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Autore: tikki    11/12/2011    0 recensioni
Un viaggio nella memoria di Silente. Un viaggio per capire cosa l'abbia spinto a fidarsi di Grindelwald e cosa abbia fatto sì che i suoi sentimenti nel confronti del giovane mago di tramutassero lentamente da rispetto e ammirazione ad attrazione fisica.
"Per lui non esistevano limiti, non esistevano regole che non potessero essere infrante. Agognava la perfezione e non si vergognava di ammettere che l’avrebbe ricercata fino allo sfinimento. Anelava il potere, bramava la fama, venerava la propria intelligenza ed era ben consapevole di poterla sfruttare come un’arma a suo vantaggio.
Mi elesse come suo pari, e io non potei fare a meno di lasciargli plasmare la mia giovane mente come se fosse stata cera nelle sue abili mani."
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Gellert Grindelwald | Coppie: Albus/Gellert
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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Quando lo conobbi rimasi folgorato. Non fu la sua straordinaria bellezza a stupirmi, e nemmeno quel sorriso spavaldo che con il tempo imparai a conoscere. Rimasi folgorato dalla sua intelligenza, dal suo modo di vedere le cose, così simile e allo stesso tempo così diverso dal mio.
Per lui non esistevano limiti, non esistevano regole che non potessero essere infrante. Agognava la perfezione e non si vergognava di ammettere che l’avrebbe ricercata fino allo sfinimento. Anelava il potere, bramava la fama, venerava la propria intelligenza ed era ben consapevole di poterla sfruttare come un’arma a suo vantaggio.

Mi elesse come suo pari, e io non potei fare a meno di lasciargli plasmare la mia giovane mente come se fosse stata cera nelle sue abili mani. Mi fidai ciecamente di lui e gli permisi di trascinarmi in quel vortice di follia che era la sua mente.
Non riuscii mai a destarmi dal torpore in cui ricadevo insieme a lui, così come non riuscii a comprendere che i suoi progetti erano insani e avrebbero implicato la rinuncia a tutti gli ideali in cui credevo, e in cui credo tutt’ora.
Per un breve, folle attimo, pensai che tutto fosse possibile, con lui al mio fianco. Mi convinsi che la società perfetta, formata soltanto da maghi purosangue, fosse davvero un traguardo raggiungibile. Le nostre menti, così brillanti eppure così offuscate, per un momento credettero davvero che bastasse allungare la mano e afferrare quel sogno, per poi renderlo realtà.
Noi due, nella nostra folgorante giovinezza, saremmo stati a capo di quella società. L’avremmo diretta, l’avremmo resa grande, l’avremmo perfezionata fino a renderla straordinaria.
Io e lui. Dumbledore e Grindelwald. I migliori maghi che la società avesse mai visto. Insieme. Resi invincibili dai Doni della Morte.

Vorrei fingere che la mia coscienza in qualche modo fosse destata da quell’evidente insulto alla mia umanità, ma la verità è che essa non obiettò mai. Non obiettò quando progettai di fuggire con lui, o quando trascurai la cura di mia sorella per dedicarmi a quei progetti insani.
Soltanto una volta osai contraddirlo. Ricordo bene quel dialogo, stavamo passeggiando per le vie di Godric’s Hollow, una sera d’estate.
“Naturalmente, tutti i maghi non purosangue dovrebbero essere esclusi dall’esercizio della magia.” Stava dicendo. “Ma forse varrebbe la pena risparmiarli. Il sangue magico non va mai sprecato, anche se esso è impuro.  I mezzosangue potrebbero tornare utili negli esercizi minori o nei lavori noiosi e ripetitivi. Sono i babbani a disgustarmi di più, Albus, a volte penso che dovremmo fare una selezione. Credo che dovremmo lasciar vivere soltanto quelli dotati di intelligenza superiore alla media, ammettendo che ce ne siano, ovviamente. Gli altri, per quanto mi riguarda, possono anche essere eliminati.”

“Gli altri, per quanto mi riguarda, possono anche essere eliminati.”

Quella frase risuonò nella mia mente come un campanello d’allarme. Per un attimo mi chiesi davvero cosa diavolo stessi facendo e per quale motivo stessi progettando una vita con un assassino. Obiettai: “Non lo so, Gellert, non sono sicuro che l’eliminazione sia la soluzione migliore. E’ vero, sono babbani, ma sono pur sempre esseri umani, non credo sia corretto macchiarsi di così tanti omicidi.”
Avevo abbassato gli occhi mentre parlavo. Quando conclusi la frase li risollevai e vidi la furia oscurare lo sguardo del mio compagno.
“Come osi pensare che i babbani siano degni di vivere? Come puoi paragonare la loro infima esistenza con quella dei maghi? Non ti rendi conto che i babbani ci hanno costretti  per secoli a vivere nascosti?! Hanno costretto noi, i maghi, gli esseri superiori, a vivere come ratti, a nascondere ciò che siamo come se fosse qualcosa di cui vergognarsi. Che senso ha tutelare l’esistenza di esseri del genere? Che senso ha pensare che siano dotati di qualità anche lontanamente paragonabili alle nostre? Guarda cosa hanno fatto a tua sorella, Albus. L’hanno rovinata, l’hanno distrutta. Come puoi difendere esseri così?”
Urlava. Non volevo sentirlo urlare. Odiavo vedere il suo bellissimo viso distorto dalla rabbia.
Per qualche motivo le sue parole mi sembrarono sensate. Forse contribuì anche il fatto che si era avviciato a me, era così vicino che avrei potuto sfiorare le sue labbra, se solo avessi voluto. Sapeva che la sua vicinanza esercitava su di me un’influenza maggiore negli ultimi tempi, ed era abbastanza intelligente da riuscire a sfruttare la cosa a suo favore.
“Hai ragione, Gellert. Mi dispiace, a volte non riesco a fare a meno di provare pietà per quegli esseri. Lo sai, tendo sempre a..”
“Vedere la parte migliore di chiunque. Lo so. E’ anche per questo me mi piaci.”
Non so se intendesse dire ciò che disse, non so se fui io ad interpretare male le sue parole. Fu un attimo. Era così vicino a me che potevo sentire il suo respiro sul mio viso. Volevo colmare quella distanza, lo volevo più di ogni altra cosa.
Lo feci.
Mi avvinghiai a lui come se la mia esistenza dipendesse da quel contatto. Gli passai una mano dietro la nuca, e costrinsi le sue labbra a toccare le mie. Avevo biosgno di lui, e per qualche assurdo motivo, lui rispose alla mia richiesta. Socchiuse le labbra e mi permise di approfondire il bacio. Non fu perfetto, fu goffo, ma è anche per questo che mi piace ricordarlo. Fu il primo bacio di una lunga serie.
Più il tempo passava, più la mia ossessione per Gellert cresceva e più aderivo disperatamente e ciecamente ai suoi progetti. Ormai ci credevo con tutto me stesso.
Lo amavo con tutto me stesso, anche se non glielo confessai mai.

Non so perché io stia rievocando questi ricordi. Forse perché ora è di fronte a me. Sono passati tanti anni, eppure una parte di me non vuole duellare con lui, né vuole sfidarlo. Quella parte di me mi sta urlando di tentare di farlo ragionare, di dirgli che lo amo ancora, nonostante tutto. Nonostante la tragedia di Ariana, nonstante l’enorme distanza che ormai ci separa. Lo amo ancora, e lo farò sempre, ma sono consapevole di non poter permettere che quella parte di me prevalga.
Io ho scelto la mia strada, lui la sua.
Prima o poi capirà che l’odio non è mai la via migliore.






  
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