Libri > Il meraviglioso mago di Oz
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Autore: Feel Good Inc    11/12/2011    0 recensioni
Era cambiata, quella città. Era stata la guerra a cambiare tutto – tutti gli Oziani lo dicevano, sì, ma forse neppure loro si rendevano conto di quanto le cose fossero diverse. Un tempo non ci sarebbe stata nessuna insegna a illuminare i vicoli; non ci sarebbe stato nessun vicolo a inquietare i viandanti notturni; non ci sarebbero stati viandanti notturni in cerca di affari per tirare avanti.
Un tempo non c’era il commercio, ma la magia.
Jack non pensava spesso a queste cose. Quelli come lui, che ai più parevano stupidi perché non avevano una testa degna di tale nome, non avevano alcun ragionevole diritto di preoccuparsi del nuovo regime instaurato dalla Regina, né del fatto stesso che adesso non fosse più Ozma ma ‘la Regina’: un puro titolo, freddo e senz’anima. Eppure in quel momento, nell’intrico di stradine che portava al molo, sentì il proprio sorriso caricarsi di amara ironia. Erano cambiate tante cose, e lui, maledizione, avrebbe sempre avuto quella sua strampalata natura a ricordargli tutto ciò che Oz aveva perso.
{ Jack/Trot; Spaventapasseri/Dee ~ gameverse: 'Emerald City Confidential' }
Genere: Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dorothy Gale, Jack Testa di Zucca, Quasi tutti, Spaventapasseri, Trot
Note: Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: Incompiuta
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Ombre, macchie, ombre.

Si ritrovò nel letto all’improvviso, come se si fosse appena svegliata. Aveva sentito quelle mani strane scendere ad aiutarla, e sulla guancia il contatto liscio e freddo di un petto magrissimo in cui non batteva nessun cuore – ma i suoi sensi dovevano essersi persi, a un certo punto, perché d’un tratto era di nuovo sola e faceva più freddo di prima.

L’uomo però era ancora lì. Trot lo distinse confusamente, nella penombra, con la vaga consapevolezza che la sua testa non aveva una forma normale. Era sicura di conoscerlo, ma doveva essere un ricordo di un sacco di tempo fa.

« Va meglio? »

Sentiva le parole, ma non era in grado di dar loro un senso. Erano solo altri suoni incoerenti nelle orecchie che le ronzavano. Tenne gli occhi spalancati, sperando che parlasse ancora e di riuscire a capirlo. Era stato gentile con lei... Avrebbe tanto voluto riprendersi abbastanza da ringraziarlo.

« Bill non c’è, vero? Sai dirmi dov’è andato? »

Trot si concentrò. Bill. Sì, certo: le stava dicendo che Bill sarebbe tornato presto! Cercò di sorridere. Macchie, ombre, macchie.

L’uomo – ma era un uomo? – si era fatto più vicino. Di nuovo la ragazza lottò per mettere a fuoco le sue dita, che parevano della stessa forma e consistenza dei rametti secchi, mentre lui le scostava i capelli dalla fronte. Era sempre più sicura di averlo conosciuto, in un tempo molto più felice...

All’improvviso quelle dita buffe fuggirono via, l’uomo parve allontanarsi, e Trot sbarrò gli occhi e gridò di terrore. Saltò su a sedere con un’energia della quale non si sarebbe detta capace, in quelle condizioni, e si sporse nel buio per rifugiarsi ancora sul suo petto vuoto.

« Non lasciarmi » articolò, senza sapere se le parole si fossero formate o meno.

L’uomo era a un soffio da lei. Non si lasciava toccare, ma a lungo rimase là immobile, come in attesa. Alla fine la spinse di nuovo giù, lentamente, coprendola col lenzuolo umido senza più sfiorarla.

« Cerca di dormire, Trot. »

Forse fu il sentirsi chiamare per nome: si scoprì più cosciente, capì le sue parole, e allo stesso tempo seppe anche chi era.

