Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: miseichan    11/12/2011    16 recensioni
- Stai cercando di dirmi che vorresti farti un cucciolo di dalmata? –
- No. Che voglio farmi te –
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
2

 

 

Lucky

 

 

 Gli vibravano i pantaloni.

Marco rallentò, le dita che frugavano nelle tasche alla ricerca del cellulare: lo trovò, sbloccando lo schermo con un sorrisetto compiaciuto. Fece per rispondere, l’indice che già indugiava sul tasto verde, quando venne senza preavviso trascinato all’indietro: il dito sbagliò la mira e chiuse la chiamata.

- Che diavolo… - borbottò meravigliato, tentando inutilmente di impuntare i piedi sul vialetto.

Niente da fare: qualcuno lo trascinava brutalmente, tirandolo per il cappuccio della felpa.

Marco assottigliò lo sguardo, ruotando al massimo il capo per inquadrare il molestatore:

- Dana – soffiò seccato – Non è divertente -

- Dici? – chiese una voce maschile – E io che credevo ti piacessero questi scherzetti

Marco sussultò, girandosi ancora una volta e imbattendosi finalmente nel ghigno di Andrea. Spalancò gli occhi, fissandolo senza capire: quello si fermò, poggiando le mani sulle spalle del ragazzino e spingendolo in avanti.

Attraversarono il vialetto di ghiaia e s’inoltrarono nel piccolo giardino: Marco aprì la bocca per dire qualcosa ma il duro schiocco di lingua dell’altro lo zittì, un sorrisetto che gli si dipingeva in volto.

- Chiariamo le cose – grugnì Andrea poco dopo, sbattendolo con le spalle contro un albero – Sei una serpe -

Marco non si mosse, incrociando divertito le braccia sul petto: - Una serpe? Io? –

Il biondo si guardò rapidamente attorno, gli occhi che indugiavano qualche attimo in più sulla porta d’ingresso.

- Non ero un cucciolo di dalmata? – continuò Marco, inumidendosi le labbra.

- Prima forse – ringhiò l’altro – Poi improvvisamente ti sei tramutato in una lurida serpe –

- Oh, dai – ridacchiò il ragazzino – Per un così innocente scherzetto? –

Andrea smise di guardarsi intorno, gli occhi che trapassavano l’espressione irriverente di Marco: poggiò la mano sinistra sul tronco dell’albero, a pochi centimetri dal volto del ragazzo; l’indice destro, invece, glielo puntò sul petto: - Dovresti vergognarti

- Sei troppo permaloso – lo rimbrottò quello, abbassando esilarato lo sguardo sul dito.

- Non hai idea di… -

- Non dovresti tornare dentro? – chiese Marco, interrompendolo – Ricordo male o c’è un funerale? –

- Sei un piccolo sbruffone – sorrise Andrea, scuotendo il capo, l’indice che si allontanava piano dal petto di lui.

- Hai fatto tutto da solo, sai? –

- Vorresti dire che non eri interessato? –

- Non ho detto questo –

Andrea inarcò un sopracciglio, attendendo che continuasse. Marco sospirò, passandosi una mano fra i capelli:

- Hai i bottoni messi male – ghignò poi, le mani che afferravano il colletto dell’altro. Lo tirò a sé, cominciando a sbottonare la camicia, indugiando un po’ più del dovuto a ogni passaggio:

- Ti stai divertendo? – soffiò Andrea, lasciandolo fare – E se ora me ne andassi, eh? –

- Non ti converrebbe – ponderò Marco – Tanto per cominciare dovresti rientrare al funerale di tuo zio con la camicia aperta – sorrise, rimettendo il primo bottone nella sua asola – E poi… io non ho mica i pantaloni calati alle caviglie – ridacchiò, la scena del bagno che gli si ripresentava alla mente.

- Fottiti – mugugnò Andrea, una luce divertita negli occhi mentre si allontanava di un passo, completando da solo il lavoro cominciato dal ragazzino.

