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Autore: Kary91    11/12/2011    24 recensioni
Sono trascorsi quasi trent'anni da quando abbiamo incontrato per la prima volta Elena Gilbert e i fratelli Salvatore.
A Mystic Falls molte cose sono cambiate da allora; i ragazzi sono cresciuti, gli adulti invecchiati. Nuove generazioni di adolescenti portano il cognome delle famiglie fondatrici, eppure certi dettagli hanno concluso per rimanere in circolazione nella vita di ogni giorno destinati a ripetersi all'infinito ; in un modo o nell'altro la storia si ripete e Caroline Forbes di questo è al corrente, nel momento in cui decide di tornare a Mystic Falls:questa volta per restare.
***
“…Hai presente quando eravamo piccoli e io cercavo di farti cagare sotto, raccontandoti storie di cadaveri sanguinolenti e orripilanti mostri succhia-sangue?”
Jeffrey assunse un’espressione perplessa.
“Me lo ricordo fin troppo bene, direi…”
“Ricordi anche quando cercavo di convincerti che mio padre fosse un lupo mannaro?”
“Per via di quella storia, avevo incominciato ad andare nel panico ogni volta che rimanevo da solo in una stanza con lui…”
“…E se ti dicessi che non tutte le stronzate che dicevo da bambino fossero effettivamente delle balle?”
“Ti risponderei che bevi troppo.”
Genere: Introspettivo, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elena Gilbert, Jeremy Gilbert, Matt Donovan, Nuovo personaggio, Tyler Lockwood
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'It calls me home.'
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Chapter 4.

Ordinary People.

Certe cose non cambiano mai.

Certi dettagli finiscono per rimanere in circolazione nella vita di ogni giorno

 e continuano a ripetersi all’infinito, senza mai evolversi. Senza mai cambiare.

Non i bambini, però.

Tutti i bambini prima o poi crescono.

Tutti tranne uno una.

Da Car(o)line Pan.

 

 “Sei tornata!”

Caroline Forbes scoppiò a ridere, abbracciando Bonnie con slancio.

“Dieci anni, Caroline. Dio, sono passati dieci anni!”  aggiunse poi la donna, separandosi dall’abbraccio.

“E non sei cambiata per niente.” commentò Caroline; Bonnie le rivolse un’occhiata scettica.

“Forse un pochino?” si corresse la vampira sorridendo all’aria matura, da donna adulta che il viso dell’amica emanava.

Bonnie scosse il capo, ancora sorridente.

“Entra, dai!” la incitò, guidandola lungo l’ingresso per poi raggiungere il soggiorno.

“Da quanto sei tornata?”

 Caroline cercò di guadagnare tempo guardandosi intorno. Il suo sguardo vagò incuriosito per la stanza, attirato da piccoli particolari che rendevano quell’ambiente ben diverso da quello che per anni aveva associato a Bonnie.

A destare maggiormente il suo interesse, furono le foto appese alle pareti; ce n’erano davvero tante, foto di quelli che dovevano essere i suoi due figli da bambini. Era il genere di cosa che Caroline si era immaginata tante volte di trovare in casa di Elena, più che in quella di Bonnie.

“Da un po’.” ammise infine, mentre la padrona di casa le faceva cenno di sedersi.

Ma avevo voglia di stare un po’ per conto mio prima di incontrare tutti voi.”

“Tua madre ti ha accennato al fatto che questo non è esattamente il momento migliore per…

“So tutto dello sceriffo, sì. So che ha dei sospetti riguardo le famiglie fondatrici, ma non sono preoccupata.” aggiunse, con un guizzo divertito nello sguardo.

“Credo di essere in grado di cavarmela da sola, ormai.”

Bonnie ricambiò il sorriso, tendendo la mano per stringere quella dell’amica.

“Stefan è qui con te?”

La vampira scosse il capo.

“è con Damon. Abbiamo pensato entrambi che era arrivata l’ora di prenderci cura delle nostre famiglie; almeno per un po’.

