2
Ombre,
macchie, ombre.
Si ritrovò nel letto
all’improvviso, come se si fosse appena svegliata. Aveva sentito quelle
mani strane scendere ad aiutarla, e sulla guancia il contatto liscio e freddo di
un petto magrissimo in cui non batteva nessun cuore – ma i suoi sensi
dovevano essersi persi, a un certo punto, perché d’un tratto era
di nuovo sola e faceva più freddo di prima.
L’uomo però era ancora lì. Trot lo distinse confusamente, nella penombra, con la vaga
consapevolezza che la sua testa non aveva una forma normale. Era sicura di conoscerlo, ma doveva essere un ricordo di
un sacco di tempo fa.
« Va meglio? »
Sentiva le parole, ma non era in grado di dar
loro un senso. Erano solo altri suoni incoerenti nelle orecchie che le
ronzavano. Tenne gli occhi spalancati, sperando che parlasse ancora e di
riuscire a capirlo. Era stato gentile con lei... Avrebbe tanto voluto
riprendersi abbastanza da ringraziarlo.
« Bill non c’è, vero? Sai
dirmi dov’è andato? »
Trot si concentrò. Bill. Sì, certo: le stava dicendo
che Bill sarebbe tornato presto! Cercò di sorridere. Macchie, ombre,
macchie.
L’uomo – ma era un uomo? – si era fatto più vicino. Di nuovo la
ragazza lottò per mettere a fuoco le sue dita, che parevano della stessa
forma e consistenza dei rametti secchi, mentre lui le scostava i capelli dalla
fronte. Era sempre più sicura di averlo
conosciuto, in un tempo molto più felice...
All’improvviso quelle dita buffe fuggirono
via, l’uomo parve allontanarsi, e Trot
sbarrò gli occhi e gridò di terrore. Saltò su a sedere con
un’energia della quale non si sarebbe detta capace, in quelle condizioni,
e si sporse nel buio per rifugiarsi ancora sul suo petto vuoto.
« Non lasciarmi » articolò,
senza sapere se le parole si fossero formate o meno.
L’uomo era a un soffio da lei. Non si
lasciava toccare, ma a lungo rimase là immobile, come in attesa. Alla
fine la spinse di nuovo giù, lentamente, coprendola col lenzuolo umido
senza più sfiorarla.
« Cerca di dormire, Trot.
»
Forse fu il sentirsi chiamare per nome: si
scoprì più cosciente, capì
le sue parole, e allo stesso tempo seppe anche chi era.
Ma non ebbe il tempo di rallegrarsene. Tornarono
le ombre e poi le macchie e poi ancora le ombre, e dovette chiudere gli occhi,
anche se sapeva che quando li avrebbe riaperti Jack Testa di Zucca non sarebbe
stato più lì.
La
porta si aprì e si richiuse per la seconda volta. Ruggedo
lanciò un’occhiata in quella direzione. Fu con una certa sorpresa
che squadrò il suo secondo cliente di quella notte.
« Bene, bene, bene... La cassa piange come
al solito, Rug? »
Di tutti gli sconclusionati personaggi che a
tutt’oggi battevano la Città di Smeraldo, Jack era forse il
più sconclusionato di tutti. Lo raggiunse dondolando un po’ sulle
gambe lunghe e secche, con quell’aria che non si riusciva mai a
distinguere se fosse tonta per davvero o per finta, quegli inutili vestiti tesi
sul corpo dalle proporzioni sbagliate – tutto, di lui, irritava Ruggedo. Non era
altro che un pupazzo, un ammasso di rami e una zucca per testa, messo insieme
per spaventare i polli. E dire che c’era stato un tempo in cui persino
quello spauracchio malriuscito aveva avuto più autorità di lui.
L’unica soddisfazione, si disse con un
ringhio interiore, era la consapevolezza che entrambi si erano ridotti ad
essere lo stesso desolante nulla.
« Be’? » Jack arrivò al
bancone, vi si appoggiò con un gomito affilato e gli sbatté in
faccia il solito sogghigno. « C’è poco movimento, o sbaglio?
Come vanno gli affari? »
Ruggedo continuò
imperterrito a strofinare il lavabo con una pezza ruvida. « Non andranno
da nessuna parte, se a frequentare questo posto saranno sempre unicamente
quelli come te. »
Jack reclinò giocosamente la zucca.
« Mi ferisci, vecchio mio. »
« Bah! Come se potessi sanguinare. » Strizzò la
pezza in un secchio e levò lo sguardo. « Parliamo chiaro, Jack.
Non credo che tu sia venuto qui di persona tanto per farti due risate alle mie
spalle, e non certo per consumare qualcosa. Non avevi da fare al molo,
stanotte? »
« Non devi sorprenderti che io venga a
trovarti » fece Jack in tono leggero, la zucca ora voltata verso un punto
alla sinistra di Ruggedo, « se trattieni qui
con te la gente di cui ho bisogno e la fai ubriacare. »
Ruggedo sbuffò. Non era
mica colpa sua se Capitan Bill, dopo la delusione, aveva preferito affogare il
dolore nell’alcool. A sua volta osservò brevemente il marinaio
accasciato alla parte opposta del bancone, il più lontano possibile
dalla porta, con in mano l’ennesimo boccale: era in uno stato di gran
lunga peggiore di quello in cui gli era comparso davanti, solo un’ora
prima.
