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Autore: CrazedLunatic    12/12/2011    1 recensioni
Quando Kurt viene aggredito, Blaine lascia immediatamente il college per prendersi cura di lui. Quest'unica decisione cambia la loro relazione e ridisegna il loro futuro. Fa anche sì che tutte le persone che li circondano si rendano davvero conto di quanto siano vicini in realtà. AU.
Genere: Angst, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Attenzione!! Momentaneo cambiamento del rating in rosso a causa del linguaggio e di alcune scene di violenza contenute in questo capitolo.

Il giorno precedente, dopo che Kurt si era svegliato, lui, suo padre, Carole e Blaine avevano discusso del trasferimento di quest’ultimo. Carole era entusiasta all’idea che Blaine tornasse in Ohio per aiutarli ed era corsa a casa quasi immediatamente per pulire la stanza degli ospiti, che, come si era assicurata di precisare, era proprio accanto a quella di Kurt. Burt non era sembrato molto eccitato all’idea, ma non aveva detto nulla. Nonostante l’imbarazzo, Burt aveva trascorso tutta la notte con i ragazzi. Erano rimasti tutti e tre svegli fino a tardi a guardare Tutti Insieme Appassionatamente (“Di nuovo?”), Rent (“Dobbiamo proprio?”), Il Mago di Oz (“Sai a memoria tutte le battute. Cosa lo guardi a fare?”) e avevano finito vedendo diversi episodi di Teen Mom (“Mi stai prendendo in giro, Kurt? Hai intenzione di costringermi a guardare le repliche di questo programma quando sull’altro canale c’è la partita?”).
Blaine si era addormentato a metà del secondo episodio di Teen Mom, dopo aver borbottato: “Svegliatemi se decide di cambiare canale e guardare la partita dei Buckleyes.” Burt seguiva distrattamente lo show, ma in realtà stava soprattutto pensando alla discussione che aveva avuto con Blaine. Gli piaceva quel ragazzo. Gli piaceva davvero. Il modo in cui aveva letteralmente mollato tutto per precipitarsi al fianco di Kurt era una dimostrazione di quanto tenesse a suo figlio. “E’ un bravo ragazzo.”
Kurt distolse lo sguardo da Teen Mom, trasalendo leggermente per il movimento troppo veloce: “Uh?”
Burt accennò a Blaine che se ne stava raggomitolato su una piccola sedia, le gambe ripiegate sotto di sé e la testa che gli ciondolava sulla spalla. Mentre dormiva respirava in maniera profonda e regolare, un braccio rilassato sulla propria vita e un altro sul bracciolo. “Blaine… è davvero un bravo ragazzo, Kurt.”
“Lo so.” Kurt incontrò lo sguardo di suo padre e si appoggiò contro i cuscini. “Ha un grande cuore, papà. Per me è una specie di supereroe. Però il suo guardaroba è notevolmente migliore di quello di qualsiasi eroe dei fumetti che io abbia mai visto.” Si voltò verso Blaine, sorridendo leggermente. Aveva davvero il ragazzo più adorabile del mondo.
“Supereroe, eh, figliolo?” rise Burt. Non sapeva come dire a Kurt quello che voleva dirgli. Che era felice che avesse finalmente trovato una persona del genere. Più che essere a disagio perché Kurt era gay, c’era sempre stata una parte di Burt che temeva che suo figlio non avrebbe mai trovato qualcuno. Che avrebbe dovuto vivere una vita senza amore. Comunque Blaine nutriva dei sentimenti per Kurt già da prima che cominciassero a uscire insieme. Perché mai altrimenti avrebbe rintracciato Burt, oltrepassando spudoratamente i limiti, per dirgli che Kurt aveva bisogno della chiacchierata? Burt aveva la sensazione che Blaine all’epoca fosse già innamorato di suo figlio, solo che non lo sapeva ancora. Burt capiva anche questo. L’amore non era sempre a prima vista e lui sperava che il fatto che prima fossero stati amici significasse che sarebbero rimasti insieme più a lungo e avrebbero avuto una relazione più sana. Quella era una cosa che Burt aveva rimpianto dopo il matrimonio con la mamma di Kurt. L’aveva amata più di ogni altra cosa, ma non erano stati amici prima di cominciare a uscire insieme. Quel genere di amicizia che si confonde con una relazione avrebbe evitato loro molto dell’imbarazzo iniziale.
Fra Kurt e Blaine invece non sembrava esserci nessun tipo d’imbarazzo o d’incertezza. Questo era evidente. C’era forse un certo disagio da parte di Burt ogni volta che Blaine parcheggiava fuori da casa sua il sabato mattina e Kurt correva fuori, gettandogli le braccia al collo e strillando felice e i due si baciavano. Quando Blaine entrava in casa mano nella mano con suo figlio, Burt distoglieva velocemente lo sguardo e borbottava un rapido saluto. Il ragazzo era sempre estremamente cortese nei confronti della famiglia di Kurt e aveva sempre quel sorriso sciocco sul volto quando Kurt raccontava una barzelletta su “cose da gay” che Burt non avrebbe mai capito del tutto.