“Katherine?” domandò ancora Bonnie, inarcando un sopracciglio.

“Da qualche parte a fare baldoria, credo. L’ultima volta che ho sentito Damon, non era già più con lui.

Spiegò, prima di focalizzare la sua attenzione su una delle foto incorniciate alla parete..

Sorrise con tenerezza all’immagine di due bambini che facevano le boccacce abbracciati a un pupazzo di neve.

“Raccontami qualcosa tu.” Propose, tornando a guardare Bonnie.

 “Come vanno le cose qui a Mystic Falls? Com’è…  Avere una famiglia?”. Aggiunse, riuscendo a concedersi un sorriso.

L’amica si strinse nelle spalle.

Più o meno è rimasto tutto come dieci anni fa. Siamo una normale famiglia americana con l’ossessione per il caffè e le cene a base di toast. Ho un lavoro normale, una casa normale… Dei figli normali…

…figli con dei normali genitori separati.”

Caroline si voltò in direzione delle scale, per osservare la ragazza che aveva appena fatto ingresso in soggiorno.

“Ciao!” esclamò con voce allegra. L’adolescente le rivolse un’occhiata indagatrice, mentre si affrettava a indossare il giubbotto.

 “Ciao.” rispose, afferrando la borsa che aveva appoggiato sull’ultimo gradino delle scale prima di avvicinarsi alle due donne.

“Mia figlia Autumn.”

la presentò Bonnie, scoccandole un’occhiata contrariata.

“Che ha una linguaccia tremenda.”

“Ci siamo già incontrate una volta, ma forse non te lo ricordi.” spiegò Caroline, sollevandosi dal divano per avvicinarsi alla ragazza.

Autumn aggrottò le sopracciglia con aria perplessa; somigliava meno a Bonnie di quanto la vampira ricordasse. I capelli scuri della giovane erano lunghi e ondulati. Molto più mossi rispetto a quanto non lo fossero mai stati quelli della madre alla sua età.

 Anche nei lineamenti, Caroline riconobbe in Autumn qualcosa di diverso rispetto a Bonnie; gli occhi, però, li aveva presi da lei.

“Caroline è la figlia di una mia vecchia amica.” spiegò Bonnie alla figlia, alzandosi anche lei dal divano.

“Caroline come Caroline Lockwood?” ripetè la ragazza tendendo la mano per stringere quella che la vampira le stava porgendo. Non si accorse dell’improvviso irrigidirsi della sconosciuta al pronunciare di quelle parole.

Caroline le strinse la mano, sorridendole con dolcezza.

“Piacere di conoscerti.”

In quel momento, qualcosa di insolito accadde ad Autumn. La sua mano si sganciò istintivamente da quella di Caroline e si affrettò a recuperare la borsa. Una sensazione strana, d’inquietudine, la spinse ad arretrare.

“Devo andare.”

Annunciò infine sistemandosi il colletto del cappotto per poi allontanarsi in direzione dell’ingresso.

“Sono in ritardo per la partita.”

“Autumn!”

Bonnie la richiamò con aria irritata.

“Ha un caratteraccio.” borbottò infine, quando entrambe avvertirono il rumore della porta che si apriva e si chiudeva.

“Purtroppo l’ha preso da me.”

E…Ha preso anche qualcos altro, da te?” chiese Caroline lentamente, quasi non si sentisse più sicura di poter trattare determinati argomenti con lei. Bonnie denegò con il capo.

“No. A quanto pare, no. E meno male, perché non credo che sarebbe facile per lei venire a compromessi con una faccenda simile. è scettica come suo padre.”

“Aspetta un momento…

Solo in quel momento le vennero in mente le parole che Autumn aveva pronunciato facendo ingresso in soggiorno.

“Tua figlia ha parlato di … Tu e David avete divorziato?”

“Separati.” la corresse Bonnie a labbra strette.

“Io e David siamo separati. Lui vive a Richmond, ora. Assieme a Julian.”

“Mi dispiace.” commentò Caroline, rattristata. Bonnie sospirò.

