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Autore: Elos    11/12/2011    5 recensioni
"- Vorresti venire al ballo con me?
Angela Abygaile Glancenspark alzò gli occhi dal corposo mattone del
De inanibus et vanis incantamentis e fissò la forma sfocata che aveva di fronte con una dose equamente suddivisa di notevole perplessità e vago allarme. Aprì bocca, la richiuse, e alla fine se ne uscì fuori con un poco ponderato:
- Uh? [...]

A tredici giorni dal Ballo del Ceppo, i guai per trovare qualcuno con cui andare puoi averceli anche se non ti chiami Harry Potter.
Legato all'universo di Prima di King's Cross.
Genere: Commedia, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Prima di King's Cross'
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Note della storia: Prima di cominciare, temo sia necessario aggiungere un paio di note. Questa storia è un seguito, preludio, spin-off, intermezzo, quel-che-si-voglia, di Prima di King's Cross. Avevo detto ad aprile che l'avrei scritta e... be', è Natale. Quale momento migliore? Si tratta di una storia breve, divisa in tre capitoli, autoconclusiva e - pressoché - autonoma: i primi due capitoli in particolar modo possono essere letti senza alcun bisogno di conoscere la storia principale; questo vale un po' meno, tuttavia, per il terzo capitolo.
Si ringrazia dierrevi per il suo paziente (molto paziente!) lavoro di revisione del testo.

Dedicata a tutti coloro che si sono depressi solo un altro po', dopo aver letto di quei cinquanta senza nome che la Signora Autrice ha lasciato per terra a venti pagine dall'epilogo.





Capitolo 1
Stelle che sfrigolano




- Vorresti venire al ballo con me?
Angela Abygaile Glancenspark alzò gli occhi dal corposo mattone del De inanibus et vanis incantamentis e fissò la forma sfocata che aveva di fronte con una dose equamente suddivisa di notevole perplessità e vago allarme. Aprì bocca, la richiuse, e alla fine se ne uscì fuori con un poco ponderato:
- Uh?
Dovette spingersi gli occhiali più su sul naso – avevano la tendenza, mentre leggeva, a scivolarle fino alla punta ed a restare lì appesi a mezzo centimetro dalla superficie del libro – per riuscire a mettere a fuoco la figura che aveva davanti: e che era quella di un ragazzo dotato di un'espressione mostruosamente speranzosa e di una faccia vagamente familiare. Credette di riconoscerla con un attimo di ritardo – Tassorosso, quinto anno – ma non riuscì a ricordare il nome. Si spremette le meningi, e dal fondo di quello sgabuzzino intasato che era la sua memoria emerse la vaga rimembranza di un Bartholomew Qualcosa. O di un Qualcosa Bartholomew. O, uhm, un nome del genere.
- Vorresti venire al ballo con me? - ripeté questi. - Al Ballo del Ceppo. - specificò. - Prima di Natale. Con me. Voglio dire, andando insieme. Cioè, non andando insieme nel senso di... andarci tutti e due, ma andando insieme nel senso di…
- Io, uh, ecco... - lo interruppe lei, schiarendosi la voce, con il vivo desiderio che il De inanibus et vanis incantamentis le balzasse addosso e cercasse di strangolarla, lì, ora, subito, risparmiandole di dover rispondere. - … sì, credo di aver capito cosa intendi.
Gli occhi del ragazzo si illuminarono. Amelia Hughes, dall'altra parte del tavolo, sbirciò prima lei, poi lui, ed approfittò del fatto che quest'ultimo le stesse dando le spalle e non potesse vederla per alzare entrambe le sopracciglia in un'espressione eloquente. Angela dovette strozzarsi per non far uscire fuori la risata che le era scappata, e il colpo di tosse che seguì le attirò uno sguardo preoccupato da parte di Bartholomew il Tassorosso.
- Tutto a posto?