Anche le differenze fra i due ragazzi lo sorprendevano. Blaine amava il football del college, specialmente i Buckeyes, e alla Dalton aveva giocato a calcio per tre anni. Apparentemente la UCLA, la UC Santa Barbara e la Duke gli avevano offerto una borsa di studio, ma lui le aveva rifiutate per rimanere più vicino a casa. Burt aveva la sensazione che in quella decisione Kurt fosse stato un fattore più determinate di quanto Blaine avrebbe probabilmente mai ammesso. Kurt passava i suoi momenti di pausa leggendo Vogue Magazine e facendo shopping. Blaine leggeva un sacco di libri e correva. Kurt guardava film, Blaine giocava a basket. Kurt odiava il cibo spazzatura, mentre Blaine in più di un’occasione aveva fatto fuori insieme a Finn svariati sacchetti Cool Ranch Doritos mentre guardavano la televisione. In genere Kurt non era interessato ai programmi che giustificavano l’assunzione di Doritos, quindi emetteva un piccolo verso di protesta e si rannicchiava accanto a lui, aprendo il nuovo numero di Vogue che aveva già letto almeno tre volte e facendo commenti del tipo, “Guarda quant’è carino. E ha i capelli lisci.” Questo in genere portava a una di queste tre conseguenze: Blaine gli solleticava il fianco, lo colpiva in modo giocoso sulla testa, o affermava allegramente che il giorno successivo sarebbe andato dal parrucchiere per farsi lisciare i capelli. L’ultima soluzione zittiva sempre Kurt molto in fretta.
Non erano completamente diversi, però. Carole scherzava spesso sul fatto che, quando Blaine arrivava dal Kentucky la mattina presto, era sempre vestito in maniera simile a Kurt. I loro vestiti erano spesso intonati. O sul fatto che, man mano che passavano il tempo insieme, le loro risate cominciavano ad avere lo stesso suono. Entrambi avevano gli stessi gusti in fatto di macchine. Ovviamente entrambi amavano cantare ed esibirsi. Entrambi si osservavano con un lieve sorriso quando l’altro non guardava.
Per Burt era molto strano essere testimone di questi sguardi rubati fra Blaine e Kurt. Gli occhi di Kurt s’illuminavano di eccitazione, lo stesso tipo di eccitazione di quando da piccolo aveva visto per la prima volta Lo Schiaccianoci. Quando Blaine era nei paraggi, il suo comportamento cambiava completamente. Era più a suo agio con se stesso, era più felice. Burt sapeva che per molto tempo Kurt non aveva avuto amici, così come sapeva che ne aveva passate tante alla McKinley prima di trasferirsi alla Dalton. Dopo il trasferimento, Kurt aveva cominciato a camminare un po’ più a testa alta. Non che fosse esattamente cambiato, aveva semplicemente più fiducia in se stesso. Burt era dannatamente sicuro che Blaine fosse in gran parte responsabile anche di quello. Quando era con lui, Kurt era un po’ più rumoroso e molto più felice. I suoi sorrisi non sembravano mai forzati. Quando Blaine guardava Kurt, era evidente che lo amava. I suoi occhi indugiavano sui suoi capelli luminosi e sempre perfettamente acconciati, sul suo naso. Si avvertiva il suo bisogno di proteggerlo. Ogni volta che Kurt era turbato, lui si allungava verso di lui e gli prendeva semplicemente la mano. Un gesto così semplice, eppure significava davvero qualcosa per Kurt. Burt aveva visto Kurt inciampare nelle scarpe di Finn più di una volta (era un evento comune) e Blaine afferrarlo o tendere un braccio davanti a lui prima che potesse cadere e ridere perché era così goffo.
Diavolo, Burt non sapeva se essere turbato o felice per suo figlio. La vita sarebbe stata molto più difficile per Kurt semplicemente perché era gay. Voleva che conducesse una vita normale, ma a chi voleva darla a bere? Kurt, che da piccolo aveva chiesto un paio di tacchi vertiginosi per il suo compleanno, non era mai stato normale. Sarebbe stato compassionevole, di buon cuore, dolce, comprensivo, timido. Ma non sarebbe mai stato normale. Ed ecco qualcuno che accettava Kurt per il giovane uomo che era. Un giovane uomo gay, ma comunque un uomo in tutto e per tutto, proprio come lo era Burt. Forse anche di più, Perché Kurt si accettava e aveva il coraggio di essere se stesso. Se Burt fosse stato gay, non sarebbe stato altrettanto disinvolto e sicuro di sé. Blaine amava suo figlio e lo aveva reso dolorosamente ovvio quando la sua faccia si era accartocciata ed era crollato in quella stanza d’ospedale, si era seduto accanto al letto e aveva preso la mano di Kurt con così tanta attenzione. Quando si era messo al volante alle due del mattino, era arrivato all’ospedale alle quattro e da allora era rimasto con Kurt praticamente ogni minuto.