“Come ti dicevo, una normale famiglia americana.”  commentò, con un pizzico di amarezza nel tono di voce. Tornò a sedersi sul divano e il suo sguardo cadde sulla stessa fotografia che Caroline aveva osservato a lungo poco prima.

“Mio figlio è come me.” ammise infine, tornando a guardare Caroline.

“Il che è strano, visto che generalmente la magia salta una generazione.”

“Come l’ha presa?” Domandò stupita la vampira.

“Fin troppo bene.”

Bonnie si accigliò.

Ad essere sincera ho cercato di tenerlo il più lontano possibile da tutto quanto, finché ho potuto. Crescendo, però, ha incominciato a porsi delle domande e verso gli ultimi anni delle superiori era diventato pressappoco impossibile tenerlo lontano da quello che gli stava succedendo. Gli ho raccontato alcune cose per evitare che si sentisse a disagio con se stesso, ma mi sono comunque opposta all’idea di insegnargli più del dovuto. Voglio per Julian una vita normale. Così come la voglio per Autumn.”

“Posso capirlo.” Commentò, Caroline annuendo. Bonnie sospirò un’ultima volta, prima di tornare a sorridere.

“Sei già andata a trovare Elena e Matt?” domandò con aria decisamente più rilassata rispetto a prima. L’amica scosse il capo.

“Volevo passare, ma non erano in casa. Sono passata anche da Jeremy mentre venivo qui, ma non c’era neanche lui.”

“Sono tutti alla partita di hockey. È lì che stava andando anche Autumn: dovresti farci un salto.

Commentò poi rivolgendosi all’amica.

Credo…” E qui, il suo tono di voce si fece d’un tratto esitante, proprio come  era successo a Caroline quando aveva tirato in ballo la questione ‘magia’. “Credo che ci sarà anche Tyler.”

Caroline scosse il capo con aria poco convinta.

“Un’altra volta, magari.” Commentò, rivolgendole un sorriso rilassato.

Quando poi, una mezz’oretta più tardi, si trovò a percorrere le tribune che circondavano il campo da hockey, si trovò a maledirsi in silenzio per non essere stata in grado di dare retta alle proprie parole.

***

“Sei pronto?”

Caroline Lockwood bussò sulla spalla del migliore amico. Xander sorrise, facendole spazio sulla panchina.

“Pronto a piazzare almeno un paio di puck in rete. Anche se…” aggiunse, abbassando il tono di voce e avvicinandosi con il capo a Caroline . “Quello lì un po’ di paura me la fa, diciamocelo.” Ammise accennando con il capo a un ragazzone in divisa che stava scrutando gli avversari con aria scontrosa.

Caroline lo indicò con il dito.

“Quello grosso almeno quanto la jeep di papà?”

“Non indicare!”  la riprese Xander, abbassandole la mano. “Vuoi che l’uomo jeep mi spalmi a terra alla prima occasione?” aggiunse con una smorfia.

 Caroline rise.

“Andrà tutto alla grande, Xander bello.” annunciò seria porgendogli il casco. Il ragazzo se lo inserì, nascondendo così il sorrisetto divertito sul suo volto.

“Me lo tieni tu, questo?” domandò poi, sfilandosi l’anello di famiglia e porgendolo all’amica.

In quel momento, la melodia assordante informò Caroline che era arrivato il momento di raggiungere le tribune.

“Ci vediamo all’intervallo!” gli gridò in un orecchio mentre le prime cheerleader entravano in scena, sorridendo agli applausi dei presenti.

Xander sollevò il pollice in direzione dell’amica e si affrettò a raggiungere i compagni di squadra.

La ragazza lo osservò pattinare per un po’, prima di decidersi a raggiungere le tribune. Voltandosi, si scontrò con qualcuno, che a stento riconobbe come uno dei supplenti del liceo.

“Mi scusi!” esclamò ad alta voce per tentare di farsi sentire. Gregory Lester, tuttavia, pareva essersi a malapena accorto dello scontro con la ragazza.