Lei annuì vigorosamente. Sentì le guance scaldarlesi e seppe di essere arrossita.
- Senti... - cominciò, esitando. - ... Bartholomew, io...
- Mi chiamo Barry.
Amelia nascose la faccia dietro al libro di Pozioni per nascondere un'enorme ghigno. Angela gemette e si aggrappò al tavolo della biblioteca per non soccombere ad una crescente sensazione di pura disperazione:
- Oh. Oh, io... non Bartholomew?
- No.
- Sicuro?
- Assolutamente. - confermò il ragazzo, l'aria lievemente depressa.
- Scusami. Scusami davvero. Non sono molto brava con i nomi, io... io non ricordo neanche quelli del mio stesso anno, davvero, non ti offendere, ti prego.
- Io sono del tuo stesso anno.
Amelia dovette alzarsi e scappar via, bruscamente. Angela la sentì sghignazzare mentre si allontanava tra gli scaffali della biblioteca e le augurò malvagiamente che Madama Pince la sentisse e venisse a prenderla per un orecchio per buttarla fuori.
- Tassorosso? - provò Angela, speranzosa.
- Grifondoro.
Lei socchiuse gli occhi.
- Sono autorizzata a desiderare che il pavimento mi ingoi? - bisbigliò. Barry azzardò un mezzo sorriso, prima di alzare una mano e grattarsi la testa:
- Suppongo che questo significhi che non verrai al Ballo con me.
Angela si morse le labbra, prima di scuotere la testa debolmente:
- Non è per te. E' che io sto... è che io sono... - Esitò. Barry il Grifondoro del Sesto Anno sembrava tutto sommato piuttosto simpatico (ed era indubbiamente molto, molto, molto paziente), e stava per ricevere una magra delusione. Una spiegazione gli era quantomeno dovuta. - … io sto aspettando che qualcun altro mi inviti. Uno in particolare, cioè, non un qualcun altro qualunque. - Si affrettò a specificare.
Barry alzò un sopracciglio:
- Aspettando...?
Il rossore di Angie si espanse a macchia d'olio e le invase la punta delle orecchie.
- Io sto, uh, sperando che mi inviti...? - si corresse debolmente.
Barry sembrò comprendere. Smise di giocherellare con i propri capelli – ne aveva tanti, riccissimi, di un castano molto scuro – e la guardò con gentilezza: per essere uno che era appena stato scaricato, valutò Angie, era notevolmente bendisposto. Senza l'espressione speranzosa, poi, era molto meno inquietante.
- Be', se... se questo qualcun altro non dovesse farsi vedere in giro... ma, se ha un minimo di cervello, lo farà... ecco, io sono disponibile. Non mi dispiace essere la seconda scelta. Posso aspettare ancora un po'.
Malgrado fino ad un attimo prima lo ritenesse impossibile, Angie riuscì ad arrossire ancora un po'.
- Scusami. - bisbigliò ancora, sentendosi profondamente a disagio, molto imbarazzata ed un po' colpevole.
Barry si grattò la testa ancora una volta, prima di scuotere il capo e abbozzare un mezzo sorriso.
- Di niente. Buona fortuna per il tuo appuntamento! - esclamò mentre si allontanava.
Angie lo guardò sparire dietro ad uno degli scaffali. Quando anche l'orlo della veste di Barry il Grifondoro fu scomparso, affondò la faccia tra le mani e gemette rumorosamente.


- Non è divertente. - commentò Angie, gelidamente.
Gli occhi di Amelia Hughes scintillarono di quella luce malvagia che prendevano solo quando c'era una buona ragione per umiliare e/o tormentare Angie.
- E' estremamente divertente. - la corresse. Il divertimento la rendeva così eccitata da farla saltellare da un piede all'altro: - Oh, sei sicuro di non chiamarti Bartholomew? Quella è stata la ciliegina sulla torta, Angie. Valeva almeno dieci punti.