- Vedi? – fece Marco – Sei permaloso! Una minuscola frecciatina e tu… -

- Sei tu che te la prendi per poco

- Sarebbe? –

- Un semplice moccioso – infierì Andrea – Che poi è la verità –

Marco alzò gli occhi al cielo, sbuffando sonoramente: - Non ci sai proprio fare, permettimi

- Che fai? – chiese il biondo, corrucciandosi mentre il ragazzino lo superava.

- Me ne vado – rispose quello, stringendosi nelle spalle – Lo stavo facendo anche prima, sai? –

Andrea lo affiancò, spintonandolo senza troppa forza:

- Non dirmi che ho offeso di nuovo quel tuo patetico orgoglio da cucciolo -

- Orgoglio da serpe vorrai dire – ribatté Marco – E no… non sei ancora abbastanza per offendermi, tranquillo –

- Non sono abbastanza? –

- No – mormorò il ragazzino, aprendo il cancelletto e uscendo sul marciapiede – Mi spiace infrangerti così un sogno ma… - 

Si zittì, il cellulare che vibrava una sola volta, lapidario: abbassò gli occhi sullo schermo, leggendo il messaggio mentre un sorrisetto gli incurvava le labbra. Quando risollevò lo sguardo trovò Andrea che lo fissava:

- Cosa? – chiese, arretrando di un passo - … che stavo dicendo? -

- Un’altra cazzata delle tue – rispose il biondo, ridacchiando.

- Niente di importante, quindi – annuì Marco – Ora devo proprio andare –

- Dove? –

- Una commissione per mia sorella –

- Loredana? – domandò Andrea, lanciandosi un’occhiata sorpresa alle spalle, verso la casa.

- No – sospirò il ragazzino – Rebecca –

- Hai due sorelle, allora –

- Nemmeno – mugugnò Marco, come se gli costasse ammetterlo – Sono cinque –

Andrea smise di sorridere, l’espressione confusa: - Davvero? Siete in sei? –

- Oh, sì – borbottò l’altro – E io sono il quinto -

- Capisco – annuì il biondo, serio.

- Che cosa? –

- E’ normale, allora – spiegò Andrea – Con quattro sorelle più grandi non potevi diventare meno di una serpe –

- E’ un ragionamento contorto – ridacchiò il ragazzino – Te lo lascio passare, però –

Si avviò lungo la strada, le dita che si agitavano sbarazzine in direzione di Andrea: aveva già percorso diversi metri quando la voce gentile del ragazzo lo raggiunse ancora una volta. Rallentò, ascoltando:

- E se venissi con te? -

Marco si girò appena, il capo inclinato di lato: - Scherzi? –

- No – si strinse nelle spalle l’altro, aprendo il cancelletto e uscendo in strada.

- Ma… e il funerale? –

- Tanto è morto – lo raggiunse rapido Andrea, arrotolando le maniche fino ai gomiti, svagato.

- Non credo sia una commissione interessante, eh? – sorrise Marco, guardandolo di sottecchi, sorpreso.

- Qualsiasi cosa sia, va bene – fece l’altro, godendosi gli ultimi raggi di sole della giornata.

- Io ti ho avvertito – alzò le spalle Marco, rimettendosi in cammino – Sei ancora in tempo per tornare indietro -

- No, grazie – sorrise sornione Andrea – E poi… non eri tu quello che voleva ancora l’osso? –

 

 

 

- Starai scherzando -

- E poi sono io il bambino –

- Non li compro – s’impuntò Andrea, fermo sul limitare della penultima corsia del supermercato.

- Ti avevo avvertito – ringhiò Marco, stringendo il colletto della sua camicia tra due dita e cominciando piano a tirarlo – Ora vieni con me –

- Perché? – si lagnò il biondo, muovendo qualche passo controvoglia – Com’è possibile che le servano? Hai detto che sono in cinque o sbaglio? –

- Andrea, cammina –

- Perché lo fai? Non puoi rifiutarti, fingere che ti sia passato di mente o cose del genere? –

- No – sussurrò in risposta il ragazzino – E poi… - aggiunse, iniziando a scrutare fra gli scaffali - … a me piace –

- Starai scherzando –

- Diventi ripetitivo – mormorò Marco, afferrando due pacchi e confrontandoli con occhio critico.