Ma non ebbe il tempo di rallegrarsene. Tornarono le ombre e poi le macchie e poi ancora le ombre, e dovette chiudere gli occhi, anche se sapeva che quando li avrebbe riaperti Jack Testa di Zucca non sarebbe stato più lì.

 

 

 

La porta si aprì e si richiuse per la seconda volta. Ruggedo lanciò un’occhiata in quella direzione. Fu con una certa sorpresa che squadrò il suo secondo cliente di quella notte.

« Bene, bene, bene... La cassa piange come al solito, Rug? »

Di tutti gli sconclusionati personaggi che a tutt’oggi battevano la Città di Smeraldo, Jack era forse il più sconclusionato di tutti. Lo raggiunse dondolando un po’ sulle gambe lunghe e secche, con quell’aria che non si riusciva mai a distinguere se fosse tonta per davvero o per finta, quegli inutili vestiti tesi sul corpo dalle proporzioni sbagliate – tutto, di lui, irritava Ruggedo. Non era altro che un pupazzo, un ammasso di rami e una zucca per testa, messo insieme per spaventare i polli. E dire che c’era stato un tempo in cui persino quello spauracchio malriuscito aveva avuto più autorità di lui.

L’unica soddisfazione, si disse con un ringhio interiore, era la consapevolezza che entrambi si erano ridotti ad essere lo stesso desolante nulla.

« Be’? » Jack arrivò al bancone, vi si appoggiò con un gomito affilato e gli sbatté in faccia il solito sogghigno. « C’è poco movimento, o sbaglio? Come vanno gli affari? »

Ruggedo continuò imperterrito a strofinare il lavabo con una pezza ruvida. « Non andranno da nessuna parte, se a frequentare questo posto saranno sempre unicamente quelli come te. »

Jack reclinò giocosamente la zucca. « Mi ferisci, vecchio mio. »

« Bah! Come se potessi sanguinare. » Strizzò la pezza in un secchio e levò lo sguardo. « Parliamo chiaro, Jack. Non credo che tu sia venuto qui di persona tanto per farti due risate alle mie spalle, e non certo per consumare qualcosa. Non avevi da fare al molo, stanotte? »

« Non devi sorprenderti che io venga a trovarti » fece Jack in tono leggero, la zucca ora voltata verso un punto alla sinistra di Ruggedo, « se trattieni qui con te la gente di cui ho bisogno e la fai ubriacare. »

Ruggedo sbuffò. Non era mica colpa sua se Capitan Bill, dopo la delusione, aveva preferito affogare il dolore nell’alcool. A sua volta osservò brevemente il marinaio accasciato alla parte opposta del bancone, il più lontano possibile dalla porta, con in mano l’ennesimo boccale: era in uno stato di gran lunga peggiore di quello in cui gli era comparso davanti, solo un’ora prima.

« Evidentemente i tuoi amici preferiscono la mia birra alla tua compagnia. »

« Lieto di sapere che la reclusione non ha spento il tuo senso dell’umorismo. »

Lo Gnomo lo studiò con gli occhi socchiusi. « Che ti serve, Jack? »

Jack trafficò con una tasca dei pantaloni e spinse sul banco, sotto il suo naso, un mucchietto di smeraldi scintillanti.

« Solamente un po’ di discrezione. Non hai in cantina qualche vecchia bottiglia da lucidare con mooolta cura? »

 

 

 

Trovare Bill era stato più facile del previsto. Se la ragazza stava male, non ci voleva certo l’intelligenza del buon vecchio Spaventapasseri per capire che l’ultima spiaggia sarebbe sempre stato il Re detronizzato degli Gnomi.

Approfittare di lui – e questo lo s’intuiva dallo sguardo vacuo, dalla mascella cascante e dal fatto stesso che era ricorso a Ruggedo – sarebbe stata una passeggiata.