“Bell’anello!” commentò invece, indicando il gioiello che Caroline teneva ancora in mano. La ragazza gli rivolse un’occhiata perplessa.

Grazie… Non è mio.” rispose semplicemente, prima di arretrare in direzione delle tribune. Scosse il capo con aria stranita, infilandosi in tasca l’anello di Alexander.

“Il nuovo supplente di storia è un po’ strambo.” Annunciò, quando finalmente raggiunse la sua famiglia. Prese posto fra Ricki e Mason, allungando poi la mano in direzione del fratello più piccolo.

Mason inarcò un sopracciglio.

“Chi? Lester? Mi ha chiesto di ripetergli come facevo di cognome per lo meno tre volte” commentò, offrendo a Caroline il suo pacchetto di noccioline.

“Avrà qualche problema di udito…si introdusse nel discorso Ricki, muovendo il capo a ritmo di musica.

“Il buon vecchio professor Finn, che fine ha fatto?” aggiunse. Caroline e Mason si scambiarono un’occhiata.

“Sarà malato, credo. È da un paio di settimane ormai, che abbiamo il sostituto.” spiegò la ragazza.

“Peccato, Finn era un tipo abbastanza a posto. Tranne quando si addormentava e incominciava a russare in classe.  Vero Jeff?”

Si rivolse all’amico prima di tornare a dirigere la propria attenzione verso le cheerleaders che si stavano esibendo sulla pista. Non faticò a individuare Vicki in mezzo a tutte quelle ragazze. Non che a Ricki interessasse particolarmente tenere d’occhio lei, piuttosto che le sue compagne. Di ragazze carine ce n’erano parecchie nel gruppo e Victoria non era di certo la più attraente - Ricki, poi, aveva sempre avuto un debole per le bionde .

Eppure Vicki aveva un modo di muoversi che difficilmente passava inosservato.

 “Senti un po’…” aggiunse infine il ragazzo rivolto a Jeffrey, accennando con il capo alla pista da hockey.

“Ma a te non da fastidio osservare tua sorella mentre mena il sedere a destra e a sinistra? Quelle gonne sono decisamente corte.” Osservò; Caroline roteò gli occhi.

Jeffrey sorrise.

“Comincio a capire come mai a Caroline non sia mai venuto in mente di fare la cheerleader.” Commentò rivolgendogli un’occhiata divertita. La ragazza si accigliò.

“Non mi è mai venuto in mente, perché è un passatempo scemo, non perché ho un fratello geloso. Lo sport appaga decisamente di più.” Aggiunse incrociando le braccia al petto.

Mase inarcò un sopracciglio.

“A me appagano molto di più le cheerleader, invece.” Osservò con un sorrisetto sghembo. Ricki gli diede una pacca sulla spalla, ammiccando.

“Vicki si sta facendo più carina, comunque…” aggiunse improvvisamente, indicando la pista da hockey con il capo.

“L’hai detto davvero?”

Caroline balzò in piedi trascinando Mason per il braccio.

“L’ha detto davvero, lo dico a Vicki!” annunciò entusiasta, agitando il pacchetto di noccioline. Mase se ne riappropriò indirizzandole un’occhiataccia.

“Le hai fatte fuori tutte, complimenti.” Borbottò, gettando malamente il pacchetto sulla tribuna.

“Vado a prendermi da bere.” aggiunse con aria scontrosa prima di allontanarsi in direzione del bar.

“Ho detto che è carina, mica che mi è apparsa in sogno come un angelo. Tra l’altro là in mezzo è pieno di ragazze decisamente più interessanti..” Ribattè secco Ricki assumendo anche lui un’espressione contrariata.

“Dì un po’…”

Questa volta fu Jeffrey a parlare.

“Com’è che tu puoi dire liberamente quello che vuoi su mia sorella, mentre la tua la tieni praticamente sotto campana?”

Richard diede una scrollata di spalle.

“Noi Lockwood siamo tipetti gelosi.” Spiegò, accennando a un sorrisetto.