- Colpa tua – sussurrò Andrea, bisbigliando con fare cospiratorio – Stiamo parlando di assorbenti

Il ragazzino si girò, fissandolo con gli occhioni verdi spalancati:

- Ti spaventano forse? – chiese, il tono inizialmente serio. Fu questione di pochi secondi, però, che scoppiò a ridere senza più trattenersi. Piegato in due, i pacchi colorati ancora stretti tra le mani.

Andrea s’imbronciò, guardandolo male: - Non sono io quello strano, sai? –

La risata s’ingigantì, trasformandosi in singhiozzi irrefrenabili: - Ah, no? – balbettò Marco, lanciandogli contro un pacco di assorbenti. Il biondo si scansò, guardando l’oggetto con espressione incerta:

- Sei tu quello che afferma… - scosse il capo, esasperato – Come fai a dire che ti piace? - sussurrò, confuso.

- Sono solo assorbenti – sospirò il ragazzino, riprendendo fiato – Non mordono –

- Sì ma sono… assorbenti

- Continua a sfuggirmi il punto cruciale della discussione, temo – soffiò Marco, reprimendo una nuova risatina.

- Fa niente – borbottò il biondo – Muoviti, su, così ce ne andiamo –

Marco ridacchiò, raccogliendo il pacco sul pavimento e rimettendolo al suo posto nello scaffale:

- Hai mai visto le pubblicità? – chiese, scorrendo con il dito le file di scatole violacee.

Andrea scosse la testa, deviando teso lo sguardo e puntandolo sul soffitto mentre una coppia di ragazze entrava nella loro corsia: - Hai fatto, ragazzino? –

- Sono fantastiche le pubblicità – continuò Marco, ignorandolo – Danno l’idea che con uno solo di questi cosi indosso si possa fare qualsiasi cosa… come superpoteri momentanei -

Le due ragazze li superarono di qualche passo, ridacchiando.

- Ridono delle cretinate che stai sparando – mugugnò Andrea, coprendosi il viso con una mano e guardandolo storto. Marco ghignò, inarcando un sopracciglio con fare non convinto. Si girò verso le ragazze, ammiccando:

- Non è che mi dareste una mano? – domandò, il gemito dell’altro in sottofondo.

- Cosa ti serve? – chiese una delle due, avvicinandosi curiosa.

- Assorbenti – sorrise Marco – Per mia sorella –

- Non ti ha dato qualche informazione in più? – ridacchiò quella mentre l’amica si avvicinava.

- Il messaggio era telegrafico – si strinse nelle spalle Marco – Diceva solo: assorbenti e spaccata

- E’ un indizio – annuì la ragazza, guardando l’amica – Secondo te intendeva quelli con la bionda in palestra? –

- Forse quelli con il figo nel tram – ipotizzò l’altra, lanciando occhiate di sottecchi all’occhio nero del ragazzo.

Andrea scivolò alle spalle di Marco, poggiandogli le labbra vicino all’orecchio:

- La smetti di spacciarti per etero? – sussurrò, pizzicandogli un fianco.

- Io? – ghignò il ragazzino – E chi ti dice che non sia etero? –

- Mmm – mugugnò il biondo, mordicchiandogli il lobo –  Sfumature impercettibili –

- E’ per gli assorbenti, non è vero? – ridacchiò Marco, girandosi a guardarlo.

- Ti riferisci alla tua fissazione per questi… superpoteri momentanei? – chiese quello, divertito, le dita che affondavano nei morbidi capelli scuri.

- Non è una fissazione – borbottò – E non prova niente –

- Hai ragione – concordò Andrea, avvicinando il viso a quello del ragazzo – Dimostrami allora che non è… -

- Cosa? – sospirò Marco, fissando incantato quegli occhi così particolari.

- Non ci sono più – guaì il biondo, arretrando di scatto con espressione stranita.

- Chi? –

- Le ragazze! – fece Andrea – Quand’è che le abbiamo perse? –

- Non saprei – sorrise l’altro – Probabilmente fra la tua insinuazione sulla mia sessualità e… -

Una pacca dell’altro lo zittì di colpo.