Burt era terrorizzato dal loro amore. Non gli piaceva pensare che l’anno seguente in quello stesso periodo Kurt avrebbe potuto vivere da solo con Blaine. Tuttavia, Kurt aveva diciotto anni. Era un giovane adulto, sebbene a volte si comportasse in maniera immatura. La maggior parte delle decisioni che prendeva erano buone e, nonostante fosse una regina del melodramma, non si comportava mai in maniera avventata. Burt era felice che avesse trovato qualcuno, ma non poteva fare a meno di pensare che Kurt se ne sarebbe andato di casa per frequentare il college e non sarebbe più tornato. Suo figlio aveva grandi sogni e lui sapeva che aveva le capacità di realizzarli tutti. Forse non ci sarebbe stato così male se Kurt se ne fosse andato da solo e avesse inciampato alcune volte prima di raggiungere la meta. Almeno Burt non si sarebbe sentito rimpiazzato.
Era stupido, vero? Quando Kurt aveva dodici anni e veniva importunato a scuola, non glielo aveva mai raccontato. Ma lui lo sapeva. Come avrebbe potuto non saperlo? Kurt piangeva nella sua stanza mentre guardava Tutti Insieme Appassionatamente. Si addormentava ascoltando tristi colonne sonore. Kurt non era alto e aveva quel modo di fare… Burt non voleva dire che sembrava gay perché Kurt aveva sempre definito quel commento oltre il pregiudizio ed immorale, papà, ma non c’era altro modo di metterla. Burt sapeva che Kurt avrebbe cominciato ad avere problemi a scuola quando gli altri ragazzi avessero cominciato a diventare alti e muscolosi e lui avesse continuato a guardare musical e a cantare a squarciagola con la radio. Come se non bastasse, Kurt in genere si esibiva cantando parti da donna. Aveva mantenuto la sua faccia dolce con grandi occhi azzurri. Le sue mani erano rimaste piccole e quasi femminili. Alla maggior parte dei ragazzi sarebbero bastati cinque minuti per scegliere un modello di jeans e comprarne cinque paia e cinque magliette per la scuola. Lui passava ore visitando ogni negozio per mettere insieme dei completi.
Burt sapeva che, quando era preso di mira dai suoi compagni, Kurt piangeva. Non aveva amici, nessuno con cui parlare. Sapeva anche che avrebbe dovuto confrontarsi con Kurt a proposito della sua sessualità, ma come fai una cosa del genere? E se si fosse sbagliato? Come fai ad andare da tuo figlio, che hai tenuto in braccio da bambino e immaginato sposato a una donna di lì a venticinque anni, e chiedergli se è attratto dagli uomini? Se sua madre fosse stata lì… avrebbe saputo come gestire la situazione. A lei Kurt lo avrebbe confessato. Burt invece non era bravo in questo genere di cose. Quindi cercava di non sentire i singhiozzi di Kurt a notte fonda e cercava di ignorare gli orribili sorrisi forzati che gli rivolgeva quando scendeva dall’autobus. Nei weekend gli permetteva di dargli una mano al garage, in modo che non si sentisse così solo. Poiché voleva renderlo felice, lo accompagnava agli spettacoli e ai musical, ma… ma non era mai completamente sufficiente e Kurt continuava a tornare a casa sconvolto e si chiudeva per ore nella sua stanza ad ascoltare quella vecchia canzone ancora e ancora. Burt si sentiva ferito e impotente. Si sentiva come se non potesse fare niente per aiutare il suo bambino e la cosa gli spezzava il cuore.
Burt non sapeva cosa fare, come aiutarlo. Sapeva che sua sorella era gay, ma non l’aveva trattata bene. Si era comportato con lei nello stesso modo in cui Finn si era comportato con Kurt quella notte in cui lui e Carole si erano quasi lasciati, chiamandola lesbica ogni volta che ne aveva l’occasione. Rivelando ai suoi genitori che aveva una ragazza. Facendo battute orribili con i suoi amici della squadra di football. Lasciando che le persone a scuola la intimorissero e la trattassero da schifo. In un certo senso approvando le loro azioni, perché quello che faceva lei era sbagliato. Come poteva quindi, dopo anni, rivolgersi a lei per un aiuto? Dirle che Kurt era… che Kurt era come lei. E che era così dispiaciuto di averla trattata in quel modo. Che a quel tempo non sapeva nulla, ma ora… ora lo capiva appieno. Capiva quanto era stato ottuso perché adesso guardava suo figlio e improvvisamente non gli importava più quello che stava facendo. Non stava facendo nulla di male e di certo non era sbagliato perché era il suo unico figlio, il suo bambino. E che suo figlio gli aveva fatto realizzare quanto era stato stupido e pieno di pregiudizi in quegli anni. No, non aveva il fegato di farlo, perché odiava ricordare che genere di persona era stato. Quei ragazzi stavano facendo a suo figlio né più né meno di quello che lui aveva fatto a sua sorella maggiore.