…Degli autentici maschi ‘alpha…Ahy!”

Lo scappellotto del padre colpì alla nuca. Tyler si inserì nella tribuna e prese posto accanto alla figlia, occupando il posto che aveva lasciato libero Mason.

Ricki incassò l’occhiataccia dell’uomo con aria d’un tratto meno scherzosa.

“Ok, ok la pianto.” si arrese, riprendendo a osservare la pista da hockey.

“Sei arrivato giusto in tempo per l’inizio, papà!” annunciò allegramente Caroline. L’espressione dell’uomo si ammorbidì leggermente.

 “Dov’è Mason?” domandò, notando l’assenza del minore dei suoi figli.

Caroline diede una scrollata di spalle.

“A prendersi da bere.”  rispose, allungandosi per osservare meglio i giocatori in campo. “Oh, ecco, lo vedi quel tizio grosso come un armadio?” aggiunse.

Tyler sospirò. Si sforzò di ignorare il nervosismo che lo sorprendeva ogni volta che il figlio più piccolo non si trovava dove si era aspettato che fosse.

Mase aveva ereditato da lui l’attitudine ad attaccare briga in qualsiasi occasione, ed era forse quello uno dei motivi principali che lo portavano a preoccuparsi per lui più di quanto non si fosse mai successo con Caroline o Ricki.

 “Quello è l’uomo Jeep. Ci sta tutto come soprannome, vero?”

 “Uomo jeep?”  domandò, inarcando appena un sopracciglio. Caroline annuì decisa. Il padre scoccò un’occhiata divertita all’adolescente muscoloso indicatogli dalla ragazza.

Sua figlia, d’altro canto, aveva l’innata capacità di riuscire a strappargli un sorriso in qualsiasi situazione.

“Ci sta alla perfezione.”

***

 

I figli nascono con dentro quello che, nei padri, la vita ha lasciato a metà.

Alessandro Baricco. Castelli di Rabbia

 

 

“La partita è già iniziata!” costatò Oliver infilandosi in una delle ultime tribune, seguito a ruota dal padre. Jeremy scorse la pista da hockey con lo sguardo alla ricerca del suo primogenito: Alexander stava marcando un giocatore della squadra avversaria per cercare di recuperare il puck.

“Beh, non dire alla mamma che siamo arrivati di nuovo in ritardo. Eppure siamo partiti praticamente assieme a lei.”

“Abbiamo fatto un paio di soste, però. Prima la cartoleria e poi il bar.”

Tentò di giustificare il figlio appoggiando sul gradino la sua lattina di coca cola.

“Giusto.” Jeremy annuì con aria distratta. “A cosa stai lavorando, ultimamente?” continuò poi ,accennando con il capo all’album da disegno che il ragazzo teneva sulle ginocchia.

Oliver fece spallucce.

“Al ritratto di una ragazza. Una bella ragazza.”

 “Interessante.” Jeremy sorrise. “Questa ragazza ha un nome?”

“Immagino di sì. È solo che non ho idea di quale sia.”

“Tocca informarsi, qui…” lo prese in giro Jeremy, prima di tornare a seguire i movimenti di Alexander sulla pista.

Oliver scosse il capo, lo sguardo completamente assorbito dalla partita.

“In realtà credo che sia parecchio più grande di me.” commentò. Jeremy inarcò un sopracciglio.

“Più grande, eh? A forza di stare con Mase, stai ereditando le sue stesse manie”.

“Perché, tu non sei mai stato con ragazze più grandi?” lo interrogò Oliver. Il padre si passò una mano sotto il mento.

“Credo di essere stato solo con ragazze più grandi, a essere onesto.” Ammise.  “La mamma è più grande di te?”

domandò Oliver, aggrottando le sopracciglia.

 In quel momento, la lattina di coca cola si rovesciò, evitando per un soffio le scarpe del ragazzo.

Oliver…” lo rimproverò il padre con poca convinzione.

“Non l’ho neanche toccata.” ammise in tutta sincerità il giovanotto, chinandosi con l’intenzione di ripulire.