Angie gemette e cercò di soffocarsi con il cuscino. Amelia saltellò fino al suo letto e ci si lasciò ricadere sopra pesantemente, facendo sobbalzare il materasso e costringendo l'altra ad alzare la testa.
- Cinque punti per la gaffe dell'anno sbagliato. - proseguì Amelia, l'espressione che si faceva estasiata. - Decisamente. Almeno cinque punti. E cinque per la Casa. Se li sommi ai dieci di prima arriviamo a venti. Vogliamo aggiungerli ai cinque che hai guadagnato venerdì scorso rovesciando il barattolo di occhi di salamandra sulle scarpe di Piton?
Suo malgrado, le labbra di Angie cominciarono a tirare verso l'alto.
- Erano solo cinque punti?
- Be', sì. Sono certa che gli occhi di salamandra siano il meno che potesse capitare alle scarpe di Piton. Cioè, le scarpe di Piton. Hanno i piedi di Piton dentro, tutto il giorno, sette giorni a settimana, cinquantadue settimane l'anno. Una manciata d'occhi di schifoide sono niente a confronto.
Il minuscolo sorriso di Angie minacciò di allargarsi. La ragazza si puntellò sui gomiti, restando sdraiata sul ventre sul letto, e guardò l'amica dal basso verso l'alto.
- Sei una persona molto malvagia, Amelia. - sentenziò dopo un attimo. - Verrai indubbiamente punita per questo. Tutti i malvagi vengono puniti. Succedono loro sempre le cose peggiori.
Amelia inarcò un sopracciglio:
- E questo l'avresti letto dove...?
- Guarda Scar. - esclamò Angie, convinta. - Scar è molto malvagio, e infatti le iene se lo mangiano. Non dev'essere bello essere mangiati da un branco di iene. O Sauron, anche lui fa una brutta fine. E Grimilde. E Jabba de Hutt finisce strangolato. Finiscono tutti male.
- E il professor Piton se ne va in giro distribuendo disgustose punizioni come fossero caramelle, e lui mi sembra godere di ottima e durevole salute. - puntualizzò Amelia. Era bello avere un'amica di famiglia Babbana: trovare ad Hogwarts qualcuno che sapesse chi era precisamente il signor Walter Elias Disney – e potesse di conseguenza cogliere i dovuti riferimenti – era in linea di massima un'impresa.
La fronte di Angie si corrugò con un'espressione di profonda concentrazione, prima che la ragazza azzardasse:
- Suppongo che ogni regola abbia le sue eccezioni...?
- Bel tentativo, ma non mi hai convinta. Allora? Andrai con Bartholomew al Ballo del Ceppo?
Angie arrossì, improvvisamente, bruscamente, intensamente e disastrosamente, dalla base del collo fino alla radice dei capelli.
- Barry. Si chiama Barry.
- Io lo so come si chiama, tesoro. Non ero sicura che tu lo sapessi.
- Non sei divertente.
- Ah-ha, abbiamo già percorso questa strada e dimostrato che lo sono. Lo troveresti divertente anche tu, al posto mio. Allora, al Ballo ci vai con Barry?
Angie scosse la testa. Abbassò il capo, osservando il cuscino, e parve per un attimo straordinariamente interessata da una piega nella fodera: la lisciò con le dita, mentre Amelia la osservava in silenzio, senza incontrarne lo sguardo.
Amelia si schiarì la voce, dopo un istante di quiete assoluta, e il suo tono suonò molto meno ironico e, anzi, lievemente cauto:
- Lui potrebbe non invitarti mai. Vuoi finire per andarci da sola?
- Non voglio andarci con qualcun altro. - mugugnò Angie.
- E se non ti invitasse? Finiresti senza un compagno. - spiegò Amelia, pazientemente. - Nessuno vuole andare al Ballo del Ceppo da solo. Merlino, anche io ho incastrato qualcuno per accompagnarmi!
- Ci stiamo ancora chiedendo tutti come tu abbia fatto.
