affrettò a raggiungere i compagni di squadra.
La ragazza lo osservò pattinare per un po’, prima di
decidersi a raggiungere le tribune. Voltandosi, si scontrò con qualcuno, che a
stento riconobbe come uno dei supplenti del liceo.
“Mi scusi!” esclamò ad alta voce per tentare di farsi
sentire. Gregory Lester, tuttavia, pareva essersi a malapena accorto dello
scontro con la ragazza.
“Bell’anello!” commentò invece, indicando il gioiello
che Caroline teneva ancora in mano. La ragazza gli rivolse un’occhiata
perplessa.
“Grazie… Non è mio.” rispose
semplicemente, prima di arretrare in direzione delle tribune. Scosse il capo
con aria stranita, infilandosi in tasca l’anello di Alexander.
“Il nuovo supplente di storia è un po’ strambo.” Annunciò,
quando finalmente raggiunse la sua famiglia. Prese posto
fra Ricki e Mason, allungando poi la mano in direzione del fratello più
piccolo.
Mason inarcò un sopracciglio.
“Chi? Lester? Mi ha chiesto di ripetergli come facevo
di cognome per lo meno tre volte…” commentò, offrendo a Caroline il suo pacchetto di
noccioline.
“Avrà qualche problema di udito…”
si introdusse nel discorso Ricki, muovendo il capo a
ritmo di musica.
“Il buon vecchio professor Finn, che fine ha fatto?” aggiunse.
Caroline e Mason si scambiarono un’occhiata.
“Sarà malato, credo. È da un
paio di settimane ormai, che abbiamo il sostituto.” spiegò
la ragazza.
“Peccato, Finn era un tipo abbastanza a posto. Tranne
quando si addormentava e incominciava a russare in classe. Vero Jeff?”
Si rivolse all’amico prima di tornare a dirigere la
propria attenzione verso le cheerleaders che si stavano esibendo sulla pista. Non
faticò a individuare Vicki in mezzo a tutte quelle ragazze. Non che a Ricki
interessasse particolarmente tenere d’occhio lei, piuttosto che le sue
compagne. Di ragazze carine ce n’erano parecchie nel gruppo e Victoria non era
di certo la più attraente - Ricki, poi, aveva sempre avuto un debole per le
bionde .
Eppure Vicki aveva un modo di muoversi che
difficilmente passava inosservato.
“Senti un po’…” aggiunse infine il ragazzo
rivolto a Jeffrey, accennando con il capo alla pista da hockey.
“Ma a te non da fastidio osservare tua sorella mentre
mena il sedere a destra e a sinistra? Quelle gonne sono decisamente corte.” Osservò; Caroline roteò gli occhi.
Jeffrey sorrise.
“Comincio a capire come mai a Caroline non sia mai
venuto in mente di fare la cheerleader.” Commentò
rivolgendogli un’occhiata divertita. La ragazza si accigliò.
“Non mi è mai venuto in mente, perché è un passatempo
scemo, non perché ho un fratello geloso. Lo sport
appaga decisamente di più.” Aggiunse incrociando le
braccia al petto.
Mase inarcò un sopracciglio.
“A me appagano molto di più le cheerleader,
invece.” Osservò con un sorrisetto sghembo. Ricki gli diede una pacca sulla
spalla, ammiccando.
“Vicki si sta facendo più carina, comunque…”
aggiunse improvvisamente, indicando la pista da hockey con il capo.
“L’hai detto davvero?”
Caroline balzò in piedi trascinando Mason per il
braccio.
“L’ha detto davvero, lo dico
a Vicki!” annunciò entusiasta, agitando il pacchetto di noccioline. Mase se ne
riappropriò indirizzandole un’occhiataccia.
“Le hai fatte fuori tutte, complimenti.” Borbottò,
gettando malamente il pacchetto sulla tribuna.
“Vado a prendermi da bere.” aggiunse con aria
scontrosa prima di allontanarsi in direzione del bar.
“Ho detto che è carina, mica che mi
è apparsa in sogno come un angelo. Tra l’altro là in mezzo è pieno di
ragazze decisamente più interessanti..” Ribattè secco
Ricki assumendo anche lui un’espressione contrariata.