- Mi hai appena dato una sculacciata? – chiese incredulo il ragazzino, stralunato.

- Potrebbe darsi – si strinse nelle spalle il biondo, allontanandosi sorridente – Prendi i tuoi superpoteri, moccioso, ti aspetto alla cassa –

 

 

 

- Bella casa -

Andrea squadrò ancora una volta la villetta bianca a due piani, annuendo fra se e se.

- Entri? -

- Come? – chiese, girandosi di scatto.

- Ti ho chiesto se entri con me – sorrise Marco, divertito.

- Oh, no – declinò rapidamente l’altro – No, davvero –

- Su, non farti pregare – ridacchiò il ragazzino – Non vuoi concludere il lavoro? –

Andrea inarcò un sopracciglio, esortandolo a continuare.

- Hai comprato il tuo primo pacco di assorbenti: non vuoi anche consegnarlo a chi di dovere? -

- Anche? –

- Per chiudere in bellezza, sai com’è – sorrise Marco, salendo il primo scalino – E poi, guarda che siamo già all’entrata –

- Cinque minuti – concesse Andrea – non uno di più –

- Andata – annuì quello, la mano già sulla maniglia. Stava per aprire quando si bloccò di colpo e fissò il biondo:

- Com’è? – chiese serio.

Andrea ricambiò lo sguardo senza capire a cosa alludesse.

- L’occhio! – esclamò Marco, esasperato.

- Oh – mormorò Andrea, osservando l’alone scuro – Forse… se ti metti di lato e… -

Marco sospirò, abbassando il capo con aria sconfitta: - Capito

- Dai, non è così evidente. Potrebbe non accorgersene -

- Dieci a uno che non passano cinque secondi –

Il ragazzino aprì silenzioso la porta, dirigendosi a passo sicuro verso le scale; aveva messo il piede sul primo scalino quando sull’uscio della cucina comparve la figura di una signora: grembiule, strofinaccio fra le mani, fissò il figlio e sospirò. Si avvicinò di qualche passo, borbottando contrariata:

- Bell’occhio -

Marco sorrise, ammiccando in direzione di Andrea:

- Ciao mamma -

- Se ti fai uccidere non sopravvivrò a lungo con cinque femmine, lo sai? –

- Sì – la baciò sulla guancia lui – Per questo non mi farò uccidere –

- Ben gentile – approvò la donna, adocchiando gli assorbenti – Per chi sono? –

- Rebecca –

- Glieli porti tu? –

- Certo – annuì Marco, provando nuovamente a salire.

- E lui? – lo fermò la madre, indicando Andrea – E’ nuovo? –

- E’ un amico, mamma –

- Un altro? – inarcò le sopracciglia lei.

- Mamma – la rimproverò il ragazzino, trascinando per le scale il biondo con impazienza.

Superata la prima rampa tornò a respirare normalmente e ghignò: - Tre secondi. Ho vinto –

- Come ha fatto? -

-  Poteri temporanei, probabilmente – ridacchiò Marco, fermandosi all’inizio del corridoio. Aspettò che Andrea lo affiancasse e poi elencò, indicando a una a una tutte le porte:

- Questa è la stanza di Loredana. Quella di Silvia. Quella di Angela e Valeria. E l’ultima… - strinse il pomello fra le dita -… quella che ci interessa: la stanza di Rebecca

- E la tua? –

- In mansarda – sorrise Marco – E no. Non te la faccio vedere –

Il ragazzino aprì la porta, entrando nella camera avvolta nella penombra: il sole era già tramontato e solo una luce soffusa proveniente dal computer rischiarava l’ambiente. Rebecca era nel letto, sepolta fra le coperte.

- Dorme? – bisbigliò il biondo, facendo per uscire.

- Credo di sì – rispose Marco, bloccandolo e facendolo sedere su una sedia – Aspetta –

- Cosa? –

Il ragazzino accennò con il capo in direzione della sorella: - Lei è la mia preferita – sussurrò, sorridendo.