« Evidentemente i tuoi amici preferiscono
la mia birra alla tua compagnia. »
« Lieto di sapere che la reclusione non ha
spento il tuo senso dell’umorismo. »
Lo Gnomo lo studiò con gli occhi
socchiusi. « Che ti serve, Jack? »
Jack trafficò con una tasca dei pantaloni
e spinse sul banco, sotto il suo naso, un mucchietto di smeraldi scintillanti.
« Solamente un po’ di discrezione.
Non hai in cantina qualche vecchia bottiglia da lucidare con mooolta cura? »
Trovare
Bill era stato più facile del previsto. Se la ragazza stava male, non ci
voleva certo l’intelligenza del buon vecchio Spaventapasseri per capire
che l’ultima spiaggia sarebbe sempre stato il Re detronizzato degli Gnomi.
Approfittare di lui – e questo lo s’intuiva dallo sguardo
vacuo, dalla mascella cascante e dal fatto stesso che era ricorso a Ruggedo – sarebbe stata una passeggiata.
Quando lo Gnomo fu scomparso oltre la porta
della dispensa, Jack afferrò uno sgabello e lo trascinò accanto
al marinaio.
« Ehilà, capitano. È un bel
po’ che non ci si vede. »
Bill lo guardò come se non lo vedesse,
senza rispondere.
A cavalcioni sullo sgabello, Jack smise di
dondolarsi appena si rese conto che un
tempo si dimenava così sul Cavalletto di Ozma.
Assunse una posizione più consona alla sua nuova indole sfacciatamente
sprezzante.
« Ha l’aria di essere una cosa seria
» proseguì, accennando ai residui di birra nel boccale, sulle
labbra e sulla giacca di Bill.
Il Capitano strizzò gli occhi, come per
metterlo a fuoco.
« È per Trot,
vero? »
Bill si animò di colpo. Tirò un
singhiozzo, asciutto e sonoro, digrignando i denti verso nessuno in
particolare.
« Non posso fare niente. » La voce impastata
non riusciva a modulare tutti i suoni; Jack aveva sempre trovato singolare il
modo di esprimersi di certe persone venute da Fuori – Dorothy Gale era
tra queste – ma una sbronza come quella non sembrava venir loro in aiuto.
« Non posso fare niente per lei, nessuno può. Non si sa che ha.
È un veleno che non ho mai visto prima. Se solo il Mago fosse ancora
qui! E neanche Ruggedo... »
Soffocò, tossì, sputò sul
bancone. Jack gli passò il fazzoletto che aveva con sé,
impassibile.
Per qualche minuto si limitò ad osservare
gli sforzi di Capitan Bill di ripulirsi e di rimettersi in sesto. Be’,
aveva visto la ragazza coi suoi occhi, e non poteva proprio dire che il vecchio
stesse esagerando – né che avesse sbagliato indirizzo. Da quando
la magia era stata dichiarata illegale, nei bassifondi Ruggedo
era diventato una sorta di raggio di speranza: si diceva che, malgrado
l’asilo forzato nella Città di Smeraldo, avesse ancora la
possibilità di scagliare qualche fattura; era piuttosto ovvio che si
corresse da lui in casi come quelli, quando la scienza non si dimostrava
all’altezza di certe situazioni. Jack dubitava che lo Scarabeo o lo
stesso Spaventapasseri sarebbero stati più d’aiuto al vecchio
marinaio che un incantesimo ben riuscito o un amuleto per la salute.
Un amuleto?
Il sorriso della zucca non poteva certo
allargarsi, ma la sua impressione fu proprio quella, al rendersi conto che l’aveva in pugno.
« Bill. Bill, amico mio. Credo proprio di
poterti aiutare. »
Bill alzò lentamente la testa. Le pupille
parvero illuminarsi.
Per qualche motivo, Jack trovò sgradevole
ammettere che quegli occhi erano molto
simili agli occhi di Trot.
« Ma » si riprese, « in cambio... »
Fu interrotto dalla stretta sorprendentemente
salda che di colpo gli ghermì il nodo che gli uomini chiamavano polso.
« Tutto. Qualunque cosa. Farò
qualunque cosa per salvarla! »
La gente che sapeva ancora amare era così
prevedibile.
Note
dell’autrice
La
narrazione dei missing moments
continua, ma tra non molto inizierà il fangirlamento
il mio personalissimo viaggio mentale.
Come
accennavo, molti anni dopo (nel presente del videogioco), Petra scoprirà
che Jack e Bill sono entrati in affari proprio nel periodo in cui Trot è stata male; io mi sto solo bellamente
inventando il contesto, ed è naturale che ciò riguardi anche quelle
conseguenze che Emerald City Confidential non ci ha raccontato xD
E poi, ripeto, è un’occasione per indagare su Jack. Questo
videogame mi ha fatto capire quanto lo adoro, in ogni versione che se ne sia
data ♥
Un
milione di grazie a chiunque mi stia seguendo, rendendomi felice e ancora una
volta orgogliosa (magari a torto, chi lo sa!) di infestare uno sfigafandom.
Aya ~