“Dì un po’…”
Questa volta fu Jeffrey a parlare.
“Com’è che tu puoi dire liberamente quello che vuoi su
mia sorella, mentre la tua la tieni praticamente sotto
campana?”
Richard diede una scrollata di spalle.
“Noi Lockwood siamo tipetti gelosi.” Spiegò,
accennando a un sorrisetto.
“…Degli autentici maschi ‘alpha’…Ahy!”
Lo scappellotto del padre colpì alla nuca. Tyler si inserì nella tribuna e prese posto accanto alla figlia,
occupando il posto che aveva lasciato libero Mason.
Ricki incassò l’occhiataccia dell’uomo con aria d’un tratto meno scherzosa.
“Ok, ok la pianto.” si arrese,
riprendendo a osservare la pista da hockey.
“Sei arrivato giusto in tempo per l’inizio, papà!” annunciò
allegramente Caroline. L’espressione dell’uomo si ammorbidì leggermente.
“Dov’è Mason?” domandò, notando l’assenza del
minore dei suoi figli.
Caroline diede una scrollata di spalle.
“A prendersi da bere.” rispose, allungandosi per osservare
meglio i giocatori in campo. “Oh, ecco, lo vedi quel tizio grosso come un
armadio?” aggiunse.
Tyler sospirò. Si sforzò di ignorare il nervosismo che
lo sorprendeva ogni volta che il figlio più piccolo non si trovava dove si era
aspettato che fosse.
Mase aveva ereditato da lui l’attitudine ad attaccare
briga in qualsiasi occasione, ed era forse quello uno dei motivi principali che
lo portavano a preoccuparsi per lui più di quanto non si fosse mai successo con
Caroline o Ricki.
“Quello è l’uomo Jeep. Ci sta tutto come
soprannome, vero?”
“Uomo jeep?” domandò, inarcando appena un
sopracciglio. Caroline annuì decisa. Il padre scoccò un’occhiata divertita
all’adolescente muscoloso indicatogli dalla ragazza.
Sua figlia, d’altro canto, aveva l’innata capacità di
riuscire a strappargli un sorriso in qualsiasi situazione.
“Ci sta alla perfezione.”
***
I figli nascono con dentro quello che, nei padri, la vita ha lasciato a metà.
Alessandro Baricco. Castelli di Rabbia
“La partita è già iniziata!” costatò Oliver
infilandosi in una delle ultime tribune, seguito a ruota dal padre. Jeremy
scorse la pista da hockey con lo sguardo alla ricerca del suo primogenito:
Alexander stava marcando un giocatore della squadra avversaria per cercare di recuperare
il puck.
“Beh, non dire alla mamma che siamo arrivati di nuovo
in ritardo. Eppure siamo partiti praticamente assieme
a lei.”
“Abbiamo fatto un paio di soste, però.
Prima la cartoleria e poi il bar.”
Tentò di giustificare il figlio appoggiando sul
gradino la sua lattina di coca cola.
“Giusto.” Jeremy annuì con aria distratta. “A cosa
stai lavorando, ultimamente?” continuò poi ,accennando
con il capo all’album da disegno che il ragazzo teneva sulle ginocchia.
Oliver fece spallucce.
“Al ritratto di una ragazza. Una
bella ragazza.”
“Interessante.”
Jeremy sorrise. “Questa ragazza ha un nome?”
“Immagino di sì. È solo che non ho
idea di quale sia.”
“Tocca informarsi, qui…” lo
prese in giro Jeremy, prima di tornare a seguire i movimenti di Alexander sulla
pista.
Oliver scosse il capo, lo sguardo completamente
assorbito dalla partita.
“In realtà credo che sia parecchio più grande di me.”
commentò. Jeremy inarcò un sopracciglio.
“Più grande, eh? A forza di stare
con Mase, stai ereditando le sue stesse manie”.
“Perché, tu non sei mai stato con ragazze più grandi?”
lo interrogò Oliver. Il padre si passò una mano sotto il mento.
“Credo di essere stato solo con ragazze più grandi, a
essere onesto.” Ammise. “La
mamma è più grande di te?”
domandò Oliver, aggrottando le
sopracciglia.