Amelia sorrise serenamente:
- Prima ho versato nel succo di zucca di Anthony Tipperary una dose doppia di Pozione d'Amore; poi, approfittando della sua imperitura passione per me, l'ho convinto a ballare un eccitante giro di valzer con la sua rana; infine, quando si è ripreso, gli ho mostrato le foto che avevo scattato.
Angie le rivolse un'occhiata distratta, poi un'occhiata un po' meno distratta e infine un'occhiata decisamente preoccupata:
- Non l'hai fatto sul serio, vero?
Amelia si chinò per raccattare da terra una copia di Pozioni Avanzate, gli occhi sgranati in un'espressione assolutamente innocua:
- Fatto cosa?
Angie cercò di seppellirsi sotto al cuscino.

***



Non che Barry il Grifondoro, anche conosciuto come Bartholomew il Tassorosso - fosse un brutto ragazzo. Aveva una faccia carina. Delle belle spalle. Di sicuro era meravigliosamente cavalleresco.
Era che non era lui che stava aspettando. Tutto qui.
Angie fece volare con un colpo di bacchetta un sasso, irritata, e lo guardò attraversare sfrecciando il cortile e schiantarsi a cinque centimetri da una vetrata composita che da sola costava, probabilmente, quanto almeno un bimestre dello stipendio di suo padre. Angie si guardò attorno cautamente, sperando che nessuno l'avesse vista. Il cortile era deserto. Le arcate appuntite del colonnato in pietra grigia erano come tronchi sottili nel mezzo del mare di neve candida, soffice e spumosa, non ancora gelata: Hogwarts si era svegliata bianca, quella mattina, con le finestre adorne di cristalli di ghiaccio e il lago trasformato in una grande luna del colore del mercurio pallido sotto al cielo nuvoloso.
Era bello venire da quelle parti, pensò Angie. L'aula di Incantesimi era proprio sopra la sua testa, e se alzava gli occhi poteva vederne le vetrate. Nel cortile non passavano molti studenti, perché era fuori mano e non portava da nessuna parte. In primavera era un eccellente luogo di ritrovo per le coppiette – e, di conseguenza, veniva preso di mira dalle ronde di tutti i professori, dalla mite Sprite, che in nove casi su dieci fingeva di non vedere, all'inquietantissimo Piton, che era più che capace di minacciare di eviscerazione lo studente sorpreso con le mani nella marmellata – soprattutto se detta marmellata consisteva in una qualunque zona di pelle sottostante la muraglia di stoffa della divisa.
Angie gemette rumorosamente e si lasciò cadere seduta sul basso muretto che circondava il colonnato, affondando la testa tra le mani. Tredici giorni all'ora X. Tutti l'avrebbero vista arrivare al ballo da sola, quando anche la terribile Amelia Hughes aveva trovato un compagno per le danze – diamine, quando tutti avevano trovato un compagno! – o, peggio ancora, con Barry il Grifondoro.
Non che Barry fosse brutto. Ma fare di qualcuno una seconda scelta sarebbe stato... ingiusto.
Assestò un altro calcio a un altro sasso: questo rimbalzò un paio di volte sul terreno, pigramente, prima di rotolare via in mezzo alla neve. Non era soddisfacente come mandarli a schiantare contro il muro dall'altra parte del cortile, constatò Angie, ma era comunque un inizio di sfogo.
Agganciò un terzo sasso con la punta del piede, e si stava preparando ad assestargli un calcio quando una voce alle sue spalle le fece fare un saltello tale da farla quasi scivolare giù dal muretto:
- Le lezioni sono ricominciate da cinque minuti. Sarebbero dieci punti in meno a Corvonero, Glancenspark.
Gli occhi di Angie si fecero grossi come piattini, spalancati per la sorpresa. Stava già arrossendo, le guance tanto calde per l'improvviso afflusso di sangue che ci si sarebbe potuto friggere sopra un uovo, quando girò la testa e si guardò alle spalle.