“E comunque sì, anche la mamma è più grande di me.”

Terminò il discorso Jeremy prima di venire distratto da qualcosa: era convinto di aver sentito il suo cellulare vibrare, ma quando ne esaminò il display, non trovò traccia di alcuna chiamata. I lineamenti dell’uomo si fecero d’un tratto più nervosi, mentre la sua mano tastava la superficie di qualcosa che teneva nella tasca interna del giubbotto: la bussola aveva ripreso a ticchettare.

“Vado a buttare questa.” annunciò in quel momento Oliver con la lattina in mano, rinunciando ai suoi tentativi di ripulire il gradino. “Nel frattempo, vedo se riesco a trovare Mase. A dopo!”

Jeremy si assicurò che il figlio avesse abbandonato le tribune, prima di tirare fuori dalla tasca l’orologio-bussola.

Da qualche tempo aveva iniziato a portarselo dietro, ma mai prima di quel momento gli era capitato di sentirlo vibrare così forte. Si guardò attorno, irrequieto. L’ago della bussola scattò rapido in direzione delle tribune di fronte a lui, prima di tornare indietro, indicando un punto imprecisato alle sue spalle.

“Sarà rotta?” commentò fra sé, notandone l’oscillare nervoso. La lancetta tentennò ancora un po’, prima di stabilirsi con più precisione proprio su di Jeremy, facendogli aggrottare le sopracciglia con aria perplessa.

 “Che cos’è quel muso, Jer?”

Una voce risuonò allegra al suo orecchio facendolo sobbalzare.

“C’è ancora bisogno di me per riuscire a farti spuntare un sorriso decente?”

Jeremy, che si stava sforzando di nascondere la bussola il più in fretta possibile, si voltò di scatto.

“Caroline?” domandò, sgranando gli occhi sorpreso. La vampira esibì un sorrisetto divertito.

“Diventi sempre più grande, Peter Pan. Non è leale!” si lamentò, fingendo un accenno di broncio prima di abbracciare l’amico con slancio.

Jeremy sorrise.

“Allora eri tu!” esclamò, lasciandosi stringere, scuotendo poi il capo.

“Mi hai fatto sclerare per mesi! La bussola ogni tanto scattava senza avviso, pensavo ci fossero dei nuovi…

Si diede un’occhiata intorno, mentre la ragazza prendeva posto accanto a lui.

…nuovi vampiri in città. Avrebbero spiegato il comportamento strano dello sceriffo nell’ultimo periodo. E onestamente ero anche preoccupato per i ragazzi. Ad ogni modo, grazie per non essere passata a salutare in tutto questo tempo...”  commentò in tono di voce asciutto; Caroline rise.

“Hai ragione, scusa.”

“E per esserti completamente dimenticata di Mystic Falls nel corso degli ultimi… quanti anni sono passati, sei? Sette?”

“Dieci.” lo corresse Caroline, rivolgendogli un’occhiata divertita.

“Questo posso ancora farlo vero? “ aggiunse, allungando una mano per arruffarli i capelli. Jeremy si scansò con aria infastidita.

Ma non ci provare nemmeno! Lo sai quanti anni ho?” sbottò, sistemandosi i polsini della camicia.

“Oh, mi scusi ‘signor architetto’.” lo prese in giro la vampira in tono di voce pomposo; Jeremy le scoccò un’occhiataccia.

“Rassegnati.” aggiunse infine la ragazza.

“Potrai anche diventare vecchio e perdere tutti i capelli, ma per me resterai sempre il piccoletto di casa Gilbert. Quell’impiastro senza denti che correva a nascondersi in camera mia, dopo aver sostituito lo shampoo di Elena con il barattolo di tempere.

“Io non perderò mai tutti i capelli…” Si lamentò Jeremy, sistemandoseli con aria offesa.

“E comunque casa Gilbert ha dei nuovi piccoletti, adesso.” aggiunse con un sorriso luminoso, rivolgendo il proprio sguardo in direzione della pista da hockey.