Quando Kurt aveva tre anni e aveva cominciato a comportarsi… beh, da bambina… Burt non l’aveva presa molto bene. Quando aveva compiuto cinque anni, lo aveva iscritto a lezione di football, baseball e calcio. Wrestling. Karate. Kurt piangeva sempre quando ce lo accompagnava, ma Burt continuava a ripetergli, “Questo. So che questo ti piacerà, Kurt.” Perché ci doveva pur essere un’attività da maschio che a Kurt piacesse. Il problema era che suo figlio non l’aveva ancora trovata, ma una volta scoperto lo sport giusto, tutto sarebbe andato a posto e Burt sarebbe stato in grado di dimostrare che suo figlio non era… così. Burt non aveva mai rivelato a Elizabeth dove portava Kurt e aveva detto al bambino che si trattava del loro segreto. Quando Elizabeth lo aveva scoperto, era andata su tutte le furie. Fra loro due, era sempre stata lei il genitore migliore. Cantava e ballava con Kurt, cucinava dolci con lui, lo portava a lezione di piano. Giocava con lui a travestirsi e gli permetteva anche di trotterellare in giro sui suoi tacchi. Questo aveva fatto infuriare Burt. “Stai cercando di far diventare gay nostro figlio!” l’aveva accusata.
"Kurt si diverte a ballare e cantare, Burt. Gli piace travestirsi.”
“Dovrebbe travestirsi usando le scarpe di suo padre, non quelle di sua madre.”
“Sono spiacente di informarti,” aveva sussurrato in tono aspro, “che tuo figlio non vuole indossare le tue scarpe e ora come ora non me la sento di biasimarlo. Lo hai portato per mesi a fare cose che odiava, Burt! Sapevi che era sbagliato e questo è il motivo per cui non me l’hai detto! Se ti comporti così adesso, cosa succederà quando avrà tredici anni e vorrà dichiararsi? Avrà troppa paura che tu non lo accetti… avrà ragione?”
“Kurt non è gay! Ha solo cinque anni!” Gli era difficile controllare il tono. Non l’aveva mai detto ad alta voce, lo aveva solo pensato mentre era.
“Non porterai di nuovo Kurt a quelle lezioni di karate, Burt. Devi cominciare ad accettarlo adesso o non sarai mai in grado di farlo fra dieci anni, quando ne avrà maggiormente bisogno.”
Come aveva fatto Elizabeth a essere così intelligente? A riuscire a fermare le lacrime di Kurt semplicemente cullandolo e cantando quella canzone triste che a Kurt piaceva ascoltare a ripetizione? A sapere sempre qual era la cosa giusta da dire, mentre Burt non sapeva da che parte cominciare? Doveva essere quello il motivo per cui sua sorella adorava Elizabeth. Si parlavano spesso al telefono, almeno una volta la settimana, se non di più. Kurt la seguiva mentre faceva le pulizie e parlava al telefono, aggrappandosi alla sua gamba e aggiungendo i suoi estemporanei commenti perspicaci ogni volta che poteva.
Ma la vera domanda era un’altra: come aveva fatto Kurt a trovare qualcuno in grado di lenire il suo dolore proprio come faceva sua madre? In Blaine aveva trovato qualcuno con cui ballare e cantare. Con cui cucinare dolci. Qualcuno con cui piangere quando si sentiva sconvolto, qualcuno che sapeva esattamente cosa dire per tirarlo su di morale. Blaine sapeva suonare il piano e di tanto in tanto suonava alcune note di una canzone familiare, facendo spuntare un grosso sorriso sul volto di Kurt. Talvolta Kurt cominciava a cantare, altre si sedeva semplicemente accanto a lui sulla panca, gli poggiava la testa sulla spalla e osservava le sue mani mentre suonava. Quando Kurt tornava a casa da scuola sconvolto e si rinchiudeva nella sua camera, potevi aspettarti di sentirlo singhiozzare o grugnire di frustrazione un minuto dopo e di sentire un chiacchiericcio allegro o addirittura una risata provenire da dietro la porta nel giro di soli cinque minuti. Questo significava sempre che era al telefono con Blaine. Come diavolo faceva Blaine? Burt aveva lottato per anni nel tentativo di riuscirci e Blaine era semplicemente entrato a passo di danza nel quadro ed era stato capace di… farlo. Come poteva qualcuno che conosceva Kurt da poco più di un anno capirlo meglio di Burt, quando Burt aveva vissuto con lui per tutta la vita? Lo faceva sentire insignificante. Lo faceva sentire un genitore orribile.
Carole gli aveva detto che di stava comportando da sciocco e lui sapeva che aveva ragione. Blaine non avrebbe mai potuto prendere il suo posto nella vita di Kurt. E Burt non era un cattivo padre. Era un ottimo padre. Lui e Kurt avevano un bel rapporto. Blaine aveva perfino fatto un commento al riguardo quel giorno al garage. Si stava comportando da sciocco, perché niente avrebbe mai potuto portargli via suo figlio.
“Quindi… tu, uh… ti tratta bene, vero?”