Il nuovo arrivato era alto, magro ed esteticamente apprezzabile. Esteticamente apprezzabile. Era la definizione preferita di Amelia. Non precisamente bello – c'erano troppe cose nella sua faccia che non andavano, il naso troppo grosso e il mento troppo magro, le orecchie che non erano veramente a sventola, ma che di sicuro non gli aderivano elegantemente al cranio – però era apprezzabile. Aveva una certa aria di sicurezza e di controllo che doveva contribuire per un buon ottanta per cento al fascino generale, e una divisa pulita e in ordine nei colori di Serpeverde sulla quale spiccava una grossa spilla da Prefetto.
Ed aveva gli occhi verdi. Non verde verde, più verde oliva, con tante minuscole screziature più chiare che erano come crepe d'oro.
Ad Angie non importava che non fosse precisamente bello, perché lei lo trovava bellissimo. Lo trovava bellissimo da tre anni.
Si chiese se le sarebbe stato permesso di Trasfigurare una vanga per scavarsi una buca e provvedere a seppellircisi dentro, perché in nessuna delle fantasie nelle quali aveva immaginato che Kayle Boosworth l'approcciasse, lei, da sola – loro due, da soli – nel mezzo del cortile delle coppiette, be', in nessuna di quelle fantasie le cose erano andate come sembrava stessero andando adesso.
- Aggiungiamo a questo cinque punti per aver lanciato sassi contro un muro scolastico. - proseguì Boosworth, impietoso, riducendo in minuscole bricioline tutto quel che restava delle speranze di Angie di concludere la scena conservando un quantitativo minimo di dignità: - Che, moltiplicato per tre volte, fa...
- Non sono state tre volte. - protestò Angie debolmente.
Il Prefetto inarcò un sopracciglio:
- Vogliamo fare due e mezza?
- E', uhm, proprio necessario?
Il sopracciglio si alzò un altro po'. Il Prefetto scrollò le spalle, si guardò intorno e poi sorrise. Nel mezzo di quell'espressione di superiorità beffarda e un po' annoiata il sorriso apparve stranamente essere un buon sorriso. Non molto Serpeverde, dopotutto. Quel che disse dopo, invece, era Serpeverde dalla prima all'ultima sillaba:
- Potremmo trovare un accordo.
Angie poteva essere molte cose – un po' distratta, disattenta, con una pessima memoria – ma di sicuro sua mamma non l'aveva fatta stupida. Non così tanto stupida, almeno.
- Che genere di accordo? - si informò sospettosa.
Boosworth si guardò nuovamente intorno, come per controllare che nessuno li stesse osservando. Sorrise di nuovo: Angie si sentì sciogliere e pensò che sarebbe finita per essere una pozzetta di burro fuso, e poi si assestò mentalmente un paio di schiaffi, per punirsi, perché sciogliersi in una pozzetta di burro non era la migliore delle idee possibili, al momento.
- Qualcuno mi ha detto... - cominciò Boosworth, con noncuranza. - … che sei rimasta senza un accompagnatore per il Ballo del Ceppo. Coincidenza vuole che sia solo anche io... per adesso. Se verrai con me dimenticherò la faccenda dei sassi. Dopotutto, niente danno, niente fallo. Che cosa ne pensi?
Dopo un attimo di pietrificata immobilità, Angie alzò una mano e, cacciandosi un dito nell'orecchio, lo agitò energicamente per cercare di smuovere il tappo di cerume che sicuramente doveva essersi piazzato lì. Si schiarì la voce e si informò cautamente:
- Scusa, credo di non aver sentito bene. Potresti cortesemente ripetere?
Kayle Boosworth alzò gli occhi al cielo e il sorriso riapparve per la terza volta nel giro di dieci minuti, solo un po' più affilato e molto più beffardo. Quel che restava della dignità e dell'autocontrollo di Angie fece fagotto e si preparò a prendersi una veloce e meritatissima vacanza davanti alla meravigliosa sensazione di pizzicante calore che le aveva invaso lo stomaco.
