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Autore: Light Rain    11/12/2011    1 recensioni
Fa freddo, la tramontana corre veloce. Me ne stavo alla stazione immobile e congelata, con ai piedi degli scarponi che non sono della mia misura, in tasca un panino comprato al bar, alle orecchie un paio di cuffie, in mano un mazzo di fiori e gli occhi umidi.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fa freddo, la tramontana corre veloce. Me ne stavo alla stazione immobile e congelata, con ai piedi degli scarponi che non sono della mia misura, in tasca un panino comprato al bar, alle orecchie un paio di cuffie, in mano un mazzo di fiori e gli occhi umidi. Già, gli occhi umidi, per colpa di quella dannata canzone che mi fa piangere tutte le volte e che io, come una cretina, vorrei riascoltare all’infinito. La neve scendeva frenetica dal cielo, mi domandavo se il treno sarebbe arrivato in orario, ma io speravo che non arrivasse per niente. La musica mi rimbombava nelle orecchie e non sentivo ciò che succedeva fuori, ma ebbi la sensazione che il treno stesse arrivando, perchè la stazione divenne incredibilmente caotica: la gente iniziava ad avvicinarsi ai binari e ad accalcarsi davanti alle porte del treno. Non era il mio. Restai immobile ad osservare la scena, stringendo forte i fiori nella mano destra e respirando profondamente nella speranza che le lacrime smettessero di scendere. Spensi l’iPod e lo misi in borsa, Basta piagnucolare! Anche perchè la gente iniziava a guardarmi male. Mi sedetti con lentezza sulla panchina gelida e aspettai con pazienza osservando attentamente ogni fiocco gelato che scendeva dal cielo bianco. Stavolta sentii bene lo stridio dei freni, mi alzai con fatica e fui travolta dal caos che avevo visto poco prima, mi feci spazio tra la gente e salii sul treno. Fui subito accolta da un venticello caldo, dovevano aver acceso l’aria condizionata, presi posto e posai i fiori nel seggiolino davanti al mio. Li avevo comprati quella mattine dal fioraio in paese, erano una composizione di orchidee gialle, le mie preferite. Osservavo il paesaggio imbiancato dal finestrino, quest’anno aveva nevicato più del solito e ne ero entusiasta. Mi lasciavo cullare dal movimento dei vagoni, mi mettevano sonno, per svegliarmi presi una caramelle dalla borsa. E senza neanche accorgermene ero già arrivata, mi trascinai in strada e iniziai a camminare cercando di non rimanere impantanata nella neva fresca che, nel frattempo, aveva smesso di scendere. Voltai l’angolo e in lontananza vidi l’incrocio illuminato dalle luci natalizie, presi un bel respiro e continuai. Non volevo andare, volevo tornare indietro, a casa, dimenticare tutto e risvegliarmi il mattino dopo senza che nulla fosse accaduto, nulla! Ma non potevo, ero lì, a poco più di cinque metri dall’incrocio, quel maledetto incrocio che se lo era portato via. Era sorprendentemente affollato da facce conosciute, una si girò verso di me, ma non ci feci caso, ero troppo concentrata ad osservare attonita l’ammasso di lettere, fiori e pupazzi accatastati sotto il lampione umido. E d’un tratto sentii che le lacrime avevano ripreso a scendere copiose sulle mie guance, con una carezza le spazzai via, ma loro continuavano a scorrere come un fiume in piena ed io mi sentivo totalmente inutile. Me ne stavo lì immobile e congelata, con ai piedi degli scarponi che non sono della mia misura, in tasca un panino comprato al bar, in mano un mazzo di fiori, gli occhi umidi e il cuore pieno di nostalgia.
 Questo sarebbe stato il primo Natale senza di lui.
 
 Fa freddo, tanto.   
  
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