Caroline gli rivolse un’occhiata intenerita; aveva riconosciuto nel suo sguardo quel particolare brillio che un tempo prendeva forma, solo quando lo sorprendeva a disegnare.

“Qual è il tuo?” domandò, frugando la pista con gli occhi. Jeremy indicò il figlio con il dito.

“È quello che sta maneggiando il puck in questo momento. Alexander…Sottolineò, con una leggera nota di orgoglio nel tono di voce. “La mia peste.”

“Ti somiglia?” domandò ancora Caroline, tornando a guardare Jeremy. L’uomo accennò a un sorrisetto.

“Hazel dice che è la mia copia. In realtà, penso sia più un miscuglio fra me e lei. Vedessi che capelli, che ha

aggiunse ridendo.

“Oliver, invece è tutto un altro paio di maniche. Non riuscirò mai a capire come faccia a essere sempre così calmo, così… sereno. Fa fatica anche ad arrabbiarsi, e a volte mi viene quasi da pensare che non ne sia capace. È pazzesco, eppure ogni tanto l’impressione che dà è proprio quella.”

“Me li ricordo da piccoli, sai?” costatò Caroline con un sorriso.

“Me li hai presentati quando erano ancora dei bambini. Due mini Jeremy!”

“A Xander eri piaciuta!” si ricordò in quel momento l’uomo.

“Ma d’altronde lui ha un debole per le Caroline, per cui…

Scoccò un’occhiata pensierosa alla vampira prima di esaminare le tribune con lo sguardo alla ricerca di una persona in particolare.

“C’è Tyler laggiù, se vuoi andare a salutarlo.” Azzardò, indicando il gruppetto dei Lockwood che occupava una delle file centrali assieme a Jeffrey. “Anche Elena e Matt sono sicuramente qui intorno.”

Caroline sospirò.

“Andrò sicuramente alla ricerca di Elena e Matt. Ho visto Bonnie, e mi è venuta voglia di vedere anche tua sorella. La stavo cercando, quando ho trovato te e mi sono sentita in dovere di venire a romperti le scatole. Aggiunse, giocherellando con un polsino della camicia di Jeremy.

“Per quanto riguarda Tyler, penso che aspetterò ancora un po’.” ammise, alzandosi in piedi. “Non me la sento ancora.”

Jeremy le rivolse un’occhiata poco convinta, prima di annuire.

“Basta, mi è venuta sete.” annunciò improvvisamente la vampira alzandosi in piedi. Quando notò il sopracciglio inarcato dell’amico, sbuffò.

 “Non intendevo quel genere di sete, cretino.”

“Beh, in tal caso il bar è da quella parte.” rispose Jeremy, scoccandole un’occhiataccia. “E non chiamarmi cretino. Sono più grande di te, adesso, porta rispetto.”

Caroline gli fece la linguaccia.

“L’ho già detto e te l’ho ripeto, per me resterai sempre il più piccolo dei due.” gli ricordò, prima di girarsi per allontanarsi dalle tribune.

....e Caroline?”

La vampira si voltò rivolgendogli un sorrisetto vispo.

“Sì?”

“Vedi di fare attenzione, va bene?”

Riconobbe nello sguardo apprensivo di Jeremy, quello del ragazzino che per anni aveva considerato quasi un fratello, più che un amico.

Riconobbe al tempo stesso il bambino pestifero che si credeva Peter Pan e l’adolescente schivo, rassegnato a un dolore troppo grande per un ragazzo così giovane.

Ancora una volta si trovò a riflettere sulle tante cose che era stata costretta a lasciarsi alle spalle, decidendo di non tornare più a Mystic Falls.

La loro amicizia, insolita ma salda, era una di queste.

 “Mi sei mancato, Jer.” ammise con un sorriso dolce, tendendo la mano per sfiorare il capo dell’amico.

E questa volta, Jeremy non la scansò.

Invece, sorrise.

“Mi sei mancata anche tu.”

But tell me, did Venus blow your mind?
Was it everything you wanted to find?
And then you missed me while you were

looking for yourself out there?