- Mi avevano detto che eri intelligente. - commentò lui, più divertito che esasperato.
- Chi te l'ha detto?
- La tua amica Hughes. Mi aveva detto che eri intelligente.
Angie sbatté le palpebre, facendogli eco:
- La mia amica Hug... - E poi, mentre la consapevolezza si abbatteva su di lei con la forza di una martellata e la sua voce si trasformava in qualcosa di orribilmente simile ad un incrocio tra un muggito e un ringhio: - La mia amica Hughes.
- Esattamente. - confermò Boosworth.
- Il porridge di domattina della mia amica Hughes sarà probabilmente corretto con la cicuta. - affermò Angie, acidamente. Tutta quella meravigliosa, speranzosa, estasiata contentezza che era sembrata gonfiarlesi nello stomaco nel corso dell'ultimo minuto implose in sé stessa, lasciandole dentro solo una gran voglia di cercarsi un buco nascosto, rannicchiarsi e piagnucolare. Sentì gli occhi bruciarle e desiderò che Boosworth se ne andasse, perché se fosse rimasto lì ancora a lungo l'avrebbe vista piangere. - Come ti ha convinto a chiedermelo? Ti ha ricattato? - gli domandò bruscamente: la depressione, aveva scoperto, la rendeva sempre terribilmente amara. Sgranò gli occhi, colta da un pensiero improvviso che la riempì d'orrore, e bisbigliò: - Ti ha... oh, buon Merlino, ti ha pagato?
Kayle Boosworth la fissò con estrema sorpresa, poi con estrema perplessità, infine con estremo fastidio.
- Cosa ti fa pensare che io abbia bisogno di essere pagato dalla Hughes?
Angie arrossì e scosse la testa, freneticamente. Alzò le mani per passarsele in mezzo ai capelli e si sollevò gli occhiali per potersi strofinare gli occhi con un gesto nervoso.
- Non lo so. - balbettò. - Ti ha ricattato, allora? Con qualcosa di importante? Mi dispiace, davvero, le dirò di smet...
E poi non ebbe modo di proseguire, perché proprio in quel momento Boosworth si chinò e l'ammutolì in quello che Angie giudicò essere il modo più impossibilmente fantastico di tappare la bocca a qualcuno.
C'erano le labbra di Boosworth premute sulle sue, ed erano calde. Il resto del mondo era tutto neve e vento tagliente, presunte amiche che facevano grosse sciocchezze e professori che da un momento all'altro sarebbero sbucati fuori per togliere punti a manciate, ma Boosworth era caldo. La stava baciando, realizzò Angie con un brivido di panico, era un bacio. Il suo primo vero bacio, e non era previsto che accadesse così, no? Avrebbe dovuto esserci un po' di preavviso. Una scenografia romantica. Una situazione...
Le sue mani si sollevarono senza che lei facesse niente in proposito, aggrappandosi alle spalle del ragazzo come fossero dotate di vita propria. Boosworth – Kayle, pensò Angie confusamente, era il suo primo bacio e quello doveva essere Kayle – le mise due dita sotto il mento, con delicatezza, per tenerglielo sollevato.
Un secolo più tardi – cento anni di respiro caldo sulla faccia, trentacinquemilaseicento giorni di nasi che si incrociavano senza troppa grazia e di occhiali che si appannavano contro la guancia di un altro, con i pensieri frenetici che si susseguivano come una pioggia di stelle e si spegnevano sfrigolando, schiantandosi nel punto in cui la mano di Kayle le toccava il viso – il ragazzo si staccò e le chiese:
- Pensi ancora che la Hughes abbia dovuto ricattarmi?
Mwurgleburp, rispose il cervello di Angie.
Per fortuna, aveva ancora neuroni bastanti da limitarsi a pensarlo.



  
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