In quel momento, la lattina di coca cola si
rovesciò, evitando per un soffio le scarpe del ragazzo.
“Oliver…” lo rimproverò il
padre con poca convinzione.
“Non l’ho neanche toccata.” ammise in tutta sincerità
il giovanotto, chinandosi con l’intenzione di ripulire.
“E comunque sì, anche la mamma è più grande di me.”
Terminò il discorso Jeremy prima di venire distratto
da qualcosa: era convinto di aver sentito il suo cellulare vibrare, ma quando
ne esaminò il display, non trovò traccia di alcuna chiamata. I lineamenti
dell’uomo si fecero d’un tratto più nervosi, mentre la
sua mano tastava la superficie di qualcosa che teneva nella tasca interna del
giubbotto: la bussola aveva ripreso a ticchettare.
“Vado a buttare questa.” annunciò in quel momento
Oliver con la lattina in mano, rinunciando ai suoi tentativi di ripulire il
gradino. “Nel frattempo, vedo se riesco a trovare Mase. A
dopo!”
Jeremy si assicurò che il figlio avesse abbandonato le
tribune, prima di tirare fuori dalla tasca l’orologio-bussola.
Da qualche tempo aveva iniziato a portarselo dietro,
ma mai prima di quel momento gli era capitato di sentirlo vibrare così forte.
Si guardò attorno, irrequieto. L’ago della bussola scattò rapido in direzione
delle tribune di fronte a lui, prima di tornare indietro, indicando un punto
imprecisato alle sue spalle.
“Sarà rotta?” commentò fra sé, notandone l’oscillare
nervoso. La lancetta tentennò ancora un po’, prima di stabilirsi con più
precisione proprio su di Jeremy, facendogli aggrottare le sopracciglia con aria
perplessa.
“Che cos’è quel muso, Jer?”
Una voce risuonò allegra al suo orecchio facendolo
sobbalzare.
“C’è ancora bisogno di me per riuscire a farti
spuntare un sorriso decente?”
Jeremy, che si stava sforzando di nascondere la
bussola il più in fretta possibile, si voltò di scatto.
“Caroline?” domandò, sgranando gli occhi sorpreso. La
vampira esibì un sorrisetto divertito.
“Diventi sempre più grande, Peter Pan.
Non è leale!” si lamentò, fingendo un accenno di broncio prima
di abbracciare l’amico con slancio.
Jeremy sorrise.
“Allora eri tu!” esclamò, lasciandosi stringere,
scuotendo poi il capo.
“Mi hai fatto sclerare per mesi! La bussola ogni tanto
scattava senza avviso, pensavo ci fossero dei nuovi…”
Si diede un’occhiata intorno, mentre la ragazza prendeva posto accanto a lui.
“…nuovi vampiri in città.
Avrebbero spiegato il comportamento strano dello sceriffo nell’ultimo periodo.
E onestamente ero anche preoccupato per i ragazzi. Ad ogni modo, grazie per non
essere passata a salutare in tutto questo tempo...” commentò
in tono di voce asciutto; Caroline rise.
“Hai ragione, scusa.”
“E per esserti completamente dimenticata di Mystic
Falls nel corso degli ultimi… quanti anni sono
passati, sei? Sette?”
“Dieci.” lo corresse Caroline, rivolgendogli
un’occhiata divertita.
“Questo posso ancora farlo
vero? “ aggiunse, allungando una mano per arruffarli i
capelli. Jeremy si scansò con aria infastidita.
“Ma non ci provare nemmeno! Lo sai quanti anni ho?” sbottò, sistemandosi i polsini della
camicia.
“Oh, mi scusi ‘signor architetto’.” lo prese in giro la vampira in tono di voce
pomposo; Jeremy le scoccò un’occhiataccia.
“Rassegnati.” aggiunse infine la ragazza.
“Potrai anche diventare vecchio e perdere tutti i
capelli, ma per me resterai sempre il piccoletto di casa Gilbert.
Quell’impiastro senza denti che correva a nascondersi in camera mia, dopo aver
sostituito lo shampoo di Elena con il barattolo di tempere. ”
“Io non perderò mai tutti i capelli…”
Si lamentò Jeremy, sistemandoseli con aria offesa.