Drops of Jupiter. Train
 

Nota dell’autrice.

Anzitutto… Tutti a votare i vostri personaggi preferiti della Next Generation qui! No, scherzi a parte, mi farebbe davvero piacere avere la vostra opinione, sono molto curiosa!

Passiamo subito al capitolo, che di cose da dire ce n’è parecchie. In realtà, questo capitolo era nato per essere molto più lungo, ma non mi piace condensare troppi avvenimenti un una volta sola, dunque ho pensato di spezzarlo. Per questo, in questa parte non succede nulla di che: le cose inizieranno a smuoversi nel prossimo capitolo.

Arrivando a parlare di ciò che succede qui… Dunque, abbiamo finalmente fatto conoscenza con l’ultima pargola che mancava all’appello: Autumn. So già che alcuni di voi la detestavano prima ancora di conoscerla, per via delle somiglianze con Bonnie XD Diciamo che anche lei, come tutti gli altri, ha molto del suo carattere che deve ancora essere conosciuto, quindi datele tempo. Nel prossimo capitolo, ci sarà davvero un “punto di svolta” per lei u_ù .

Passando al gruppetto dei Lockwood, ecco la prima comparsa del papà “Orso” Tyler, assieme ai suoi marmocchi. Nel prossimo ci sarà molto di più e… Penso che lo vedremo in un contesto che tutti voi aspettate da un po’.

Le scenette familiari sono tante, ma vi assicuro che in ognuna di loro ci sono degli accenni a cose che succederanno in futuro e che avranno a che fare con il filone più “movimentato” della storia.

Infine… *si prepara alla tirata d’orecchie*… Caroline e Jeremy. Ve lo aspettavate, eh? Dite la verità. Chi mi legge, sa che ho un po’ (un po??) la fissa per un ipotetico rapporto di amicizia fra questi due. Ho dovuto dedicargli uno spazietto tutto per loro, soprattutto perché tra i loro discorsi ci sono degli accenni alle dinamiche che prenderà la storia nel corso dei prossimi capitoli.

Cosa aggiungere? Nella seconda parte, succederanno un paio di cose parecchio significative. Un ultimo accenno al titolo e alle citazioni e poi scappo. Dunque, il nome del capitolo l’ho fregato all’episodio 3x09 (Ordinary People) di TVD, perché trovo che calzasse con la sensazione di “normalità” che traspare dai vari nuclei familiari (again, sono monotona).

Il prossimo s’intitolerà “Lost Girls”. Speculate, speculate!

E la canzone inserita, sono settimane che mi ossessiona. Stando alle righe finali del capitolo incentrate sui pensieri di Caroline, l’ho trovata piuttosto azzeccata ( Drops of Jupiter” in generale mi fa pensare un po’ a Caroline.)

 

Ringrazio di cuore tutti voi che leggete, non potete capire quanto mi riempia di felicità vedervi familiarizzare con questi nuovi personaggi. Ogni volta che leggo le vostre recensioni o che leggo un vostro commento a una foto ,a qualsiasi cosa che abbia a che fare con History Repeating vado in brodo di giuggiole, perché sono affezionata a questi personaggi più di quanto non mi sia mai successo con altri e poterli condividere con voi è meraviglioso.

Un abbraccio grande

Laura

P.S. Se non dimentico qualcosa, non sono io. Gli accenni a “Peter Pan” tra Caroline e Jeremy, si ispirano a Car(o)line Pan, dove si dice che Jeremy bambino sognava di non crescere mai, proprio come Peter.

Postilla Namber Ciu! Io di Hockey so poco o niente, mi sono studiata la pagina di wikipedia mentre leggevo il capitolo, ma sono comunque ignorante. Ma essendo la partita appena accennata spero di non aver combinato troppi disastri. In caso ne avessi invece combinati, vi chiedo scusa! E il “puck”, non è quel meraviglioso personaggio di Glee, ma il dischetto che nell’hockey viene usato per fare punto.

 

   
 
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