Kurt lo stava fissando, la testa inclinata di lato. Raddrizzò il capo, poi annuì. “Molto bene, papà. E’ un perfetto gentiluomo. Sempre.”
“L’altro giorno mi hai detto di amarlo, Kurt. So che stavi parlando sul serio… e sto soltanto… credo di stare cercando di venire a patti con tutto questo. E’ un po’ strano per me, figliolo. Ti immagino ancora all’età di quattro anni, quando sfilavi con indosso le scarpe di tua madre.”
“Oddio.” Kurt si coprì il volto con le mani dopo aver controllato Blaine con una rapida occhiata. Il ragazzo ovviamente stava ancora dormendo, anche se si era mosso leggermente. “Per favore, papà. E’ imbarazzante.”
"Sei un adulto adesso, Kurt. E stai passando un momento terribile e le cose peggioreranno ancora prima di migliorare.” Disse lentamente Burt.
“Voglio solo dormire.” Suo figlio stava cercando di sprofondare nel letto. “Sono stanco.”
"Ti restano solo alcuni giorni da trascorrere in ospedale. Quando tornerai a casa, le cose saranno molto diverse e voglio solo… voglio solo essere sicuro che tu sappia che sarà più difficile.” Si sporse verso di lui, ravviandogli i capelli. “Gli antidolorifici che ti somministreranno saranno meno potenti. Sentirai dolore e comincerai a ricordare…”
“Papà…”
“Kurt, devi capire che non è qualcosa che potrai tenerti dentro, perché se lo farai… finirà per divorarti. Sarà molto difficile. Ma hai me, Carole e Finn…” Fece una breve pausa. “E Blaine. Ci sono almeno quattro persone con cui puoi parlare. Per favore, approfittane, perché se non lo farai sarà ancora più dura per te… molto più dura.”
Kurt deglutì. Ricordava cosa era successo. Aveva semplicemente detto alla gente di no perché non voleva parlarne. Si sentiva in colpa per aver mentito, ma ripensare a quello che era successo lo faceva sentire piccolo e inferiore. Gli faceva gelare il sangue nelle vene. Non pensava di poterne parlare.
"Voglio che tu sporga denuncia, Kurt. Quando recupererai la memoria, voglio che tu parli con qualcuno. Puoi venire da me se vuoi, o puoi rivolgerti a Blaine. Ma voglio che tu ne parli con qualcuno. Poi questo qualcuno ti accompagnerà alla centrale di polizia in modo che tu possa stilare un rapporto. Voglio che chiunque ti ha fatto questo paghi.”
Kurt deglutì di nuovo, guardando fuori dalla finestra. Lontano da suo padre e lontano da Blaine.
“Sei quasi morto, figliolo. Questo non va bene.” Disse Burt con voce ferma ma gentile. “Devi fare in modo che la persona che ti ha ridotto così venga punita.”
La faccia di Kurt si contorse, le sue labbra cominciarono a tremare.
“Non mi importa chi sei o quale scelta hai fatto o non hai fatto. Nessuno ha il diritto di farti una cosa del genere. Mi hai sentito?”
Kurt si lasciò sfuggire un singhiozzo soffocato, desiderando che suo padre la smettesse di parlare. Non voleva pensarci ora. Ecco perché non aveva tirato fuori l’argomento. Allungò la mano verso il piccolo bottone che gli permetteva di rilasciare una dose della sua medicina per il dolore.
“No.” Burt glielo tolse. “Questa medicina è per questo e questo.” Disse indicando il braccio e il torace di Kurt. “Non per questa.” Proseguì, indicando la sua testa.
"Ma mi fa male la testa.” La voce gli uscì fuori come un fioco squittio.
“Che cosa ti spaventa a tal punto, Kurt? Sei sempre stato così fiero di chi eri. Hai sempre lottato per quello che era giusto.”
 
"Prima della settimana scorsa però non avevo rischiato di morire per colpa di quello che sono, o no?” Kurt alzò la voce e Blaine aprì immediatamente gli occhi, raddrizzandosi e sfregandosi il viso. “No. Non era successo. Prima potevo camminare verso la mia macchina senza essere aggredito. Se la polizia li trovasse, potrebbero tornare indietro e cercare di finire quello che hanno cominciato.”
“Potrebbero farlo anche se tu non aiutassi la polizia a trovarli! Non è il momento di comportarsi come un bambino, perché si tratta della tua vita. Non hai avuto problemi a farti aiutare e a trasferirti alla Dalton quando le cose alla McKinley hanno preso una brutta piega. Perché adesso non puoi andare alla polizia?”
"Perché non farebbe nessuna differenza, papà!” Kurt aveva alzato ulteriormente la voce. Blaine era incollato alla sedia e lo fissava. Non sapeva cosa dire e di sicuro non voleva essere coinvolto nella discussione. Non ancora, per lo meno. “Non farebbe nessuna differenza perché sono gay, papà! A nessuno importa di quello che fanno i delinquenti a un frocio!”