Quando lo Gnomo fu scomparso oltre la porta della dispensa, Jack afferrò uno sgabello e lo trascinò accanto al marinaio.

« Ehilà, capitano. È un bel po’ che non ci si vede. »

Bill lo guardò come se non lo vedesse, senza rispondere.

A cavalcioni sullo sgabello, Jack smise di dondolarsi appena si rese conto che un tempo si dimenava così sul Cavalletto di Ozma. Assunse una posizione più consona alla sua nuova indole sfacciatamente sprezzante.

« Ha l’aria di essere una cosa seria » proseguì, accennando ai residui di birra nel boccale, sulle labbra e sulla giacca di Bill.

Il Capitano strizzò gli occhi, come per metterlo a fuoco.

« È per Trot, vero? »

Bill si animò di colpo. Tirò un singhiozzo, asciutto e sonoro, digrignando i denti verso nessuno in particolare.

« Non posso fare niente. » La voce impastata non riusciva a modulare tutti i suoni; Jack aveva sempre trovato singolare il modo di esprimersi di certe persone venute da Fuori – Dorothy Gale era tra queste – ma una sbronza come quella non sembrava venir loro in aiuto. « Non posso fare niente per lei, nessuno può. Non si sa che ha. È un veleno che non ho mai visto prima. Se solo il Mago fosse ancora qui! E neanche Ruggedo... »

Soffocò, tossì, sputò sul bancone. Jack gli passò il fazzoletto che aveva con sé, impassibile.

Per qualche minuto si limitò ad osservare gli sforzi di Capitan Bill di ripulirsi e di rimettersi in sesto. Be’, aveva visto la ragazza coi suoi occhi, e non poteva proprio dire che il vecchio stesse esagerando – né che avesse sbagliato indirizzo. Da quando la magia era stata dichiarata illegale, nei bassifondi Ruggedo era diventato una sorta di raggio di speranza: si diceva che, malgrado l’asilo forzato nella Città di Smeraldo, avesse ancora la possibilità di scagliare qualche fattura; era piuttosto ovvio che si corresse da lui in casi come quelli, quando la scienza non si dimostrava all’altezza di certe situazioni. Jack dubitava che lo Scarabeo o lo stesso Spaventapasseri sarebbero stati più d’aiuto al vecchio marinaio che un incantesimo ben riuscito o un amuleto per la salute.

Un amuleto?

Il sorriso della zucca non poteva certo allargarsi, ma la sua impressione fu proprio quella, al rendersi conto che l’aveva in pugno.

« Bill. Bill, amico mio. Credo proprio di poterti aiutare. »

Bill alzò lentamente la testa. Le pupille parvero illuminarsi.

Per qualche motivo, Jack trovò sgradevole ammettere che quegli occhi erano molto simili agli occhi di Trot.

« Ma » si riprese, « in cambio... »

Fu interrotto dalla stretta sorprendentemente salda che di colpo gli ghermì il nodo che gli uomini chiamavano polso.

« Tutto. Qualunque cosa. Farò qualunque cosa per salvarla! »

La gente che sapeva ancora amare era così prevedibile.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note dell’autrice

 

La narrazione dei missing moments continua, ma tra non molto inizierà il fangirlamento il mio personalissimo viaggio mentale.

Come accennavo, molti anni dopo (nel presente del videogioco), Petra scoprirà che Jack e Bill sono entrati in affari proprio nel periodo in cui Trot è stata male; io mi sto solo bellamente inventando il contesto, ed è naturale che ciò riguardi anche quelle conseguenze che Emerald City Confidential non ci ha raccontato xD E poi, ripeto, è un’occasione per indagare su Jack. Questo videogame mi ha fatto capire quanto lo adoro, in ogni versione che se ne sia data

Un milione di grazie a chiunque mi stia seguendo, rendendomi felice e ancora una volta orgogliosa (magari a torto, chi lo sa!) di infestare uno sfigafandom.

Aya ~

   
 
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