“E comunque casa Gilbert ha dei nuovi piccoletti,
adesso.” aggiunse con un sorriso luminoso, rivolgendo il proprio sguardo in
direzione della pista da hockey.
Caroline gli rivolse un’occhiata intenerita; aveva
riconosciuto nel suo sguardo quel particolare brillio che un tempo prendeva
forma, solo quando lo sorprendeva a disegnare.
“Qual è il tuo?” domandò, frugando la pista con gli
occhi. Jeremy indicò il figlio con il dito.
“È quello che sta maneggiando il puck in questo
momento. Alexander…” Sottolineò,
con una leggera nota di orgoglio nel tono di voce. “La mia peste.”
“Ti somiglia?” domandò ancora Caroline, tornando a
guardare Jeremy. L’uomo accennò a un sorrisetto.
“Hazel dice che è la mia copia. In realtà, penso sia
più un miscuglio fra me e lei. Vedessi che capelli, che ha…”
aggiunse ridendo.
“Oliver, invece è tutto un altro paio di maniche. Non
riuscirò mai a capire come faccia a essere sempre così calmo, così… sereno. Fa fatica anche ad arrabbiarsi, e a volte mi
viene quasi da pensare che non ne sia capace. È pazzesco, eppure ogni tanto
l’impressione che dà è proprio quella.”
“Me li ricordo da piccoli, sai?” costatò Caroline con
un sorriso.
“Me li hai presentati quando erano ancora dei bambini.
Due mini Jeremy!”
“A Xander eri piaciuta!” si ricordò in quel momento
l’uomo.
“Ma d’altronde lui ha un debole per le
Caroline, per cui…”
Scoccò un’occhiata pensierosa alla vampira prima di
esaminare le tribune con lo sguardo alla ricerca di una persona in particolare.
“C’è Tyler laggiù, se vuoi andare a salutarlo.” Azzardò,
indicando il gruppetto dei Lockwood che occupava una delle file centrali
assieme a Jeffrey. “Anche Elena e Matt sono sicuramente qui intorno.”
Caroline sospirò.
“Andrò sicuramente alla ricerca di Elena e Matt. Ho
visto Bonnie, e mi è venuta voglia di vedere anche tua sorella. La stavo
cercando, quando ho trovato te e mi sono sentita in dovere di venire a romperti
le scatole.” Aggiunse, giocherellando con un polsino
della camicia di Jeremy.
“Per quanto riguarda Tyler, penso che aspetterò ancora
un po’.” ammise, alzandosi in piedi. “Non me la sento ancora.”
Jeremy le rivolse un’occhiata poco convinta, prima di
annuire.
“Basta, mi è venuta sete.” annunciò improvvisamente la
vampira alzandosi in piedi. Quando notò il sopracciglio inarcato dell’amico,
sbuffò.
“Non intendevo quel genere di sete, cretino.”
“Beh, in tal caso il bar è da quella parte.” rispose
Jeremy, scoccandole un’occhiataccia. “E non chiamarmi cretino. Sono più grande di te, adesso, porta rispetto.”
Caroline gli fece la linguaccia.
“L’ho già detto e te l’ho ripeto, per me resterai
sempre il più piccolo dei due.” gli ricordò, prima di girarsi per allontanarsi
dalle tribune.
“....e Caroline?”
La vampira si voltò rivolgendogli un sorrisetto vispo.
“Sì?”
“Vedi di fare attenzione, va bene?”
Riconobbe nello sguardo apprensivo di Jeremy, quello
del ragazzino che per anni aveva considerato quasi un fratello, più che un
amico.
Riconobbe al tempo stesso il bambino pestifero che si credeva Peter Pan e l’adolescente schivo, rassegnato a un
dolore troppo grande per un ragazzo così giovane.
Ancora una volta si trovò a riflettere sulle tante
cose che era stata costretta a lasciarsi alle spalle, decidendo di non tornare
più a Mystic Falls.
La loro amicizia, insolita ma salda, era una di
queste.
“Mi sei mancato, Jer.” ammise con un sorriso
dolce, tendendo la mano per sfiorare il capo dell’amico.
E questa volta, Jeremy non la scansò.
Invece, sorrise.
“Mi sei mancata anche tu.”