“Non usare questo linguaggio! Non osare, Kurt!” Anche Burt alzò la voce. “Ci sono persone a cui importa. A me importa, e anche a Carole. Importa a questi dottori e ai tuoi professori. Importa ai tuoi amici! Importa a Blaine!” puntò il dito contro Blaine, che si mosse a disagio sulla sedia mentre gli occhi di Kurt si posavano su di lui.
"Non conta.”
“Mi stai dicendo che questo ragazzo ha lasciato la scuola per prendersi cura di te, ha guidato per tre ore nel cuore della notte, ha a malapena dormito, ha a malapena mangiato, e i suoi sentimenti non contano?” Disse Burt lentamente.
“Non era quello che intendevo, papà! Stai travisando le mie parole e non capisci!” Kurt si lasciò sfuggire un singhiozzo strozzato e afferrò le lenzuola. “Non sai cosa significa essere v-vittima di cose del genere s-senza che qualcuno se ne accorga.”
“Era quello che intendevi, Kurt, perché è quello che hai detto. Se pensi che la sua opinione non conti, allora guardalo in faccia e digli di tornare a scuola perché sai bene quanto me che quello è il posto a cui appartiene. Non hai il diritto di chiedergli di trasferirsi, soprattutto se hai intenzione di comportarti come se quello che pensa non abbia valore.”
Kurt stava singhiozzando ancora più forte. “Stai d-d-distorcendo le mie parole! Smettila!”
Blaine saltò su e accorse al suo fianco, sedendosi sul bordo del letto e circondando Kurt con le braccia. “Shh, shh. Va tutto bene. Vieni qua, tesoro.”
Kurt strisciò più vicino, seppellendo il viso nel collo di Blaine. Continuò a piangere disperatamente per alcuni lunghi minuti. Burt fissava rabbiosamente fuori dalla finestra, senza sapere come gestire la situazione. Perché Kurt si stava comportando così? Lui stava solo cercando di aiutarlo. Blaine tenne lo sguardo fisso di fronte a sé, continuando a sussurrare parole dolci all’orecchio di Kurt e a baciarlo sul volto.
“Non era quello che i-i-intendevo! Non era quello che i-intendevo.” Singhiozzava disperatamente Kurt.
“Va tutto bene, va tutto bene. So che non era quello che intendevi, Kurt. Lo so.” Blaine lo cullò lentamente, con gentilezza. “Lo so, tesoro. So esattamente quello che intendevi.”
A queste parole, Burt alzò lo sguardo.
“Lo sai?” Kurt tirò su con il naso, guardandolo.
"Certo che lo so, sciocchino.” Blaine sorrise a Kurt. Quest’ultimo stava giusto lanciando a suo padre uno sguardo da ‘Visto, te l’avevo detto’, quando Blaine proseguì. “Questo comunque non significa che io sia d’accordo con te.”
Burt grugnì.
"Quello che Kurt stava cercando di dire è che anche se alla sua famiglia e ai suoi amici importa, per le altre persone non è così.” Spiegò Blaine a bassa voce. “Ma non è vero, Kurt. A me è importato prima ancora che diventassi tuo amico. E ci sono parecchie persone che nemmeno ti conoscono cui importerebbe. Perché pensi che ci siano così tanti attivisti per i diritti dei gay là fuori? Perché cose come questa succedono di continuo e a loro importa e vogliono che tutto questo finisca.”
Kurt tirò su col naso, tenendo lo sguardo basso.
"Le persone non possono fermare tutto questo se tu non le aiuti, Kurt. E tuo padre ha ragione. Hai detto che se raccontassi tutto alla polizia potrebbero tornare indietro per finire quello che hanno iniziato… ma non hai la certezza che non lo farebbero in ogni caso. La cosa più importante è la tua sicurezza.”
"P-pensi che dovrei s-sporgere denuncia?” Kurt si lasciò sfuggire un singhiozzo.
"Penso che è quello che farei se fossi in te… ma ti supporterò qualunque sia la tua decisione.” Rispose Blaine con cautela e calma. Kurt ricominciò a piangere sulla sua spalla e lui fece scorrere le dita fra i suoi capelli in disordine. “So che hai paura. Ho paura anch’io. Ma non sei solo, e andrà tutto bene. Finché sono qui, non permetterò che ti succeda nulla. Okay? Nessuno alzerà mai più un dito su di te. "
"Non so chi fossero.” Ansimò Kurt fra i singhiozzi. “Non li c-conoscevo. M-mi sono s-s-semplicemente saltati addosso mentre r-raggiungevo la m-mia macchina!”
"Li hai visti?” gli chiese Blaine in tono sommesso. “Li avevi già incontrati da qualche parte?”
Lui scosse la testa, il viso rosso e gonfio. “N-non c-credo- E-erano d-d-davvero alti e f-forti. I-i-il primo ha a-afferrato la m-mia b-borsa e mi ha ti-tirato indiet-indietro mentre stavo p-prendendo le mie chiavi.”