- Perché? -

- Dunque – cominciò Marco, contando sulle dita – C’è Loredana, la più grande: la conosci, sai quanto possa essere insopportabile –

- Non direi insopportabile – lo interruppe il biondo, nicchiando.

- Bugiardo – ridacchiò l’altro, continuando – Poi ci sono le gemelle: Angela e Valeria. Loro sono… particolari. Devi sapere come prenderle. Una può ucciderti, l’altra potrebbe salvarti la pelle

Rebecca si girò nel sonno, stropicciandosi gli occhi. Marco alzò un altro dito:

- Poi c’è Silvia: lei è la mia principessina. Sette anni di dolcezza -

Andrea fece per dire qualcosa ma il ragazzo scosse il capo, continuando: - E infine Rebecca: è la mia migliore amica. Non credo potrei farcela senza di lei –

- Quanti anni ha Loredana? -

- Ventitre. Non glielo hai mai chiesto? –

- Non volevo rischiare di essere ucciso – sorrise Andrea – Non sono cose che si chiedono a una donna –

- Vero – approvò Marco – Le gemelle ne hanno ventuno. Rebecca diciannove. Silvia sette

- E tu, cucciolo? – lo provocò Andrea, piegandosi in avanti.

- Non ti è bastata la lezione? – ghignò il ragazzino, i pugni sui fianchi.

- Oh, per favore – mugugnò una voce assonnata – Sto già male di per me, non fatemi venire la nausea –

- Becca! – saltò su Marco, sorridendo dell’imbarazzo del biondo – Non crederai a quello che ho fatto

La ragazza si tirò a sedere, la schiena poggiata al muro: - Bell’occhio, complimenti

- Opera di Nicola Pavesi – fece lui, compiaciuto.

- Non dirmelo… - gemette la sorella.

- L’ho palpeggiato –

Andrea sussultò, sgranando gli occhi: - Tu cosa? –

- Oh, non sorprenderti – mormorò Rebecca – Questo è niente -

- E’ normale? – chiese il biondo, incredulo.

- Purtroppo –

- Sono qui, sapete? – borbottò Marco, incrociando le braccia al petto e imbronciando le labbra.

- A proposito – annuì la sorella – Lui chi è? –

- Un amico –

- Un altro? –

Marco alzò gli occhi al cielo, sbuffando sonoramente. Lanciò gli assorbenti sul letto e afferrò Andrea per il gomito, tirandolo in piedi: - Andiamo, su

- Non resti a cena? – s’intromise Rebecca, rivolgendosi all’ospite.

- Io… - incrociò l’espressione terrorizzata di Marco e scosse vivacemente il capo - … no. No, no: ho un impegno. Sarà per la prossima volta –

La ragazza rispose con un suono non proprio convinto, salutandolo con la mano mentre lui veniva trascinato fuori senza troppe premure. Marco fece le scale due a due, il fiato corto, fermandosi solo sulla porta:

- E’ per il tuo bene – sorrise, sospingendolo verso l’esterno – Scappa finché sei in tempo -

- Mi potrebbero stuprare? – ghignò Andrea – Credevo che su quel fronte il più pericoloso fossi tu

- Simpatico – ribatté Marco, accompagnandolo fino al cancello – Divertiti al funerale –

- Lo farò sicuramente – annuì il biondo – Anche se probabilmente è quasi finito – aggiunse, osservando di sbieco l’orologio – Ne è valsa la pena, però –

- Per conoscere mia madre? –

- E i superpoteri momentanei –

- Resto una serpe, quindi? – s’informò Marco – O torno in modalità cucciolo? –

- Serpe – fece Andrea serio, allontanandosi di qualche passo – Decisamente –

- Buona notte – mormorò il ragazzino.

-notte –

Salutò con la mano, avviandosi lungo il marciapiede.

E poi sentì lo schiaffo. Forte, preciso: sulla sua chiappa destra. Si voltò di scatto, basito.

Marco chiuse il cancelletto, una luce divertita negli occhi: sorrise, stringendosi nelle spalle e mimando una parola con le labbra. Doveva aspettarselo.

Pari.

 

*

 

 

 

   
 
Leggi le 16 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: miseichan