But tell me, did Venus blow your mind?
Was it everything you wanted to find?
And then you missed me while you were
looking for yourself out there?
Drops of Jupiter. Train
Nota dell’autrice.
Anzitutto… Tutti a
votare i vostri personaggi preferiti della Next
Generation qui! No,
scherzi a parte, mi farebbe davvero piacere avere la vostra opinione, sono
molto curiosa!
Passiamo subito al capitolo, che di cose da dire ce n’è parecchie. In realtà, questo capitolo era nato per
essere molto più lungo, ma non mi piace condensare troppi avvenimenti un una volta sola, dunque ho pensato di spezzarlo. Per
questo, in questa parte non succede nulla di che: le cose inizieranno a
smuoversi nel prossimo capitolo.
Arrivando a parlare di ciò che succede qui… Dunque, abbiamo finalmente fatto conoscenza con
l’ultima pargola che mancava all’appello: Autumn. So già che alcuni di voi la
detestavano prima ancora di conoscerla, per via delle somiglianze con Bonnie XD
Diciamo che anche lei, come tutti gli altri, ha molto del suo carattere che deve
ancora essere conosciuto, quindi datele tempo. Nel prossimo capitolo, ci sarà
davvero un “punto di svolta” per lei u_ù .
Passando al gruppetto dei Lockwood, ecco la prima
comparsa del papà “Orso” Tyler, assieme ai suoi marmocchi. Nel
prossimo ci sarà molto di più e… Penso che lo vedremo
in un contesto che tutti voi aspettate da un po’.
Le scenette familiari sono tante, ma vi assicuro che
in ognuna di loro ci sono degli accenni a cose che succederanno in futuro e che
avranno a che fare con il filone più “movimentato” della storia.
Infine… *si prepara alla tirata
d’orecchie*… Caroline e Jeremy. Ve lo aspettavate, eh? Dite
la verità. Chi mi legge, sa che ho un po’ (un po??) la fissa per un ipotetico rapporto di amicizia
fra questi due. Ho dovuto dedicargli uno spazietto
tutto per loro, soprattutto perché tra i loro discorsi ci sono degli accenni
alle dinamiche che prenderà la storia nel corso dei prossimi capitoli.
Cosa aggiungere? Nella
seconda parte, succederanno un paio di cose parecchio
significative. Un ultimo accenno al titolo e alle citazioni e poi scappo.
Dunque, il nome del capitolo l’ho fregato all’episodio 3x09 (Ordinary People) di TVD, perché trovo
che calzasse con la sensazione di “normalità” che traspare dai vari nuclei
familiari (again, sono monotona).
Il prossimo s’intitolerà “Lost
Girls”. Speculate, speculate!
E la canzone inserita, sono settimane che mi
ossessiona. Stando alle righe finali del capitolo incentrate sui pensieri di
Caroline, l’ho trovata piuttosto azzeccata ( “Drops of Jupiter”
in generale mi fa pensare un po’ a Caroline.)
Ringrazio di cuore tutti voi che leggete, non
potete capire quanto mi riempia di felicità vedervi familiarizzare con questi nuovi
personaggi. Ogni volta che leggo le vostre recensioni o che leggo un vostro
commento a una foto ,a qualsiasi cosa che abbia a che
fare con History Repeating vado in brodo di giuggiole, perché sono affezionata
a questi personaggi più di quanto non mi sia mai successo con altri e poterli
condividere con voi è meraviglioso.
Un abbraccio grande
Laura
P.S. Se non dimentico qualcosa, non sono io. Gli
accenni a “Peter Pan” tra Caroline e Jeremy, si ispirano a Car(o)line
Pan, dove si dice che Jeremy bambino sognava di non
crescere mai, proprio come Peter.
Postilla Namber Ciu! Io di Hockey so poco o niente, mi sono studiata la
pagina di wikipedia mentre leggevo il capitolo, ma
sono comunque ignorante. Ma essendo la partita appena accennata
spero di non aver combinato troppi disastri. In caso ne avessi invece
combinati, vi chiedo scusa! E il “puck”, non è quel meraviglioso personaggio di
Glee, ma il dischetto che nell’hockey viene usato per
fare punto.