“Quanti erano, Kurt?” domandò Burt. “Hai detto il primo.”
“T-tre, credo. P-perché… perché…” I suoi respiri si erano trasformati in brevi rantoli e le sue mani tremavano. Chiuse gli occhi. “Perché il p-primo ragazzo ha a-afferrato la mia borsa e l’ha t-tirata a un tipo più grande. E-e un altro ha preso il mio cellulare-.”
"Eri al telefono?"
"No, avevo appena attaccato. L’ha p-preso e gli ho urlato di fermarsi, perciò l’ha gettato a terra e l’ha calpestato. P-poi il r-ragazzo con la mia borsa l’ha lanciata via e il m-mio portatile si è rotto e gli altri due r-ridevano e dicevano qualcosa.”
"Cosa stavano dicendo?"
"Non lo so” U-uno continuava a dire ‘Diamogli una lezione!’ e l’altro ragazzo continuava… continuava a parlare, non lo so!” La sua voce era veramente acuta ed isterica.
Blaine gli massaggiò con gentilezza la spalla. “Calmati. Shh. Va bene. Prenditi il tuo tempo, Kurt. Respira. Vuoi fare una piccola pausa?”
Kurt scosse velocemente la testa. “Continuava a dire ‘Diamogli una lezione! E’ un f-f-frocio, diamogli una lezione!’ E ho cercato di s-scappare, ma quello g-grosso mi ha spinto c-contro un muro e-e m-mi ha c-chiamato Principessina e m-mi ha colpito q-qui.” Toccò l’area sopra il suo sopracciglio destro con una mano tremante. “E-e continuavo a dire ‘Lasciatemi, lasciatemi!’ ma… non mi ascoltavano nemmeno. M-mi ha colpito duramente alla m-mascella e ho sbattuto la t-testa contro il m-muro molto, molto forte.”
Blaine spostò la mano dietro la testa di Kurt e gentilmente gli accarezzò i capelli arruffati e sporchi per rassicurarlo.
"E ho cercato di p-prenderlo a calci e devo esserci riuscito perché poi lui… lui…”
“Lui cosa, Kurt?” lo incoraggiò suo padre.
Kurt chiuse gli occhi e fece un respiro profondo. “Mi ha dato un p-pugno d-davvero forte nello stomaco. Ho s-sentito in bocca il sapore del vomito. M-mi ha colpito nello stesso punto ancora e ancora e ho a-aperto la bocca e gl-gli ho vomitato addosso e mi ha sb-sbattuto di nuovo contro il muro e ha c-cominciato a colpirmi d-duramente al p-petto. Mi faceva così male.” Gemette e quel suono strinse il cuore di Blaine in una morsa. “Gli altri d-due continuavano ad i-incoraggiarlo ed e-era disgustoso. Continuava a darmi pugni in f-faccia e sullo s-stomaco e-e poi se n’è andato.”
“Se n’è andato?”
“Pensavo che avesse finito.” La voce di Kurt tremò e lui fece un respiro profondo e si appoggiò a Blaine. “M-ma poi mi ha spostato e mi ha s-scagliato contro un p-palo di l-legno della linea e-elettrica e-e m-mi ci ha s-sbattuto m-molto forte la testa contro.” Fece un altro respiro profondo. “P-po-poi mi ha t-tirato una ginocchiata alla bocca dello stomaco e h-ho sentito il rumore di q-qualcosa che si rompeva. E poi è t-tornato a concentrarsi sulla mia faccia e ha semplicemente continuato a colpirmi, ancora e ancora, e-e-e…” deglutì, sfregandosi furiosamente gli occhi. “Continuava a dire, “Ora n-n-non sei più così carino, eh, f-frocio?’ e n-non potevo più dire niente perché a-avevo urlato per t-tutto il tempo e m-mi faceva male la gola e m-mi sanguinavano il labbro e il n-naso ed era orribile. E-e poi mi ha colpito di nuovo e-e mi sono sentito come… come se fossi morto. Faceva c-così male e poi mi sono svegliato… ed ero qui.”
La stanza era silenziosa, eccetto che per i singhiozzi di Kurt sulla spalla di Blaine, che aveva i denti stretti, gli occhi pieni di lacrime, ma non allentò la presa sul suo ragazzo. Burt camminava avanti e indietro, facendo respiri profondi. Continuava a contrarre i pugni, gli occhi ridotti a fessure. Non sapeva cosa fare, cosa pensare. Era furioso perché una cosa del genere era accaduta a suo figlio. Suo figlio.
"H-ho cercato con tutte le mie forze di scappare, p-papà. Ci ho p-provato davvero, ma era troppo grande.” Kurt aveva parlato con una voce così sommessa da sembrare piccolo, come un bambino di sette anni che ha paura di finire nei guai per aver rotto un bicchiere.
Burt si precipitò verso di lui e in un attimo lo strappò dalle braccia di Blaine e lo strinse fra le sue. Kurt cominciò a singhiozzare perfino più forte contro il suo petto, mormorando parole che nessuno era in grado di capire. Burt lo cullò avanti e indietro accarezzandogli la schiena. “Chiunque ti abbia fatto questo pagherà, Kurt.” Gli promise. “Troverò quegli uomini e mi assicurerò che paghino per quello che ti hanno fatto.”
"Ci ho provato davvero.” Singhiozzò Kurt. “Mi dispiace, mi dispiace tantissimo. Ho davvero cercato di scappare.”
"Lo so, figliolo. So che ci hai provato.” Lo baciò sulla sommità della testa. “Sono così fiero di te, Kurt.”
Burt non lo lasciò per quasi mezz’ora, finché non arrivo l’infermiera per controllare i parametri vitali e le medicazioni. Cambiò la sacca per l’infusione endovenosa, inconsapevole dell’orribile discussione appena avvenuta nella stanza. Mentre gli chiedeva come si sentiva continuò a canticchiare allegramente, senza notare o scegliendo di non commentare i suoi occhi gonfi e le sue guance rigate di lacrime. Se ne andò dopo aver annunciato a Burt che la cena sarebbe arrivata di lì a poco.
Blaine sedeva sulla sponda del letto e Burt stava in piedi dall’altro lato, la mano sulla spalla di Kurt. Il rinnovato silenzio ebbe comunque vita breve, perché il cellulare di Burt cominciò a squillare. Sospirò. “Ciao… cos’è successo di preciso? … Beh, è davvero un brutto momento, Jeff. Non so cosa dirti…”
“Va bene, papà.” Sussurrò Kurt.
“No. Non me ne vado Kurt.” Gli rispose Burt. “Possono trovare il modo di risolvere il problema da soli.”
"Mi sento meglio. Davvero. Potrai tornare qui una volta risolta la crisi e gironzoleremo e canteremo o quello che è, se ti va. Ma adesso vai.”
“Sei sicuro?” Burt lo guardò in faccia, abbassando il telefono.
“Sì.” Confermò Kurt, scrollando le spalle. Si sentiva davvero meglio e non gli sarebbe dispiaciuto se suo padre si fosse allontanato: tutto quello che voleva era un po’ di tempo da solo con Blaine per farsi coccolare. C’erano delle cose che semplicemente non potevi fare di fronte a tuo padre, e le coccole con il tuo ragazzo erano una di quelle. “C’è Blaine con me. Inoltre, sta per cominciare una maratona di Project Runway e sappiamo entrambi quanti odi quel programma. Starò bene.”
Sentendo queste parole, Burt si sentì quasi grato per l’emergenza all’officina. Guardare Teen Mom la notte prima era stata una tortura sufficiente. Non gli sarebbe dispiaciuto perdersi qualche ora di Project Runway. "Tornerò. Presto. Okay, figliolo? Molto presto.”
Kurt annuì, tirando su col naso. “Okay, papà.”
“Ti serve qualcosa? Cibo, riviste, qualcosa da bere? Vuoi che ti compri un nuovo portatile e un cellulare?”
“Sebbene in qualsiasi altro momento sfrutterei il fatto che ti senti così dispiaciuto per farmi comprare una macchina nuova e chiederti qualunque cosa sulla faccia della terra… al momento non c’è davvero nulla che voglia a parte guardare la televisione. Però grazie.”
"A te serve qualcosa, Blaine? Cibo, libri?” domandò Burt.
“Grazie, ma sono a posto.” Rispose Blaine in tono sommesso. “Se dovesse aver bisogno di qualcosa, ti telefonerò.”
Burt annuì e arruffò i capelli di Kurt. “Tornerò il prima possibile, figliolo. Te lo prometto.”
“Su, vai.” Kurt gli fece un cenno di saluto con la mano. “E dì a Jeff che deve smetterla di indossare le polo con quella maglietta verde come so che sta facendo e assicurati di informarlo del fatto che gli stanno davvero malissimo!”
Burt sbuffò e se ne andò scuotendo la testa. Chiuse piano la porta dietro di sé.
Kurt alzò lo sguardo su Blaine e tirò un po’ su col naso.
“Fatti più in là, tu.” Disse Blaine, felice che Kurt potesse muoversi un po’ di più adesso, perché così non era costretto a starsene per metà fuori dal letto. Kurt si spostò con cautela e abbassò lo sguardo sulle proprie mani. Blaine si sporse verso di lui e lo baciò sulla guancia. “Ha mentito.”
“Cosa?” Kurt lo guardò, gli occhi azzurri ancora lucidi per le lacrime.
“Quel ragazzo ha mentito. Sei ancora bellissimo.”
Kurt si appoggiò a lui, sorridendo leggermente. “Ti amo, Blaine.”
Blaine lo baciò di nuovo sulla guancia e lo attirò perfino più vicino. Il corpo di Kurt combaciava perfettamente con il suo e i due si strinsero insieme in maniera confortevole. Blaine gli accarezzò delicatamente il fianco mentre si raggomitolavano l’uno contro l’altro. “Ti amo anch’io, Kurt.”
 

  
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